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Autore: kimikocchan    13/05/2020    3 recensioni
Sakura e Sasuke non potrebbero essere più diversi. Pur conoscendosi fin dall’infanzia non sono mai andati d’accordo.
Durante una gita scolastica, in visita al Tempio del Fuoco, i due finiscono per litigare davanti alla statua del monaco Chiriku che offesa per la poco considerazione mostratale, lancia su di loro uno strano incantesimo.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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6. Il futuro di lui e il futuro di lei
 
«Che sorpresa, sono ancora qui».
La mattina dopo, come aveva previsto, non era cambiato assolutamente nulla. Sasuke si era risvegliato di nuovo nel letto di Sakura sotto le profumate lenzuola bianche decorate con femminili fiori di ciliegio. Non era riuscito a dormire granché dato che da quando si era coricato aveva continuato a rimuginare e a darsi dell’imbecille per il suo atteggiamento della sera precedente.
Non solo si era mostrato fin troppo gentile nei confronti della sua vicina di casa quanto secolare noiosa secchiona, palla al piede e ora alter ego, ma si era persino interessato con fin troppa foga delle vicende che la riguardavano.
«Che figura patetica» digrignò tra i denti, portandosi una mano sul viso.
Non sapeva se era più patetico il suo comportamento del giorno precedente o il fatto che si stesse dando del patetico per aver fatto una figura patetica.
D’altronde non poteva farci nulla. Era davvero curioso di capire cosa fosse successo in quella casa dove regnava un silenzio quasi surreale. Non che non fosse abituato ma villa Uchiha era comunque animata da personale che lavorava e serviva, facendo percepire seppur flebilmente la propria presenza.
Si alzò leggermente dal letto, mettendosi a sedere. Era ancora presto e il sole stava lentamente sorgendo oltre la finestra.
Si ributtò sul letto, sentendo il peso del proprio petto, rimbalzare al suo tonfo.
«Chissà come fanno le ragazze» si domandò, guardandosi per l’ennesima volta quel petto prosperoso e a tratti ingombrante.
Lo fissò per un tempo indecifrabile mentre un’assurda quanto eccitante idea gli balenò pian piano nella mente.
Lentamente avvicinò la mano al proprio petto e con un gesto deciso si afferrò il seno sinistro.
Cominciò piano piano a tastarlo sentendo uno strano calore cominciare a diffondersi dentro di lui. Gradualmente cominciò ad aumentare il ritmo della sua mano mentre le guance prendevano terribilmente ad accaldarsi e la sua bocca emise uno strano gemito.
Era estasiato e allo stesso tempo sorpreso nel constatare quanto fosse facile eccitarsi nei panni di una ragazza. O meglio, quanto fosse facile eccitarsi nei panni di Sakura. Se quella secchiona era vergine allora era certo che non si fosse nemmeno mai toccata con le sue stesse mani. Il che era un vero peccato perché lui stesso si stava eccitando come non mai sotto il suono dei suoi stessi versi. La voce di Sakura si era rivelata qualcosa di incredibilmente sensuale.
Colto da quella bramosia, allungò la mano destra oltre il suo ventre e la infilò sotto i pantaloncini del pigiama.
Sorrise eccitato. In fondo quello scambio di corpi non si era rivelato poi così male.
 
