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Autore: Mary P_Stark    06/05/2020    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.

 

 

 

 

Accomodatosi sullo scranno su cui, in precedenza, si era seduto Dioniso, Alekos guardò il volto pallido di Eris con occhi intrisi di preoccupazione. Lui l’aveva costretta a fare cose ai limiti del sopportabile, e ora giaceva ferita in quel letto per colpa del suo colpo di spada.

Poco importava che fosse stato il suo alter ego, a colpirla. La mano che aveva inferto il fendente, era stata pur sempre la sua.

Sbuffando leggermente, Eris ne attirò l’attenzione e disse: «Se ti sento dire ‘mi dispiace’ o qualcosa di simile, giuro che…»

«Lo so» sorrise suo malgrado Alekos. «Mi dai un calcio sul sedere.»

«Potrei fare di peggio, vista la situazione particolare» sottolineò la dea, tastandosi il fianco dolorante prima di mettersi seduta.

Alekos la aiutò lesto, sprimacciandole i cuscini prima di farla poggiare con delicatezza contro di essi. Nel farlo, le sistemò anche le ciocche dei lunghi capelli dietro le spalle e, sorridendo, mormorò: «Sono contento che ti siano ricresciuti. L’acconciatura che ti aveva fatto Afrodite era bella, ma i capelli così lunghi ti stanno molto bene.»

La dea sorrise maliziosa, a quelle parole, e celiò: «Ma che bravo… ora mi lusinghi, invece di chiedermi scusa?»

Alekos rise, scrollò le spalle come per ammettere di essere stato scoperto ma disse: «Dico la verità, anche se era un modo alternativo per chiederti scusa.»

«Agápi, ho imparato a conoscerti bene, e so come ragiona la tua testa… anche se il tuo amichetto mi ha davvero fatto dubitare di te, negli ultimi anni» sottolineò la dea, ammiccando al suo indirizzo.

«Ora che è quieto, riesco a capire molto bene fino a che punto si fosse spinto, e non posso che essere felice che qualcuno lo abbia rimesso in riga» asserì con convinzione Alekos. «Grazie al tuo potere, mi è anche più facile vedere le sfumature del mondo che mi circonda. Non è più così… estremo.»

«E’ in equilibrio tra il bianco e il nero, come dovrebbe essere» assentì la dea, compiaciuta. «E io, finalmente, non ho più le crisi d’identità di prima. Onestamente, cominciavo a non sopportarmi più.»

Scoppiando a ridere, Alekos disse: «Zio Ares mi ha detto che stava pensando di farti rinchiudere da qualche parte, perché aveva paura per te. Ma è davvero possibile rinchiudere un dio?»

«Beh, non se intendi i manicomi o le prigioni degli umani. Se un dio ha bisogno di aiuto medico, come nel mio caso – e credimi, accade più volte di quanto tu non pensi – ci rivolgiamo ad Apollo ma, per le malattie di tipo psicosomatico, è Esculapio a prendersi cura di noi.»

«Il figlio di Apollo? L’ho visto, ma…» tentennò Alekos, non sapendo bene come spiegare chi avesse visto, in effetti.

Eris gli sorrise comprensiva, asserendo: «Esculapio era un semidio come te, ed era anche molto amico di tua madre. Questa amicizia portò Athena a donare a Esculapio capacità curative che, però, urtarono non poco sia Ade che Zeus e quest’ultimo, temendo che i poteri di negromante del giovane semidio potessero mutare il pensiero degli uomini nei confronti degli dèi, lo uccise con una folgore.»

Alekos assentì torvo, mormorando: «Sì, ricordo questa parte del mito. Quindi, successe realmente?»

«Purtroppo sì. A quel tempo, mio padre era davvero molto meno malleabile di oggi. Comunque, Apollo e Zeus litigarono furiosamente, per questo, e tua madre intervenne a sua volta per chetare le ire di Zeus. Riteneva ingiusto che, per un dono che lei aveva voluto offrire a Esculapio, fosse stato il giovane semidio a pagarne il prezzo. Alla fine, Zeus accettò di riportarlo in vita, donandogli l’immortalità …ma alle condizioni che hai visto tu stesso» gli spiegò Eris, scrollando una spalla.

