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Autore: Nina Ninetta    09/05/2020    2 recensioni
Le vite di Draco Malfoy e quella di suo figlio Scorpius sono minacciate dai pochi Mangiamorte rimasti liberi dopo la disfatta di Voldemort. Per proteggere Scorpius, Draco chiede il supporto del Primo Ministro della Magia Harry Potter, il quale decide di affidare al suo Auror migliore quella missione: la sua amica Hermione Granger. Hermione ha già un piano: nascondere Draco Malfoy nel suo mondo Babbano.
Nona classificata al Contest "Tarocchi Narranti" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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2.
Vernice
 

 
Comparvero dal nulla in un vicolo cieco. Draco dovette poggiare una mano contro il muro sudicio di un palazzo e chino in avanti sperò di non vomitare. L’odore nauseabondo che permeava l’aria non lo stava di certo aiutando. Notò dietro di lui delle enormi buste nere, ricordavano vagamente la divisa dei Mangiamorte,  sembrava che il tanfo arrivasse proprio da quelle.
«Cosa sono, per Merlino?» Tossì.
«Spazzatura. I babbani devono pur liberarsene in qualche modo. Stai bene?».
«No!» Draco avanzò di qualche metro, aveva bisogno di aria, ma pulita. Inoltre la smaterializzazione di Hermione era stata così potente e improvvisa da scombussolargli lo stomaco. Un giorno aveva sentito dire da sua madre che Hermione Granger era una tra gli Auror più forti, ancora ricordava suo padre Lucius ridere e affermare che fosse impossibile per una Sanguesporco essere un mago migliore di un Purosangue. Eppure Draco aveva sempre saputo, fin dall’adolescenza, che in uno scontro tra lui e la Granger non sarebbe stata lei a essere messa in ridicolo.
Poi ciò che vide scacciò immediatamente quei ricordi. Enormi palazzi si ergevano ai lati della strada. Al centro, fra le abitazioni alte metri e metri, c’erano veicoli fermi, di ogni colore e forma, da alcuni sembrava provenire un rumore simile a quello di una tromba, mentre rilasciavano del fumo denso che si alzava verso un cielo grigio. Decine di persone gli sfrecciavano davanti, qualcuna apparentemente parlava da sola, con un filo che dalle orecchie terminava chissà dove, altre camminavano in maniera così lesta che parevano fuggire da qualcosa. Si sentiva un gran vociare, uno vestito in modo strano gridava di fermarsi per assaggiare il miglior hot-dog della città. In mano teneva un forchettone enorme che ricordava vagamente il Tridente di Nettuno.
«Benvenuto nel mondo dei babbani» Hermione Granger si guardò attorno, tornare lì la metteva sempre di buon umore poiché riaffioravano alla mente gli anni spensierati trascorsi con i genitori.
«Cosa sono gli hottog?».
«Magari ne assaggerai uno un giorno».
«Cibo babbano? No grazie, potrei morire».
«Ci vuole molto di più per ammazzarti, Malfoy».
Draco seguì Hermione per diversi metri, mentre decine di babbani gli passavano accanto, qualcuno lo scrutò con interesse, altri sembrarono non notarlo neanche. Se da una parte ciò che vedeva gli pareva vagamente familiare al mondo in cui era nato e cresciuto, dall’altro era completamente diverso, a cominciare dai veicoli colorati a quattro e due ruote che si muovevano, sicuramente per opera di una magia a lui sconosciuta. All’ennesimo sguardo insistente di un passante, Draco bofonchiò fra i denti una piccola fattura e quello cadde lungo disteso sul marciapiede. Hermione lo guardò malissimo e tornò sui suoi passi per aiutare l’uomo a rimettersi in piedi.
«Mi fissava come se avesse visto un molliccio».
«Sono i tuoi abiti. Ma non hai nulla di diverso da giacche nere abbottonate fin sotto il mento? Sembri un becchino».
«Un che?»
«Lascia stare. Siamo arrivati».
Hermione Granger si fermò dinnanzi a una piccola villetta a schiera a due piani, con il tetto spiovente e ampie finestre. Draco notò la commozione nei suoi occhi e gli parve il momento migliore per sfruttare quella vulnerabilità e affondare una piccola lama nel fianco che teneva in serbo da quando avevano lasciato Hogwarts.
«Per un attimo ho creduto che saresti bruciata di passione quando quella nullità di un Weasley ti ha toccato».
«Sai una cosa Malfoy? Non sarai più il bulletto di un tempo, ma resti comunque un miserabile». Hermione aprì il cancelletto ed entrò nel piccolo spiazzo antistante la casa, c’era un sentiero pavimentato circondato da cespugli ben curati.
«Tasto dolente Granger? Le cose con mister Lenticchia non vanno bene?».
Hermione lo ignorò, alzando la propria bacchetta al cielo e recitando come un mantra i tre incantesimi di protezione:
«Protego Maxima. Repello Inimicum. Fianto Duri». Una cupola trasparente avvolse silenziosamente l’abitazione babbana della maga, la quale si incamminò verso la porta d’ingresso senza attendere che Draco le stesse dietro.
 
