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Autore: Saeko_san    10/05/2020    1 recensioni
Un'ombra si risveglia alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, a Venezia, qualche giorno dopo l'uccisione di un importante imprenditore della zona.
Un patto di collaborazione viene stretto tra l'ombra e una giovane ragazza, in cerca di vendetta.
| written between 2009 and 2010 |
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16:
Ladro di vite
 
27 aprile 2002. Venezia, Campo dei Frari, sestiere di San Paolo. Piramide del Canova, all’interno della Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
 
Era ormai sera inoltrata, la messa era finita da un pezzo e Lixa, Manes e Paolo erano seduti sulle scale che portavano alla tomba dell’artista; i loro volti erano sconvolti; Lixa stringeva ancora convulsamente tra le mani il giornale del giorno prima.
Quel giornale aveva una testata che occupava quasi tutta la prima pagina, una foto della basilica Santa Maria Gloriosa dei Frari e un articolo che terminava alla pagina seguente; il titolo recitava: “Omicidio ai Frari: Che la chiesa francescana nasconda una maledizione?”, mentre l’occhiello recitava: “Un altro omicidio avvenuto in prossimità della Chiesa dei Frari, la polizia crede che ci sia un collegamento con l’omicidio di Livio Tosca”.
L’articolo era molto lungo ma c’era una sezione in particolare che interessava i tre e riportava le seguenti notizie: “Lo scorso 26 aprile è stato trovato il corpo esanime in casa sua, nell’appartamento di fronte alla basilica francescana dei Frari; si tratta della signora Maria Melania Costantin, 40 anni, vedova. In seguito al rapporto della prima autopsia, sembra che la donna sia morta all’una e mezzo del mattino del 26 aprile, lo stesso orario della morte dell’ex esponente della Ca’ de Delizie, Livio Tosca. La polizia crede che ci sia un collegamento tra le due morti, perché oltre allo stesso orario del decesso, la signora Costantin è stata trovata con un proiettile nel cuore e uno nella fronte, proprio come è stato trovato il presidente della famosa casa dolciaria veneziana. Anche questa volta nessuno che vivesse nei paraggi ha sentito degli spari nella notte. È stato interrogato varie volte frate Lazzaro, prete nella Chiesa dei Frari, unico che, insieme alla signora Costantin, sembrava aver udito i due spari del 23 gennaio che hanno ucciso il signor Tosca; per la sua sicurezza, l’uomo sarà accompagnato nelle prossime settimane da una scorta. La squadra d’investigazione crede anche in un possibile collegamento con la morte di Mirco Lostello, ex giornalista morto il…”.
Sembrava che tutto ciò che loro tre avevano vissuto nelle ultime settimane fosse stato spiattellato ai quattro venti, omettendo i loro nomi per puro rispetto della privacy.
Era per questo che Manes e Lixa avevano deciso di catturare Antonio Cisano, senza aspettare altro tempo; con il suo omicidio e la scomparsa di Manes nel quadro, quella brutta faccenda sarebbe finita una volta per tutte.
Ma nessuno dei tre aveva effettivamente il coraggio di parlare o accennare alla cosa; Paolo non avrebbe assistito all’omicidio di Cisano, ma sarebbe rimasto a far la guardia; Lixa avrebbe invece avuto la sua vendetta, vedendo morire l’assassino di suo zio, di Mirco Lostello e della signora Costantin; infine Manes avrebbe raggiunto la madre nel quadro.
In quel momento l’ombra fissava la copia in marmo di fronte a lui, sul mausoleo di Tiziano.
“Sto per tornare”.
 
***
 
Sull’isola di Murano, Antonio Cisano aveva appena finito di leggere il telegramma, che recitava: “Lavoro eseguito Stop La signora sta bene Stop Richiesta aumento assegno Stop Richiesta incontro Stop Distinti saluti”.
Il mittente era Salvio Mortarelli, il suo sicario; in quel momento si sentiva finalmente tranquillo. L’ultima persona che avrebbe potuto sapere qualcosa su ciò che c’era da sapere sulla notte del 23 gennaio era morta; non c’era bisogno di uccidere anche quel frate, dato che l’unica vera persona sospetta era Maria Melania Costantin.
Ora non importava quanto Mortarelli avrebbe chiesto in aumento all’assegno da 1.940 euro. Che buffo, quanto poco può valere la vita di una persona? Ora non restava che prendere definitivamente le redini della Ca’ de Delizie. Entro una settimana l’amministrazione della ditta sarebbe passata in mano sua a tutti gli effetti.
 
