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Autore: Anna Wanderer Love    15/05/2020    2 recensioni
La sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell’umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece una smorfia mentre un fischio copriva ogni rumore, tranne quello del suo cuore che batteva sempre più lento.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, e appoggiò la nuca al tronco ruvido dietro di sé.
No, lesse sulle labbra dell’umana. Non addormentarti.
La vide estrarre qualcosa da sotto al mantello grigio, una fiala dal contenuto azzurrognolo. La avvicinò alle sue labbra, afferrandogli il mento per socchiudere la sua bocca. Versò un sorso del liquido, il sapore dolciastro si mischiò a quello acre del sangue. Thranduil fece in tempo a mandare giù, poi gli abissi calarono su di lui.
O:
Thranduil rimane ferito mentre viaggia per raggiungere le sue truppe, che si stanno radunando per cacciare il male da Bosco Atro. Da chi sarà salvato? E come farà a tornare dal suo popolo?
Kairos: dal greco, "momento giusto o opportuno, momento supremo". Un momento in cui accade qualcosa di speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Asinna era profondamente addormentata, quando Thranduil aprì silenziosamente la porta e si appoggiò allo stipite, osservandola per qualche secondo. Mancava qualche ora all’alba, il cielo era dello stesso colore dei mirtilli che aveva usato qualche giorno prima per decorare la torta, di cui una parte era ancora posata al centro del tavolo.
La donna era girata verso di lui, i suoi lineamenti rilassati nel sonno profondo che la rendeva simile al soggetto di un quadro. Non l’aveva mai vista così indifesa e rilassata, se non quella stessa notte. I ricci erano sparsi disordinatamente attorno alla sua testa, alcuni pressati sotto alla sua guancia. La sua mano era nascosta dal cuscino, l’altro braccio abbandonato vicino al volto. Le coperte le arrivavano fino al bacino, lasciando intravedere i vestiti che si era rifiutata di togliere quando Thranduil l’aveva presa in braccio e deposta sul letto, sottraendola al gelo della notte. Gli aveva intrappolato il volto tra le mani e aveva cercato le sue labbra ancora e ancora, e l’elfo non era riuscito a sottrarsi a quella dolce tortura, sdraiandosi accanto a lei e prendendola tra le braccia, almeno finché i loro respiri si erano calmati e un’improvvisa tenerezza li aveva colti in trappola. Asinna aveva posato la testa sul suo petto e lì era rimasta, accarezzandogli con tocchi gentili il fianco, attenta a non toccare la ferita. Thranduil si era beato di quell’abbraccio e del profumo di gelsomino e vaniglia che aveva riappacificato i suoi sensi finché lei non si era addormentata, e dopo qualche ora si era costretto ad alzarsi e ad abbandonare quella calda culla. Se fosse rimasto sarebbe stato ancora più difficile andarsene.
Ora la sua mente non era più annebbiata dal vino, e un’amara punta di rimorso gli opprimeva il petto mentre guardava la donna immobile davanti a lui, rendendosi conto che non si sarebbe mai pentito di quello che era successo, nonostante non ci fossero mai stati precedenti del genere nella storia degli elfi. Un compagno per l’eternità, era quello che Thranduil si era sempre ripetuto, anche dopo la morte di sua moglie. Il pensiero di poter anche solo trovare qualcun’altra lo aveva sempre disgustato. Aveva passato secoli a nutrirsi del ricordo di lei, del loro amore, della loro felicità, prima che tutto crollasse in pezzi, rendendolo indifferente a qualsiasi altra persona mentre avvelenava il proprio cuore con il costante dolore della consapevolezza che non avrebbe mai più riprovato quelle sensazioni.
