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Autore: Nexys    10/05/2020    3 recensioni
La solitudine è un male incurabile, una sensazione opprimente, un dolore incessante. Ai lati opposti della galassia, due anime tormentate sono unite da un legame che va oltre ogni immaginazione. Oltre lo spazio ed il tempo, Rey e Kylo Ren riescono a darsi un supporto che sfida le fazioni opposte di cui sono i legittimi rappresentanti.
Raccolta di one shot ispirate da prompt trovati sul blog Tumblr di leneemusing.
[Trilogia Sequel] [Reylo] [Raccolta] [Spoiler!] [What if?]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Rey
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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#3.  “I see you. I know you feel so invisible all the time, but you’re not. Not to me”.


 

 
 
Quanto fosse difficile convivere con quel peso sul cuore legato alla sua discendenza nebbiosa, solo Rey poteva saperlo. Una Rey senza nome e senza ricordi. Sempre più spesso, dopo gli incontri scontri con il Primo Ordine - in particolare con Kylo Ren - si ritrovava esausta a ripensare alle tacche incise sul legno pari ai giorni che erano trascorsi da quando era stata abbandonata su Jakku. Venduta come una schiava forse, spacciata come orfana, ma non riusciva a ricordare nulla di cosa le fosse realmente accaduto. Si sentiva come i reduci della guerra galattica che avevano rimosso abbondanti porzioni della loro memoria pur di seppellire i traumi che certi ricordi portavano con sé; il fisiologico meccanismo di difesa del suo cervello stava cercando di proteggerla impedendole di ricordare qualcosa che - lo sentiva in fondo alla propria coscienza - l’avrebbe ferita più di quanto già non fosse. Ogni incisione che aveva lasciato sulle pareti del suo rifugio su quel pianeta desolato e inospitale equivaleva ad una notte passata insonne a piangere per dei genitori senza volto che l’avevano abbandonata. Non era raro che Rey si accucciasse sotto la coperta, mordendo un cuscino per soffocare il dolore di una sola, inesorabile, domanda.
Perché mi avete messo al mondo, scegliendo di abbandonarmi?