Proprio quest’ultimo si meravigliò di notare come i genitori della Granger fossero banalmente normali. La madre con il suo caschetto biondo gli ricordava vagamente Narcissa, ma più lussureggiante nelle forme e bonaria nell’espressione del viso. Il signor Granger invece era totalmente diverso da suo padre Lucius. Innanzitutto era calvo, con qualche ciuffetto grigio che sbucava ai lati della testa – quindi niente chioma bionda lunga oltre le spalle – occhiali sulla punta del naso e appena qualche spanna più alto della moglie e della figlia. Li accolsero con il sorriso sull’orlo della porta, abbracciarono Hermione e rimasero un attimo interdetti quando videro Draco alle sue spalle.
«Mamma, papà, vi ricordate di Draco?» L’Auror mosse impercettibilmente la bacchetta e i suoi genitori all’improvviso sembrarono ricordare una cosa che per un momento gli era sfuggita di mente. Il padre si batté una mano sulla fronte:
«Draco, ma certo! Il figlio dei Malfoy, i nostri vecchi vicini di casa! Come stai?». L’uomo lo abbracciò con affetto, Draco non ricambiò seguendo con lo sguardo la Granger che era già sparita con la madre nella penombra della casa.
L’abitazione era per certi versi simile a Villa Manor, ma la mobilia e i soprammobili davano un tocco di calore e di famigliarità che nella sua casa scarna e fredda non aveva mai percepito. In particolare sostò dinnanzi alle decine di fotografie disposte cronologicamente lungo una parete. Nelle prime appariva una piccola Hermione fra le braccia dei giovani coniugi Granger, poi il tempo passava e la maga da neonata si trasformava nella bambina prima e nell’adolescente dopo – adolescente che lo stesso Draco aveva conosciuto e odiato negli anni. Le ultime foto ritraevano Hermione Granger in abito da sposa mentre ballava con suo marito Ron Weasley e infine i signori Granger con i propri nipotini al mare.
L’Auror si accostò e mormorando qualcosa fece sparire dalle foto i figli – che furono sostituiti da cagnolini – e lo stesso Ron, il cui posto fu preso dal padre. Draco la scrutò dall’alto.
«Per adesso è meglio così» disse la maga, lui non rispose. «Vieni, ti mostro la tua camera da letto».
Hermione era stata combattuta sulla scelta della stanza da lasciare all’ospite, alla fine aveva optato per la propria vecchia camera, sebbene a malincuore. Il discorso era molto semplice: la sua stanza era la meglio protetta, semmai i Mangiamorte avessero attaccato quella sarebbe stata una delle camere più difficili da raggiungere.
«Perché devo dormire in una stanza per femminucce?».
«Perché ho deciso così» la risposta di Hermione non prevedeva repliche, fece per uscire dalla stanza, poi si voltò verso Draco e gli puntò la propria bacchetta contro: «Se ti trovo a frugare fra le mie cose ti oblivio».
Una scintilla attraversò gli occhi di Draco, come se gli fosse appena venuta un’idea brillante, tuttavia si limitò a mostrarle i palmi in segno di resa.
 
Quella stessa sera a cena Draco mangiò pochissimo. Non che il cibo babbano non gli piacesse, dall’odore non sembrava così orrendo come suo padre gli aveva sempre fatto credere, ma era il pensiero in sé che lo spaventava. Un pomeriggio Lucius lo aveva beccato a mangiare un dolce babbano: Narcissa disse che si trattavano di ciambelle alla crema, una bontà di cui non poteva fare a meno e appena poteva le comprava al mercato nero. Lucius però quella volta lo aveva sorpreso sul fattaccio e si era infuriato, affermando che mangiando cibo babbano avrebbe perso i suoi poteri magici. Eppure, pensò in quel momento notando come Hermione mangiasse tutto ciò che le veniva servito, alla Granger i poteri magici non erano mai venuti meno.
«Come sta Ron?».
All’improvviso il signor Granger pose quella domanda alla figlia e il sorriso sparì dal volto della ragazza, la moglie guardò il marito stranita, manco avesse detto un’assurdità.
«Evidentemente cancellarlo dalle foto non è servito» ghignò Draco e di nuovo vide Hermione ondeggiare pacatamente la bacchetta verso il padre, il quale scosse il capo come a voler scacciare una mosca fastidiosa e chiese:
«Caffè?».
Nel frattempo la moglie fece una cosa inaspettata: accese la televisione. Il telegiornale era quasi giunto al termine, la giornalista a mezzo busto stava salutando i suoi telespettatori dando loro appuntamento all’edizione mattutina. Draco non aveva mai visto una scatola parlare, si spaventò simile a un ragazzino del primo anno di fronte a un molliccio, scattò dalla sedia che cadde sul pavimento provocando un tonfo sordo, estrasse dalla tasca la propria bacchetta e la puntò verso la TV.
«No, Draco, non…» Hermione fece per afferrargli l’arma allungandosi sul tavolo, non voleva disarmalo con la magia davanti ai suoi.
«BOMBARDA!».
«… farlo!».
La televisione esplose con violenza, riducendosi a un cartoccio fumante. Entrambi i coniugi Granger rimasero in assoluto silenzio, osservando ciò che rimaneva della loro vecchia scatola parlante. Il papà di Hermione fece spallucce:
«A volte dovevo darle una forte botta sul lato destro per farla funzionare. Ne comprerò un’altra» disse più per incoraggiarsi che a qualcuno in particolare. A Hermione si strinse il cuore.
«Mi dispiace tanto» si tirò giù dal tavolo sopra il quale era salita con un ginocchio per allungarsi verso Draco, inutilmente. «Draco ve la comprerà personalmente».
«Cosa? Quell’affare parlava!».
Hermione Granger lo ignorò, aiutando sua madre a sparecchiare mentre suo padre si premurava di gettare via la carcassa della TV.
 