«Non è un’anima senziente come mio padre, e ha un qualche genere di corporeità, ma è come se non fosse realmente qui» asserì dubbioso Alekos.

«E’ un’apparizione astrale» dichiarò a quel punto Eris. «Vive nel regno metapsichico, dell’immaterialità e del pensiero, e cura le relazioni tra corpo e anima. Per questo è intervenuto anche lui, nel mio caso. Avevo ricevuto un discreto contraccolpo metapsichico, quando il filo si è diviso in due, e avevo bisogno di Esculapio per guarire lo strappo che si era formato.»

Alekos esalò un fischio pieno di ammirazione e stupore e, dubbioso, domandò: «Quindi, è come una sorta di psicologo, ma con poteri divini?»

«Qualcosa del genere» annuì Eris. «Anche se ci sa fare pure con ago e filo.»

«Accidenti! Neppure sapevo che esistesse, una divinità simile!» mormorò meravigliato Alekos.

«Tu, invece, sei un dio mancato. Ti spiace non essere diventato il dio della giustizia?» ironizzò Eris, battendogli una mano sulla spalla.

Alekos scosse recisamente il capo, replicando inorridito: «Per niente. L’idea di giustizia che aveva il mio alter ego era fortemente deviata, e non credo sarebbe andata bene in nessun genere di universo.»

Levando poi un sopracciglio quando un pensiero gli si formò spontaneo nella mente, Alekos domandò: «Ma… a proposito di giustizia, dov’è Astrea? Perché non l’ho mai vista, finora? Non è lei a detenere lo scettro della giustizia?»

Eris si adombrò, a quella domanda, e ammise dopo alcuni attimi di riflessione: «Beh, se il tuo alter ego voleva portare giustizia nel mondo perché vi vedeva solo oscurità, orrore e perdizione, Astrea è fuggita dal mondo per lo stesso identico motivo. La sua mente è rimasta così turbata e scioccata da ciò che avvenne durante la seconda guerra mondiale, da cadere in una sorta di limbo. Esculapio se ne prende cura da allora.»

La notizia turbò non poco Alekos che, sgomento, mormorò: «Lei è… morta

«Non esattamente. Quando avvenne il suo crollo emotivo, venne controllata da Esculapio ed Érebos, che ne valutò la pericolosità per il genere umano. Non ritenendola un rischio per nessuno, oltre che per se stessa, non la uccise ma, da quel giorno ella, semplicemente, si spense. Come una candela senza più fiamma.»

Alekos strinse le mani a pugno, inorridito suo malgrado dal dolore che gli uomini avevano provocato nella dea con il loro comportamento ingiustificato ed Eris, sorridendogli leggermente, aggiunse: «So che Eos e Astreo, i suoi genitori, vanno a trovarla spesso e le parlano. Vorresti conoscerla, e magari aiutarla?»

«Pensi che potrebbe servire?»

«I vostri poteri sono affini. Forse, le sarebbe d’aiuto. Tentar non nuoce, no? Oppure, ti farai venire mille e più dubbi, d’ora in poi, perché hai ceduto al lato più terrificante della luce?» ironizzò maliziosa Eris, lasciandosi andare a un sogghigno beffardo.

Alekos sbatté le palpebre di fronte all’uso sottile del dono di Eris e, grattandosi distrattamente un braccio, borbottò: «Miseria ladra… quando lo usi su di me, mi viene un formicolio terribile la pelle.»

Eris rise divertita, di fronte a quella novità e, smettendo immediatamente di usare il suo potere, aggiunse: «Va meglio, ora?»

«Decisamente sì. Comunque, vedrò di non farmi venire delle crisi di nervi soltanto perché ho quasi fatto esplodere il nostro mondo e tentato di mandare al creatore sia te che mio padre, va bene?»

La dea assentì, compiaciuta che il giovane riuscisse a fare dell’ironia su se stesso nonostante il rischio effettivamente corso. Rimuginare su quanto era successo e su ciò che avevano rischiato, però, non avrebbe portato a nulla. Dovevano accettarlo e andare avanti, cercando di perdonare se stessi, qualora fosse stato necessario.

