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Autore: Lady Blackfyre    09/05/2020    7 recensioni
[STORIA INTERATTIVA – ISCRIZIONI CHIUSE]
Dimenticatevi di Katniss e Peeta, del loro clamoroso gesto nell’Arena. Dimenticatevi della Rivolta e di tutto quello che ne è conseguito. La 74th Edizione dei Giochi della Memoria è stata la prima a concludersi senza un vincitore, complice il suicidio dei Tributi del Dodici. La spietatezza di Capitol ha reso evidente che nessuno può sfuggire al controllo del Presidente Snow, che non c’è pietà per chi si ribella. Il tutto ampiamente dimostrato dalla terza edizione della Memoria, che ha sensibilmente diminuito il numero di ex Vincitori ancora in vita. Oggi, all’alba del centesimo anniversario, tutta Panem è in trepidante attesa della quarta edizione della Memoria.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Altri tributi, Bimbo Cresta-Odair, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La Mietitura (D1 – D4)

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!

Finalmente eccoci qui con la prima parte della Mietitura. Chiederei a coloro che hanno prenotato gli altri Tributi, e che ancora non mi hanno inviato le schede, di accelerare un pochino i tempi (specialmente coloro che hanno Tributi che appartengono ai Distretti dal 5 all’8 in quanto avrei bisogno di loro entro lunedì).  

 

 

 

 

 

Distretto 1

Ivory Myers| 17 anni| Eterosessuale.

 

 

 

Indossò l’abito che le era stato regalato per l’occasione.

Era di un bel color avorio, candido e adatto a rispecchiare il suo nome. Con quel vestito e le ciocche bionde acconciate in morbide onde, sembrava più che mai una bambola.

Credeva di non essere mai apparsa tanto delicata e innocente agli occhi di qualcuno, considerò distrattamente mentre sua madre finiva di truccarla con sapiente maestria.

- Ecco fatto -, decretò alla fine la madre, - sei perfetta. –

Già, pronta a rimediare agli errori di sua sorella.

Marble era stata bella quanto lei, se non addirittura di più, quando si era offerta volontaria ai Giochi di due anni prima.

Ed ora lei era pronta a prendere il suo posto, a ripercorrere quella stessa strada che l’avrebbe condotta dritta verso Capitol.

Prese un respiro profondo, imponendosi di mantenere il controllo.

- Mamma… -

- Sì, tesoro? –

Accennò con il capo in direzione del suo portagioie.

- Puoi prendermi la collana nel primo scompartimento? –

La donna l’assecondò, fermandosi non appena vide qual era il gioiello a cui faceva riferimento sua figlia.

Era la collana di Marble, quella che aveva tenuto con sé fino alla fine della sua giovane esistenza.

- Tesoro… -

- Mamma -, insistè voltandosi a fissarla in quegli occhi verdi che aveva ereditato a sua volta, - per favore. –

Marble era stata una macchia per la reputazione della famiglia, che aveva prodotto una lunga serie di ex vincitori nel corso dei decenni passati, e l’intero Distretto si era completamente dimenticato della sua esistenza.

Era stata cancellata, come se non fosse mai esistita, ma Ivory si era rifiutata di dimenticarla anche se le era stato ordinato di farlo.

Sua sorella era stata la sua migliore amica, la sua unica confidente, il suo porto sicuro. Aveva pianto tutte le sue lacrime quando era stata uccisa, trafitta dalla spada della ragazza del Due, penultima vittima di quei sanguinosi Giochi.

- Va bene –, cedette alla fine aiutandola a indossarla, - ma cerca di non farla vedere a tuo padre. Lo sai come la pensa. –

Accarezzò lo smeraldo, che nell’intenzione del creatore avrebbe dovuto rappresentare l’occhio del ciondolo a forma di serpente.

- Lo so. –

Ma se lei poteva accettare di assecondarlo, rischiando di morire a sua volta, allora suo padre avrebbe dovuto fare altrettanto nel suo desiderio di avere con sé un pezzo di Marble.

Fece appena in tempo a indossare le scarpe che il bussare di suo padre giunse alle sue orecchie.

Fece capolino sulla soglia della sua stanza, aprendosi in un sorriso carico d’apprezzamento quando la vide.

