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Autore: JessicaBuriola    07/05/2020    2 recensioni
Draco Lucius Malfoy ha riabilitato il nome della propria famiglia ed ora è uno dei funzionari più rispettati del Ministero della Magia e proprio per questo gli è stata affidata una missione che sicuramente gli farà ottenere il posto come capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Ventisette anni, brillante ed ambizioso, in procinto di sposarsi, tiene ben salde le redini della propria vita.
Sofia De Benedetti ha un doloroso passato alle spalle, che preferisce di gran lunga tenere chiuso in un cassetto. Pochissimi amici, un fidanzato assente e lontano. Ventidue anni, studentessa universitaria in procinto di laurearsi, un vortice di confusione e apparente spavalderia, travolgente, insolita.
Due mondi agli antipodi che finiscono inevitabilmente per scontrarsi in una delle città più affascinanti e controverse del mondo: Venezia.
A volte, nonostante tutti i nostri piani definiti nei minimi dettagli, il destino ha in mente altri progetti per noi.
Genere: Avventura, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Draco Malfoy, Narcissa Malfoy, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Domenica 11 aprile, ore 09:12 – Un anno dopo

Il riflesso che gli ritornava lo specchio era a dir poco impeccabile: completo nero, fatto su misura, camicia candida; i polsini uscivano quel tanto che bastava a far brillare i gemelli che per generazioni gli uomini della sua famiglia si erano tramandati, serpenti in oro bianco; gilet grigio chiaro, stesso colore della cravatta sottile, annodata alla perfezione. I capelli biondissimi ricadevano ordinati, nessun ciuffo fuori posto.

Lei probabilmente gli avrebbe detto che sembrava pronto per andare ad un funerale, ridendo di lui, con quella risata cristallina che non smetteva di risuonargli nelle orecchie. Se solo per un momento provava a frenare la fredda ragione e lasciava parlare il proprio cuore, era proprio così che si sentiva: pronto per andare ad un funerale. Lo faceva quasi ridere la data che avevano scelto: il destino si divertiva a prenderlo in giro.

Gli occhi grigi, glaciali, gli restituirono uno sguardo severo: non essere ridicolo. L’unica nota stonata su quel viso quasi etereo erano due occhiaie nere, profonde, indelebili. Non aveva chiuso occhio. Niente di strano. Dopotutto era appena trascorsa la notte che aveva preceduto il suo imminente matrimonio.

Il riflesso che le ritornava lo specchio era abbastanza disastroso: la solita massa di capelli indomabile, una coda di cavallo fatta alla bene e meglio, la t-shirt di una band e una felpa con il cappuccio; aveva infilato i jeans più comodi che possedeva, slavati, trascurati, consumati, in fin dei conti rispecchiavano come si sentiva nel profondo.

Lui probabilmente le avrebbe detto che era la solita confusionaria, con quel tono serio, macchiato però da una nota di divertito affetto. Le sembrò quasi di avere il suo sguardo vigile ed attento addosso, dal quale non si sentiva più accarezzare da così tanto tempo. Aveva deciso lei, per entrambi, perché le era sembrato meglio così, perché aveva quella dannata abitudine di scappare di fronte ai problemi, di prendere le distanze per paura di stare male, di non essere abbastanza. Certo dubitava si potesse stare peggio di così, ma poco importava, ormai era troppo tardi, avrebbe dovuto pensarci prima: l’aveva perso. Con un battito di ciglia cancellò le lacrime pronte a cadere.

Gli occhi nocciola, attenti, le restituirono uno sguardo severo: non essere ridicola. Due occhiaie le segnavano profondamente il viso, il tocco finale su quell’ammasso disastrato che altro non era che lei. Non aveva chiuso occhio. Niente di strano. Dopotutto era appena trascorsa la notte che precedeva la sua imminente partenza: finalmente tornava a casa. Venezia.

Una sposa ritarda sempre, questa è la tradizione. E lui aspetta lì, ritto in piedi, immobile, sguardo impenetrabile. Aspetta.

Un aereo ritarda sempre, se chi deve partire è indeciso. E lei aspetta lì, ritta in piedi, immobile, sguardo impenetrabile. Aspetta.