Sakura percorreva il corridoio affiancata da Naruto che sorrideva orgoglioso, raccontandole del suo trionfo nella sfida di abbuffata di ramen a cui aveva gareggiato contro Rock Lee la sera prima da Teuchi.
La sua mente era così occupata dagli eventi della sera precedente che a malapena degnava il biondo di qualche sguardo. Ogni tanto annuiva ma poi tornava inevitabilmente a ripensare al comportamento insolito e allo stesso tempo irritante di Sasuke del giorno precedente. Era passato da arrogante a gentile e infine a duro e scostante nel giro di una serata. Ricordava chiaramente come il suo tono freddo e distaccato l’avesse pietrificata.
Ci era rimasta male era dire poco, se poi si aggiungeva il fatto che lui avesse tirato in ballo la sua situazione famigliare la cosa non poté fare a meno di irritarla ancora di più.
«Saaasuke» lo richiamò Naruto con una smorfia. «Tu non hai sentito mezza parola di quello che ti ho detto!» sbuffò piccato.
Sakura si fermò di scatto davanti all’armadietto di Sasuke. Ogni volta rischiava di mancarlo. «Scusami Naruto…» rispose l’altra distratta, attirata da una figura poco lontana da loro.
Hinata.
Erano passati a malapena due giorni dalla visita al tempio e da allora non l’aveva ancora mai incrociata. «Ehi, Hinata» salutò per poi portarsi una mano alla bocca, rendendosi conto dell’immensa stupidaggine che aveva appena compiuto.
Hinata si voltò di scatto, talmente sorpresa da non saper cosa dire. Le guance le si tinsero di ogni sfumatura possibile di rosso.
«C-ciao S-sasuke» borbottò con insicurezza per poi spostare lo sguardo sulla figura accanto al moro appena salutato. «C-ciao Na-na-na-»
Sakura la guardò, convinta che stesse per morire di insufficienza multiorgano. Sapeva bene l’effetto che Naruto aveva sulla sua amica. Stava per dire qualcosa ma Hinata scappò nell’altra direzione.
Aveva appena abbassato lo sguardo delusa quando Naruro le afferrò le spalle, scuotendola avanti e indietro come una campana.
«C-che storia è questa Sasuke?» esclamò agitato. «Da quando hai tutta questa confidenza con Hinata?» disse in un misto agitato di curiosità, sorpresa e… gelosia?
«L’ho solo salutata…» disse nel tentativo di smorzare la sua agitazione.
«Perché mai? Spiegami che ti è preso, accidenti!» Naruto non accennava a calmarsi.
Fu allora che Sakura sbarrò gli occhi non potendo credere a quello che la sua mente piano piano prendeva a realizzare.
No. Non era possibile.
«Naruto… a te… piace Hinata?»
La faccia di Naruto di fronte a quella domanda così diretta, prese ad assumere le stesse colorazioni che l’oggetto della loro conversazione aveva assunto pochi attimi prima.
«Che domande fai… lo sai perfettamente» borbottò, piantandosi una mano sul viso nel tentativo di sopprimere l’imbarazzo.
Sakura portò le mani sulla bocca nel tentativo di trattenere l’emozione e la felicità che l’aveva pervasa da testa a piedi. Naruto la guardava confuso ma a lei non importava.
Quanto avrebbe voluto correre dietro Hinata solo per poterle dire che la sua cotta non era poi così a senso unico come aveva sempre creduto.
 
Quando Sakura si avviò verso l’uscita, poté già scorgere Sasuke attenderlo nelle sue vesti, appoggiato al muro con un’espressione scocciata in volto.
«Fissi gli appuntamenti e poi arrivi in ritardo?» commentò, guardandola torvo.
«Scusami… ero in biblioteca a studiare e non mi sono accorta dell’ora» spiegò, portandosi con passo spedito al suo fianco.
«Non credi di esagerare con lo studio? Sei la prima dell’istituto».
«Hai paura che ti faccia fare la figura del secchione?» ridacchiò divertita, punzecchiandolo. «Sto studiando per entrare a medicina qui a Konoha» spiegò.
Sasuke si voltò nella sua direzione. «Vuoi entrare alla Senju?» domandò con non poca sorpresa.
Sakura annuì. «Sempre se riuscirò a sostenere l’esame… date le circostanze».
«Oh, giusto» disse Sasuke per poi ammutolirsi.
Camminarono a lungo in silenzio, rimuginando sulla situazione.
Solo in quel momento si erano resi conto di quanto quel buffo e assurdo scherzo del destino stesse cambiando le carte in tavola del loro futuro.
E la cosa spaventava entrambi anche se non volevano ammetterlo.
Sakura guardò di sottecchi il suo corpo animato da Sasuke. Non poteva fare a meno di chiedersi che cosa avrebbe fatto Sasuke una volta finito il liceo. Sicuramente, non avrebbe avuto di cui preoccuparsi con il prestigio e il nome della sua famiglia ma era comunque curiosa delle sorti dell’Uchiha anche perché nel peggiore dei casi, sarebbero state le sue.
«Sakura, di preciso dove stiamo andando?» domandò Sasuke mentre camminavano per le vie affollate di Konoha.
«Lì» rispose l’altra, indicando un edificio poco distante da dove si trovavano.
L’edificio bianco in questione si ergeva appena sopra gli altri in tutta la sua stazza e imponenza che era difficile potesse confondersi con i restanti.
Sasuke strabuzzò gli occhi. Sakura aveva appena indicato l’edificio Hashirama. L’ospedale di Konoha.
 