***
 
Due settimane dopo la morte della signora Costantin, alla sede amministrativa della Ca’ de Delizie, spostata nell’isola di Murano, si festeggiava. Antonio Cisano, in veste di vecchio amico d’infanzia del primo dirigente, prendeva il comando dell’azienda e, secondo le ultime volontà di Livio Tosca, sottoscriveva che in qualsiasi caso di sua assenza la dirigenza sarebbe passata a Lixa Tosca, che ormai aveva compiuto sedici anni da un paio di mesi.
Il buffet era stato esposto davanti all’entrata; Lixa aveva invitato solo Paolo, mentre Manes era venuto con loro sotto forma di ombra.
Dovevano riuscire isolare Antonio Cisano, dopodiché Manes avrebbe provato a prendere controllo del suo corpo. Essendo una cosa che non aveva mai provato, se non avesse funzionato Lixa e Paolo avrebbero comunque fatto in modo di portarlo via dal ricevimento per arrivare alla Chiesa dei Frari.
Erano le sette di sera dell’8 maggio 2002: quel giorno Antonio Cisano sarebbe morto.
Lixa e Paolo erano dentro la nuova sede, seduti su un divano.
 
-Che facciamo?- chiese una voce.
 
Era Manes, nascosto nell’ombra del ragazzo. Gli occhi d’oro non si vedevano: con uno sforzo immane, erano riusciti a far indossare all’ombra delle lenti a contatto nere, proprio mentre si trovava nella sua forma più eterea.
 
-Se non dovessi riuscire a prendere il controllo?- fece Paolo.
-Sì-.
-Beh- spiegò Lixa –Tra poco la festa finirà. Pensavo di invitare Cisano a casa mia per prendere un caffè e parlare delle alternative per poter mandare avanti la ditta. Paolo se ne dovrà andare prima che noi arriviamo a casa. Una volta davanti alla porta gli metterai una benda nera sugli occhi e un fazzoletto cosparso di quella droga allucinogena che abbiamo trovato in farmacia. E poi lo trascineremo alla chiesa. E lì Manes farà il suo lavoro-.
 
Il discorso cadde nel silenzio. Tutti e tre provarono dei brividi quasi incontenibili, poiché stavano per fare una cosa che nessuno sano di mente avrebbe mai fatto. Nessun piano è mai perfetto, nessun piano è mai giusto.
 
-Manes- chiamò poi la ragazza.
-Sì?-.
-Quando dirò la parola “adesso” dovrai provare ad agire. Indipendentemente dal contesto, quando mi sentirai pronunciare la parola “adesso” dovrai tentare di impadronirti della sua testa, d’accordo?-.
-D’accordo-.
-Lixa Tosca-.
 
Una voce ghiaiosa la chiamò e si trattava proprio di Antonio Cisano. Fortunatamente non era ancora troppo vicino per aver sentito i loro discorsi.
 
-Sì, signor Cisano?-.
-Oh, per favore, basta con queste formalità. Chiamami pure Antonio-.
-Mi dica, signor Antonio-.
 
Cisano si lasciò andare ad un risolino forzato.
 
-Come mai siete qui, soli soletti, tu e il tuo amico? Perché non vi godete la cerimonia?-.
 
Quell’uomo stava cercando di usare un tono piuttosto mieloso, ma con la sua voce risultava più sgradevole di quello che sarebbe dovuto essere.
 
-Perché dovevamo discutere di una cosa importante- disse Lixa, accennando un sorriso freddo.
-Che ne dite di prendere un drink? O qualcosa di buono da mangiare? C’è ancora un po’ di torta- insistette Cisano, forse con l’intenzione di ingraziarsi Lixa il più possibile.
-D’accordo, tu che ne dici, Paolo?- rispose Lixa.
 
Aveva improvvisamente usato un tono fin troppo dolce e un sorriso molto gioviale, mentre si voltava verso il ragazzo.
 
-Sì, anche per me va bene- disse Paolo, sorridendo forzatamente anche lui.
 
I due si alzarono e seguirono Antonio Cisano fuori dalla stanza, verso il buffet.
 
-È incredibile che voi siate proprio quei ragazzi che qualche volta ho incontrato per strada- stava dicendo Cisano, mentre si accingeva a tagliare l’ultimo quarto della torta deliziosa che era stata preparata per l’occasione.
-Già, proprio incredibile- convenne Lixa, sorridendo appena.
 