«Credo che andrò a parlarne con Esculapio» dichiarò a quel punto Alekos, levandosi in piedi prima di strizzare l’occhio a Eris e aggiungere: «Devo metterti in guardia sulle intenzioni di zio Dioniso, o ne sei già al corrente?»

Eris sbuffò, lasciandosi però sfuggire un lieve rossore sulle gote che fece sorridere non poco Alekos.

«Quel pazzoide può pensarla come vuole. Non temere per me.»

«D’accordo. Allora, vi lascio soli. Devo ringraziare un sacco di persone, perciò dovrò pur cominciare da qualche parte» disse a quel punto Alekos, chinandosi su Eris per darle un bacio sulla guancia. «Grazie.»

Ciò detto, si scostò appena in tempo per evitare un pizzicotto da parte della dea che, fissandolo arcigna, borbottò: «Prima o poi mi verrai a tiro, e allora…»

Alekos rise nell’uscire in tutta fretta e, nel trovare Dioniso ancora in corridoio, disse allegramente: «Ora è arrabbiata con me… pensaci tu.»

«L’hai ringraziata?» ironizzò il dio, vedendolo annuire. «Va bene… mi sacrificherò io per la patria.»

Alekos lo guardò entrare tutto pimpante, le mani a sistemarsi nervosamente i riccioli castani e gli occhi dorati che sprizzavano malizia e divertimento.

Sì, Eris avrebbe avuto il suo bel daffare a scappare da lui, e Alekos ne era molto felice. La zia meritava un po’ di gioia, nella sua vita.

***

Alekos trovò Esculapio in compagnia di suo padre e di Clizia, impegnata a farsi visitare dal figlio del marito, e apparentemente soddisfatta dalle notizie appena ricevute.

Salutatolo coralmente, i tre immortali lo fissarono curiosi e Alekos, prima di porre qualsiasi altra domanda, si rivolse a Clizia e domandò: «Come ti senti? Con la confusione che ho causato in questi giorni, sono certo che neppure tu abbia avuto momenti molto piacevoli.»

Clizia gli sorrise, dandosi una pacca sul ventre leggermente arrotondato, e replicò: «Io e lui stiamo bene. Esculapio ce lo ha appena confermato. La prossima volta, però, fregatene delle vocette nella testa e parla con noi. Siamo la tua famiglia e, per te, ci saremo sempre… a volte, anche a sproposito, ma spero ci perdonerai quando saremo invadenti.»

Alekos rise di quella risposta e, nell’abbracciare Clizia, assentì e disse: «Quando nascerà il mio nuovo cugino, sarò io a essere invadente.»

«Per noi sarà un piacere» sottolineò Apollo, dandogli una pacca sulla spalla. «Avevi bisogno di noi, per caso? O cercavi i tuoi?»

«Per la verità, volevo parlare con Esculapio…» dichiarò il giovane, osservando pieno di curiosità la figura traslucida del dio, presente nella stanza solo in forma spirituale. «… sempre se hai tempo, s’intende.»

Il dio, in tutto somigliante al padre, pur se con capelli mori, invece che fulvi, assentì pieno di curiosità e, dopo essersi accomiatato dalla coppia, si accompagnò ad Alekos in uno dei corridoi del tempio.

Lì, quindi, domandò: «In cosa posso esserti utile?»

«Parlando con Eris, ho saputo che Astrea è, come dire… ricoverata da te, e volevo sapere se potevo essere utile in qualche modo» gli spiegò Alekos, infilandosi nervosamente le mani nelle tasche dei jeans.

Il solo pensiero di poter cominciare a redimersi dal caos che aveva combinato lo rendeva nervoso e impacciato, e le sue mani tremanti ne erano un chiaro indice.

Esculapio sorrise comprensivo, a quell’accenno e, annuendo, disse: «Beh, sì, curo Astrea da molto tempo, in effetti. Ma sei certo di volerti imbarcare in una simile impresa? Avere a che fare con i suo pensieri, a volte, non è affatto facile, e potresti comunque vederla solo in forma spirituale, per il momento.»

Chiaramente confuso, Alekos gli domandò: «Che intendi dire?»