Ma quel volto innocente e sgombro di preoccupazioni che ora ammirava davanti a sé lo invogliava ancora di più a rimanere, a rendersi conto di quanto si fosse sbagliato, ad abbandonarsi a quel calore e quell’affetto che gli era così mancato. Asinna non avrebbe mai potuto sostituirla, ma non era questo che Thranduil voleva. Nessuno avrebbe mai potuto sostituire la madre di Legolas. Ma Asinna era stata senza nemmeno saperlo la ventata d’aria che l’aveva portato a respirare di nuovo, a rivedere la luce dopo un’eterna notte, a imparare di nuovo a vivere. Gli aveva insegnato tante cose, soprattutto a bearsi dei piccoli momenti. Gli aveva insegnato a ritrovare la bellezza nelle persone, ad avere fiducia, a rimettersi in discussione. A ritrovare la tranquillità, la serenità, a lasciarsi andare.
E adesso era lei, quella che doveva lasciare andare.
Thranduil si avvicinò silenziosamente al letto. Si inginocchiò, imprimendo a fuoco l’immagine di quei lineamenti nella sua memoria, mentre qualcosa si rompeva nel suo petto, impedendogli di respirare. Si abbassò e baciò lentamente la sua fronte, inspirando per l’ultima volta il suo profumo.
Gli occhi brillanti di lacrime nascoste, si rialzò e uscì dalla stanza.
Nel sonno, Asinna si mosse inquieta.

Lo stallone galoppava veloce sul sentiero che l’uomo gli aveva indicato di seguire. Il fiato usciva in nuvole di vapore che si dissolvevano all’istante scontrandosi con il corpo dell’elfo, che scrutava attorno a sé, all’erta per percepire eventuali pericoli. Il silenzio era assordante, e l’inquietudine si mischiava all’amarezza che stava provando da quando si era allontanato dal villaggio. Aveva paura -sì, il sovrano aveva paura- di non riuscire ad anticipare attacchi di ragni o orchi, senza l’udito.
Il cielo si stava lentamente schiarendo. Ormai doveva essere abbastanza lontano dal villaggio, immerso nel folto della foresta. Persino le montagne erano state nascoste alla sua vista dalle chiome nere degli alberi.
Stava procedendo verso sud, sperando che le sue truppe non si fossero mosse rispetto al punto in cui gli era stato comunicato che si fossero fermate ad aspettarlo, prima dell’agguato. Avrebbe provato a seguirne le tracce, altrimenti, ma sperava di non dover arrivare fino a quel punto. Mentre galoppava, i capelli scossi dal vento, l’elfo rivedeva bagliori di ricordi appartenenti alla settimana prima, quando cavalcava senza sapere che di lì a poco sarebbe caduto in trappola. Durante quei giorni non avrebbe mai pensato di diventare sordo, di conoscere un’umana per cui avrebbe rinunciato alla solitudine che lo aveva accompagnato per millenni. L’idea gli sarebbe sembrata ridicola, e chiunque avesse avuto l’ardire di esprimerla sarebbe stato decapitato per affronto alla sua persona.
Thranduil sogghignò tra sé e sé -l’unico a potersi mettere sulla sua strada e a infrangere le sue certezze si rivelava inevitabilmente se stesso. Prima decidendo di intervenire nella guerra, ora con questo.
Il cavallo scartò spaventato e Thranduil tirò le redini rapido, mentre il suo cuore mancava un battito nel vedere la figura maestosa dell’alce apparire dal nulla sul sentiero. Lo stallone indietreggiò, mentre l’elfo fu paralizzato dal timore scorgendo gli occhi dello spirito della foresta. Erano neri. Bastò il suo sguardo a trasmettergli tutta l’urgenza che l’animale provava.
Maledizione.
Thranduil fermò il cavallo e smontò con un balzo, avvicinandosi alla creatura, che abbassò la testa sbuffando impaziente.
- Perché sei qui? – mormorò l’elfo, e l’alce gli porse il dorso con un verso di allarme.
