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Autore: Lisbeth Salander    10/05/2020    7 recensioni
«Per Merlino, Harry! Non dirai sul serio?! Ho già avuto un discorso super-serio dal padre di Hermione».
«Sono serissimo. In primis, perché devo vendicarmi dei SETTE discorsi che ho ricevuto io prima di sposare Ginny…».
«… amico, dovevi aspettartelo! Anche se ancora mi dispiace per te per il discorso di Percy» sghignazzò Ron.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuova generazione di streghe e maghi, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Piccola premessa: questa storia nasce da un tweet carinissimo di una ragazza che diceva "Harry sarà finito con la sorella di Ron ma anche Ron è finito con la sorella di Harry". Mi piace, solitamente, restare molto fedele al canon e tener conto delle dichiarazioni di J.K. Rowling anche successive (tranne The Cursed Child, che per me non esiste). Quindi, la storia affronta, effettivamente, un momento di crisi tra Ron ed Hermione che trovo plausibile per il tipo di carattere che hanno i due ma - anticipo già - la storia è a lieto fine.

Anche tu hai sposato mia sorella

Godric’s Hollow, Estate 2020
Le vacanze estive erano ricominciate da poco più di una settimana ed i ragazzi si stavano pian piano riappropriando della routine familiare, del villaggio di Godric’s Hollow, delle loro abitudini extrascolastiche.
Quello era stato il primo anno in cui tutti e tre i ragazzi Potter avevano contemporamente frequentato la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts: il primo anno di Lily Luna, il terzo di Albus Severus, il quarto di James Sirius.
Riaverli finalmente a casa, per Harry e Ginny, era una gioia tale da portarli, soprattutto nei primi giorni, a rientrare prima da lavoro e ad accontentare tutte le loro richieste: una sera avevano ordinato la pizza come desiderato da Al, il giorno dopo avevano accontentato Lily ed erano andati finalmente al cinema, poi era stato il turno di James che aveva preteso che tutti loro si cimentassero nella cucina di una tipica cena messicana.
Quei primi giorni in cui i figli erano rientrati da Hogwarts erano stati letteralmente perfetti. Nella mente di Harry è così che sarebbero dovute andare le sue vacanze estive, se solo i suoi genitori non fossero morti quando aveva poco più di un anno.
Di tanto in tanto, si ripeteva che la vita che aveva oggi era la vita che aveva sempre desiderato.
In quella felicità genuina, però, si era presentata una nuvola alla quale, in un primo momento, aveva cercato di non dare troppa importanza. La nuvola che si era presentata portava i nomi di Rose e Hugo Granger – Weasley, nipoti di Harry, figli dei due suoi migliori amici, Hermione e Ron, i quali abitavano nella villetta accanto a quella dei Potter.
Da quando erano tornati dalla scuola i nipoti erano perennemente a casa sua, trascorrendo lì mattine, pomeriggi e, spesso, anche le sere. Non che a lui dispiacesse: per lui e sua moglie Rose e Hugo erano come figli e, sin da quando erano piccoli, erano stati abituati ad andare e venire da casa degli zii senza limiti. Le due famiglie erano sempre state unitissime e, soprattutto in estate, si ritrovavano spesso presso una delle due case. Erano, come amava ripetere suo figlio James, un’unica grande famiglia.
Quel che davvero impensieriva Harry era il sentore che i suoi nipoti stessero scappando dalla propria casa perché si presentavano sempre senza i genitori, con aria imbronciata e nervosa. La prima sera si era detto che forse Ron ed Hermione avevano fatto tardi a lavoro; quando, poi, qualche giorno dopo, aveva chiesto a Rose se volesse dire ai genitori di unirsi a loro per andare al cinema e la nipote aveva sussurrato un «meglio di no», i primi dubbi avevano fatto capolino nella sua mente, rinsaldati dallo sguardo enigmatico di sua moglie.
