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Autore: Saeko_san    03/05/2020    1 recensioni
Un'ombra si risveglia alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, a Venezia, qualche giorno dopo l'uccisione di un importante imprenditore della zona.
Un patto di collaborazione viene stretto tra l'ombra e una giovane ragazza, in cerca di vendetta.
| written between 2009 and 2010 |
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14:
Un aiuto sin troppo nascosto
 
28 marzo 2002. Venezia, Campo dei Frari, sestiere di San Paolo.
 
Erano passati circa due mesi dall’uccisione di Livio Tosca e Cisano passeggiava, per la prima volta da quando aveva vissuto quella notte intensa di gennaio, di fronte alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, in maniera aperta, senza svicolare tra le persone.
Rammentava come avesse ucciso Tosca e anche come avesse fatto uccidere Mirco Lostello. Spesso rivolgeva i suoi pensieri ai ragazzi che l’avevano seguito, perché di quest’ultimo fatto era sicuro: a volte se li era ritrovati alle calcagna e sapeva ormai che tra loro c’era la nipote di Tosca. Ma non poteva dire nulla, perché facevano tutto come se nulla fosse, a volte intuendo (forse) le sue mosse. Pensava al fatto che le ultime ricerche di Lostello, i suoi ultimi articoli, quelli che parlavano soprattutto della Ca’ de Delizie nei suoi primi anni di attività non fossero stati trovati, a come tutto quel materiale compromettente per lui fosse scomparso, in maniera anche piuttosto conveniente.
Inoltre pensava a come si sentisse bene dopo aver compiuto la sua vendetta ed essere riuscito a riprendersi ciò che gli spettava di diritto. Si guardò la mano finta, pensò che quella sensazione che aveva avuto nove giorni dopo aver assassinato Livio Tosca, cioè che qualcuno stesse tramando qualcosa di terribile, che implicasse la sua presenza, fosse semplicemente legata a quei tre ragazzi, innocui, che lo seguivano. Sorrise a se stesso, sarcastico.
“A volte sei proprio paranoico, Antonio” pensò.
Non si accorse che una donna castana e con gli occhi neri lo stava osservando, mentre comprava il pane al negozio nel campo di fronte a quello dei Frari; non poteva sapere che quella donna l’aveva riconosciuto; non poteva sapere che Maria Melania Costantin quella notte aveva sentito entrambi gli spari e si era affacciata alla finestra e l’aveva visto fuggire. Continuò a passeggiare, ignaro di tutto.
 
***
 
La signora Costantin stava comprando il pane, quando qualcosa, forse un sussurro, una sensazione sgradevole (la stessa che aveva avvertito la notte del 23 gennaio, dopo il suono degli spari), la fece voltare verso la chiesa: c’era un uomo vestito in nero che passeggiava proprio davanti al sagrato. Su una mano aveva un anello verde smeraldo, mentre l’altra era più giovane, non aveva venature o macchie dovute alla vecchiaia.
“È lui!” esclamò la sua mente, spaventandosi. Lo riconobbe all’istante come l’uomo in nero che aveva visto fuggire in quella notte che non era riuscita a dormire, in quella notte che era morto Livio Tosca.
“So anche chi è: Antonio Cisano. L’ho riconosciuto dalla foto sui giornali. Ma non pensavo che quel verme sarebbe tornato proprio qua davanti, come se nulla fosse”.
 
-Melania? Melania, cos’hai?-.
 
Giorgio, il panettiere, cercava di porgerle il pane, che lei aveva appena comprato e che non prendeva, come pietrificata sul posto. La signora Costantin si riscosse.
 
-Tutto a posto, Melania? Sembrava che ti avesse colpita un fulmine!-.
 
La signora Costantin sorrise all’uomo, osservandogli i piccoli baffetti che gli contornavano le labbra paffute.
 
-Sì, Giorgio, non preoccuparti. Mi sembrava solo di aver visto qualcuno che conoscevo-.
-Chi?-.
 
Il panettiere si sporse per guardare nella direzione di Cisano, che ora si era allontanato.
 
-No, nessuno. Devo essermi sbagliata- disse lei, con voce assente.
 