Il sovrano di Bosco Atro gli saltò in groppa, lanciando uno sguardo al cavallo che lo fissava, ancora terrorizzato da quell’apparizione, il respiro affannoso e il corpo imponente che tremava. Ebbe appena il tempo di mormorare una breve frase in elfico, torna indietro, prima che l’alce si lanciasse in una corsa sfrenata, volando tra gli alberi e le radici, mentre davanti a lui i sassi e gli alberi sembravano spostarsi per liberargli il cammino.
Cosa sta succedendo?, pensò inquieto il re.

Sapeva già dove lo spirito lo stava conducendo, ma ne ebbe la conferma quando scorse in lontananza il profilo delle case del villaggio. L’animale balzava di radice in radice, di sasso in sasso, a una velocità disumana, verso il pendio della montagna.
Thranduil sentì l’angoscia sbriciolargli il cuore. Perché l’alce lo stava riportando da lei?
L’animale era stato rapido, ma il sole si stava innalzando in cielo e la luce illuminava la foresta, filtrando tra le foglie. All’improvviso, dopo aver curvato lungo la salita, davanti a loro sbucò la radura. L’alce si fermò all’istante, i suoi fianchi che si allargavano e si comprimevano a ritmo del suo respiro come due grossi mantici. L’elfo scivolò giù dalla sua groppa, stringendo l’elsa delle spade gemelle, mentre si avvicinava al limitare degli alberi che ancora lo tenevano nascosto.
L’alce gli colpì delicatamente la spalla, facendogli segno di procedere. L’elfo si voltò di nuovo, avanzando piano mentre usciva dall’ombra e si avvicinava al retro della casa. Perché non l’aveva portato direttamente davanti?
Ma quando i suoi occhi colsero una macchia di sangue spuntare da dietro al recinto, il cuore gli balzò in gola. Thranduil si avvicinò rapido, leggiadro, mentre il terrore gli stringeva la gola e calava distruttivo sul suo petto. Quando superò l’angolo del pollaio che gli impediva di vedere l’interno del recinto, il sangue gli si gelò nelle vene.
Mirtilla giaceva immobile per terra, gli occhi spalancati e vuoti, la gola recisa da un colpo di lama che aveva macchiato di rosso il suo manto candido. Sul suo muso Thranduil poteva ancora vedere l’espressione di terrore che aveva avuto nei suoi ultimi istanti.
L’elfo alzò lo sguardo. Aveva il presentimento che se avesse esitato un istante di più sarebbe arrivato troppo tardi. Fece silenziosamente il giro, fino ad arrivare alla porta d’entrata, e la morsa sul suo petto si fece ancora più stringente quando vide le sedie fuori fatte a pezzi, il tavolo rovesciato. La porta stessa sembrava essere stata sfondata, uscita dai cardini.
Entrò rapido nella sala, deserta. La camera da letto era in linea d’aria, sembrava vuota. Quello che attirò il suo sguardo fu la seconda porta, quella della stanza che conteneva solo il forziere, socchiusa. Senza esitare, il re la spalancò, e non udì il tonfo assordante del legno che sbatteva con violenza contro la parete.
Processò in un istante ciò che si trovava davanti a lui, mentre i suoi occhi si riempivano di furia. Un istante, meno del tempo che impiegò a reagire l’uomo che stava strangolando Asinna tenendola sollevata contro la parete.
Quando si voltò, Thranduil rimase inorridito. Metà del suo volto si era fusa. La pelle si era agglomerata in una maschera mostruosa, la cicatrice aveva deturpato la sua faccia, un mero specchio della bestialità in cui era contorta la parte ancora intatta. Uno solo dei due occhi era ancora intero, ed era nero come la pece. Le sue mani erano strette attorno alla gola della donna, il cui volto era quasi viola, mentre tentava di dimenarsi senza più forze. I suoi occhi color giada si posarono su di lui e per un secondo, il sovrano di Bosco Atro rimase immobile, sentendosi preda di un incubo. Era come avere davanti a sé uno specchio, che rimandava la sua immagine speculare. L’immagine di ciò che avrebbe potuto diventare dopo aver assistito alla guerra, all’uccisione di suo padre, al fuoco del drago, se si fosse lasciato andare al buio che lo aveva corroso. Il terrore che impossessava le iridi verdi della donna, il terrore che avrebbe potuto incutere ai suoi sudditi se si fosse permesso di abbandonarsi all’oscurità.