Erano addirittura aumentati quando aveva rapidamente intercettato Ron il mattino seguente che era stato più evasivo che mai e dopo aver visto Hermione al lavoro, stanca e provata come raramente l’aveva vista.
La sera precedente aveva dovuto ammettere tra sé e sé che qualcosa non andasse quando Ginny, prima di andare a dormire, gli aveva chiesto con tono fintamente disinteressato se per caso avesse parlato con suo fratello e la moglie. Alla risposta negativa di Harry, era seguita un’espressione di disappunto di Ginny ed un sospiro ed Harry aveva saputo che c’erano guai in arrivo. Sua moglie era dotata di un pragmatismo ed un intuito per certe faccende che lui non aveva e non avrebbe mai avuto e sembrava aver fiutato l’aria di tempesta.
Per questo motivo, quando quel venerdì sera era rincasato leggermente prima del solito orario, si era stupito nel non vedere i nipoti in casa ed una parte di sé aveva tirato un piccolo sospiro di sollievo. Forse, era stata solo una impressione o una classica lite di Ron ed Hermione già rientrata e questo pensiero contribuì a fargli godere pienamente quella serata.
La presenza di Teddy, il suo figlioccio, e Victoire, la più grande delle nipoti nonché fidanzata di Teddy, aveva alimentato ancor di più quel senso di serenità e contentezza che lo accompagnava dal momento in cui aveva visto i propri figli scendere dall’Espresso per Hogwarts.
In quel clima di spensieratezza generale, con Lily che fantasticava di matrimonio tra sua cugina e Teddy, l’arrivo di Rose e Hugo, cinerei in viso, era stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno.
«Zia, possiamo dormire qui stasera? Non ce la facciamo più!» aveva detto Rose in un moto di esasperazione  precipitandosi ad abbracciare Ginny mentre Hugo prendeva silenziosamente posto accanto a Teddy.
Ginny aveva annuito accarezzando con dolcezza la nipote, stretta a lei in un abbraccio disperato, e lanciando uno sguardo preoccupato a suo marito.
«Rose, Hugo, non mi sembra il caso di andare via in questo modo… ».
Le parole di Ron gli morirono in gola davanti a parte della sua famiglia ed Harry non poté non rintracciare lo sguardo colpevole, traccia del ragazzino che era stato un tempo.
«Hai fatto la crostata di mirtilli e non volevi darmela?» chiese rivolgendosi alla sorella con un sorriso tirato ed un tono fintamente allegro.
Con una pazienza che aveva appreso solo con gli anni e sopprimendo l’indole fumantina che l’aveva sempre accompagnata per amore della serenità familiare, Ginny si staccò dalla nipote per tagliare la crostata distribuendola tra suo fratello e i nipoti. Dopodiché tagliò un’altra fetta e la porse ad Harry che le rivolse un muto interrogativo.
«Perché non chiedi ad Hermione se ne vuole un po’? Adora questa crostata» disse in modo perentorio ma continuando a mantenere quella parvenza di normalità per la serenità dei nipoti.
Harry annuì perché aveva capito – come lo aveva capito sua moglie – che era Hermione ad aver bisogno di lui in quel momento e, mentre percorreva la breve distanza tra casa propria e l’abitazione degli amici e cognati, la sua mente volò a circa diciassette anni prima.
 
 
La Tana,  19 settembre 2003
Quella giornata non avrebbe potuto essere più bella, perfetta per la festa che si sarebbe tenuta, l’ultimo matrimonio di uno dei ragazzi Weasley, salvi colpi di testa di Charlie. 
Quando Harry bussò alla porta della stanza nella quale aveva trascorso innumerevoli estati ed entrò timidamente, non si stupì di trovare Ron in preda al nervosismo mentre camminava su e giù osservando il suo abito da sposo.
«Se continui così, farai un buco nel pavimento e non credo che i nervi di tua madre reggerebbero» gli disse sorridendo.
«Ho il terrore di sbagliare tutto e di rovinare tutto. Harry, io s-p-o-s-a-t-o. Ti rendi conto? Miseriaccia!».