- Sei splendida. Sei pronta per andare? –

Ivory lasciò vagare il suo sguardo all’interno della camera, domandandosi distrattamente se e quando avrebbe potuto tornare lì.

Era un po’ come una di quelle vergini sacrificali pronte ad andare al macello.

Non c’era nulla che potesse dire o fare, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

Scacciò via quel pensiero, sforzandosi di sembrare impassibile, e annuì: - Sì, possiamo andare. –

 

 

 

Jasper Sterling| 18 anni| Eterosessuale.

- Non sei costretto a farlo. –

Jasper finì di sistemare la fine camicia di lino, poi si voltò verso sua sorella minore. Le rivolse un lieve cenno di sorriso, uno di quelli sghembi e imperscrutabili dietro i quali si rifugiava quando non voleva mostrare al resto del mondo ciò che gli passava per la testa.

- Al contrario, sorellina. Sono il membro più grande dell’Accademia, l’ultimo ad avere raggiunto i diciotto anni senza aver messo piede all’interno dell’Arena. Tutti si aspettano che sia io ad offrirmi. –

Jade aggrottò la fronte, tormentando l’orlo del suo abito.

- Chi se ne frega di quello che si aspetta il Distretto? –

Era facile per lei sollevare obiezioni.

Era una ragazza, una di quelle femminili e delicate dal grande talento per la moda e quasi nessuna velleità atletica; nessuno si sarebbe mai aspettato di vederla entrare nell’Arena per rappresentare l’Uno. Anzi, a onor del vero, nessuno avrebbe mai voluto vederla offrirsi come Tributo; non era considerata all’altezza di poter garantire un’esibizione prestigiosa.

Jasper, invece, era tutta un’altra storia.

Aveva un fisico possente, una buona mira, e aveva mostrato fin da subito una certa predisposizione atletica.

I preparatori l’avevano puntato nel momento stesso in cui aveva compiuto quattordici anni, ma avevano atteso pazientemente che diventasse abbastanza grande da poter avere un vantaggio maggiore sugli altri Tributi.

Quella era la sua ultima occasione, rafforzata dall’unicità dell’evento, ed erano mesi che veniva pressato da ogni direzione per offrirsi.

- Lo sai come reagisce il nostro Distretto quando viene deluso, no? –

Cancellato, annientato, relegato nell’ombra alla stessa stregua di un paria. Non ci sarebbe stata più alcuna possibilità né lavorativa né sociale per lui. Tutti l’avrebbero evitato come la peste, marchiato nel modo più infame di tutti: un codardo, un debole, un disonore.

Jade gli si avvicinò, cingendolo con le braccia sottili, e sussurrò: - Ti prego, Jase, non andare. Non lasciarmi. –

Sospirò, allungando una mano ad accarezzarle i folti capelli color cenere.

- Non ti sto lasciando. Tornerò a casa. –

Poi le scoccò un bacio sulla guancia e si districò dalla sua presa, voltandole le spalle e scendendo rapidamente i gradini della scala a chiocciola.

Uscì di casa, certo che i suoi genitori fossero già arrivati alla piazza del Campidoglio, e allungò il passo per raggiungerli.

In lontananza vide i ragazzi e le ragazze del Distretto, intenti a prendere posto, e per un attimo si ritrovò a soffermarsi sulle espressioni rilassate che sfoggiavano. Non c’era motivo di preoccuparsi, non quando al loro posto si sarebbe di certo offerto qualcun altro.

Si mise in fila, registrandosi, e poi raggiunse lo sparuto gruppo di ragazzi della sua età.

Non ce ne erano molti al Distretto, tra i figli degli ex Vincitori, e la maggior parte di loro o aveva già partecipato oppure era troppo imbranata per poter essere candidata. Li conosceva di vista tutti, perciò accettò con un mezzo sorriso le pacche cameratesche che riceveva mentre il consueto video del Presidente veniva proiettato.

Sentì i mormorii farsi più vivaci quando la Capitolina del loro Distretto, una donna dagli sgargianti capelli rosa shocking, si avvicinava all’urna femminile.

Ne estrasse un nome, scandendolo con la sua voce acuta: - Candy Rogers! –

Era una compagna di classe di sua sorella, una ragazzina dai capelli castani e gli occhioni azzurri, che sorrise tiepidamente quando una mano svettò in aria.