A bordo del Millennium Falcon regnava un religioso silenzio; l’equipaggio improvvisato - Chewbacca, Finn, Poe e BB-8 - si era placato con il giungere delle ore notturne, lasciando a Rey il turno di pilotaggio. Nel giro di qualche ora si sarebbero dati il cambio lei e Poe, ma Rey era sicura di riuscire a fare ritorno alla base molto prima del suo risveglio. Viaggiava rilassata a quella che avrebbe definito volentieri “velocità di crociera”, con lo sguardo rivolto al manto costellato di pianeti lontani che le si stagliava davanti. Era raro potersi godere davvero uno scenario del genere, senza il terrore di essere individuati da qualche sentinella inviata dal Primo Ordine; stranamente, il radar del Falcon non segnalava alcuna presenza nemica nelle vicinanze, e questo era per la giovane senza-nome molto più che rassicurante.
Se si concentrava sul silenzio, oltre al ronzio lineare del motore della nave poteva distinguere il leggero russare dei suoi amici. Amici che aveva paura di definire “famiglia”, per il semplice fatto che l’unica che ricordava di aver avuto, l’avesse lasciata da sola a implorare di non abbandonarla. In cuor suo sapeva che non avrebbero mai fatto altrettanto; avevano rischiato la vita tutti ripetutamente per salvarla, e aiutare la Resistenza sarebbe sempre stato il minimo pur di ricambiare i loro sforzi, anche se lei non fosse stata quella sorta di “ragazza prodigio” di cui tutti parevano decantare le lodi.
Quello che però nessuno di loro riusciva a capire - perché Rey si rifiutava di farlo sapere - era quanto lei si sentisse sola. Essere senza nome, senza famiglia, senza passato, era allo stesso tempo un peso e un vuoto tanto opprimente quanto incolmabile. Doveva essere forte, doveva esserlo per impedire al Primo Ordine di schiavizzare la Galassia, ma quando nessuno si preoccupava di lei, il suo piccolo mondo privato crollava in tanti pezzi quante erano le stelle nell’Universo. Ogni volta in cui le veniva chiesto chi fosse, sembrava quasi che il fato la volesse punire forzandola ad ammettere di non avere un nome di famiglia di cui vantarsi o sentirsi orgogliosa. Lo aveva, se lo sentiva cucito addosso come un brutto presentimento - o una maledizione - ma non riusciva a ricordarlo. Non voleva ricordarlo. Semplicemente, non era pronta, preferendo ammettere di non avere un passato, nella speranza di poter un giorno rivedere i suoi genitori per chiedere tutte le risposte che fino ad allora le erano state negate.
Sospirando, spense la turbina che alimentava il compressore di supporto per l’iperspazio per farlo raffreddare; voleva tenersi pronta per ogni evenienza - una fuga improvvisata dalle grinfie di qualche caccia nemico - ed allo stesso tempo conservare ciò che era a tutti gli effetti l’eredità di Han Solo, e con essa il suo leggendario retaggio.
Ogni volta in cui la sua mente si focalizzava sul ricordo dei lineamenti di Han, il viso di Ben prendeva forma al suo posto. Corrugò la fronte, subito tesa nel rendersi conto di provare un risentimento forse ingiusto nei suoi confronti. Ben Solo aveva ucciso suo padre voltando le spalle anche alla sua dolce madre pur di intraprendere un cammino di potere e perdizione, mentre lei avrebbe dato la vita pur di avere ancora qualcuno di così amorevole da chiamare padre e madre. Una lacrima solitaria le rigò il volto, poco prima che con l’avambraccio destro la asciugasse. Si sentiva sciocca e infantile a provare delle sensazioni di mancanza miste a invidia, dopotutto era adulta - doveva esserlo - e non avrebbe dovuto avere il tempo di perdersi in pensieri del genere. Eppure, quello era uno di quei momenti in cui si sentiva sola e abbandonata, una figlia lasciata a morire su un pianeta inospitale considerato poco più che una discarica abusiva, a lottare contro tutto e contro tutti pur di ritagliarsi uno spazio nell’Universo che sentiva di non meritare. D’altronde, era nata dal niente, un nessuno senza nome, senza meriti o lode. Persino in quel momento stava percorrendo una strada non sua, in cerca di una rivalsa che non le apparteneva. Rey di Jakku era soltanto una misera cerca-rottami. E Kylo Ren non aveva perso l’occasione di farglielo notare, fino a imprimerlo con violenza nella mente, con uno stucchevole e doloroso disprezzo nel tono di voce.
Sciocca”, tuonò una voce familiare nei meandri più reconditi della sua mente. Rey sussultò, voltandosi di scatto per vedere chi fosse stato a parlare. Dietro di lei non c’era nessuno che non fosse un improvvisamente cinguettante BB-8, evidentemente preoccupato per lei.
Rey gli rivolse un piccolo sorriso di circostanza, perché tutto voleva tranne che anche il suo piccolo amico droide la considerasse una pazza. “È tutto ok, sono solo un po’ stanca.”
Stai mentendo.”, la rimproverò la stessa voce di poco prima. Due occhi scuri presero forma nella sua mente, e si costrinse a soffocare ogni reazione in modo da far sì che il droide tornasse nelle retrovie senza più considerarla.
No, non di nuovo e non adesso. Dannazione, stai zitto ed esci dalla mia testa!
Non posso, lo sai anche tu. I tuoi pensieri sono fastidiosi.”, Kylo Ren la canzonò con un tono quasi sarcastico, mentre prendeva silenziosamente forma sul sedile accanto al suo. 
“Oh, scusa tanto.”, rispose piccata, abbassando subito la voce, voltandosi a guardare quel posto a sedere che chiunque altro avrebbe visto vacante. “Ma nessuno ti ha chiesto di commentare o ascoltare.”