«Ron, vivete insieme da anni. Non è molto diverso, solo più solenne ed impegnativo».
«Oh, è molto diverso, amico! Abbiamo vissuto insieme a Grimmauld Place, tutti insieme, non soltanto lei ed io».
«Come me e Ginny, che siamo sposati. Non è molto diverso, dovresti credermi».
Ron si sedette sul letto continuando a fissare il neo-cognato, nonché suo migliore amico, nonché suo testimone di nozze.
«Ho solo paura di rovinare tutto».
«Non dovresti. È Hermione, la conosci da ben dodici anni. Avete passato cose assurde insieme. Conosci tutto di lei e voi siete sempre stati destinati a questo. Lo so da.. penso di averlo sempre saputo» gli disse con un sorriso rassicurante.
«Quindi, è bello essere sposati? Lo confermi?».
«Considerando il fatto che sono sposato con tua sorella e che non potrei mai rispondere diversamente e dall’alto dei miei soli due mesi di matrimonio, direi che, sì, ne vale assolutamente la pena con la persona giusta».
Lo sguardo di Ron corse ad una serie di foto appese alle pareti della sua vecchia stanza, la maggior parte delle quali risalenti ai tempi della scuola. La maggior parte erano foto di loro tre; una volta finita la guerra, però, ne aveva aggiunte alcune sue e di Hermione, per combattere la distanza quando lei era tornata ad Hogwarts.
«Comunque, sono qui per farti un discorso, anzi, IL discorso» proseguì Harry, catturando l’attenzione del suo migliore amico.
«Per Merlino, Harry! Non dirai sul serio?! Ho già avuto un discorso super-serio dal padre di Hermione».
«Sono serissimo. In primis, perché devo vendicarmi dei SETTE discorsi che ho ricevuto io prima di sposare Ginny…».
«… amico, dovevi aspettartelo! Anche se ancora mi dispiace per te per il discorso di Percy» sghignazzò Ron.
«Sono stati i quindici minuti più lunghi ed imbarazzanti della mia vita. Mi sono sentito più sotto processo in quel momento che davanti all’intero Wizengamot. Se non altro, non ci sono state continue allusioni sessuali come nel discorso di George. Il migliore è stato quello di tuo padre, comunque».
«Ah, mi hai declassato così?».
«Assolutamente. E non eri credibile nemmeno la metà rispetto a Bill e Charlie. Ma non divaghiamo» riprese Harry «Il vero motivo per il quale sento la necessità di farti un discorso è che, beh, anche tu stai sposando mia sorella e lo sai, insieme a te, lei è sempre stata la mia unica famiglia prima di Ginny. È la mia migliore amica e voglio che sia incredibilmente felice. E tu puoi riuscirci».
Ron sorrise. Con il senno di poi nel ripensare ai momenti in cui era geloso del rapporto tra Harry ed Hermione si sarebbe insultato da solo. 
Harry era il suo migliore amico, il fratello che non gli era capitato ma che si era scelto, abbracciando ad occhi chiusi le sue cause, i suoi guai, le sue tragedie e, anche se qualche volta si era perso un po’, aveva sempre saputo che tra lui ed Harry c’era quel genere di amicizia che capita una volta nella vita. Una sera, dopo la guerra, Harry gli aveva confidato che pensava che la loro amicizia fosse predestinata, come quella tra suo padre James e Sirius Black, come dimostravano le forme dei rispettivi Patroni.
Nulla sarebbe mai potuto cambiare tra di loro. Poi Harry aveva sposato Ginny, la sua unica sorella, e quel rapporto di fratellanza si era rinsaldato ancora di più.
Il rapporto di Harry ed Hermione, invece, era diverso e, forse per questa diversità, un tempo lo aveva temuto. Aveva avuto timore di quella complicità silenziosa che c’era tra il suo migliore amico e la sua futura moglie che si erano ritrovati bambini alla deriva in un mondo a loro sconosciuto, figli unici, senza una famiglia che potesse realmente comprendere quel che stava accadendo – Harry perché non l’aveva, Hermione perché i suoi erano Babbani. 