Prese dunque il pane e salutò Giorgio; doveva tornare a casa e cercare di comunicare con quei ragazzi. Era vero che era sola, ma era anche una donna molto sveglia.
Aveva una specie di sesto senso che le diceva sempre cosa fare o come comportarsi ed era stato quello stesso sesto senso a dirle di non raccontare ciò che sapeva alla polizia; come se ci fosse qualcuno che avrebbe potuto usufruire meglio di quelle informazioni; sempre il suo sesto senso le diceva che quell’ombra che era venuta a parlare con lei poco tempo prima poteva avere a che fare con quei tre ragazzi che aveva visto girare sospetti per Venezia, in cerca di indizi, fino ad arrivare a Mirco Lostello.
 
***

Due giorni dopo, al cortile della Basilica dei Frari, Paolo stava in piedi, mentre seduta su un gradino della piattaforma del pozzo centrale c’era Lixa; Manes invece era appollaiato sul bordo del pozzo stesso.
Erano di nuovo un punto fermo.
Sapevano chi fosse l’assassino di Livio Tosca, Antonio Cisano; sapevano che si era costruito un alibi perfetto; sapevano anche dove si trovasse e che avesse probabilmente ucciso Mirco Lostello. Ma mancava ancora qualcosa.
La vera e propria ricostruzione dei fatti, una motivazione più che certa che li portasse a commettere quello che altro non era che un omicidio.
Qualcosa che completasse ciò che era successo la notte del 23 gennaio. Qualcosa che spiegasse la dinamica dell’omicidio di Mirco Lostello, qualunque cosa che potesse giustificare la realtà di ciò che stavano per fare.
 
-Potremmo già passare al rito sacrificale- provò a dire Manes.
 
Si sentiva come il giorno che aveva conosciuto e parlato con Lixa: diffidente e leggermente timoroso.
 
-È vero, Lixa- convenne Paolo –Cosa stiamo aspettando?-.
-Sei tanto ansioso di veder morire un uomo? Senza prima esserti impresso nella mente, come minimo ventimila volte, il motivo per il quale lo fai? Senza aver bene in testa tutto ciò che quell’uomo ha fatto di male?- sbottò Lixa.
 
Aveva la testa incassata tra le ginocchia e guardava i due ragazzi con uno sguardo che chiedeva comprensione.
 
-Hai paura di compiere la tua vendetta?- chiese Manes.
 
Riusciva a capire i suoi pensieri, la sua paura, il suo ribrezzo e il timore di non riuscire nel tentativo di rimandarlo da sua madre, di non riuscire ad adempiere alle condizioni del loro patto. Paolo le si avvicinò, si abbassò al suo livello e l’abbracciò. L’unico pensiero che Manes sentiva nella testa del ragazzo era “Perdonami” e fu esattamente quello che le disse.
 
-Perdonami-.
 
Lixa singhiozzò.
 
-Lixa-.
 
I due si staccarono dall’abbraccio. Manes stava parlando.
 
-Lixa… Abbiamo cercato ovunque un modo per ricostruire i fatti. Ma non ci siamo riusciti. A meno che qualcuno – forse solamente Dio potrebbe – non ci dica come sono andate le cose in questo periodo, a partire dalla morte di tuo zio… non so proprio come fare. Non c’erano testimoni-.
-Forse, per poter essere sicuri di quello che stiamo facendo potremmo vedere la videocassetta registrata dal signor Lostello- azzardò poi Manes.
-Sì, questa è una buona idea!- convenne Paolo, cercando di tirar su la ragazza.
 
In quel momento arrivò dietro di loro qualcuno.
 
-Scusate-.
 