Sasuke era rimasto in silenzio per tutta la durata del tragitto. Una volta giunti davanti all’entrata dell’ospedale Sakura lo invitò di nuovo a seguirlo.
La sua controparte camminava accanto a lui con passo serio ma tranquillo a indicare come ormai quel posto le fosse così abituale.
Sasuke stava per dire qualcosa ma una figura davanti a loro li salutò o meglio salutò lui. «Ehi, Sakura» salutò quella che dal cartellino appeso al camice pareva chiamarsi Shizune. Sasuke salutò consapevole di dover reggere il palco come Sakura.
Percorsero diversi corridoi e presero un ascensore che li condusse al quarto piano dell’ala est dell’edificio. Appena usciti dall’ascensore, Sasuke poté leggere il nome del piano.
La sua espressione si paralizzò.

Reparto di Cardiologia e Cardioncologia.
Unità di Terapia Intensiva Cardiologica.

Sakura continuava ad avanzare tra quei corridoi conosciuti finché non si fermò di fronte a una stanza già parzialmente aperta.
«Sakura perché ti sei fermat-»
Sasuke si ammuttolì di colpo nel leggere il nome accanto alla porta.

Stanza 421. Mebuki Haruno.

Sasuke si voltò in direzione del suo corpo, trovandolo con lo sguardo fisso rivolto davanti a sé. Sollevò lo sguardo, guardando nella stessa direzione.
Una donna sulla cinquantina era appoggiata alla testiera del letto e guardava fuori dalla finestra. Le sue mani erano elegantemente incrociate sopra il lenzuolo mentre contemplava il paesaggio al di là della vetrata. 
Erano anni che non vedeva la signora Haruno se non di sfuggita. Era leggermente invecchiata rispetto all’immagine dei suoi ricordi e i capelli biondi stavano sfumando leggermente verso il bianco. Al di sotto del suo camice bianco partivano diversi fili collegati a diversi macchinari mentre sul braccio come consuetudine era attaccata una flebo.
Sakura inspirò profondamente per poi bussare sulla porta già aperta. La donna si girò nella loro direzione. Gli occhi verdi, gli stessi ereditati da Sakura, erano stanchi ma si rivolsero ai due comunque pieni di gentilezza.
«Sakura».
Mebuki accennò un debole sorriso. «Pensavo venissi domani».
Solo in quel momento Sasuke realizzò che la madre della ragazza si stesse rivolgendo a lui.
Sentì una gomitata affondargli dritto nel fianco. Sakura nel suo corpo lo stava incitando ad avanzare nella stanza.
«Ehm… cambio di programma» borbottò il ragazzo, preso in contropiede.
Mebuki si voltò leggermente in direzione del suo corpo o meglio in direzione di Sakura. «Non ci credo» disse, portandosi una mano sulla bocca. «Ma tu sei Sasuke? Quanto tempo è passato» ricordò con un dolce sorriso. «Sei diventato proprio un bel ragazzo».
Sakura si sorprese di quell’improvvisa euforia da parte di sua madre. «Grazie…» borbottò rivolta alla madre, guardando in direzione del vero Sasuke.
Sasuke nel suo corpo si grattava una guancia imbarazzato.
«È la prima volta che Sakura mi viene a trovare con qualcuno. Per caso, state insieme?» domandò con un ghigno emozionato.
Sasuke stava per dire qualcosa ma Sakura al suo fianco aveva fatto arrossire il volto del ragazzo di ogni sfumatura di rosso. «Assolutamente no! Siamo solo…» Sakura s’interruppe bruscamente.
Non ci aveva mai pensato. Che cos’erano lei e Sasuke?
Sasuke dall’altra parte la guardava curioso e lo stesso fece sua madre, ricordandosi solo in quel momento che aveva appena alzato la voce davanti a lei nelle vesti di Sasuke.
«… amici. Noi siamo solo amici» concluse frettolosamente.
Mebuki ridacchiò piano mentre i due ragazzi si lanciavano rapide occhiate, ammutolendosi in un imbarazzato silenzio.
«Perdonatemi, non volevo mettervi a disagio» si scusò. «Ero solo curiosa».
All’improvviso la suoneria di un telefono riempì il silenzio, diffondendosi nell’aria.
Sakura abbassò lo sguardo sulla tasca della giacca dell’uniforme. Era il suo telefono o meglio quello di Sasuke. Guardò lo schermo per vedere chi fosse.
Naruto. Proprio al momento giusto.
«D-devo proprio rispondere» borbottò. «Ti aspetto fuori» fece un cenno all'altro per poi uscire.
Sakura si allontanò e in un attimo si dileguò dietro la porta. Sasuke guardò curioso nel punto dove era scomparsa, chiedendosi chi lo avesse chiamato.
«Non me lo ricordavo così esuberante» cominciò Mebuki al suo fianco con un sorriso. «Quando era piccolo era di poche parole mentre tu eri la chiacchierona».
Sasuke ridacchiò appena. In quanto nel corpo di Sakura forse avrebbe dovuto gracchiare un offeso «Ehi!» ma in quel momento non ci pensò.
«Comunque cara, credevo avessi una cotta per il ragazzo con cui lavori… come si chiama…» borbottò Mebuki, portandosi una mano sul mento.
Sasuke non riuscì a trattenere una smorfia. «Sasori?»
«Sì, esatto» confermò. «Oh, ma cara tranquilla, anche Sasuke è un ottimo partito, complimenti».
Sasuke era quasi allucinato dalla frivolezza e dalla giocosità di quella che doveva essere una donna malata e debilitata.
«Sono felice, tesoro».
Sasuke si rivolse di nuovo alla donna che lo guardava con dolcezza.
«Confesso che ero un po’ preoccupata per te. Ti sei sobbarcata così tante responsabilità che avevo paura non ti stessi godendo gli anni del liceo. A causa mia sei dovuta crescere subito e diventare un’adulta e non sai quanto mi dispiace, Sakura».
Sasuke era rimasto in silenzio. Non sapeva che dire.
«Quindi non immagini nemmeno quanto io sia contenta di vederti in compagnia di un amico. Da quando mi sono ammalata e da quando tuo padre ci ha lasciate, hai sempre pensato a me. Ti sei trovata un lavoro per pagarmi le spese mediche e hai passato più pomeriggi in mia compagnia piuttosto che in compagnia dei tuoi coetanei, divertendoti come una ragazza della tua età. E lo so che mi vuoi bene, tesoro. Te ne voglio anche io, più della mia stessa vita, ma ricordati che sono pur sempre tua madre e come tale, vorrò sempre e solo il meglio per te».
Sasuke mosse una mano in direzione della donna, prendendole una mano e gliela accarezzò dolcemente. «Grazie» disse con un sorriso.
Rimasero così per un po’ di tempo, parlando del più e del meno, finché l’infermiera non passò ad annunciare la fine dell’orario di visita.
Sasuke salutò con la mano in direzione della signora Mebuki e si avviò verso l’uscita, fermandosi oltre la porta.
«Mi fai fare la figura del frignone. Smettila di piangere».
Sakura dietro al muro piangeva piano con un’espressione commossa in volto. Sasuke alzò un braccio e lo allungò in direzione della ragazza, strofinando energicamente la manica della giacca contro la pelle umida del suo stesso viso.
«Scusami…» singhiozzò Sakura, portandosi la mano sul volto e asciugandosi le restanti lacrime. «E… grazie».
Sasuke abbozzò un leggero sorriso, avviandosi verso l’uscita mentre una lacrimosa Sakura lo seguì lentamente aggrappandosi leggermente alla giacca della sua uniforme.
 