Poi l’uomo lasciò andare Asinna, che ricadde a terra annaspando, stringendosi le mani alla gola e tossendo, e si avvicinò di qualche passo al sovrano.
- Maledetto – urlò, il volto deturpato che rifletteva l’ira e la follia che facevano brillare quell’unico occhio nero. Si gettò contro il re, che reagì prontamente, evitando il colpo. Quell’uomo era immenso, alto quasi quanto lui, robusto. Dalle maniche arrotolate si vedevano i muscoli potenti delle sue braccia. Con un grido disumano l’uomo si gettò contro di lui, che lo afferrò e lo spinse indietro, colpendolo con un pugno che lo mandò a terra. L’uomo lo colse di sorpresa quando si rigirò su se stesso e si gettò contro di lui prima che avesse il tempo di reagire, caricandolo come una bestia inferocita. Thranduil colpì la parete, mentre il dolore gli esplodeva in corpo, la ferita al ventre schiacciata dal peso massiccio dello sconosciuto. Scintille bianche gli apparvero davanti agli occhi mentre stilettate di dolore lo paralizzavano, e con un ringhio inferocito colpì il collo dell’uomo, rispedendolo indietro con un calcio. Lo straniero si rialzò da terra e si scagliò di nuovo contro di lui, che gli afferrò un braccio e glielo torse dietro la schiena, facendogli inarcare la schiena per il dolore. Il suono secco delle ossa che si spezzavano risuonò nella stanza, ma Thranduil non riuscì a evitare di cadere quando l’uomo gli si gettò a peso morto addosso, schiacciandolo a terra sotto di sé. Cercò di toglierselo di dosso, ma pesava più di quanto si aspettasse, e lo sconosciuto lo colpì in faccia con una serie di pugni, urlando impazzito. L’elfo alzò le braccia a proteggersi il volto, ringhiando infuriato, vedendo con la coda dell’occhio Asinna che si riparava piangendo in un angolo della stanza, fissandolo terrorizzata. Fu il panico nei suoi occhi che gli infuse una forza sconosciuta. Con un movimento rapido, Thranduil bloccò il pugno che si stava abbattendo sul suo volto e approfittò della breccia nella difesa dell’uomo per colpirlo in successione alla gola e al naso, o quello che ne rimaneva. Sentì la cartilagine spaccarsi sotto alla sua mano, il sangue schizzargli sulla mano, e vide l’uomo ululare mentre si spostava indietro istintivamente, dandogli modo di scrollarselo di dosso. Lo colpì alla testa, ma lui lo afferrò per il braccio e lo ritrascinò a terra in una lotta corpo a corpo. Thranduil riuscì a invertire le posizioni, seduto sul torace dell’uomo, ancorandosi a terra con le gambe, e con una serie di mosse rapide lo colpì più volte, insanguinando il suo volto mentre la pelle si rompeva sotto alle sue nocche, finché l’uomo giocò sporco e lo colpì all’inguine.
Una marea di puntini accecò Thranduil mentre boccheggiava per il dolore, piegato in due. Un colpo al lato sinistro della testa lo tramortì e ricadde di lato, mentre un fischio lo assordava.
L’uomo si rialzò e Thranduil lo vide scattare verso il fondo della stanza.
Senza nemmeno perdere un istante, nonostante il dolore, l’elfo si rialzò da terra. Barcollò per un attimo, senza riuscire a trovare l’equilibrio, mentre il suono acuto continuava a perforargli i timpani e il cervello. Come se il tempo si fosse fermato, vide l’uomo lanciarsi verso Asinna, che si era ritratta in piedi contro la parete, il volto gelato in una maschera di terrore, segni violacei a macchiarle il collo.