Una voce infantile, ma profonda, ovvero la voce di Federico.
Paolo, Manes e Lixa si voltarono a guardarlo. I suoi occhi neri come la pece li fissarono un poco, prima che il ragazzo dicesse:
 
-Fuori è arrivata una lettera per voi-.
-Fuori? In che senso, Federico?- chiese Paolo, scrutando il ragazzo con fare sospettoso.
-Una signora, coperta da un velo azzurro, è arrivata lì in biglietteria. L’ho sentita chiedere a Costanza di poter consegnare una lettera alla signorina Lixa Tosca-.
-Chi è Costanza?- fece Lixa.
-È una delle bigliettaie- rispose Federico –Costanza le ha chiesto se fosse sicura che la signorina Tosca si trovasse qui. Lei ha detto che a casa sua non c’era. Allora mi sono avvicinato io e le ho detto che sapevo dov’eri. Lei mi ha dato la lettera, mi ha detto grazie e poi se ne andata-.
-L’hai vista in volto?- chiese Manes, discendendo dal bordo del pozzo.
-No, non l’ho vista. Il velo le faceva ombra. Ma sembrava avere una quarantina d’anni, almeno dal tono della voce-.
-E ora dov’è la lettera?- chiese Paolo.
-Eccola-.
 
Federico tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans una busta di piccolo formato, leggermente spiegazzata. Non c’erano mittenti o destinatari, era semplicemente bianca. Il ragazzo la porse all’amico, gettò uno sguardo di disprezzo a Manes, si voltò e se ne andò.
 
-Chissà chi era quella donna…- fece Manes.
 
Avrebbe desiderato tornare indietro nel tempo per potersi ricordare di sondare tutti i pensieri delle persone che entravano o uscivano dalla chiesa. Aveva molto spesso l’istinto di tornare indietro nel tempo, per sistemare cose che non sarebbero dovute accadere; forse perché trovava ancora incredibile che potesse possedere dei ricordi come quelli che aveva e che attorno a quell’edificio fossero accadute cose così spiacevoli.
 
-Forse possiamo scoprirlo aprendo la busta- disse Lixa, indicando la lettera che Paolo aveva in mano.
 
Il ragazzo sorrise.
“Le è tornata la voglia di andare avanti”.
Anche Manes sorrise e chiese:
 
-Ti è tornata la voglia di andare avanti?-.
 
Paolo lo guardò. Manes lo fissò, sorridendo. Lixa guardò prima l’uno e poi l’altro. Capì cosa era successo e si mise a ridere, con una voce cristallina. Anche gli altri due si misero a sghignazzare un attimo.
 
-Allora, leggiamo la lettera e poi andiamo alla videoteca di Ponte di Rialto a vedere quella videocassetta?- chiese la ragazza, diventata improvvisamente frenetica.
-Sì, siamo d’accordo- risposero Manes e Paolo all’unisono.
 
I tre amici si alzarono e andarono verso la stanza di Paolo, salirono le scale e arrivarono all’ultima porta a destra. Entrarono e mentre Lixa e Manes si sedevano sul letto, Paolo tirò fuori dal piccolo cassetto della sua piccola scrivania un taglierino. Aprì delicatamente la busta, tirò fuori la lettera e iniziò a leggerla a voce alta. Era piuttosto breve.
 
Ragazzi,
so cosa avete intenzione di fare.
Non sono certa di quali siano i vostri nomi, a parte quello della signorina Lixa. Se volete veramente sapere come sono andati i fatti del 23 gennaio, fatevi trovare il 18 aprile al Campo della Testa, alle 15 in punto, nel bar vicino al botteghino delle gondole. Vi aspetto. Vestitevi in modo da non essere riconosciuti.
 
I tre ragazzi si guardarono in modo strano, perché in quella piccola missiva non c’era nemmeno una firma. Nessuno dei tre sapeva bene cosa pensare. Chi poteva sapere cosa stessero facendo? E soprattutto, chi poteva sapere ciò che era successo la notte del 23 gennaio?
 
-Questa sì che è una cosa strana- commentò Paolo.
-La persona che ha portato questa lettera, non solo sa cosa vogliamo fare, ma sa anche chi siamo. E molto probabilmente sa anche che qualcuno di noi è un ombra- disse Lixa.
 
Su quest’ultima affermazione posò lo sguardo su Manes.
 
-Ma come è possibile?- chiese Paolo.
-Se fosse stata solo una persona che voleva dare una lettera a Lixa- spiegò Manes, anticipando il discorso di Lixa –Una volta a casa sua avrebbe potuto consegnare la lettera alla sua vicina, la signora Laura, invece che portarla qui, il posto dove, a parte la signora Laura appunto, nessuno sa che viene di più-.
-Quindi deve essere per forza qualcuno che ci osserva- concluse la ragazza.
-Già. È vero- convenne Paolo.
 