Non si erano mai abbandonati, mai Hermione aveva vacillato nella scelta di seguire Harry rimanendo con lui fino alla fine, mai Harry aveva abbandonato Hermione o era stato sordo ad una sua richiesta di aiuto.
«Mi stai per dire che mi scatenerai decine di canarini addosso se mai dovessi farla soffrire?» chiese divertito.
«Beh, non credo che questa volta sarebbero canarini, più ippogrifi, forse, né che Hermione avrebbe bisogno di me. Mi preoccuperei più di lei ma, sì, diciamo che il succo è che nel caso non mi opporrei»
«Carino da parte tua!».
«Dopo, però, ti presterei soccorso».
«Ah, questo cambia tutto ovviamente» borbottò Ron, camuffando un sorriso.
«Non penso che accadrà, comunque. Solo, quando discuterete – perché questo, invece, accadrà – cerca di ricordarti che è Hermione, l’amore della tua vita e la strega più brillante del suo tempo».
«E tua sorella».
«E mia sorella. Tu, però, sei mio fratello. Quindi, sarebbe un po’ imbarazzante dover fare da paciere quando sarete sposati».
«Credo di potercela fare».
«Io ne sono sicuro. Sarete felici. Ve lo siete meritati, tutti e due».
 
In diciassette anni non aveva mai dovuto fare discorsi né gestire una situazione di crisi tra i due amici. Indubbiamente c’erano state delle liti tra loro e qualche volta sia lui sia Ginny ne erano stati inevitabilmente coinvolti ma niente che non si fosse poi risolto in poco tempo o che avesse davvero minato i loro equilibri familiari.
Bussò con una certa ansia alla porta sul retro e sentì il passo svelto di Hermione.
«Credevo che a nessuno facesse piacere stare in questa casa, come avete ampiamente chiarito…» sbottò aprendo la porta «Oh, Harry, sei tu! Scusa, non volevo essere sgarbata».
Le mani di Hermione corsero nervosamente a sistemarsi i capelli disordinati dietro le orecchie e la maglia da casa che aveva su. Gli occhi gonfi, tipici di chi aveva pianto, erano gli stessi della Hermione appena sedicenne che Harry si era trovato tante volte a consolare.
«L’ha fatta Ginny. Ha pensato che ne volessi un po’» disse Harry con un sorriso di conforto.
Quando entrarono in cucina Harry notò la gran parte dei piatti ancora pieni, segno che la cena per i Granger – Weasley non era stata pienamente consumata.
I movimenti tremanti di Hermione tradivano lo stato di agitazione e, probabilmente, di rabbia in cui si trovava. Si sedette senza guardarlo mai, impugnando tremolante una forchetta per assaggiare il dolce che le aveva portato.
«Ti va di raccontarmi che succede?» chiese Harry, decidendo di affrontare immediatamente la questione.
«Non succede niente, Harry» rispose Hermione, continuando a fissare i piccoli pezzi di crostata che si stava costringendo a mangiare.
«Quindi, è perché non succede niente che i tuoi figli sono piombati sconvolti da me stasera, chiedendomi di dormire a casa, seguiti da Ron e che tu hai gli occhi gonfi di pianto, eh?» la rimbrottò Harry incrociando le braccia.
«Non fare l’Auror cattivo con me».
«Tu non mentirmi».
Finalmente Hermione si decise a guardare il suo migliore amico, suo fratello, quello che a cui copriva le spalle da una vita e che, a sua volta, le copriva a lei e le lacrime le invasero gli occhi senza che fosse capace di opporsi.
«Si è rovinato tutto, Harry. Tutto, tutto quanto» esclamò lasciandosi finalmente andare ed appoggiando la testa sulla spalla dell’amico.