- Mi offro Volontaria! –

Jasper conosceva anche lei, l’aveva vista nella classe accanto alla sua diverse volte e altrettante nelle palestre dell’Accademia.

La vide avanzare verso il palco, eterea nel suo abito candido e nelle sue sembianze delicate, e inerpicarsi sulla scaletta di legno.

Si sistemò accanto alla Capitolina, dipingendosi sulle labbra un sorriso privo di qualsiasi reale calore, presentandosi: - Ivory Myers. –

La Capitolina squittì, battendo le mani deliziata, e poi si diresse verso l’urna maschile.

- Il Tributo maschile è… Jasper Sterling! –

Un silenzio incredulo si fece largo tra i ragazzi.

Non capitava quasi mai che venisse sorteggiato il Tributo indicato dai preparatori dell’Accademia.

Sembrava quasi fosse un segno del destino.

Jasper si fece avanti, notando come le telecamere catturassero la mancanza di volontari pronti a rimpiazzarlo, e prese posto accanto ad Ivory.

- Un bell’applauso per questi giovani! –

 

 

*

Distretto 2

 

 

Luna Florens| 18 anni| Eterosessuale

 

 

 

Luna continuò a prepararsi, sforzandosi d’ignorare il tremito delle sue dita mentre finivano di chiudere l’abito che avrebbe indossato per la Mietitura. Aveva cercato di evitare quel momento il più possibile e per tutti quegli anni c’era anche riuscita. Tuttavia, quando un paio di settimane prima i suoi genitori le avevano chiesto di parlare, aveva subodorato che c’era qualcosa di affatto piacevole in agguato.

E aveva avuto ragione.

Né Flavinius né Elenia, il primo ex vincitore e la seconda preparatrice dell’Accademia, avevano visto di buon occhio il suo netto rifiuto a prendere parte ai Giochi nelle edizioni precedenti.

Adesso, le avevano detto, non aveva altra scelta se non quella di offrirsi per l’edizione più prestigiosa di tutte. Quando lei aveva provato a ribattere, le sue proteste erano state tacitate dalla più sconvolgente e inaspettata delle minacce.

O prendeva parte agli Hunger Games, portando onore alla famiglia, oppure sarebbe stata spedita a lavorare nelle miniere; era il lavoro più degradante per un membro del Due, specialmente per una che come lei aveva già ben chiaro quali fossero le sue ambizioni. Voleva coltivare la sua passione per la moda e aprire un negozio d’abbigliamento. Era un’idea che i suoi genitori trovavano ridicola, giudicandola frivola e adatta alle femminucce del Distretto Uno, ma sapeva che sei lei avesse partecipato ai Giochi loro le avrebbero dato una mano ad aprirlo al suo ritorno.

Era un po’ il prezzo per la conquista dell’agognata indipendenza e la realizzazione del suo futuro.

Almeno all’inizio. Ora era semplicemente l’unica alternativa possibile alle miniere. Così aveva accettato, odiando ogni singolo istante delle settimane seguenti, e quella mattina si era svegliata con una fastidiosa nausea. Tuttavia aveva fatto del suo meglio per prepararsi in modo consono all’evento, presentandosi al meglio, e il riflesso che lo specchio le rimandava diceva che c’era riuscita eccome.

Sentì bussare alla porta, un tocco più gentile di quello paterno, e poi vide sua madre fare la sua comparsa.

- Dobbiamo andare, manca poco. –

- Sono pronta – mormorò di rimando, seguendola lungo le scale.

Era sull’ultimo gradino quando la presa della madre si chiuse sul suo polso, trattenendola.

- Luna, mi raccomando, non deluderci. –

Solo quello, nessuna raccomandazione né sostegno, non che Luna si aspettasse qualcos’altro da lei.

Così replicò semplicemente: - Non lo farò. –

 

 

 

Ares Sword| 18 anni| Eterosessuale

 

 

 

Ares si fece largo, lanciando occhiatacce da una parte e dall’altra della folla di coetanei, disperdendo in fretta tutti quelli che impedivano loro di raggiungere i rispettivi blocchi d’appartenenza. Dietro di lui venivano sua sorella e suo fratello, Enio e Cratos, entrambi vagamente nervosi per la Mietitura.