Manes aveva ascoltato bene i pensieri di Cisano: dicevano chiaramente che voleva ingraziarsi Lixa per allontanare da sé qualsiasi sospetto riguardo la morte dello zio; mentre si avvicinavano al piatto con la torta, Lixa sussultò. Formulò subito un pensiero da comunicare a Manes.
“Manes ho avuto un’idea”. Gli mostrò le immagini della piccola modifica del piano.
“Dì a Paolo di stare al gioco”.
Manes non era affatto sicuro della riuscita di quella nuova trovata, ma non potendo comunicare con Lixa non gli rimaneva che dirla a Paolo.
 
-Lixa ha cambiato leggermente il piano. Dice di stare al gioco- gli sussurrò in un orecchio.
 
Paolo annuì, in segno che aveva capito; non si poteva arrischiare a rispondere a voce alta con Antonio Cisano così vicino. Presero tutti e tre un pezzo di torta, finendola del tutto. Era una specialità che Lixa conosceva molto bene: si trattava della ricetta che sua madre aveva inventato e poi aveva dato al fratello nel momento in cui l’idea dell’azienda dolciaria si era concretizzata.
Era la prima ricetta creata alla Ca’ de Delizie e si chiamava appunto “Torta Delizia”: era fatta da un duro strato di biscotto che accoglieva una spuma di panna montata e frammenti di frutti di bosco. Poi c’era un piccolo strato di pan di Spagna, uno strato di crema al limone e una spuma di menta. Il tutto ricoperto con una finissima glassa di cioccolato fondente. Infine v’era una ciliegia caramellata a contornare il tutto. L’ incontro di tutti quei sapori significavano festa per le papille gustative.
Manes riusciva a vedere i ricordi che quel dolce portavano alla mente di Lixa: vedeva le immagini di una donna sempre indaffarata in cucina con una miriade di ingredienti attorno a lei, il forno acceso accanto alle sue gambe, terrine e miscelatori poggiati sul bancone. Aveva i capelli identici a quelli di Lixa, ma gli occhi erano verdi; in viso era perennemente sporca di farina, in particolare sul naso, leggermente a patata; un particolare che Lixa ricordava fin troppo bene erano i continui colpi di tosse che aveva e gli starnuti che la farina le causava.
 
-Allora Lixa, cosa mi racconti?-.
-Cosa dovrei raccontarle, signor Antonio?-.
-Mah, non so. Ad esempio come va a scuola, chi è il tuo amico… cose così, di questo genere. Ho molto piacere di conoscere come si deve la nipote del mio defunto amico-.
-A scuola va tutto bene e il mio amico mi pare di averglielo già presentato- disse Lixa, con un dolce sorriso.
 
Finto, ovviamente.
 
-E poi dice che ci ha già visto- aggiunse Paolo, alzando le spalle e addentando un altro pezzo di torta.
 
Cisano lo guardò con un leggero velo di disprezzo.
 
-Ah bene e… posso chiederti come è venuta fuori la ricetta di questa torta deliziosa? Mi hanno detto che è stata la primissima ricetta della Ca’ de Delizie!-.
-Sì, è un’invenzione di mia madre. Ci ha lavorato notte e giorno e poi l’ha data a zio Livio, dicendogli che poteva provare a lanciare quel dolce per iniziare la sua impresa. Mio zio era proprio un buongustaio-.
-Sì, lo so. Ricordo che quando eravamo piccoli, mia nonna, che veniva da giù, da Napoli, mi portava sempre dei dolci che faceva in casa. In particolare c’erano delle crostatine ai frutti di bosco, crema pasticciera e miele che mi piacevano molto. E allora tuo zio veniva sempre a casa per poterle assaggiare. Però diceva che la sua preferita era una rotellina di pasta sfoglia con la crema di cioccolato e l’uvetta-.
-Mmh, che bontà!- fece Paolo, spontaneamente, all’idea di tutti quei dolci messi insieme, dolci che non aveva mai assaggiato nemmeno una volta nella vita.
-Sì, da far venire l’acquolina in bocca- convenne Lixa.
 
I dolci di cui Antonio Cisano aveva appena parlato erano tutte ricette che venivano prodotte dalla Ca’ de Delizie: erano rispettivamente “La Crostatina” e “La Rotellina Pasquale”.
 
-Mio zio diceva sempre che erano di origine campana. Ha sempre detto che si era permesso di prendere la ricetta alla nonna di un suo amico. Allora era lei, quell’amico?-.
-Sì, Lixa, ero io-.
 