Quella stessa notte Hermione s’intrufolò nella camera da letto che era stata il suo rifugio da bambina, celando al suo interno i sogni e la paura di essere una diversa rispetto ai suoi coetanei. Sebbene la stanza fosse in penombra non le fu difficile riconoscerne le forme e tutto ciò che la circondava. Poi la figura celata dalle coperte la riportò con la mente al presente. Ora era un’Auror con il compito di proteggere Draco Malfoy dalla minaccia concreta dei Mangiamorte. Difendere Draco Malfoy? Ma come le era venuto in mente. Forse Ron aveva avuto ragione, forse davvero avrebbe dovuto rinunciare a quell’incarico, ma sarebbe ancora stata in grado di guardarsi allo specchio ed essere soddisfatta del proprio operato? Quando aveva deciso di diventare un’Auror sapeva che avrebbe dovuto accettare anche incarichi poco piacevoli, eppure lo aveva fatto, aveva superato l’esame e avuto l’abilitazione a lavorare per il Ministero della Magia. Ron non era stato affatto contento di quella sua scelta, diceva che bastava lui a lavorare rischiando la vita, che l’avrebbe preferita a casa, a occuparsi di Rose, saperla al sicuro. Sua madre Molly aveva posto dinnanzi a tutto il bene della famiglia Weasley, eppure era una donna appagata e una maga potente. Hermione Granger aveva sempre saputo di non essere fatta per quella vita, il potere magico che era in lei urlava a gran voce di essere sfruttato, sentiva come il bisogno di sfogare, per non parlare della sua intelligenza che pareva scalciare simile a un animale in gabbia. I problemi matrimoniali erano nati proprio a seguito di quelle parole che Ron le aveva rivolto, con il suo solito fare bonario e sempre prudente quando si trattava di andare contro il volere della moglie.
Hermione si sforzò di ricacciare indietro quei pensieri, era lì per prelevare la bacchetta di Draco e preferiva farlo con lui dormiente. Sull’uscio della porta sussurrò:
«Accio!» Non successe nulla, ci provò di nuovo ma niente, poi notò le coperte sussultare appena prima di udire la risata di Malfoy. Era sveglio. Lei sospirò e si accostò al letto, porgendogli la mano:
«Dammi la tua bacchetta».
Draco si asciugò le lacrime agli angoli degli occhi a causa del troppo ridere, teneva la bacchetta stretta con entrambe le mani.
«Expelliarmus!» Esclamò, ma Hermione fu scaltra a deviare l’incantesimo. Ne scaturì una piccola battaglia a suon di incantesimi di disarmo.
«Malfoy, devi darmi la tua bacchetta! Quello che hai fatto stasera a cena è stato molto pericoloso, oltre che stupido e insensato. Non posso permetterti di combinare altri guai!».
«Ho bisogno della mia bacchetta! E se i Mangiamorte mi attaccassero?».
«Non lo faranno. Non qui».
«E se lo facessero? Se mi trovassero?».
«Se rispetti le regole, ad esempio senza far esplodere televisioni dal nulla, non potranno mai trovarti. E adesso dammi quella bacchetta! Expelliarmus!».
Draco deviò l’incantesimo contro la biblioteca alle sue spalle e diversi libri caddero sul pavimento.
«Ho notato che tu ricorri spesso alla magia, perché io non posso? Impedimenta
Questa volta toccò all’Auror evitare l’incantesimo che l’avrebbe rallentata, quindi a sua volta lanciò una fattura gambemolli che – evidentemente – Draco non si era aspettato, perciò lo vide cascare a terra, con la schiena contro il letto. Così conciato le fu semplice disarmarlo.
«Dannazione Granger! Non puoi prenderti la mia bacchetta! Non puoi lasciarmi vulnerabile di fronte a un pericolo tanto grande!».
«E invece posso. Buonanotte Draco» furono le ultime parole di Hermione che lasciò la stanza con un sorriso di palese soddisfazione stampato sulle labbra. Sapeva di aver battuto Draco Malfoy in quello che si poteva definire il loro primo e vero duello.
«Ehi, toglimi almeno questa fattura!» Le urlò dietro il ragazzo, ma in tutta risposta l’Auror gli chiuse la porta in faccia e lui dovette fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze per rimettersi a letto. 
 

***

 
I giorni trascorsero lenti e immutati. Senza novità né contatti dal mondo magico. Hermione Granger cominciava a soffrire per la mancanza di Rose e di Hugo, anche per quella dell’amico Harry Potter a essere sinceri, ma non si meravigliò di non provare nulla per la lontananza da suo marito. Se si fosse sforzata un po’ si sarebbe resa conto che gli mancava come compagno e confidente, nulla di più.
Draco Malfoy invece era ogni giorno più insofferente, minacciava di andarsene non appena lei si fosse distratta e prontamente l’Auror gli faceva notare, con tono calmo e quasi di presa in giro, che non sarebbe mai accaduto che un suo protetto le sgusciasse sotto il naso. Draco aveva accolto quella risposta come un guanto di sfida e una mattina di fine ottobre sgattaiolò fuori di casa. La ragazza sembrò sprofondare in una abisso cupo e denso, corse in strada con la bacchetta in mano, guardandosi a destra e a manca, chiedendosi dove potesse essere andato quel maledetto di un Malfoy, mentre sua madre le spiegava che semplicemente aveva accompagnato papà a comprare la vernice per la staccionata.
«Quale staccionata?» Chiese Hermione senza smettere di fissare la strada.
«Quella sul retro della casa, tesoro. Si sono messi all’opera da quando sono rientrati».
«Rientrati?».
«Si, venti minuti fa. Forse quindici…».
L’Auror non attese che sua madre aggiungesse altro e a grandi falcate – nonostante il suo metro e sessantacinque, o giù di lì – raggiunse la zona posteriore della villetta. In effetti vide suo padre con le mani suoi fianchi, mentre osservava il giovane Malfoy chino sulle ginocchia a spennellare i pali di legno della recinzione. Hermione si avvicinò.
«Oh, cara, ti piace? Ho pensato di ridipingerla verde acquamarina perché ho notato che quest’anno è particolarmente in voga».
«Bellissimo papà, ma ti prego di non portare più Draco con te quando esci per le tue commissioni» il signor Granger aprì la bocca per replicare, ma lei non gliene diede tempo. «Malfoy, devo parlarti».
Draco sbuffò e lasciò il pennello nel secchio, strizzò l’occhio all’uomo evidentemente offeso dalle parole della figlia, dicendogli a fior di labbra di aspettarlo, avrebbero continuato insieme, quindi seguì la maga diversi metri più in là.
«Non ti ho dato ordine di lasciare la casa» esordì l’Auror.
«Tuo padre aveva bisogno di una mano per comprare-».
«Non mi interessa. Sei sotto la mia protezione e la mia responsabilità!».
«Cosa può succedermi? Che un babbano mi metta lo sgambetto. Andiamo Granger, ho bisogno di cambiare aria ogni tanto e se uscissi anche tu non ti farebbe male».
«Credi che sia una vacanza? Credi che tu sia qui per visitare un mondo nuovo?».
«Comincio a ricredermi, sai? Non siete così male, avete inventato le macchine, la televisione, gli aerei… Una specie di magia, a modo suo, certo, ma comunque una sorta di magia. Fantasiosi».
Hermione scosse la testa.
«Esci di nuovo e giuro che ti rinchiudo nella tua stanza» così dicendo gli diede le spalle e si allontanò.
«È diventata la mia stanza adesso?» Rise lui.
 