Si fermò a pochi passi dalla linea che divideva il gruppo dei ragazzi da quello delle ragazze. Poi si voltò a guardare la sorella.

Enio teneva i lunghi capelli castano scuro legati in una lunga treccia, si mordeva le labbra e aveva gli occhi grigi sgranati come quelli di un animale colpito dai fari. Aveva solo tredici anni, troppo pochi per pensare di entrare nell’Arena, e tutto in lei tradiva la paura di una possibile estrazione.

- Qualcuna si offrirà nel caso in cui venissi estratta. Anche se la probabilità che esca proprio tu è davvero molto bassa -, la assicurò chinandosi a guardarla dritta negli occhi, - perciò raggiungi le tue compagne e ricordati di respirare. Andrà tutto bene. –

Enio tentennò, poi si alzò in punta di piedi e gli gettò le braccia al collo.

Se il padre avesse visto una scena del genere sarebbe andato su tutte le furie. Perse li aveva cresciuti insegnando loro che la paura era un sentimento da dimenticare; meglio un figlio morto che un vigliacco, ribadiva loro in continuazione, quando impartiva lezioni con la sua ferrea disciplina.

Non era un uomo facile, Perse Sword, e tutto il Distretto lo sapeva. Si diceva che usasse il pugno di ferro con i figli e con la moglie, ma nessuno aveva mai osato pronunciare ad alta voce la parola violenza o abusi. Si diceva anche che Ares fosse quello che più di ogni altro aveva assaggiato la sua furia, frapponendosi spesso tra lui e il resto della famiglia, ma anche di questo nessuno parlava.

Si dicevano tante cose, tra un pettegolezzo e l’altro, ma mai nessuno aveva mosso un dito.

Se facevi finta che tutto andasse bene, che la normalità albergasse nella vita perfetta delle famiglie degli ex vincitori, dopo un po’ si finiva per crederci.

Ares strinse a sua volta la sorella, rifilandole una ruvida carezza sul capo prima di lasciarla andare, poi tornò indietro insieme al fratello.

Cratos aveva quindici anni, di lì a qualche mese ne avrebbe compiuti sedici, e stava crescendo a vista d’occhio. Guardava ad Ares come a un modello, un padre che gli sarebbe piaciuto avere, e l’idea di poterlo perdere lo distruggeva. Tuttavia reggeva il colpo meglio di Enio, almeno all’apparenza, perciò non disse nulla quando Ares lo prese da parte.

Sapeva già cosa gli avrebbe detto, lo aveva capito dal modo in cui si era allenato incessantemente negli ultimi mesi.

L’unico modo per sfuggire al controllo del padre, per permettere a tutta la famiglia di vivere con dignità e onore lontani dalla violenza di Perse, era essere certo di guadagnare quanto bastava per poterli mantenere. Nessuno al Distretto lo avrebbe aiutato, rischiando di attirare le ire dell’ex vincitore, perciò la strada per fare tanti soldi nel minor tempo possibile era una sola: vincere i Giochi.

- Devi proteggere mamma ed Enio. Sei pronto a farlo? –

Cratos si limitò a scrutarlo negli occhi grigi, annuendo risolutamente, mentre la voce del Presidente risuonava durante la messa in onda del video.

- Sì, lo farò. –

Ares lo tirò a sé, stringendolo in un breve abbraccio virile, e gli rifilò una pacca sulla spalla: - Bene, da oggi contano su di te. –

- Ares… -

- Sì? –

- Cerca di non farti ammazzare… okay? –

Gli scompigliò le ciocche castane. – Fila dai tuoi compagni, piccoletto, e lascia che di questo mi preoccupi io. –

Cratos annuì, raggiungendo gli amici, proprio mentre la Capitolina annunciava il nome della ragazza.

Era una sedicenne, che fece per avanzare verso il palco, ma venne bloccata da una voce che si levò dall’ultima fila.

Era una delle diciottenni del Distretto e aveva lunghi capelli scuri, che incorniciavano un volto attraente.

Si fece avanti, raggiungendo la Capitolina, e si limitò a proferire il suo nome: - Luna Florens. –

Se la Capitolina si era aspettata che Luna dicesse qualcosa, magari professasse il suo desiderio di rendere onore al Distretto, rimase disattesa perché la ragazza non pronunciò una singola parola.