«Al momento, Astrea è in sedazione profonda autoindotta. In parole povere, la sua mente è sprofondata così tanto da non essere raggiungibile se non in maniera metapsichica. Persino il suo corpo ci è precluso, a causa di ciò e, anche se esso si trova nella mia dimensione, non posso toccarlo in alcun modo, così come non possono i suoi genitori» tentò di spiegarli Esculapio, pur sapendo quanto fosse complesso mettere a parole il livello di estraniamento della dea.

Quando Astrea si era sentita male, Eos l’aveva condotta subito da lui perché le prestasse le prime cure e, in un primo momento, era stato in grado di prendersi cura della dea anche a livello fisico.

La sua crisi sistemica però, era giunta a un livello tale che, da un giorno all’altro, il corpo di Astrea era semplicemente svanito dinanzi ai suoi occhi. Chiedendo subito lumi ad Atropo, si era sentito dire che il filo di Astrea non era stato affatto reciso, e che esso continuava a muoversi regolarmente.

Solo a quel punto, Esculapio aveva compreso. Astrea aveva risucchiato se stessa nella propria mente, rifugiandosi in un loop infinito in cui le colpe che si era autoinflitta continuavano a flagellarla.

Parlandone successivamente con Érebos – essendovi costretto, quando una divinità minacciava la follia o l’autodistruzione – aveva però ricevuto un esito insperato alle proprie paure inespresse.

Astrea non aveva affatto cercato di morire, con il suo gesto, ma di vivere eternamente nel suo privato dolore, ritenendosi l’unica responsabile per la follia delle genti, e perciò l’unica a dover pagare per sempre.

Non essendovi stati gli estremi per condurla a una morte priva di pericoli per il Creato, Érebos si era raccomandato con Esculapio di controllarla sempre e, se possibile, di cercare di sradicarla da quel malsano dolore, e a ciò si era attenuto.

I suoi tentativi, nel corso degli anni, si erano però sempre rivelati vani, perciò era aperto a qualsiasi tipo di aiuto esterno, anche da parte del giovane Alekos.

«Vuoi ancora tentare?»

Alekos assentì, serio in volto ed Esculapio, annuendo al giovane, dichiarò: «Ora sei ancora provato per ciò che ti è accaduto, perciò dovrai riposare un poco ma, quando ti sarai ristabilito, verrò da te e ti insegnerò come raggiungerla. Non è necessario che tu ti sposti da casa, per farlo.»

Storcendo il naso, il giovane replicò: «Anche se casa mia è una sorta di gabbia psichica?»

Esculapio allora sorrise, ribattendo: «Efesto può invertire la polarizzazione e renderla un catalizzatore. Basterà chiederglielo.»

Fischiando sorpreso, Alekos gli sorrise grato e il dio, ammiccando al suo indirizzo, domandò: «Vuoi un passaggio da qualche parte, ora?»

«No, grazie. Penso che passeggerò per un po’ tra i templi, poi chiederò a qualcuno.»

«Se vuoi un consiglio, vai nel giardino di Artemide. E’ un buon posto dove ristorarsi, e tu sei sicuramente il benvenuto» gli consigliò Esculapio, salutandolo.

Alekos prese per buono l’invito e, dopo essere uscito dal tempio di Apollo, ne discese la scalinata, ritrovandosi così a respirare l’aria limpida e fresca dell’Olimpo.

A poca distanza, il tempio di Dioniso e quello di Ares apparivano splendidi e fieri, nelle loro articolate strutture murarie, mentre i giardini sempreverdi che li circondavano rilasciavano nell’aria profumi soavi e piacevoli.

Tutto era perfetto, in quel luogo, ma Alekos aveva ormai imparato sulla propria pelle che la perfezione era solo un effimero pensiero, niente affatto reale e, forse, niente affatto auspicabile.

Le persone erano bellissime anche – e soprattutto – grazie ai loro difetti e, pur se preferiva che tutti andassero d’amore e d’accordo, sapeva che era anche sciocco sperarlo.

La molteplicità di idee portava sovente allo scontro ma, se questo scontro avveniva in modo costruttivo, esso poteva portare a un’elevazione, a un miglioramento di sé e degli altri.