La sposa si avvicina. Bellissima nel suo abito bianco. Quando le alza il velo è quasi sorpreso. Deluso. Cosa si aspettava?

Un uomo alto e biondo corre verso di lei. La supera senza degnarla di uno sguardo, è quasi sorpresa. Delusa. Cosa si aspettava?

“Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio tra Draco Lucius Malfoy e Astoria Greengrass.” Involontariamente volta appena il capo all’indietro, nessuno. Trattiene il fiato e guarda avanti a sé. “Un giorno speciale che celebra l’amore, quello vero.”

“Sofia Stevenson è pregata di presentarsi al gate 9 con urgenza.” Involontariamente guarda per l’ennesima volta l’entrata dell’aeroporto, nessuno. Trattiene il fiato e guarda davanti a sé.  “L’aereo 12899 per Venezia è in partenza. Ultima chiamata.”

Poche ore prima, 02:34…

“Pronto?” Silenzio, nessuna risposta. “Draco?” Un brivido la percorre da testa a piedi nel pronunciare nuovamente a voce altra quel nome.

La voce dall’altro capo del telefono sembra stanca, leggermente roca, priva di colore. “Sei tu.” Non è una domanda, ma un’affermazione. Finalmente si era decisa a rimettersi in contatto con lui. Come si dice in questi casi? Meglio tardi che mai?

Minuti che sembrano ore, ore che sembrano minuti, poi finalmente la ragazza si decide a parlare.

“Così domani ti sposi.” Poche parole, incerte, vuote.

“Mi hai chiamato per chiedermi una cosa che già sai?” Un ringhio, un’accusa quasi.

No. Certo che no.

Ti ho chiamato perché mi dispiace.

Ti ho chiamato perché avevi ragione.

Ti ho chiamato perché ho sbagliato.

Ti ho chiamato perché mi manchi terribilmente.

Ti ho chiamato perché ti amo ed è una cosa che non si può decidere di ignorare.

Ti ho chiamato perché ho bisogno di te.

Ti ho chiamato perché non voglio che ti sposi.

Ti ho chiamato perché voglio che torni da me.

“Cazzo Sofia! Rispondimi…” Un pugno contro il muro. Frustrazione.

Lei copre il telefono per un attimo, nasconde il rumore di un singhiozzo, seguono parole sconnesse, laconiche, monocordi.

“Sai io… Sono stata ad Oxford tutto questo tempo. Per quel progetto al quale avevo fatto domanda con te… Non so se ricordi…”

Come potrebbe aver dimenticato qualcosa che la riguarda? Ricorda tutto di lei, ogni dettaglio più insignificante continua a pungerlo, in una lenta e continua tortura alla quale ormai crede di essere condannato per la vita.

Sofia continua. “È stato un bel progetto, non so, volevo che lo sapessi, in fin dei conti mi hai spinta tu a fare domanda quando ci siamo conosciuti...”

“Mi fa piacere. Congratulazioni.” Perché lo aveva chiamato?

“Grazie. Suppongo di doverle fare anche io a te.”

“Grazie.”

Gelo all’esterno, un fuoco che arde, nascosto, in fondo al cuore, nessuno dei due sembra volergli dare voce. Non più.

“Allora ciao…”

“Buona fortuna Sofia.”

Ancora silenzio. Solo i rispettivi respiri. Respiri che si sono intrecciati innumerevoli volte, che continuano a cercarsi senza tregua, inutilmente.

“Draco… Sei felice?” Un sussurro.

“Se lo sei tu.”

“Credo di sì…”

“Bene allora. Devo andare adesso.”

“Lo so…”

Un altro interminabile silenzio, in una notte lunga, che non lo sarà mai abbastanza.

“Abbi cura di te Sofia.”

Una pausa.

“Aspetta Draco! Io…” La voce ha una nota di disperazione.

Ma è troppo tardi. Dall’altro capo del telefono non si sente più alcun respiro, non c’è più nessuno ad ascoltarla.

A volte il tempismo può essere tutto.Sconsolata si abbandona alle lacrime.

Sola.
 
   
 
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