Dopo quella vicenda Hermione Granger effettuò un ulteriore incantesimo gnaulante che l’avrebbe avvertita se Draco Malfoy avesse lasciato nuovamente l’abitazione o anche solo la propria camera da letto. Oltre all’eventuale attacco nemico.
Spesso si ritrovava a fissare il soffitto durante la notte, a ripensare alla propria vita e a ciò che stava facendo, senza capacitarsene. Poi le parole di Draco le riaffioravano alla mente – non siete così male – sollevandole l’animo, portandola a credere che se un essere spregevole come Malfoy potesse ricredersi, allora c’era speranza per tutti.
E se inconsciamente avesse accettato quell’incarico proprio per redimerlo? Una sorta di vendetta covata negli anni. Lo ricordava con i jeans sporchi di vernice verdina – per convincerlo a indossare quei jeans c’erano volute una serie di minacce di malocchio non indifferenti – con le mani colorate della stessa tinta e i capelli biondi scompigliati simile a un mago qualunque, senza la spocchia tipica dei suoi avi. O meglio: troppo simile a un babbano qualsiasi.
Hermione socchiuse gli occhi pensando ai suoi figli, come ogni notte prima di addormentarsi, quando un fischio assordante le risuonò nella testa.
In un attimo fu in piedi, discese velocemente le scale, la bacchetta ben salda nel pugno destro, fece per aprire la porta dell’ingresso ma si arrestò di colpo. Dalla cucina proveniva una tenue luce e rumori sommessi. Con la punta della bacchetta puntata in avanti camminò piano, i piedi scalzi si alternavano lenti come in un passo di danza. Vide un’ombra china dinnanzi al camino, la tenue luce del fuoco giocherellava sui muri creando forme misteriose. Vide la figura intrufolare una mano nella tasca dei pantaloni e certa che ne avesse estratto una bacchetta – molto probabilmente aveva intenzione di usare il camino come ingresso per i Mangiamorte – balzò in avanti per premerle contro la punta della bacchetta. Tuttavia la sagoma fu più scaltra di lei e in un attimo le afferrò entrambi i polsi con tale forza che l’Auror fu costretta a lasciare la presa sulla bacchetta che cadde sul pavimento e rotolò via. Hermione sentì le spalle sbattere contro la parete, d’istinto strizzò gli occhi, mentre il piccolo ritratto dei suoi genitori in viaggio di nozze si staccò, mandano in frantumi il vetro della cornice. La ragazza risollevò le palpebre, pronta a urlare, invece si ritrovò dinnanzi il viso di Draco, a pochissimi centimetri dal suo, gli occhi dello stesso colore del ghiaccio fissi sui suoi – o dentro i suoi, come se la infilzassero – le labbra sottili arricciate ai lati in un sorriso sghembo.
Hermione cercò di divincolarsi, ma la presa ai polsi non si allentò.
«Lasciami» disse e quando lui non lo fece – possibile che si fosse avvicinato ancora di più? – pensò che fosse in preda a un maleficio. «Malfoy, lasciami!».
Finalmente il giovane sciolse la stretta e indietreggiò di qualche passo, il sorriso si era ampliato.
«Anche senza bacchetta sono più forte di te, Granger» disse altezzoso, sembrava tornato il ragazzino insolente dei tempi della scuola. Hermione intanto si strofinava i polsi arrossati e doloranti, ma quando lui si chinò a raccogliere la bacchetta quasi le mancò il respiro.
«E sai perché?» Chiese studiando l’arma dell’Auror per poi puntargliela contro.
«Perché sono una Sanguesporco?» Ecco, pensò, ci risiamo. Quella parola, la sua discendenza, le sue origini, l’avrebbero perseguitata fino alla morte e poco importava se rischiava la vita per un Malfoy, lei sarebbe sempre rimasta la ragazzina So-tutto-io di Hogwarts. La Sanguesporco indegna di far parte del mondo magico.
Draco Malfoy mosse la punta della bacchetta in direzione del portafotografie rotto, il vetro si ricompattò e quindi tornò al suo posto, appeso al muro.
«No, Granger, è perché sei troppo tesa». Questa volta puntò l’arma della ragazza in direzione del camino, qui una nuova fiamma rianimò il braciere quasi spento, poi porse l’arma magica alla rispettiva padrona che la prese con diffidenza. «Hai così tanta paura di fallire questa missione che vedi Mangiamorte ovunque».
Hermione rilasciò tutta l’aria che inconsapevolmente aveva trattenuto fino a quel momento. Draco pareva essere tornato… normale. O quanto meno non più minaccioso. Lo osservò sedersi pesantemente nella poltrona che di solito occupava suo padre. Alla luce vivida del fuoco notò sul suo volto qualche ruga in più intorno agli occhi, mentre le occhiaie erano ben evidenti. Si chiese se dormisse bene.