Diversamente, se dallo scontro nasceva solo cieca e sorda convinzione, allora si poteva unicamente giungere all’annichilimento. Nella sua superbia, lui era quasi giunto a questo.

In fondo, nel corso dei secoli, questo era stato il compito di Eris. Consigliare e pungolare, oltre che dar voce agli istinti primari dell’uomo. O, per lo meno, lo era stato fino a quando gli umani aveva ascoltato i suoi sussurri, interpretandoli a loro discrezione.

Eris aveva davvero avuto il compito più difficile tra tutti, dovendo soppesare ogni volta le parole e i consigli, mascherandoli dietro doppi significati per non concedere facili risposte agli umani.

Il fatto che queste parole, spesso e volentieri, fossero divenute foriere di guerre o dispute, non era dipeso da lei, ma dalla debole mente umana, da sempre abbagliata dalla via più breve, dal guadagno più veloce.

Sospirando, tornò per un attimo con lo sguardo al tempio di Apollo, ove si trovava colei che lo aveva salvato in tutti i modi possibili. Lei, più di tutti, conosceva il valore del dolore e, ora che lo aveva provato lui stesso sulla pelle, forse sarebbe riuscito ad aiutare Astrea a liberarsi del proprio.

Più sicuro di sé, approcciò una fontana zampillante per ammirare il proprio riflesso nell’acqua e, tra sé, sorrise divertito.

Ricordava bene il ghigno del se stesso divino ed era felice che fosse sparito, ma sapeva altrettanto bene che, da quel momento in poi, avrebbe dovuto pagare il peso della sua superbia.

Non se la sentiva di dare la colpa interamente al suo lato divino; lui stesso aveva abusato del proprio potere, quando ne era pienamente cosciente. Da questi errori, aveva imparato una dura lezione, ma era convinto che, da ciò, avrebbe saputo trarre del bene.

“Sembri soddisfatto” mormorò una voce nella sua mente mentre il riflesso nell’acqua svaniva, sommosso da leggere onde createsi senza apparente motivo.

Scostatosi di un passo, Alekos sorrise e allungò una mano, mano che venne prontamente afferrata da una lingua d’acqua che, poco alla volta, prese sembianze umane e, infine, le forme a lui note di Acaste.

Sorridendo maggiormente all’amica, la aiutò a scendere dalla fontana per poi abbracciarla con calore e l’oceanina, dopo averlo baciato sulle guance, asserì: «E’ bello rivederti finalmente in te. Eris come sta, piuttosto?»

«Molto meglio, ma credo che d’ora in poi avrà il suo bel daffare per togliersi di dosso le attenzioni di Dioniso» dichiarò Alekos, facendo scoppiare a ridere Acaste per la sorpresa.

«Beh, di tutte le cose che potevano succedere, questa davvero non me l’aspettavo» esalò la giovane, prendendolo sottobraccio. «Dove stavi andando, di bello?»

«Mi rilassavo un po’, in attesa di chiedere un passaggio per il piano di sotto… ho molte persone a cui chiedere perdono.»

«Al passaggio penserò io» lo rassicurò lei, tornando poi seria per domandargli: «Come stai, davvero

«Stai tranquilla. Sto bene sul serio. Ora sono completo nel modo giusto. Sono in perfetto equilibrio e, ciò che mi dava dei problemi, ora è svanito» le sorrise lui, dandole un colpetto con la spalla. «Tu, piuttosto. Che ci fai, qui, invece di stare in compagnia di Zéph?»

Sorridendo divertita, Acaste arrossì fino alla radice dei capelli e borbottò: «Guarda che non devo per forza stare sempre con lui.»

«E’ bello che ti piaccia così tanto da farti arrossire a questo modo… e mi fa piacere per lui…» dichiarò per contro Alekos, sorridendole allegro. «…perché lo reputo davvero un bravo ragazzo. Se fossi stato meno accecato dalle mire dell’altro me, avrei anche apprezzato maggiormente voi due come coppia, ma all’epoca ero piuttosto confuso.»

«E’ curioso che tu lo abbia anche solo notato» chiosò l’oceanina, incamminandosi con lui nel giardino del tempio di Artemide, dove alcune ancelle li salutarono con lievi inchini.