Quando uscirono fuori dall’ospedale erano già le sei passate e il sole stava già tramontando.
«È curabile?»
Sakura capì subito. «Sì… ma solo con un’operazione molto costosa che non mi posso permettere» disse.
«Da quanto?»
«Mia madre si è ammalata due anni fa…» Sakura aveva ancora lo sguardo arrossato ma sul suo viso affiorrò improvvisamente una smorfia di rabbia. «E per questo mio padre ci ha lasciate».
Sasuke non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
I signori Haruno, così gentili e disponibili… erano sempre sembrati perfetti visti da fuori ma la realtà era che ora la signora Mebuki era gravemente malata e il padre di Sakura, bè, non valeva nemmeno la pena definirlo.
Era ancora una ferita aperta che sanguinava a fiotti e Sasuke decise di non fare più domande.
«A proposito, chi era al telefono?» domandò, cambiando discorso.
Sakura aveva smesso di lacrimare e la domanda di Sasuke la riportò alla realtà. «Oh, era Naruto».
«E che voleva?»
Sakura si pietrificò, ricordandosi della conversazione avuta con il biondo meno di un'ora prima.

«Pront-»
«Si può sapere dove diamine ti sei andato a cacciare?! Ti ricordo che oggi ci sono gli allenamenti extra! Il coach Maito è fuori di sé dalla rabbia e ci sta torturando solo per colpa tua!»
Naruto non sembrava veramente arrabbiato. Il suo tono era per lo più terrorizzato.
«Scusami Naruto» continuò Sakura davvero dispiaciuta. «Non mi sono sentito affatto bene. Coprimi tu con il coach» disse, cercando di dileguarsi con una scusa.
Naruto borbottò qualcosa, ma Sakura non lo sentì. «D’accordo ma non ti garantisco nulla sugli altri. Di sicuro dopo questa vorranno ucciderti, capitano».