Hermione si lanciò in un lungo racconto di eventi e situazioni che – come aveva candidamente ammesso – non aveva avuto il coraggio di confidare a nessuno, sperando che semplicemente passassero da sé. Invece, nulla era passato.
Tutto era cominciato, secondo Hermione, quando Rose era partita per Hogwarts, andando ad alterare il naturale equilibrio della loro famiglia e lei e Ron avevano iniziato a scontrarsi ancora di più sull’educazione di Hugo. Da sempre, come crescere ed educare i rispettivi figli era stato per loro un terreno di scontro tra le posizioni estremamente rigide di Hermione e l’atteggiamento molto permissivo di Ron.
Quando poi anche Hugo era andato ad Hogwarts, il loro rapporto era entrato in una profonda crisi dalla quale non riuscivano ad uscire, fatto di continui litigi, per ogni cosa. Sembrava impossibile riuscire a ritrovare chi erano stati prima di Rose e di Hugo, come se con loro lontani fosse andata via anche la loro relazione.
«Hermione, voi non siete semplicemente i genitori di Rose e di Hugo. Siete molto di più. Hai provato a parlarne con Ron? A dirgli almeno qualcuna delle cose che hai detto a me?».
L’amica scosse la testa con forza.
«Come potrei, Harry? Non riusciamo nemmeno a dirci una parola senza urlare e sbraitarci contro. È finita, il mio matrimonio è a pezzi, la mia vita è a pezzi. I miei figli mi detestano»
«Piantala, nessuno ti detesta e potete ancora fare qualcosa tu e quell’altro testone del mio migliore amico».
«Tu non ci hai visti litigare così, Harry, non come nell’ultimo anno. Non ci sono più Viktor Krum o Lavanda Brown di cui discutere, c’è tutta la vita che abbiamo costruito insieme in mezzo e ogni volta che litighiamo ne buttiamo giù un pezzo».
«Non credi sia arrivato il momento di rimettere insieme i cocci? E di farlo con lui, smettendola di fare a pezzi il vostro matrimonio?».
Hermione non rispose, fissando un punto imprecisato al di fuori della finestra.
«Quest’ultimo anno è stato terribile, Harry. Non sai quanto ho invidiato te e Ginny che siete i miei migliori amici. Vedevo voi, il vostro equilibrio, ed il disastro che si consumava a casa mia. Mi sento una persona orribile soltanto per questo» singhiozzò.
«Hermione, tu non sei affatto una persona orribile! Ma perché non mi hai mai detto niente? O non ne hai parlato con Ginny che in queste cose è decisamente più brava di me?»
«Lo avrebbe reso reale ed irreparabile. E non riuscivo ad andare da Ginny dicendole che il mio matrimonio con suo fratello sta crollando a pezzi. Da quando sono tornati i ragazzi è diventato ancora peggio. Rose scatta subito e Hugo, beh, lui si è chiuso in se stesso».
«Dovete parlare anche con loro, in modo onesto e senza filtri. Sono svegli, vedono che le cose non vanno bene e non è giusto trattarli come se fossero bambini, non ve lo perdonerebbero».
«C’è un’altra cosa» disse Hermione con tono serio e tremante.
«Il fatto che Kingsley ti voglia come prossimo Ministro della Magia?»
«Lo sapevi?!»
«A chi credi che abbia chiesto un parere spassionato, cara consigliera Granger?!» le rispose sorridendo «Tu puoi farlo. Sei la strega più brillante del nostro tempo, Hermione, e puoi diventare il primo Ministro della Magia, Nato Babbano»
«Sarò anche una strega brillante ma a quanto pare come moglie e madre sono un disastro».
«Ron sarebbe fiero di te, se gliene parlassi, e ti spingerebbe ad accettare».
«Non ne sono sicura».
«Io sì, Hermione. È sempre stato il tuo primo sostenitore. Per quanti problemi coniugali possiate avere, questo non va via. È oltre. Dovete solo ritrovarvi» concluse Harry.