Così, alquanto perplessa, la donna si diresse all’urna maschile.

Infilò una mano all’interno e indugiò per qualche istante, alla ricerca del foglietto prescelto. Fu allora che Ares si fece avanti, deciso a offrirsi prima di chiunque altro, e alzò un braccio muscoloso e tatuato a mezz’aria.

- Mi offro Volontario! –

Questa volta la Capitolina non parve affatto contrariata dal suo comportamento, anzi cominciò a sciorinare una serie di commenti del tutto inutili su quanto fosse bello avere un giovane così coraggioso e pronto a difendere l’onore del Distretto.

Ares non aveva mai sentito tante idiozie tutte in una volta sola, pensò mentre saliva la rampa che lo condusse sul palco, ma una volta tanto tenne i commenti sarcastici per sé.

Si limitò a fermarsi davanti al microfono, presentandosi: - Ares Sword. –

Poi si accostò alla sua compagna di Distretto.

La vide rivolgergli un sorriso lieve, incerto, al quale si ritrovò a rispondere a sua volta. A quanto sembrava nemmeno lei era la classica Favorita affamata di gloria, considerò, e forse sarebbe potuta anche essere una persona con cui avrebbe potuto andare d’accordo.

 

 

 

*

 

 

 

Distretto 3

 

 

 

Allison Frost| 17 anni| Bisessuale

 

 

 

Allison avanzò lungo il sentiero in ciottolato, diretta verso il desk delle registrazioni in vista dell’inizio della Mietitura, consapevole delle occhiate sdegnose che attirava il suo passaggio. Fino ad un anno prima nessuno l’avrebbe mai guardata in quel modo, lei che con il suo bell’aspetto e i suoi modi aveva conquistato ogni singolo abitante del Tre, ma le cose erano irrimediabilmente cambiate.

La bella orfana, che tante lacrime aveva strappato ai suoi concittadini quando era rimasta da sola, era ormai alla stessa stregua di un paria da quando la sua relazione con una dei Pacificatori era venuta allo scoperto. La sua dolce metà era stata punita per tradimento, venendo giustiziata in pubblica piazza, e lei era stata marchiata con l’infame nomea di traditrice e familiarizzatrice con gli scagnozzi di Capitol.

Nessuno avrebbe pianto lacrime per lei, se fosse stata estratta, di questo era ben consapevole.

E per un folle attimo, mentre l’ago le penetrava la pelle e una goccia di sangue cadeva sul lettore elettronico, si ritrovò a pensare che non le importava poi così tanto. Ormai era sola, non c’era più nessuno al mondo che tenesse a lei o che fosse disposto a starle vicino, perciò che senso aveva continuare a cercare di tornare alla vita prima di tutto quel disastro?

Sospirò, avvicinandosi al blocco delle ragazze del suo anno, ignorando le risatine e i commenti salaci di alcune delle sue compagne di scuola. Non valeva nemmeno la pena di stare ad ascoltare quelle vipere. Checché ne dicessero i suoi concittadini, la sua relazione non era stata motivata da questioni futili e materiali o dalla volontà di ottenere favori e privilegi; si era semplicemente innamorata, così come avevano fatto centinaia di migliaia di persone prima di lei, e la sua unica colpa era stata quella di aver scelto un membro dei Pacificatori.  

Rimase composta, lasciando che i suoi pensieri si perdessero mentre vedeva scorrere le immagini del filmato spedito dal Presidente Snow.

 

 

 

Edwyn London| Distretto 3| 16 anni| Bisessuale

 

 

 

Il cervello di Edwyn stava macinando probabilità, percentuali e numeri vari a una velocità folle, del tutto incurante delle parole che venivano proclamate dal video messaggio. Del resto ormai lo conosceva a memoria e, di volta in volta, lo trovava sempre più assurdo e grottesco.

Il Distretto Tre aveva cinque ex vincitori, dei quali solo tre avevano dei figli maschi in età da Giochi.

La probabilità che venisse estratto era altissima, molto più di quanto non fosse mai stata nelle edizioni precedenti, considerò serrando i pugni lungo i fianchi e imponendosi di mantenere il respiro regolare. Ci mancava soltanto che si lasciasse prendere da una delle sue crisi d’asma, poi sì che sarebbe stato nei guai.