Manes avvertiva un vuoto venire dalla sua mente. Evidentemente, proprio come lui e Lixa, non sapeva cosa dire.
 
-Sentite, ho un’idea- cominciò a proporre, rompendo il silenzio che era caduto tra loro.
 
I due ragazzi si voltarono a guardarlo. Avevano paura. A Manes ricordò molto la sensazione che aveva provato quando, dopo aver conosciuto Paolo, aspettava che Lixa venisse a trovarlo.
 
-Che ne dite intanto di vedere la videocassetta di Mirco Lostello? Tanto al 18 aprile manca poco più di una settimana. Contando che oggi è il 31 marzo… se domani…-.
-Domani è domenica, Manes. La videoteca di Ponte di Rialto è chiusa- disse Lixa.
-Ma di mattina no- obiettò l’ombra.
-Magari possiamo aspettare un paio di giorni- azzardò Paolo –E poi lunedì andare alla videoteca-.
-Anche. Anzi, credo che sia meglio- convenne Manes.
-Va bene. Ci sto- disse Lixa.
 
Si alzò.
 
-Ma sappiate che se quella donna prova a dir qualcosa alla polizia, io mi tiro fuori. Mi dispiace, Manes. Ma non posso rischiare così tanto-.
 
Sembrava triste e arrabbiata al tempo stesso e ciò che disse fece scattare Manes.
 
-E pensi che uccidere una persona non sia “rischiare così tanto”?-.
 
La ragazza rimase in silenzio. Il suo sguardo mandava scintille di rabbia, poiché Manes aveva ragione, ma non voleva semplicemente ammetterlo.
 
-Non sei stata tu stessa a dire che prima di uccidere un uomo bisogna imprimersi nella mente le ragioni per le quali si uccide? Tu hai iniziato a rischiare nel momento stesso in cui hai cercato di parlarmi- disse Manes, alzando la voce.
 
Silenzio.
 
-Ora non puoi più tirarti indietro- aggiunse.
 
Altro silenzio. La ragazza lo guardò di nuovo rabbiosa, poi si voltò e uscì, quasi correndo, dalla stanza di Paolo.
Il ragazzo si voltò a guardare l’ombra.
 
-Capisco che tu abbia ragione- iniziò –Ma puoi evitare di litigare con lei in camera mia?-.
-Scusami-.
-No, niente. È solo che ora non posso andare subito a consolarla-.
-Perché?-.
-Perché rimarreste sempre in disaccordo, se non ve la sbrigate da soli, per cui non posso intervenire, nonostante il mio primo istinto, ora, sia quello di correrle dietro-.
 
Manes rimase in silenzio. Si guardò le mani. I suoi occhi azzurrodorati avevano sciolto le lenti a contatto; succedeva sempre, quando le portava per troppo tempo.
 
-Vai- disse Paolo.
-Dove?-.
-Da lei. A cercare di farla ragionare, di fare pace-.
-Ma…-.
-Niente ma- disse Paolo –Vai e basta. Io ti seguirò-.
-Va bene-.
 
Manes si alzò e, senza rendersene conto, diventò ombra. Scese alla velocità della luce le scale, attraversò il cortile, la sala del Capitolo, l’interno della chiesa e uscì fuori dalla porta del campanile. Lixa non c’era.
Fece il giro e arrivò all’ingresso principale. Il grande portone ligneo era aperto e la gente stava uscendo fuori, alla fine della messa pomeridiana. In mezzo a tutti quei fedeli che uscivano tranquilli dalla chiesa, Manes riconobbe Lixa. Aveva il volto rigato dalle lacrime, ma in quel momento aveva smesso di piangere. Manes si avvicinò.
“Non posso diventare di nuovo ragazzo davanti a tutta questa gente” pensò, improvvisamente spaesato. Allora si immerse nelle ombre delle persone, fino ad arrivare a quella di una donna che si trovava appena avanti a Lixa e si era messa a parlare con una signora anziana. I suoi occhi d’oro dovettero spiccare in quell’ombra, perché la ragazza si riscosse. Allora passò velocemente nell’ombra della chiesa, che man mano che il sole tramontava si allungava e diventava sempre più imponente, avvolgendo chiunque si trovasse sul sagrato. La ragazza lo seguì con lo sguardo, per poi immergersi anche lei nell’ombra della chiesa.
Manes le si avvicinò e le disse, con voce bassissima, in modo che solo lei potesse sentirlo:
 
-Scusa se ti ho attaccato in quel modo, prima-.
 