Prima di salutarsi, Hermione gli sussurrò in lacrime «Qualche volta, vorrei che ci fosse ancora un Horcrux da salvare e scappare via da questo disastro».
 
Rientrando a casa, Harry era consapevole di dover affrontare il secondo round con Ron e che non poteva lasciare che i suoi testardissimi migliori amici continuassero a distruggere se stessi e la loro famiglia come stavano facendo da tempo.
Ron lo aspettava da solo, seduto sul dondolo con lo sguardo perso nel vuoto. I ragazzi erano rientrati per una partita a Sparaschiocco mentre Ginny era stata chiamata al camino da una sua collega di lavoro.
Quando Harry si sedette accanto al suo migliore amico, Ron si ridestò dai suoi pensieri.
«Devo prepararmi all’aggressione di mille Ippogrifi?» gli chiese in tono amaro, ricordando la conversazione di sedici anni prima.
«Ho parlato con lei. È a pezzi».
«Ci pensi alla faccia dei miei quando gli dirò che sono il primo Weasley di sempre a separarsi?! Non so se si riprenderanno mai dalla delusione…»
«Piantala, Ron! Non è così tardi»
«Mi odia, Harry. Non sono stato all’altezza di quello che voleva» disse con tono arrendevole «Ce l’ha con me, qualsiasi cosa accada o qualsiasi cosa dica».
«Lei ce l’ha sempre con te. È questo che mi ha detto quando sei tornato, mentre cercavamo gli Horcrux. È la logica di fondo del vostro rapporto. Sei l’amore della sua vita, Ron, il padre dei suoi figli. Pensi davvero che Hermione possa mai odiarti?!».
Ron, in un gesto di disperazione, si afferrò la testa tra le mani.
«Non lo so come abbiamo fatto a distruggerci così, Harry. Ci siamo detti delle cose terribili».
«Lo immagino, Ron. Vi conosco ed è proprio perché vi conosco che so che potete farcela» disse Harry, appoggiandogli una mano sulla spalla «Senti, stasera Rose e Hugo dormono da me e, se li conosco abbastanza, non credo che appena svegli torneranno a casa perché non credo abbiano molta voglia di subire ancora quel clima. Domattina io sono a casa e posso trattenerli quanto vuoi. Tu ora ti alzi da questo dondolo, torni a casa e vai da Hermione. Urlate quanto volete ma almeno parlatevi e cercate di trovare un piccolo punto di incontro. Prenditi la mattinata libera al negozio e, te lo ripeto, PARLATE. Se non funzionerà, penseremo a qualcos’altro».
Ron annuì rivolgendogli un sorriso stanco.
«Grazie, Harry. Per i ragazzi, per lei, per me… per tutto».
«Avresti fatto lo stesso se al vostro posto ci fossimo stati Ginny ed io».
«Nel caso Hermione avrebbe sistemato tutto» commentò Ron con aria malinconica «ma forse anche io avrei fatto la mia parte».
«Certo. Era incluso nel discorso prematrimoniale che mi hai fatto il giorno che ho sposato tua sorella».
«Ed io ho sposato la tua, no? Era incluso anche nel tuo».
 
La mattina dopo era trascorsa tranquillamente. Mentre Ginny era in redazione, Harry aveva deciso di portare i ragazzi a fare un giro a Taunton, cittadina prevalentemente babbana a poche miglia da Godric’s Hollow, dove, sin da quando erano piccoli, si recavano a far compere.
Ron ed Hermione non avevano dato alcuna notizia ed Harry aveva deciso di interpretarlo come un segno di speranza.
Una volta rientrati, stavano decidendo quale disastro culinario mettere in pratica, quando Ron ed Hermione entrarono in casa.
Harry li fissò a lungo: avevano l’aria estremamente stanca ed al contempo raggiante. Lo sguardo di Harry indugiò per un momento sul braccio di Ron attorno alle braccia della moglie e non poté che sorridere sollevato.