«Beh, per la verità, vi notai perché trovai la cosa in sincrono con ciò che io – o lui – credeva… credevo…» cominciò col dire Alekos prima di incespicare nelle parole, scoppiare a ridere ed esalare per diretta conseguenza: «Dio! Sarà un casino disgiungere le due cose! Comunque, vi trovavo giusti, perciò coerenti col piano finale.»

Acaste rabbrividì nonostante tutto, quando lui accennò al piano finale e Alekos, nell’accomodarsi con lei su una panchina di marmo nei pressi di un ciliegio, aggiunse più seriamente: «Non posso negare di aver apprezzato certi suoi pensieri – chi non vorrebbe la pace universale? – ma, quando mi permetteva di pensare in autonomia, mi rendevo conto anche delle profonde limitazioni, e pecche, del suo piano. Per ottenere una tale pace, avrebbe commesso stragi inenarrabili e reso schiavi gli umani. Non potevo accettarlo.»

«Ma ora, tu ed Eris lo tenete a bada?»

«Non credo sia corretto dire così. Ora, lui non esiste più, non in quella forma, per lo meno. La corruzione, nata in quella parte del mio animo, derivava dall’eccessivo potere di Érebos, che io non potevo gestire in quanto semidio. La metà del filato di Eris, invece, non crea problemi alla mia controparte divina che, per riflesso, non ha più… manie di grandezza» le spiegò Alekos, scrollando le spalle con naturalezza.

Acaste assentì sollevata e, socchiudendo gli occhi, reclinò il capo contro la spalla dell’amico, mormorando: «Ho davvero temuto di perderti, ma Érebos nutriva moltissima fiducia in Eris, e tuo padre mi ha aiutato moltissimo ad avere fiducia in una buona riuscita della missione. Ho potuto parlare molto, con lui, e posso dirti che deve essere stata una persona meravigliosa, in vita, ma lo è anche ora che è un’anima. Capisco perché tua madre si sia innamorata di lui.»

Alekos annuì silenzioso, lasciando che il suo sguardo galleggiasse leggero tutt’intorno a sé. Uccelli graziosi e canterini ciangottavano tra le piante, allietando il loro riposo, mentre coppie di unicorni trottavano a poca distanza, ristorandosi nella vicina polla d’acqua. I segugi di Artemide, solitamente così guardinghi e attenti, quel giorno si crogiolavano al sole, godendosi quel meriggio così sereno.

Sì, suo padre era stato un uomo di valore ma, soprattutto, era stato colui che aveva amato sua madre e che, per lui, aveva rischiato di perdere ogni suo ricordo, pur di salvarlo dall’Oltretomba. Per lui sarebbe stato sempre un po’ speciale.

Érebos, allo stesso modo, lo aveva fatto nascere una seconda volta e, dimostrando un amore infinito come il suo potere, aveva scardinato le leggi stesse della materia, per potergli permettere di vivere.

Entrambi i suoi padri erano stati – ed erano tutt’ora – persone degne di rispetto e ammirazione, e lui avrebbe messo tutto se stesso per portarne alti il nome e l’eredità.

«Aiuterò Astrea» disse di colpo Alekos, sorprendendo un poco Acaste, che risollevò il capo per scrutarlo piena di curiosità.

«Astrea? Come sai che…» esalò l’oceanina, sgranando gli occhi.

«Me ne hanno parlato sia Eris che Esculapio, e credo che aiutare lei potrebbe essere un buon primo passo in avanti per diventare l’uomo che intendo essere da qui in poi» le spiegò lui, la certezza d’intenti nel suo sorriso e la luce dell’aspettativa nello sguardo smeraldino.

Acaste allora gli sorrise, mormorando: «Vuoi diventare un guaritore?»

«Meglio. Una brava persona» scrollò le spalle lui, facendola ridere.

«Ma lo sei già!»

«Migliorerò ancora» replicò lui, stringendole una mano prima di aggiungere: «Potresti portarmi da mia nonna Anita? Vorrei cominciare con lei e il nonno.»

«Tutto quello che vuoi. Comunque, ti aiuterò anch’io a migliorare, se pensi di doverlo fare» gli promise lei, ammiccando al suo indirizzo e trasmutando entrambi in direzione del regno dei mortali.