«Immagino tu abbia paura di fare una brutta figura». La voce di Draco interruppe quel flusso di pensieri incoerenti.
«Come?» La ragazza si sedette nella poltrona di fronte a lui, quello era il posto di sua madre.
«Dicevo: penso che il problema sia la sfiducia nelle tue capacità».
«Prima dici che sono una So-tutto-io e poi non avrei autostima?».
«Sei sicura su quello che studi, su ciò che puoi dimostrare con prove concrete. Ma se dovessi essere ucciso dai Mangiamorte come faresti a dimostrare di aver fatto le scelte giuste, ma di aver perso perché loro sono più potenti? Ciò che ne resterebbe sarebbe solo il risultato finale. La sconfitta».
Hermione abbozzò un sorrisetto nervoso:
«Tu non-».
«Morirai? Forse no, ma se dovesse accadere te ne daresti la colpa, giusto Granger?».
Lei non rispose, si sistemò meglio nella poltrona, a disagio. Hermione amava il confronto verbale, per anni aveva sofferto la mancanza di dialogo con Ron e a volte anche con Harry: due che preferivano evitare di discutere con lei. Con Draco però era diverso. Sembrava in grado di dare voce e forma ai suoi pensieri, soprattutto i più cupi, quelli che lei cercava in ogni modo di tenere giù, in fondo. E adesso parevano reclamare una risposta.
Perché sei qui?
Sai cosa stai facendo?
«Dopo aver passato una vita a prenderti in giro, a odiarti e a combattermi, potresti sentirti in colpa per la mia morte» Draco rise. «Non è divertente?».
«No Malfoy, non lo è».
Lui tornò seriò, in realtà la risata di pocanzi era parsa più forzata che mai.
«Perché hai accettato di difendermi, Granger?».
«È il mio lavoro» rispose lei.
«No, non è solo per quello. Perché?».
Si fissarono per un periodo di tempo indeterminato, nessuno dei due abbassò o deviò lo sguardo. Il fuoco sulla guancia di Hermione era particolarmente caldo, eppure sentiva una sorta di brivido percorrerle la schiena.
«Se avessi rifiutato questo incarico, se avessi rifiutato di difenderti, sarei stata una tua simile. Una spregevole e vile maga che fa delle differenze di classe. Io non sono così. Mi sono detta: io sono più forte e so andare oltre i pregiudizi e gli screzi e all’odio che mi hai sempre dimostrato, fino all’ultimo. Fino a quando nell’ufficio del Primo Ministro, quella notte, ho capito che avresti preferito Ron a me. Ho pensato che accettando di darti protezione ti avrei inferto una lezione di vita, insegnandoti la correttezza, l’onestà e l’integrità morale che mi contraddistingue dai Purosangue come te».
Hermione parve tornare in sé, senza accorgersene si era alzata in piedi e parola dopo parola si era protesa sopra di lui, puntandogli l’indice contro. Lui la osservò senza battere ciglio, poi disse:
«Io non l’avrei mai fatto al posto tuo».
«Lo so» rispose lei, all’improvviso si sentì stanca. «Riesci a dormire?».
«Come?» Draco parve disorientato dal repentino cambio di argomento.
«Dormi la notte?».
«Non tanto a dire il vero» ammise il giovane mago, passandosi una mano sul volto e fra i capelli. La vide allontanarsi e pensò che stesse andando via, invece tornò e gli allungò una tazza con un liquido verdastro fumante.
«È una pozione?».
«Una pozione babbana, sì» sorrise lei sorseggiando dalla sua tazza e notando di sottecchi Draco bere un poco alla volta, mentre prendeva confidenza con il sapore acre della valeriana.
D’un tratto l’Auror non riuscì a trattenere una ristata scomposta, nonostante cercasse di reprimerla con una mano schiacciata sulla bocca. Draco la guardò aggrottando la fronte.
«E adesso che ti prende, Granger?».
«Oh per Merlino, scusami» si sforzò di tornare seria, ma riprese a ridere.
«Sei più strana di quello che credevo».
«Adesso passa… » Hermione respirò profondamente, trattenne un nuovo attaccò d’ilarità e aggiunse:
«Pensavo a quanto fosse assurdo il fatto di noi due a chiacchierare davanti a un camino, in piena notte, con una tisana, nel mondo babbano. Se lo raccontassi in giro non mi crederebbe nessuno» la maga scosse il capo, ancora divertita da quella situazione surreale, poi Draco disse qualcosa che le fece scemare il sorriso dalle labbra.
«”Chi vuole nascondere la verità non ha che da esprimerla apertamente, non verrà creduto da nessuno”».
L’espressione dubbiosa sul volto di Hermione fu un vero toccasana per Malfoy, era evidente che non si sarebbe aspettata una citazione simile da lui.
«Talleyrand» bisbigliò lei. «È uno scrittore babbano, tra i preferiti di mio padre, ma come…?».
«Esponente del Camaleontismo, vescòvo, politico e diplomatico francese» dopo un primo mento di soddisfazione personale, Draco chiese:
«Cos’è un vescòvo, Granger?».
 