“Bene, ora posso fare presa su questo per ingraziarmela” pensò Cisano, ma Lixa non glie diede tempo di andare oltre.
 
-Senta, io vorrei capire meglio quale potrebbe essere il mio ruolo nella Ca’ de Delizie, per quando sarò abbastanza grande da poterla dirigere-.
-Ma certo, Lixa. Se vuoi te lo spiego subito-.
-Invece, che ne dice di venire a casa mia? Posso prepararle un buon caffè, mentre parliamo-.
-Sì, per me va bene- convenne subito l’uomo che, data la sua indole napoletana, era sempre stato un buon intenditore di caffè.
-Ehi, io non ho mai assaggiato il tuo caffè!- fece Paolo.
 
“Voglio capire se devo venire o aspettare”.
 
-Ah, è vero-.
 
Lixa fece una pausa studiata.
 
-Signor Antonio, va bene se viene anche Paolo? Ci tiene sempre ad assaggiare le cose che cucino, persino le più insignificanti e il caffè lo abbiamo sempre
rimandato e…-.
-Lixa, non ti preoccupare. Sei tu che mi hai invitato e quindi sei libera di invitare anche il tuo amico-.
-Bene, allora andiamo- disse Lixa, fingendo soddisfazione.
 
Manes avvertiva l’irritazione che la ragazza provava nel parlare con quell’uomo, però bisognava ammettere che Lixa aveva proprio le doti di una brava attrice.
Si incamminarono velocemente verso casa della sua amica, prendendo il traghetto e tornando verso Venezia. Parlarono ancora in quel modo finto e smielato, che Manes iniziava a non sopportare più. L’ombra era stata attenta, ma non aveva colto mai una volta dalla bocca di Lixa la parola “adesso”. Anche Paolo cercava di capire cosa avesse in mente Lixa; sul traghetto con loro non c’era nessuno. Poi successe.
 
-Signor Antonio, ma come mai ha deciso proprio adesso di tornare a Venezia?-.
 
Era il segnale. Mentre Antonio Cisano rispondeva, Manes si spostò dall’ombra di Paolo a quella dell’uomo; poggiò quelle che sarebbero state le sue mani sulla nuca dell’assassino e cercò di fondersi con i pensieri di lui. Sentì che Cisano si era accorto che qualcosa non andava, ma lo prese per un malanno passeggero e cercò di non pensarci, pur di continuare a parlare con la nipote di Livio Tosca. Manes esplorò con minuzia i pensieri di Antonio Cisano e cercò di farli suoi, senza perdere la propria coscienza. All’improvviso avvertì i pensieri di Cisano acquietarsi in un angolo della sua mente, fino a diventare un piccolo sussurro spaventato, e il suo corpo divenne pesante.
Aprì gli occhi: vedeva bene Lixa e Paolo, che lo guardavano stupiti. Non sapeva perché, ma aveva una percezione delle loro immagini dall’alto in basso.
 
-Manes?-.
-Sì?-.
 
Che voce strana che aveva. Non era più roca e vellutata al tempo stesso, ma ghiaiosa, come se avesse mal di gola perenne.
 
-Wow, ha funzionato!- esclamò Paolo, osservandolo ancora con stupore.
-Sono nel corpo di Antonio Cisano?- chiese l’ombra, incerta.
-Sì che lo sei!- disse Lixa, ancora più stupita di Paolo –Non te ne accorgi?-.
-Non esattamente- disse l’ombra –La percezione del corpo di quest’uomo è molto diversa da quella del corpo che mi sono creato io-.
-È incredibile. Hai ancora le lenti a contatto nere!- disse Paolo, guardandolo negli occhi.
-Sul serio?-.
-Sì, toglile- ordinò Lixa.
 
Manes eseguì.
Era un po’ difficile muoversi con quel nuovo corpo e non riusciva a controllare bene la mano finta di Cisano, ma alla fine si tolse le delicate lenti colorate. Il sospiro di stupore dei suoi due amici lo fece sentire come un fenomeno da baraccone.
 
-I tuoi occhi sono oro e verde smeraldo- disse Lixa.
-Veramente? Allora l’oro dei miei occhi si può fondere con qualsiasi colore di altri occhi, se non metto le lenti a contatto- concluse Manes.
-Già, è fantastico- disse Paolo.
 