Rose e Hugo, al contrario, sembravano sorpresi dal comportamento dei genitori e vagamente disorientati dopo averli lasciati la sera prima a litigare furiosamente. Il loro disagio era evidente dal modo in cui entrambi evitavano accuratamente di guardare Ron ed Hermione, cercando, invece, lo sguardo complice dei cugini.  Ad Harry non sfuggì la timida carezza di James ai capelli di Rose né i sorrisi preoccupati di Al e Lily.
«Sappiamo che avete, di certo, organizzato qualcosa per il pranzo»esordì Ron, rompendo il silenzio «ma a me ed Hermione farebbe piacere portare Rose e Hugo fuori, al mare. Abbiamo preparato un po’ di cose per fare un pic-nic».
«Abbiamo già fatto la spesa con zio Harry» rispose Rose, che si dimostrava essere una quattordicenne ben più caparbia e ribelle di quanto non lo fossero stati i suoi genitori.
«Rosie, ti prego» implorò Hermione «Sono sicura che a zio Harry e ai ragazzi non dispiacerà. Domani possiamo recuperare tutti insieme. È un secolo che non lo facciamo. Ti prometto che non litigheremo e nessuno urlerà».
Qualcosa nel tono di Hermione sembrò averla convinta perché abbandonò le stoviglie che stavano per utilizzare.
«Perché tu e Hugo non andate a prepararvi? Così partiamo subito!» esclamò Ron, genuinamente felice.
Rose e Hugo annuirono e lasciarono la cucina, prontamente seguiti dai cugini che avevano intercettato l’inequivocabile sguardo di Harry, per rimarcare la necessità di parlare da solo con gli amici.
«A quanto pare» disse Hermione, andando ad abbracciare l’amico, «Non ci sarà bisogno di Ippogrifi scatenati».
«Abbiamo seguito il tuo consiglio» continuò Ron «ed abbiamo parlato tanto, miracolosamente senza urlare».
«Noto con piacere che siete rinsaviti»
«Sei molto più simpatico quando ci consoli, sai?» lo rimbrottò Hermione ridendo.
«Anche voi siete molto più simpatici quando non mi fate preoccupare e non vi comportate come al sesto anno» rispose ridendo Harry.
«Siamo consapevoli che i nostri problemi non spariranno da oggi a domani» disse Ron tornando serio «ma stiamo cercando di ripartire. E nel caso in cui le cose dovessero farsi difficili…»
«..giuriamo solennemente di correre subito da te!» conclusero i due in coro ridendo.
«Va benissimo ma vi avviso» concluse, con un sorriso malandrino, «la prossima volta gli Ippogrifi saranno per tutti e due!».
 
Note: Ok, so che è un po' lunghetta però non riuscivo a tagliare niente. In origine, la parte ambientata alla Tana nel 2003 più che un vero e proprio flashback non ci sarebbe dovuta essere ma avrei voluto soltanto richiamare le frasi incisive che Harry dice a Ron sul considerare Hermione sua sorella. Ero molto indecisa sul momento conclusivo ma non ce la facevo a concludere annegando nel dramma e credo che la relazione di Ron ed Hermione sia in grado di passare dal tutto al niente in poco tempo. In questo caso, ho voluto aggiungere un moto di speranza in una ritrovata comunicazione tra i due, consapevoli che, comunque, è una strada insalita.
Questa storia non tiene conto di The Cursed Child, salvo lo spunto su Hermione Ministro della Magia. 
Per il resto, ho disseminato un po' di miei headcanon qui, come il fatto che i ragazzi abbiano vissuto tutti quanti insieme a Grimmauld Place n. 12 dopo la guerra (ne ho scritto un po' in Le mille vite di Grimmauld Place) o il vivere al confine con il mondo babbano (di qui l'idea del giro in auto con Harry). 
Il riferimento alla cittadina di Taunton l'ho preso non inventando ma guardando all'ipotetica cartina inglese che geolocalizzava i luoghi di Harry Potter. 
   
 
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