***

 
Fu così che Hermione scoprì l’intenso scambio di libri che suo padre e Draco Malfoy stavano avendo. In effetti era stato proprio il signor Granger a far nascere in lei l’amore per la letteratura, e ora sembrava stesse coinvolgendo anche il suo ospite. Erano soprattutto libri babbani, per questo motivo Malfoy stava imparando a conoscere ogni sfumatura del mondo che fino a quel momento aveva disprezzato. I loro incontri davanti al camino, in piena notte, erano diventati un’abitudine, sebbene nessuno dei due avrebbe mai avuto il coraggio di ammetterlo. Hermione sedeva sulla poltrona di sua madre, mentre Draco occupava quella del padre, chiacchierando di storia babbana, letterati e filosofi, mentre il fuoco scoppiettava sornione e le tazze fumanti ben presto venivano dimenticate.
Una di quelle sere però Hermione trovò suo padre accomodato al proprio posto e Draco in quello riservato a lei. Non stavano discutendo di libri, ma brindavano fra loro. Li vide mentre lasciavano cozzare i loro bicchieri di vetro e ingurgitare in un sol sorso ciò che contenevano. Whisky o Scotch a giudicare dal colore ambrato. Il signor Granger riempì di nuovo i bicchieri e di nuovo giù, in un unico sorso. Ben presto l’Auror comprese che erano più che brilli, evidentemente Draco non era abituato ai liquori babbani. O forse non vi era abituato e basta.
«Ehi Granger, unisciti a noi!» Disse il ragazzo con troppa enfasi e quando l’uomo gli versò ancora da bere Hermione fu lesta a togliergli il bicchiere di mano.
«Ok, va bene così» lo aiutò ad alzarsi dalla poltrona e lui si aggrappò letteralmente a lei, non riusciva neanche a reggersi sulle gambe. «Papà dovresti andare a letto anche tu» aggiunse, portandogli via la bottiglia. Era Whisky.
Salire al piano superiore sostenendo Malfoy non fu impresa semplice. Sebbene fosse magro, era più alto di lei di almeno venti centimetri, inoltre continuava ad abbarbicarsi sulle sue spalle come se fosse un albero.
«Accidenti Malfoy, smettila di aggrapparti!».
Avrebbe potuto usare la sua bacchetta, ma si era ripromessa di limitare al minimo la magia, un po’ per solidarietà nei confronti di Draco, al quale aveva sequestrato l’arma magica già dalla prima sera, un po’ perché temeva che i Mangiamorte potessero captarne il segnale.
L’atmosfera nella sua vecchia cameretta era calma, immobile, decisamente più fresca di quella riscaldata dal camino. Le bastò una solo occhiata per capire che Draco aveva ficcato il naso nelle sue cose, soprattutto aveva frugato fra i libri che non erano più disposti in ordine alfabetico così come li aveva sempre tenuti.
«Ti avevo detto di non toccare niente!».
Lui in tutta risposta emise un mugolio, con tutta probabilità era sul punto di addormentarsi. Il Whisky l’aveva ridotto proprio male. Se non fosse stata costretta a trasportarlo letteralmente di peso fin dentro la stanza, Hermione avrebbe riso per settimane intere. Con delicatezza lo adagiò sul letto e inevitabilmente ci finì con lui. Riuscì in ogni caso a evitare di sdraiarsi sul suo corpo puntellandosi sui gomiti. Rimase qualche secondo – forse minuto – a osservarlo da vicino. Dormiva, il respiro regolare, il viso rilassato e la carnagione ancora più eterea per effetto della luce pallida della luna che filtrava dalla attraverso le tende schiuse. D’improvviso fu presa dalla voglia di passargli una mano sulla guancia, anche solo la punta di un dito, per toccarlo e tastare la sua pelle. Si ritrovò a chiedersi se avesse sentito la barbetta ruvida oppure una cute liscia.
Lo fece.
Senza preavviso, senza avere il tempo per pensarci su, senza prevederlo. Lo sfiorò una volta con i polpastrelli e subito tirò via la mano, provando una sensazione di imbarazzo e insieme estraneazione. Cosa stava facendo, per l’amor di Merlino? Cosa le stava succedendo? Il cuore batteva impazzito, ma quella voglia di sentirlo ancora contro la propria pelle non era passata, non si era dissolta. Allora lo fece di nuovo, questa volta gli posò l’intera mano sulla guancia sinistra. Era leggermente ruvida. Le labbra si distesero in un sorriso dolce e appena accennato che, tuttavia, scomparve per lasciare posto a una specie di spavento, misto a disagio.
Draco Malfoy le afferrò il polso della mano che teneva contro la sua guancia e sollevò le palpebre, piano. Dietro di esse i soliti occhi color ghiaccio, grigi, fermi, si fissarono nei suoi – trapassandola. Hermione fece per tirare via la mano, ma la presa si fece più salda.
«Mi-mi dispiace, credevo dormissi e volevo accettarmi che… ».
«Resta con me».
«Che non fossi… che?».
«Solo per questa notte» ripeté lui. «Resta con me».
La condusse a sdraiarsi al suo fianco, senza lasciarle andare la stretta sul polso, chiudendola nel proprio abbraccio.
Hermione rimase con gli occhi spalancati sulla luna piena, ripetendosi che doveva trattarsi di un sogno/incubo, non poteva accadere davvero.
«Un Malfoy e una Granger? Impossibile!». Le aveva detto lo stesso Draco prima di lasciare Hogwarts.
Appunto, pensò, impossibile!
 