«Merda, me ne ero completamente dimenticato» disse Sasuke, colto di sprovvista. «E non ti ho nemmeno chiesto com’è andato l’allenamento ieri pomeriggio».
Al ricordo di quel disastroso allenamento, Sakura abbassò lo sguardo in un misto di paura e imbarazzo.
Sasuke lo percepì e Sakura scivolò velocemente davanti a lui nel tentativo di scappare ma il ragazzo le afferrò la spalla con una mano e la costrinse a fronteggiarla. «Sakura…» iniziò con un tono tutt’altro che amichevole, diciamo pure minaccioso. «Com’è andato l’allenamento ieri?»
E attraverso la sua stretta, Sakura percepì quasi un presagio di morte.
 
«Quelli sono dei cafoni, sono piena di lividi» brontolò la ragazza, mettendo in bocca una patatina fritta.
«Per l’esattezza il mio corpo è pieno di lividi» rimbeccò un Sasuke evidentemente scocciato. «Sono l’unico quarterback. Se il coach Maito mi sbatte fuori dalla squadra, il campionato è perso».
«Capirai» rispose l’altra, roteando lo sguardo oltre la vetrata. «Non capisco perché ti agiti tanto, è solo una partita di football».
Si pentì subito dopo di averlo detto perché Sasuke ora la guardava con uno sguardo omicida.
Aveva sempre pensato che a un ragazzo come Sasuke Uchiha non importasse di niente e di nessuno ma in quel momento dovette ricredersi. «Scusa…» sussurrò infine, smettendo di sorseggiare la cola fredda dalla cannuccia del suo bicchiere.
Rimasero per un po' in silenzio a rimuginare.
Sakura non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se non fossero mai tornati nei loro corpi. Vedeva sbiadire lentamente il suo sogno di andare all’università e diventare medico. Soprattutto, vedeva sbiadita la figura di sua madre nel suo futuro. E la cosa la terrorizzava.
«Non serve a niente litigare tra noi» realizzò Sasuke, interrompendo quel silenzio creatosi tra loro. «Stare qui ad addossarci la colpa non ci porterà da nessuna parte. La situazione è questa e dobbiamo accettarla».
Sakura strinse il suo bicchiere di cola, abbassando lo sguardo. Sasuke aveva ragione.
Tuttavia, a parole sembrava semplice ma i fatti erano un altro paio di maniche.
«Mi dispiace, Sasuke. Ma io anche se sono nel tuo corpo, sono sempre io, Sakura. E Sakura non sa giocare a football» gli ricordò, indicandolo.
Sasuke incrociò le mani, portandosele davanti alla bocca. «Non è detto» pronunciò, scuotendo poi con una mano la lattina di birra che si era appena portato alla bocca.
«Che cosa intendi dire?»
«Sakura rifletti. Noi ci siamo solo scambiati di corpo» spiegò Sasuke, sperando che Sakura capisse in che punto voleva andare a parare.
«Sì, esatto. Ci siamo scambiati di corpo» riconfermò Sakura, guardando confusa la sua controparte.
Sasuke la indicò a sua volta. «Quindi, tu hai il mio corpo e la mia forza. E io devo solo insegnarti come usarli».
Sakura annuì pensierosa senza distogliere lo sguardo da lui. «D’accordo» borbottò per poi illuminarsi. «E allo stesso modo, possiamo studiare per farti superare il test d’ingresso a medicina» realizzò, battendo un pugno sull’altra mano aperta.
Sasuke la guardò come se fosse pazza. «Sakura è impossibil-»
«Sasuke, per me è molto importante. Non te lo chiederei se non fosse così. Dobbiamo almeno provarci, ti prego».
Il suo corpo lo guardava con una determinazione che non si vedeva da molto tempo. E per un attimo, ebbe l’impressione che proprio la figura di Sakura lo stesse guardando.
«D’accordo» sospirò infine rassegnato. «Abbiamo un patto?» chiese, allungando la mano nella sua direzione.
«Abbiamo un patto» confermò lei, stringendogli la mano.
E lì, in quel fastfood nel centro di Konoha, le sorti di Sakura Haruno e Sasuke Uchiha cominciarono a smuoversi.
  
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