L’uomo non ebbe il tempo di affondare nel petto della donna il pugnale che era improvvisamente apparso dal nulla con uno scintillio, perché un colpo di spada lo abbatté trapassandogli la schiena, tagliando la sua carne a partire dalla spalla sinistra fino ad arrivare al fianco sinistro. Un suono cristallino sancì la sua morte, mentre vertebre, muscoli e carne venivano attraversati dalla lama elfica che Thranduil aveva lanciato contro di lui con forza disumana.
Il corpo macellato dell’uomo cadde a terra, mentre Asinna urlava terrorizzata, ricadendo a terra e coprendosi la testa con le braccia attraversate da tagli e graffi.
Al suo urlo seguì solo il silenzio, e dopo qualche istante la donna alzò timidamente lo sguardo, scioccata nel vedere il morto davanti a lei. Rimase a fissarlo tremando violentemente, incredula e in preda alla nausea, finché l’ombra di Thranduil si avvicinò a lei.
Alzò gli occhi pieni di lacrime e l’elfo vide per un attimo il terrore deformare il suo volto stravolto nel vedere il viso del suo guerriero. Metà era perfetta, segnata solo dai graffi e dal sopracciglio che si era di nuovo spaccato sotto alla violenza dei colpi dell’umano. L’altra metà era deformata dalla cicatrice, dove la pelle si era corrosa sotto al fuoco del drago e aveva lasciato spazio solo ai muscoli e all’ombra interna dei suoi lineamenti, e l’occhio era diventato bianco come la neve, cieco per sempre.
Thranduil scavalcò il cadavere e la pozza di sangue, respirando affannosamente, inginocchiandosi di fronte a lei. Asinna continuava a fissarlo come se fosse stato un estraneo, incapace di parlare o di muoversi, rannicchiata su se stessa.
Il re degli elfi chiuse gli occhi, respirando a fondo e attingendo alle sue riserve di energia per far sì che l’incantesimo calasse di nuovo sul suo viso, riparasse i danni che la sua carne mostrava, sentendosi ferito nel profondo dal terrore negli occhi di giada di lei. Scacciò quella sensazione, e avvertì il formicolio della magia che riparava miracolosamente il suo viso, anche se solo in superficie, ma nonostante quello la donna rimase immobile a fissarlo.
Thranduil riaprì gli occhi, rendendosi conto con stupore che il fischio stava diminuendo lentamente di intensità, e al suo posto riusciva ad avvertire il respiro affannoso di lei. La guardò, le iridi grigie piene di dolcezza mentre allungava una mano a prendere le sue.
- Asinna – disse dolcemente. Scacciò le lacrime che gli affiorarono agli occhi quando sentì l’eco della propria voce, distorta ma ben percepibile, mentre il sollievo gli provocava un brivido per tutta la schiena.
Lei trattenne un singhiozzo. Scie di lacrime si erano seccate sulle sue guance che erano innaturalmente pallide, a differenza del suo collo dove i segni del tentato strangolamento spiccavano sulla sua pelle.
Thranduil avrebbe voluto abbracciarla, portarla via di lì, ma sapeva che non poteva permettersi di toccarla, non ora che la donna era traumatizzata.
- Alzati – mormorò. Lei scosse la testa, tremando incontrollabilmente, e la voce dell’elfo si fece più dura, come quando Legolas si rifiutava di obbedire a un suo ordine e continuava a fare i capricci.
- Alzati.
Le sue labbra tremavano. Thranduil avrebbe tanto voluto stringerla a sé e soffocare il suo terrore con il calore delle sue braccia, ma la aiutò semplicemente ad alzarsi, sorreggendo il suo peso, mentre le gambe la tradivano e cedevano. La sostenne, rimanendo fin troppo vicino a lei per coprire lo spettacolo macabro dietro di lui, e la portò fuori dalla stanza.

Asinna ci impiegò un paio d’ore per smettere di tremare. Thranduil l’aveva fatta sedere davanti al fuoco, dopo aver chiuso dietro di sé la porta della stanza dove giaceva il cadavere dell’uomo.