***

 
Il ticchettio si faceva sempre più insistente. Era simile a quello di unghie che tamburellano su un piano rigido. No, ricordava più il rumore di sassi lanciati contro una finestra. O, per meglio dire, quello di un becco.
Hermione aprì piano gli occhi, il sole sembrava sorto da un pezzo. Provò a mettersi seduta al centro del letto, ma qualcosa – come un peso – pareva impedirglielo. Con la fronte accigliata vide un braccio circondarle il suo e una mano avvolta intorno al polso. Non ebbe il coraggio di voltarsi per avere conferma dei ricordi inerenti alla sera precedente, perché sapeva che avrebbe visto Draco Malfoy sdraiato al suo fianco. Pensò di rimanere in quella posizione, perfettamente immobile, fin quando lui non si fosse svegliato e forse sarebbe uscito dalla stanza prima di lei. Magari incontrarsi con i suoi genitori in casa sarebbe stato meno imbarazzante, ma il ticchettio che l’aveva svegliata non era ancora cessato e ciò la portò a guardarsi attorno. Vide un gufo bianco volteggiare proprio davanti alla finestra e capì l’origine di quel picchiettare. Convinta che fossero notizie da parte di Harry Potter si divincolò dall’abbraccio di Draco e andò alla finestra. Aprì le ante e il gufo volò all’interno della stanza, lasciando cadere una lettera fra le mani di Hermione. Malfoy si svegliò, confuso. Vide Hermione seduta a gambe incrociate sul letto, se avesse allungato una mano le avrebbe toccato il ginocchio. Stava leggendo una lettera e man mano che andava avanti non sembrava contenta.
«Granger…?» Anche lui si issò a sedere.
L’Auror gli rivolse un’occhiata spaventata e insieme delusa.
«Hai scritto a Scorpius?».
«Dovevo sapere come stava, non ce la facevo più senza avere sue notizie».
«Hai-scritto-a-Scorpius?» Ripetè lei, come se non riuscisse a capacitarsene.
«Sì Granger, ho scritto a mio figlio! Sta bene?».
«Oh, lui sta benissimo! Noi… non credo… » Hermione fece per scendere dal letto, ma Draco le tirò via la lettera e la lesse velocemente. Scorpius stava bene, le lezioni a Howgarts procedevano come al solito, tra un compito e uno scherzo ai professori. Anche Rose stava bene e salutava sua mamma con affetto.
«Vedi, ho anche chiesto di tua figlia. Non ti interessa sapere come sta?»
«Certo che mi interessa come stanno Rose e Hugo, ma c’è Ron con loro, il mio compito adesso è un altro». Così dicendo si avvicinò alla porta. «Prendi le tue cose, dobbiamo andare via, qui non siamo più al sicuro».
«Non lo capisci proprio, eh Granger?»
Hermione si fermò, una mano sulla maniglia e ogni nervo del corpo teso.
«È questa la differenza fra Rose e Scorpius. Lei può contare su quel demente di un padre, Scorpius non ha nessuno oltre me».
«Non parlare così di Ron!» L’Auror strinse con forza il pomolo della porta.
«Che c’è? Ti senti in colpa per aver passato la notte con me? A tal proposito, mi chiedo cosa penserebbero di te i tuoi cari amichetti se lo sapessero?».
Meschino. Subdolo. Viscido.
Ma come aveva potuto credere davvero che fosse cambiato? Possibile che l’avesse abbindolata come una mocciosa?
«Preparati. Partiamo subito».
 
Hermione uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle. Respirò profondamente, per un attimo le era sembrato che tutto l’ossigeno fosse stato risucchiato dai polmoni. S’incamminò a testa china lungo il corridoio, doveva recuperare la bacchetta di Draco che aveva nascosto in un cassetto, e ovviamente la sua mini borsa incantata. Prelevò l’arma del mago, la studiò rigirandosela fra le mani. Era esile nella forma, leggera, eppure solida. Il termine esatto per definirla era caparbia, inevitabilmente ricalcava le caratteristiche del suo padrone. Una volta Ollivander aveva detto che è la bacchetta a scegliere il mago e non viceversa, come erroneamente molti credevano. Sentì il tonfo di una porta che si chiudeva, quindi la voce di sua madre che chiedeva se avesse voglia di tè o caffè. Malfoy rispose che avrebbe preferito del caffè. Hermione sospirò, infilò la bacchetta di Draco nella tasca posteriore dei jeans e fece per incantare la borsa senza fondo che poi avrebbe riempito con tutto l’occorrente che poteva servire per il viaggio. Non aveva ancora idea di cosa avrebbe fatto. Tornare al Ministero o a Hogwarts significava arrendersi e dimostrare di aver fallito. Le sarebbe venuto qualcosa in mente, come al solito, quando udì un boato tremendo e l’incantesimo gnaulante cominciò a strillare simile a una sirena impazzita. Si tappò le orecchie e corse sul pianerottolo, l’intero piano inferiore era oscurato da fumo e macerie. Riuscì appena a intravedere due sagome sull’orlo della cucina, molto probabilmente Draco e sua madre. Provò a chiamarlo, ma una voce sovrastò la sua.
«Bene bene bene. Draco Malfoy! È stata una vera notizia saperti qui. Se il caro Lucius lo sapesse… gli si spezzerebbe il cuore, poverino». Era impossibile non riconoscere il tono raschiante di Fenrir Greyback. A Hermione si rizzarono i capelli sulla nuca. «Inviare un gufo a Hogwarts è stato stupido sai, ma tremendamente commovente».
Nella foschia nebulosa si fecero avanti tre sagome, una delle quali teneva una quarta avanti a sé, la bacchetta puntata contro la nuca e le mani legate dietro la schiena dall’incantesimo Incarceramus. Era il signor Granger in lacrime, sporco di fuliggine e con un rivolo di sangue lungo la guancia.
Una rabbia incontrollata parve scuotere l’Auror che li maledisse e scese un paio di scalini, ma Travers, l’altro Mangiamorte insieme a Greyback e Rowle, le mostrò la bacchette.
«No, no, no. Non ci provi neppure signora Auror, o il suo paparino qui farà… BOOM!» E mimò l’esplosione con le mani. Hermione si arrestò di colpo.
«Ehi, Mangiamorte» Draco richiamò la loro attenzione, con le mani accompagnò la signora Granger all’interno della cucina e le sussurrò di restarvi nonostante tutto ciò che fosse accaduto. La donna fece cenno di sì con il capo, era spaventata a morte.
«Siete qui per me, giusto? Allora perché non vi confrontate con me e basta?».
Greyback fece schioccare la lingua contro il palato.
«Uno scontro impari, in quanto voi siete in tre e io solo uno… » Hermione tentò di replicare, c’era anche lei in ballo, perché non la considerava, ma Draco la fermò mostrandole il palmo e proseguì: «Lontano da qui. Scegliete voi dove e io vi seguirò».
I tre Mangiamorte non dissero nulla, ognuno immerso nei propri calcoli. Doveva esserci una fregatura da qualche parte, per forza. Draco Malfoy non era di certo il tipo di mago da immolarsi per un bene comune più grande, così come suo padre Lucius…
 