- Cari concittadini, procediamo all’estrazione della ragazza che rappresenterà il Distretto in questa gloriosa edizione della memoria! –

C’erano solo due scelte possibili: Minerva Brown e Allison Frost.

Minerva era una ragazza di quindici anni, dall’incredibile QI e l’indole tendenzialmente introversa. Tutti al Tre sostenevano che un genio come il suo si fosse riscontrato nell’ultimo periodo solo nel celeberrimo Beetee Latier.

Allison aveva diciassette anni, la reputazione macchiata da un’onta terribile, e viveva ormai ai margini della società del Tre.

Non c’era alcun dubbio su chi tutti sperassero che venisse estratta.

- Allison Frost, fatti avanti! –

A Edwyn parve quasi di sentire l’intero Distretto sospirare sollevato. Qualcosa d’inaccettabile, pensò di riflesso, perché ai suoi occhi quella povera ragazza non aveva fatto assolutamente nulla di male. Che colpa ne aveva se amava uno dei Pacificatori? Non si poteva scegliere chi amare e di certo…

Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce acuta della Capitolina, che teneva stretto tra le mani il foglietto con il nome del Tributo maschile.

Maledizione, sospirò, si era distratto un’altra volta. Sua madre lo diceva sempre che tendeva a perdere di concentrazione.

- Ha chiamato te -, gli sussurrò Andrew Forbes dandogli di gomito, - mi dispiace. –

Lui.

Si era distratto e la Capitolina aveva estratto proprio lui.

Era una situazione a dir poco grottesca, considerò mentre le sue gambe si muovevano in avanti quasi fosse un automa, e se fosse capitato a qualcun altro probabilmente sarebbe anche riuscito a vedere l’ironia della situazione.

Tuttavia in quel momento l’unica cosa che il suo cervello elaborava chiaramente era una: le sue probabilità erano oltremodo scarse.

 

 

 

*

 

 

 

Distretto 4

 

 

 

Noelle Vermillion| 18 anni| Eterosessuale

 

 

 

Noelle si tormentò nervosamente una lunga ciocca di capelli castano chiaro, attorcigliandola attorno alle dita per poi lasciarla nuovamente andare. Stava andando incontro al suo destino, uno che a lungo aveva rifuggito e che solo alla fine si era rassegnata ad abbracciare. Dopotutto essere la figlia di un ex vincitore, specialmente uno come Max Vermillion, le aveva offerto una vita di privilegi e benestare che in moltissimi le avevano invidiato. Con esse era giunta anche una popolarità non indifferente, ma al contempo la necessità di mantenere alta la reputazione della famiglia e di scendere a compromessi pur di assecondare i desideri paterni.

A Max non era infatti bastato che anni prima il suo primogenito, Shade, avesse vinto i Giochi. No, era fermamente convinto che anche Noelle dovesse dimostrare di non essere un disonore o uno spreco di tempo per la sua famiglia.

Dal canto suo, Noelle si era sempre categoricamente rifiutata, ma un’edizione della memoria era quanto di più unico potesse esserci e sapeva già che suo padre non le avrebbe permesso di farla franca se fosse rimasta nell’ombra anche quell’anno.

Doveva offrirsi e doveva vincere, se non altro per cancellare quell’espressione insofferente dal volto di suo fratello e quella sdegnosa che suo padre le rivolgeva ogni volta che riteneva che le sue aspettative fossero state disattese.

Quel giorno sarebbe cambiato tutto, decise uscendo dalla porta di casa e dirigendosi verso la piazza.

Con la coda dell’occhio, vide che dall’altro lato del villaggio dei Vincitori anche la famiglia Odair stava facendo altrettanto. Si soffermò appena sul volto di Flyn, l’unico della sua famiglia ad essere ancora in età da Giochi, e dal modo corrucciato che aveva ne dedusse che non sarebbe stato di certo un volontario.

Non che qualcuno gli avesse messo pressioni a riguardo, di questo Noelle era certa, perché gli Odair non avevano mai spinto nessuno dei loro primi due figli ad offrirsi, troppo scossi da tutto ciò che Capitol aveva fatto loro.