Per una ventina di minuti era rimasto seduto davanti a lei, in attesa che smettesse di fissare il vuoto, gli occhi intrappolati in un vortice di ricordi oscuri che lui non aveva il diritto di interrompere. Ma lei non aveva dato segno di riprendersi o calmarsi, e l’elfo aveva deciso di mettere su del tè per far sì che bevesse qualcosa di caldo. Le aveva messo la tazza in mano, portandogliela alle labbra, e lei aveva bevuto, solo per correre dopo qualche minuto fuori a rigettare il contenuto del suo stomaco sul prato. Thranduil l’aveva seguita e le aveva tenuto la testa, posandole una mano sulla spalla e non azzardandosi a toccarla di più.
Quando il suo stomaco aveva smesso di ribellarsi, l’aveva riportata dentro. Aveva aspettato un altro po’, seduto sui cuscini, poi aveva notato i segni insanguinati sulle sue braccia e aveva preso della lozione disinfettante dalle mensole, strofinando la pelle segnata per eliminare il sangue secco. Le sue braccia, aveva notato arrotolando le maniche, che erano state ridotte a brandelli nella lotta contro lo sconosciuto mentre probabilmente lui la artigliava e la gettava contro i mobili -come si poteva dedurre dalle sedie rovesciate, una mensola che era crollata, ora a terra e coperta da un miscuglio di creme e vetri rotti- erano attraversate da cicatrici pallide, come quella che aveva scorto sulla sua schiena.
Dopodiché era rimasto immobile ad aspettare, mentre lei tremava sulla poltrona, stringendosi le ginocchia al petto in un gesto istintivo. Non se ne sarebbe andato senza spiegazioni -e ogni volta che il pensiero di andarsene gli affiorava in mente, una cocente sensazione di colpa lo assaliva. Come avrebbe potuto lasciarla così?
La donna non era in buone condizioni, e di certo non si sarebbe ripresa in breve tempo. Non aveva nemmeno più Mirtilla a tirarla fuori dalla depressione in cui sarebbe forse sprofondata. Thranduil pensò a lungo, su cosa scegliere, e alla fine un pensiero folle si delineò nella sua mente. Un pensiero che le avrebbe esposto dopo aver ascoltato ciò che la donna aveva da dirgli.
In tutto ciò, mentre aspettava, Thranduil sentì il fischio ridursi al silenzio. Al suo posto, udiva di nuovo i rumori che lo circondavano. Se ne rese conto improvvisamente, mentre quell’assordante mancanza di suoni svaniva, e si sforzò di ricacciare via la gioia che lo invase mentre percepiva il flebile cinguettio del pettirosso che Asinna stessa aveva nutrito qualche giorno prima, posato sul davanzale.
Finalmente, dopo lunghe ore, Asinna ricominciò a tornare in sé. Il suo sguardo si mosse, andando a posarsi sul volto dell’elfo seduto vicino a lei, che era assorto a fissare il camino spento. I suoi occhi perlacei percepirono quel movimento, e Thranduil guardò il suo volto ancora sconvolto. Si fissarono in silenzio per qualche minuto, finché lei aprì le labbra e disse due parole, la voce soffocata intrisa di dolore.
- Il baule.
Aveva una voce più bella di quanto si aspettasse. Era la prima volta che la udiva, e fu colpito dalla sua melodiosità, anche se tremante e rotta dall’incertezza.
Il re si alzò e fece come richiesto, dopo un’iniziale esitazione. Si alzò e tornò nella stanza, evitando di guardare il corpo immobile in mezzo al pavimento insanguinato. Afferrò il piccolo bauletto e lo riportò nell’altra stanza, posandolo ai piedi della donna.
Lentamente, Asinna si chinò ed estrasse una chiave dal vestito, dalla stoffa che le ricopriva il seno. La inserì e la girò tre volte. I tre scatti provocarono una gioia infinita nel sovrano.