Hermione era ancora immobile sulle scale, indecisa sul da farsi. Se non ci fossero stati i sui genitori molto probabilmente avrebbe già lanciato un incantesimo per distrarli e si sarebbe smaterializzata lontano con Draco. Ma i suoi in quella faccenda complicavano tutto. Stava ancora riflettendo sulla prossima – e prima – mossa, quando sentì distintamente la voce di Draco nella sua testa. Lo guardò, ma lui teneva gli occhi ben saldi sui nemici.
«La bacchetta Granger, mi serve la mia bacchetta».
Hermione allontanò le mille domande che si stavano formando dentro di sé, estrasse la bacchetta di Draco dalla tasca dei jeans e gliela lanciò, chiamandolo per nome. Poi fu un attimo: i Mangiamorte si lanciarono all’attacco con incantesimi di schianto, mentre Fenrir urlava ai suoi collaboratori di prenderlo vivo, il figlio di Lucius lo voleva vivo! L’Auror discese velocemente le scale, protetta dallo scudo invocato da Malfoy, quest’ultimo allungò la mano libera verso di lei, urlandole di sbrigarsi. Hermione la afferrò al volo e appena prima di smaterializzarsi riuscì a liberare suo padre dalle catene magiche, quindi sparirono nel nulla.
 
Si ritrovarono nel cuore di un bosco. La fitta vegetazione non consentiva ai raggi del sole di filtrare, perciò l’aria era molto umida e il terriccio acquoso. Qualche uccello volò da una parte all’altra dei rami, lasciando cadere al suolo alcune foglie secche.
Hermione era carponi, ancora scossa dalla situazione, chiedendosi se fuggire e abbandonare i propri genitori fosse stata la scelta giusta. Si sentì afferrare da sotto l’ascella e tirare su con violenza:
«Forza Granger, dobbiamo circuire l’aria, tra non molto saranno qui» così dicendo vide Draco invocare gli incantesimi di protezione. Lei gli diede le spalle e lo imitò.
«I miei genitori… ».
«Ho lasciato un’elevata pista magica, ci saranno corsi dietro come lupi affamati».
Gli incantesimi non erano ancora stati compiuti che i tre Mangiamorte si materializzarono dinnanzi a loro, proprio come aveva predetto Draco Malfoy li avevano seguiti senza metterci molto a raggiungerli. Ne scaturì una violenta battaglia, ma sia l’Auror sia il suo protetto non poterono fare altro che provare a difendersi - con scarsi risultati. Greyback, Rowle e Travers erano troppo forti per loro due soltanto ed era chiaro che l’obiettivo primario fosse quello di mettere fuori gioco la ragazza, per poi fare di Draco ciò che desideravano.
«EXPULSO!».
Scariche elettriche frustarono il terreno ai piedi di Hermione, la quale riuscì a evitarle indietreggiando o balzando di lato. L’odore di terra bruciata le solleticò il naso, ma Travers parve non badarci e continuò a sferzare l’aria e il terriccio, mentre Draco provava a tenere a bada Rowle e Greyback che lo attaccavano con ogni tipo di incantesimo offensivo. Proprio come era accaduto nella casa dei genitori, la Granger sentì di nuovo e nitidamente la voce di Draco nella sua testa che le diceva di dover andar via e subito. Malfoy aveva ragione: dovevano trovare il modo di fuggire o li avrebbero massacrati. Tra l’altro Hermione aveva la sensazione che i tre si stessero divertendo un po’ con loro, senza fare sul serio. Non ancora. Forse quei pensieri, forse la ricerca di un modo per scappare, la distrassero e sentì un dolore lancinante al polso destro che le fece lasciare la presa sulla bacchetta. Si chinò per raccoglierla con la sinistra, ma un’ombra si allungò su di lei. Alzò lo sguardo e vide il volto soddisfatto di Fenrir, sembrava divertito. Teneva la bacchetta puntata contro di lei, sicura che l’avrebbe uccisa sul colpo, invece l’allontanò da sé e dalla propria arma con un calcio. Hermione rotolò per un paio di metri, tossendo cercò di rimettersi in piedi ma di nuovo fu colpita allo stomaco con una ginocchiata, questa volta infertale da Travers.
«Arrenditi Draco, se non vuoi che l’Auror muoia a suon di calci. In modo babbano, per rendere omaggio alle sue origini». Greyback digrignò i denti ingialliti in quello che secondo lui sarebbe dovuto essere un sorriso. Travers colpì nuovamente Hermione quando questa si mosse in un tentativo goffo di alzarsi.
Malfoy mostrò i palmi in segno di resa, sollevandoli fino alla testa e chinando lo sguardo. Rowle fece per togliergli la bacchetta eseguendo il comando di Fenrir, ma venne schiantato dallo stesso Draco.
«ARDEMONIO!» Invocò Malfoy e alle sue spalle si innalzò un serpente di fuoco, simbolo evidente della Casa di Salazar Serpeverde. L’animale infuocato strisciò lungo il terreno fino a separare Hermione dai due Mangiamorte che maledicendo Draco erano indietreggiati temendo che l’incantesimo li avesse attaccati. Invece, il serpente si trasformò in un muro di fiamme alto tre metri. Hermione si issò su gambe tremanti, muovendosi a tentoni per cercare la sua bacchetta, ma nel momento in cui la vide Draco era già al suo canto.
«La mia bacchetta… » l’Auror si allungò per recuperare l’arma.
«Dobbiamo andarcene, Granger».
Greyback e Travers erano quasi riusciti a ricavare un passaggio attraverso il muro di fuoco con incantesimi acquatici e quando Draco scorse i loro volti stravolti dalla rabbia attraverso le fiamme, capì che anche un secondo in più sarebbe potuto costare la vita. Afferrò Hermione per un braccio e si smaterializzarono insieme.
 

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