Provò una lieve invidia a quel pensiero, all’idea di una famiglia pronta ad accettare i suoi figli per quello che erano senza alcun pregiudizio. La scacciò in fretta, continuando a camminare, perché non era certo quello il momento di fantasticare su come sarebbe potuta andare la sua vita se fosse nata da genitori diversi.

Raggiunse il Campidoglio, registrandosi e unendosi alle sue compagne. Attese febbrilmente che il discorso giungesse al termine e, prima ancora che la Capitolina potesse avvicinarsi all’urna femminile, fece svettare in alto il braccio.

- Mi offro Volontaria! –

La donna la invitò a raggiungerla sul palco e, nel farlo, Noelle si sforzò d’indossare quell’espressione risoluta e determinata che aveva visto sfoggiare da tutti gli altri tributi volontari che avevano partecipato ai Giochi nel corso degli anni. Si fermò davanti al microfono, pronunciando chiaramente il suo nome: - Noelle Vermillion. –

Poi prese posto al centro del palco e attese pazientemente che la Capitolina procedesse alla mietitura del suo compagno, sforzandosi di non incrociare nemmeno per sbaglio lo sguardo di suo padre. Era infatti certa che, guardandolo, quella maschera che aveva creato si sarebbe sgretolata in mille pezzi.

 

 

 

Flyn Odair| 17 anni| Bisessuale

 

 

 

Il fatto che Noelle si fosse offerta come volontaria non lo spiazzò tanto quanto altri dei suoi compagni. Era vero che la ragazza non aveva mai mostrato un sincero interesse per i Giochi, ma i suoi genitori gli avevano raccontato quanto bastava di Max Vermillion da sapere che non le avrebbe mai permesso di lasciarsi sfuggire un’occasione come quella. Non faceva un segreto del fatto che gli dispiacesse per lei.

Noelle non era male, una volta che si evitava di soffermarsi sulla facciata che mostrava pubblicamente e ci si concentrava sui piccoli dettagli che lasciava trasparire, e Flyn doveva ammettere di essere sinceramente colpito dalla singolarità del suo modo d’agire. Aveva dimostrato una grande tempra già solo riuscendo a vivere per tutti quegli anni in compagnia di una famiglia come la sua, considerò, perciò doveva esserci molto più in lei di quanto in realtà non apparisse.

La voce della Capitolina interruppe il flusso dei suoi pensieri.

Parlava lentamente, come se si stesse aspettando di vedere qualche ragazzo offrirsi in modo tempestivo come aveva fatto Noelle; ma quando fu chiaro a tutti che nessuno si sarebbe offerto, ebbe un cambio d’andamento repentino e velocizzò l’ingresso della sua mano all’interno dell’urna.

Scelse il primo foglietto che incontrò le sue lunghe unghie laccate di verde acido. Lo srotolò teatralmente, avvicinandosi al microfono, e asserì: - Flyn Odair! –

L’urlo di sua madre, nel palchetto riservato agli ex vincitori, lo spinse a voltarsi nella sua direzione. La vide portarsi le mani tra i capelli, il volto rigato dalle lacrime, mentre urlava con quanto fiato aveva nei polmoni. I suoi fratelli la sorressero, scortandola via dal palco, mentre suo padre rimase al suo posto.

Anche lui aveva il volto segnato dal dolore e dalla preoccupazione, ma lo fissava come se volesse infondergli la sua vicinanza in quel momento spaventoso. Così ricambiò il suo sguardo, poi si fece largo tra i suoi compagni e marciò dritto verso il palco. Lo fece guardando dritto davanti a sé, mentre le urla di sua madre gli giungevano ovattate a causa della lontananza.

Si sistemò accanto a Noelle, sforzandosi di mettere da parte quella morsa allo stomaco e la sensazione di essere prossimo a svenire da un momento all’altro; ammiccò all’indirizzo della telecamera, che si soffermava per offrire un primo piano dei due tributi del Quattro, poi cercò la mano di Noelle e la strinse, intrecciando le dita alle sue.

La sentì irrigidirsi appena, ma non interruppe il contatto. Fece svettare le loro mani giunte verso l’alto, continuando a sorridere, riscuotendo l’applauso caloroso dei loro concittadini. Se proprio dovevano andare incontro alla morte allora tanto valeva cercare di catturare l’attenzione e il favore di possibili sponsor fin dal principio.

 

   
 
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