Quando la donna sollevò il coperchio, Thranduil vide solo due oggetti all’interno. Il primo era il sacchetto che conteneva le lettere che lui stesso aveva scorto nella sua sacca il primo giorno in cui Asinna era andata al villaggio. Il secondo gli mozzò il respiro.
Era un piccolo vestito, un vestito delle dimensioni di un bambino di pochi anni. Era di stoffa azzurra, decorato da ricami sul collo e sulle maniche minuscole. Thranduil sentì un peso enorme calare sul suo petto, e per un istante non riuscì a respirare.
Il solo motivo per cui un vestito del genere poteva essere conservato era che il bambino non esistesse più. La sua mente corse istintivamente a Legolas, e si sentì estremamente in colpa per la sensazione di sollievo che lo colse -il saperlo vivo, sano, in viaggio.
Guardò il volto di Asinna, che si era piegata in avanti, aveva preso quella stoffa tra le mani e se l’era portata al petto, immergendo il volto in essa. Thranduil sentì una violenta ondata di compassione stringergli la gola. Quando lei riaprì gli occhi, l’elfo vide che erano pieni di lacrime.
- Avevo quattordici anni quando mio padre mi diede in sposa. Eravamo una famiglia povera, avevo solo sorelle ed ero la maggiore. Disse che sarebbe stato l’unico modo per far sì che nessuno morisse di fame. Mi diede in sposa, e in cambio ricevette abbastanza soldi per garantire la sopravvivenza degli altri.
Mentre parlava, la sua voce rifletteva un dolore antico, ma mai scomparso. Thranduil sentì dei brividi percorrergli la schiena e fissò quegli occhi persi in ricordi dolorosi, sentendosi di troppo. Non voleva che lei ricordasse ciò che la faceva star male, ma la donna aveva deciso che era suo diritto sapere, e quella consapevolezza lo addolorava ancora più nel profondo, consapevole che quello che Asinna gli stava rivelando sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe saputo di lei.
- Lui era vedovo, più grande di me di quindici anni. Prima del matrimonio avevo acconsentito, sentendomi grande, adulta, responsabile.
Fece una lunga pausa, rimirando la stoffa azzurra tra le sue mani con un dolore opprimente al petto che quasi non la faceva respirare.
- La prima notte capii che non sapevo assolutamente nulla, che ero solamente una bambina. Piansi fino al mattino. Volevo tornare indietro, ma ormai non potevo, ormai ero diventata di proprietà di quell’uomo. Dalla prima moglie non aveva avuto figli, ma era di una famiglia abbastanza ricca, e voleva un erede per portare avanti il giro di affari. Era a quello che gli servivo.
Thranduil sentiva l’orrore crescere dentro di sé, e poteva vederlo nei suoi stessi occhi, come era stata piegata e usata. Mai come in quel momento le usanze degli uomini gli sembrarono barbariche.
- Non riuscivo ad avere figli. Dopo due anni, si stancò. Non che fosse mai stato gentile, ma prima non era mai stato violento. La notte sì, non vedevo l’ora che finisse, ma era solo durante quei pochi minuti in cui ero soggetta al suo controllo che provavo paura. All’improvviso cambiò. Era stanco di me, che non riuscivo a dargli l’erede che voleva. Cominciai a temere di essere uccisa, quando tornava a casa ubriaco, o dal lavoro. Il giorno ero chiusa in casa, i servi erano gli unici a compatirmi perché la sua famiglia mi vedeva come la condanna all’estinzione del loro lignaggio. 
Asinna puntò lo sguardo negli occhi nuvolosi dell’elfo, osservando il suo volto etero macchiato di sangue come se non stesse elencando una serie di atrocità tali da far accapponare la pelle.