L’euforia di Paolo era alquanto contagiosa e anche Manes si sentì molto eccitato; arrivarono alla fermata del traghetto, scesero e s’incamminarono verso la meta.
Provò a fare movimenti strani con le mani di Cisano, a camminare e saltare, si fissò l’anello verde che portava al dito. Anche Paolo lo guardò curioso.
 
-Ehi, ragazzi, tornate con i piedi per terra-.
 
La voce di Lixa era molto seria. Manes provò una leggera vergogna per se stesso e per l’eccitazione che aveva provato nell’essere riuscito ad entrare nel corpo di un uomo che avrebbe dovuto uccidere. Anche Paolo si era rabbuiato.
 
-Dobbiamo andare- disse ancora Lixa, tetra.
 
Si voltò e iniziò ad andare verso il Campo dei Frari. I jeans blu scuro che si era messa quel giorno per andare alla cerimonia sembravano essere più cupi di lei. Paolo e Manes la seguirono.
Arrivati di fronte alla basilica, aprirono il portone principale, che avevano lasciato accostato con una piccola listella di legno, al momento della chiusura della chiesa. Lixa si girò verso Paolo.
 
-Rimani qui- disse con voce atona.
 
Manes provò a sentire i pensieri della ragazza, ma nel corpo di quell’uomo non riusciva a leggere nella mente.
 
-Sì-.
 
Anche Paolo aveva un tono di voce appena accennato. Lixa annuì e poi si spostò per far passare il corpo di Antonio Cisano, guidato da Manes. Lixa stava per raggiungerlo quando la voce di Paolo disse:
 
-Lixa, aspetta-.
 
***
 
-Rimani qui- disse Lixa.
 
Sentì la sua voce suonare piuttosto atona. Era sempre così quando doveva mascherare la sua preoccupazione. Stava per assistere all’omicidio dell’uomo che aveva eliminato l’ultima persona che le era rimasta in famiglia, al mondo.
 
-Sì-.
 
“Anche tu sei preoccupato?” chiese Lixa con il pensiero a Paolo.
Poi annuì, come rispondendosi da sola, e si spostò per far passare Manes. Gettò un altro sguardo veloce a Paolo, poi si voltò per raggiungere l’ombra. Fu in quel momento che la voce di Paolo la raggiunse.
 
-Lixa, aspetta-.
 
Non era un grido, ma quasi un sussurro; non dovevano farsi sentire dalle persone che erano nell’edificio, addormentate e inconsce di quanto stava per avvenire.
Anche se quel mercoledì tutta la chiesa era quasi vuota a causa un seminario fuori città, erano rimasti frate Ballon e Federico a presidiare l’edificio.
 
-Che c’è Paolo?-.
-Volevo dirti che… qualsiasi cosa accada, io ti sarò sempre vicino-.
-Davvero?-.
 
Quelle parole sembrarono un’ancora di salvezza per la ragazza.
 
-Certo-.
 
Paolo fece una pausa.
 
-Io ti amo-.
 
Lixa sorrise.
 
-Anch’io ti amo-.
 
Quelle parole, anche se non molto consone a quel momento buio, erano balsamo per lei. Forse poteva affrontare meglio la cosa.
Paolo si avvicinò a lei, le prese il viso fra le mani e la baciò, con un bacio lungo e dolce. Quando le loro labbra si separarono Lixa sorrise di nuovo, poi si voltò per raggiungere Manes. Sentì Paolo sospirare e chiudere dietro di sé il portone principale.
“Ormai è Paolo la mia famiglia”.
Passò in mezzo al mausoleo di Tiziano e alla piramide di Canova.
“In realtà anche Manes è parte della mia famiglia” pensò poi, amaramente.






















Note di Saeko:
siamo finalmente al tanto sospirato turning point, al momento in cui la storia sta per finire. Mi manca un solo capitolo, con il quale tornerò auspicabilmente il prossimo venerdì e dopo di questo un epilogo. Ho voluto inserire alcuni elementi che potessero connotare qualcosa della casa dolciaria di cui parliamo dal capitolo 1, ovvero la Ca' de Delizie e che è stata un po' il fulcro di tutta l'azione, il motivo ultimo per cui Cisano ha ucciso Tosca. Spero di avervi incuriositi abbastanza sino a qui e di aver creato un po' di cliffhanger per il prossimo capitolo che verrà.
Passo ora a dei veloci ringraziamenti:

come sempre ad alessandroago_94 per essere passato a commentare lo scorso capitolo;
shilyss per essersi imbattuta nel prologo e aver deciso di recensirmi.

A presto e buona domenica.

Saeko's out!
  
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