***

Naturalmente, pur essendo stato preceduto dalle buone novelle portate da Artemide, il ritorno di Alekos nella famiglia Rodriguez fu accompagnato da pianti, abbracci e mille e più raccomandazioni.

Il giovane accettò ogni cosa – rimproveri compresi – con il cuore colmo di emozioni, e non si tirò mai indietro quando le zie e le cugine vollero riabbracciarlo più e più volte. Dopotutto, la sua sparizione era durata quasi una settimana e aveva creato uno scompiglio non indifferente, sia tra i suoi parenti mortali che immortali.

Fu solo a notte fonda che la buriana scese d’intensità e, trovato infine un momento per parlare in separata sede con nonna Anita, Alekos la pregò di seguirlo in giardino, dove si accomodò sul dondolo assieme a lei.

Nel prendere una mano tra le sue, le sorrise quindi speranzoso e disse: «Ho avuto molto tempo per riflettere, nei giorni in cui sono rimasto nel regno di Chaos e, pur se ho dovuto soprattutto discutere con l’altro me e rendermi conto fin dove volesse spingersi, ci sono cose che vorrei tenere, di quel periodo così terribile.»

«Non tutto il male viene per nuocere» motteggiò la donna, battendo la mano libera sulle loro due, ancora unite.

«Sì, l’ho imparato a mie spese. Parlando con colui che mi ha curato, ho saputo di una sua paziente che, forse, potrebbe aver bisogno di me. Il mio potere e il suo sono simili, ma abbiamo avuto reazioni diametralmente opposte a ciò che avevamo nel cuore» le spiegò allora Alekos. «Lei si sta autoflagellando da decenni, certa che gli orrori commessi dagli uomini siano causati dalla sua inettitudine come dea della giustizia. Vorrei aiutarla a perdonare se stessa, a farle capire che ciò che accade non dipende da sue mancanze, e che non deve farsi carico da sola di un simile dolore.»

«E’ encomiabile, tesoro… ma perché lo stai dicendo proprio a me?» gli domandò curiosa, Anita.

«Tu sei una bruja, conosci meglio di me gli spiriti erranti, e lei ora dimora in un altro luogo, ove solo gli spiriti possono vagare. Esculapio mi insegnerà a raggiungerla, ma vorrei sapere da te quale potrebbe essere il modo migliore per approcciarla. Puoi aiutarmi, nonna?» le spiegò Alekos, scrutandola pieno di speranza.

Anita lo attirò a sé per un abbraccio e, nel farlo, una lacrima le scivolò furtiva sulla guancia. Sapeva di avere accanto il nipote, ma ormai Alekos rassomigliava così tanto a Miguel da esserle difficile disgiungerli pienamente.

Il fatto che il nipote volesse aiutare una perfetta estranea, poi, glielo rendeva ancora più caro e ancor più simile al figlio. Anche in questo, rassomigliava al padre, e lei ne era immensamente felice.

«Ti aiuterò, Alekos. Insieme, la riporteremo a casa» gli promise la donna, baciandolo affettuosamente su una guancia.

«Grazie, nonna» sussurrò il giovane.

Finché non avesse raggiunto Astrea, non avrebbe ceduto, né allo sconforto e neppure alla rabbia. Ora, sapeva come fare, anche grazie a persone come sua nonna.

 

 

 

N.d.A.: Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire, ma noi non abbiamo ancora finito... non del tutto, per lo meno. Alekos, infatti, ritiene necessario compiere ancora qualcosa, per dirsi finalmente "a posto".

Veniamo quindi a scoprire dell'esistenza di Astrea, dea della giustizia, che da anni ormai si è autoimposta la prigionia per motivazioni che ben presto scopriremo. Ma non solo lei incontreremo in questo nostro finale "con il botto" (scoprirete presto perché ho usato proprio questo modo di dire).

Anche qualcun altro è stato accennato dai nostri personaggi, e ha soggiornato a sua volta presso la casa di cura di Esculapio. Anche lui aiuterà Alekos nella sua personale missione per salvare Astrea e chiuderà il ciclo degli dèi ed eroi cominciato con Athena.

A presto, e grazie per avermi seguita fino a qui!

  
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