- Dopo due mesi di violenza, rimasi incinta. Tutto cambiò, improvvisamente ero il simbolo della sua vittoria. Mentre la pancia cresceva il vanto aumentava. Nacque un maschio. Non so dirvi la gioia – sorrise tra le lacrime, stringendosi una mano al cuore, sentendolo battere. Asinna si chinò ad aprire il sacchetto e ne estrasse una pergamena ripiegata in quattro. La aprì e la porse all’elfo, che la prese, osservando meravigliato il volto ritratto con il carboncino sulla pagina.
Era il volto di un bambino, che le assomigliava moltissimo. Aveva gli stessi ricci, le stesse lentiggini, lo stesso sorriso.
- Era la gioia della mia vita – la voce le si ruppe e Thranduil sentì una stilettata di dolore al cuore. Alzò lo sguardo e allungò la mano per stringere la sua, sentendosi insopportabilmente inutile, mentre assisteva al dolore che a lui era stato risparmiato dal sacrificio di sua moglie. Si fermò, appena prima di toccarla, ma lei non si accorse del suo gesto, era tornata a fissare il vuoto.
- Si ammalò, quando aveva cinque anni. Mio marito ricominciò a bere, perché il futuro di mio figlio era chiaro. Era improbabile che guarisse, era sempre a letto, reso debole dalla febbre. Eppure io continuavo a sperare.
Le sue iridi color giada tornarono a immergersi nel grigio plumbeo di quelle di Thranduil. Sorrise tristemente.
- Fu allora che arrivarono gli Orchi. Incendiarono tutto.
Un brivido colse il re, mentre capiva finalmente.
- Era un inferno. La casa in fiamme, io cercai di prendere mio figlio e scappare. Mio marito era tornato ubriaco. Mi trovò mentre scendevo le scale. Si gettò addosso a me, urlando che tanto era inutile, che il bastardo sarebbe crepato comunque. Mi colpì, e Gunnar mi cadde dalle braccia. Picchiò la testa a terra. Non si mosse più.
L’orrore che avvolse violentemente Thranduil non era descrivibile a parole. Chinò il capo, chiudendo gli occhi, ma sentì la mano di Asinna toccare delicata la sua, macchiata ancora di sangue. Le sue dita si intrecciarono a quelle dell’elfo mentre una lacrima cadeva lungo la sua guancia.
- Fu a quel punto che reagii, solo dopo che… - prese un respiro tremante, cercando di controllare il respiro – quando fu troppo tardi ormai. Riuscii a farmi strada, picchiandolo con un pezzo di una trave. Con il corpo di mio figlio in braccio scappai via, mentre la casa crollava. Credevo fosse crepato quella notte, evidentemente mi sbagliavo.
Thranduil strinse con forza la sua mano, mentre Asinna guardava triste il piccolo vestito che riposava sulle sue ginocchia.
- Lo seppellii e me ne andai. Volevo morire, ma Traen, l’uomo che avete conosciuto, me lo impedì. Era stato il mio maestro a scuola prima che mio padre fosse costretto a mandarmi a raccogliere la legna per guadagnare qualche soldo. Cercò di convincermi a venire qui, dove sapevano che c’erano già alcuni esuli. Rifiutai. Cambiai idea dopo qualche mese, e alla fine raggiunsi quelli che già erano partiti. Il resto lo sapete.
Thranduil rimase in silenzio. Non c’erano parole che potessero alleviare l’orrore.




 





Angolino dell'autrice:
infine, eccoci qui! 
Spero che questo capitolo sia stato all'altezza delle vostre aspettative... finalmente si scopre la verità sul passato di Asinna, e tutti i suoi incubi vengono allo scoperto. Per fortuna Thranduil è stato in grado di prendersene cura... o almeno, fino ad ora. Che ne pensate? Sono molto curiosa!
Ho deciso di aggiornare un giorno in anticipo perché sì... ormai manca poco, molto poco, quindi un piccolo regalino è necessario per ringraziarvi per tutto il supporto! Chi mi scrive in messaggio, chi lascia recensioni, anche chi legge soltanto... davvero grazie di cuore. 
A presto!
Anna

 
   
 
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