La gente ormai se ne era andata quasi tutta dall’edificio sacro.
 
-No- sussurrò lei, con fermezza –È stata colpa mia. Dovevo immaginarmi che sarebbe potuta accadere una cosa del genere, fin dal primo momento che ci siamo parlati. Hai ragione. Perdona la mia stupidità-.
 
Lixa sorrise. Anche Manes provò a sorridere. Forse da fuori il suo sorriso non si poteva vedere, però Lixa parve capire che si erano rappacificati.
 
-Accidenti a te, Manes! Se devo starti dietro che bisogno c’è di… correre in quel modo?-.
 
Paolo era arrivato in quel momento e aveva visto Lixa che sorrideva ai due occhi d’oro sospesi nell’aria. Sia Manes che Lixa si voltarono e risero. Lo raggiunsero.
 
-Io entro- iniziò a dire, poi si fermò un attimo.
-Paolo, oggi dovrai sbrigarti. Credo che frate Luigi e frate Lazzaro ti vogliano parlare-.
 
Aveva avvertito i pensieri arrabbiati dei due frati. Si sbrigò ad entrare e si appollaiò su una delle travi del soffitto. Sapeva che in quel momento Paolo aveva dato un bacio veloce sulle labbra a Lixa e che la ragazza era fuggita via correndo. I due preti, in effetti, stavano venendo verso di loro.
Manes ascoltò curioso la ramanzina che i due gemelli fecero a Paolo. Infatti il ragazzo, nell’ultimo periodo, si era dato poco da fare con le mansioni della chiesa, era stato poco attento alle lezioni scolastiche, gli ultimi voti presi non erano stati quelli buoni di una volta. Chissà perché? Si chiedevano i frati. Paolo si sorbì tutto quanto e poi promise di darsi più da fare.
 
-Capiamo che sei anche impegnato con la tua fidanzata- disse frate Luigi.
-Ma devi anche darci una mano qui e devi studiare, per il tuo bene- disse in conclusione frate Lazzaro.
-Sì, so che avete ragione- convenne Paolo.
-Luigi, Lazzaro, che ci fate qui?-.
 
Era arrivato frate Ballon.
I due frati dissero ciò che stavano facendo.
 
-Beh, non vi preoccupate, adesso ci penso io. Piuttosto, c’è sorella Vanessa che vi cerca. Vi dispiace andare a vedere cosa vuole?-.
-Non l’ha detto a te?- fece Lazzaro.
-Dice che doveva parlare con voi, riguardo a una mattonella del pozzo del cortile che si è rotta-.
-Oh, va bene. Andiamo Luigi-.
 
I due gemelli si allontanarono. Frate Ballon diede un’occhiata eloquente a Paolo e il ragazzo sorrise; entrambi alzarono la testa verso le travi e videro i due occhi dorati di Manes. Dentro di sé l’ombra sorrise.























Note di Saeko:
buona domenica a tutti! Questo capitolo è molto di passaggio e forse non è uno dei migliori usciti, ma avevo necessità di mostrare la conflittualità della decisione che i ragazzi stanno per prendere e dovevo inserire un personaggio che non ha ancora concluso il suo coinvolgimento all'interno della storia; spero sia comprensibile ciò che volevo intendere e che, nonostante tutto, la narrazione risulti scorrevole.

Lascio qui di seguito i miei soliti piccoli ringraziamenti:

alessandroago_94 per essere passato a leggere lo scorso capitolo;
Nexys per essere passata a recensire il secondo capitolo di questa storia.

Brace yourselves, mancano solo 3 capitoli e l'epilogo e non ci riesco a crede nemmno io, quasi, mannaggina. Visto che oggi è il 4 maggio, vi lascio con lo slogan migliore di questa giornata: May the Force be with you.

Saeko's out!
  
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