L’uomo che per una volta giaceva senza maschera, sbuffò di disappunto. Solo in un secondo momento Rey si accorse del fatto che Ren non indossasse altro che una veste nera senza armatura. Ovunque fosse, doveva star riposando.
Quello che pensi è totalmente sbagliato, Rey.”, incalzò chiamandola per nome, con estrema sorpresa da parte della ragazza.
“Prego?”.
Non gli permise di riprendere il discorso: la rabbia le esplose in petto insieme ad un pianto isterico trattenuto per troppo tempo. “Sei stato tu, tu a sbattermi in faccia la mia solitudine. Tu che hai ucciso tuo padre per... per...!”, e non riuscì a concludere la frase, paonazza in viso, con gli occhi pieni di lacrime e la gola serrata da un singhiozzo violento. Le ci vollero diversi secondi per proseguire, con un filo di voce tremolante. “Non accetto giudizi da un mostro come te.”
La figura silenziosa accanto a lei parve congelarsi, tendersi come una corda di fronte all’intensità del dolore che stava provando. Non era la prima volta e non sarebbe di certo stata l’ultima, ma attraverso la Forza si stavano scambiando sensazioni e visioni che andavano oltre qualsiasi immaginazione. Ben Solo ricevette tutta la sua sofferenza come un pugno nello stomaco, sentendosi inevitabilmente responsabile e disarmato di fronte a quella consapevolezza.
Tu non sei sola.”, mormorò piano e senza distogliere lo sguardo dalla sua figura. “Non è vero che non sei nessuno. O che non sei niente.
Rey si voltò a guardarlo con uno sguardo misto tra l’odio e la paura. “Mi stai prendendo in giro? È divertente vedermi in questo stato, Ren?”.
No. Ti sto dicendo la verità. Concentrati, puoi sentirlo tu stessa proprio come io sto facendo con te ora.”, e così parlando chiuse gli occhi, tirando un sospiro lungo e incerto.
La ragazza schiuse le labbra per ribattere, ma di fronte a quella sorta di resa non poté far altro che seguire quanto le aveva appena suggerito. Prese un paio di respiri profondi, prima di consegnarsi alla Forza e affidarsi a quel flusso ancora sconosciuto di energia vitale che circondava ogni cosa. Percepì maggiormente la presenza di Kylo Ren - che in quel momento era Ben soltanto - e seppur con titubanza si fece astrattamente avanti per analizzarla, esaminarla e leggerla.
In quel momento si sentì avvolta da una sensazione contrastante di gelo e calore che tecnicamente nel mondo fisico non avrebbe mai avuto ragion d’essere. Ben era un miscuglio non omogeneo e tumultuoso di Luce e Oscurità, che ribolliva senza sosta come la lava di un vulcano in eruzione.
Il buono che si nascondeva sotto la sua spessa coltre di negatività era luminoso come un sole, e portava qualcosa addosso di molto simile al suo nome. In un metaforico battito di ciglia, Rey si ritrovò a vagare nella vastità confusa e tormentata dei suoi pensieri. Si rivide in essi, protagonista indiscussa del suo continuo struggersi tra passato e presente, bene e male, Ben e Kylo Ren. Percepì ogni sfumatura di interesse da parte sua, scoprendo un’ammirazione quasi timida, taciuta in nome di un orgoglio sconfinato. Era figlio di due eccellenze, dopotutto. Si vide al centro della dicotomia tra bene e male che regnava sovrana nel suo cuore, come la corda che mantiene la sua tensione sotto al peso dell’equilibrista che si destreggia su di lei, incerto sul proprio futuro. Ben Solo non era totalmente oscuro, ma nemmeno del tutto buono.
Fu costretta a scivolare via dalla sua mente, spaventata dall’oscurità che in silenzio minacciava di scoppiare nel cuore dell’uomo che, a quel punto, aveva riaperto gli occhi. 
Hai visto?”, le domandò con tono di voce incredibilmente calmo e misurato. Rey si stropicciò gli occhi con una mano, annuendo prima di tirare su con il naso. “Non posso mentirti, così come tu non puoi mentire a me.
Ed era vero, era una verità dolorosa e sconosciuta, ma concreta. Erano legati dalla Forza, nel bene e nel male. “Perché, Ben?”.
Perché cosa?”.
“Perché... hai detto che non sono nessuno. E invece...”, sussurrò piano, incerta.
Perché è vero. Ma non lo è per me.”, rispose cautamente l’uomo, con l’espressione del ragazzo che un tempo era stato. 
Il cuore di Rey perse un battito di fronte all’intensità di ciò che aveva appena sentito. Kylo Ren aveva smesso di torturarla, permettendo a Ben Solo di lenire le sue ferite; era una sensazione strana ma gradevole, una consapevolezza che aveva paura di abbracciare. Eppure, era tutto vero, reale. Poteva sentirlo.
Nemmeno la sua nuova famiglia si era mai preoccupata di rattopparla emotivamente, e proprio la sua nemesi nella Forza si stava prodigando nel farlo, poiché l’unico in grado di vederla, di percepire ogni singola sfumatura della sua esistenza. Quale ingrato e infido scherzo del destino.
Nel raggio d’azione del radar, il pianeta D’Qar stava prendendo forma: prossima all’arrivo alla base della Resistenza, Rey rimise in funzione il compressore, pronta a compiere il salto nell’iperspazio che avrebbe ricondotto tutti a “casa”.
Quando la figura eterea di Ben iniziò a dissolversi, Rey prese un respiro profondo per sciogliere il nodo alla gola che l’aveva soffocata fino a quel momento. Con determinazione quasi del tutto rinnovata, sussurrò una sola parola, prima di saltare con tutta la nave nella vastità dello spazio.
“Grazie...”.












 
  
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