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Autore: effe_95    16/05/2020    4 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A

 

64. Sparta e Roma, I migliori e Quell’ultima volta.

Giugno

<< Mi sto vedendo con Sara, ultimamente >>.
Lisando non aveva trovato altro modo per comunicare quella novità al suo migliore amico, se non, se ne rendeva conto, nel modo più diretto e sbagliato possibile. In realtà, aveva avuto la solita difficoltà di trovare le parole giuste per farlo.
Lisandro non era sicuro fosse stata la vergogna a renderlo frettoloso ed avventato; con quella ci aveva fatto i conti da un po’ di tempo ormai. No, la verità era che Lisandro non sapeva proprio come affrontare Enea.
Se ne erano dette troppe in quel periodo, si erano allontanati, si erano fatti male.
Quella fresca sera di inizio Giugno, Lisandro cominciò a domandarsi perfino dove avesse trovato il coraggio di mandare quel messaggio al suo migliore amico per vederlo.
Forse frequentare Sara lo stava rendendo un po’ più intraprendente. O forse no. Forse era stato solamente il senso di colpa.
Ad ogni modo, Lisandro avrebbe voluto che quella storia finisse quella sera.
Per sempre.
<< Con quella Sara? >> Domandò Enea sollevando un sopracciglio.
Si erano dati appuntamento nel solito posto dove avevano passato pomeriggi interi.
In quella sorta di angolo di strada grezzo e sporco di graffiti, con un’altalena rotta da sempre, una panchina sfasciata e l’erba incolta che cresceva tra le crepe dell’asfalto. Enea si era presentato all’appuntamento senza obiettare, senza rifiutarsi.
Lisandro non ci aveva creduto, o forse inconsciamente aveva sperato che non lo facesse, risparmiandogli così la fatica di dovergli chiedere scusa prima o poi, da qualche parte in quel discorso forzato che avrebbero messo su, per arrivare al punto.
Lisandro sapeva di essere stato stupido a sperare una cosa del genere.
Codardo.
Enea era un guerriero, non si era mai tirato indietro, aveva sempre affrontato tutto di petto, l’aveva sempre fatto da quando quella storia era cominciata e Lisandro, che lo conosceva meglio di chiunque altro, era anche la persona che avrebbe dovuto saperlo più di tutti.
<< Già, quella Sara … >> Replicò incassando un po’ troppo la testa nelle spalle.
Enea gli sembrò restare in silenzio per un tempo infinito, eppure Lisandro poteva percepire senza troppi problemi il suo sguardo fisso sul suo profilo. Lui non riusciva a voltarsi per ricambiarlo, era più semplice guardare l’erbaccia tra l’asfalto.
<< Ma la vedi tipo che … >> Commentò infine Enea, rifilandogli una gomitata poco gentile nel fianco con fare ammiccante; Lisandro ridacchiò e gli spostò malamente il braccio.
<< Tipo che scopiamo Enea! >> Sbottò trovando finalmente il coraggio di guardarlo.
Era sempre andata in quel modo tra di loro, era sempre stato facile far finta di nulla finché era stato possibile per entrambi, con un po’ di fiducia in più, sarebbe stato facile anche far tornare le cose esattamente come erano state un tempo.
In quel modo, Enea gli stava dicendo che potevano farlo.
Se Lisandro avesse voluto, Enea sarebbe stato disposto a farlo senza alcun rancore.
<< Metti almeno due preservativi prima di fare certe cose? >>.
<< Cazzo Enea! Dobbiamo davvero parlarne? >>.
Lisandro sentiva il viso in fiamme mentre spintonava senza troppi complimenti il suo migliore amico, che se la rideva al suo fianco senza alcun ritegno, rilassato come se non avesse nulla da rimproverargli, come se Lisandro non gli avesse fatto alcun male.
Come se non l’avesse spinto sull’orlo del baratro per poi lasciarlo cadere.
Come se non gli avesse mentito per tutto il tempo sui suoi sentimenti.
<< L’hai fatta venire qualche volta? >> Continuò Enea come se nulla fosse, imperterrito.
<< Tutte le volte! >> Replicò piccato Lisandro << Che non sono state poi molte … >> Mugugnò infine incrociando le braccia al petto e mettendo su un broncio da bambino.
Faceva caldo, ma non tanto quanto ne aveva fatto nei giorni precedenti.
Il cielo era una via di mezzo tra il crepuscolo violaceo e il blu cobalto della notte, Lisandro pensò fosse bello potervi sollevare lo sguardo e provare quella serenità.
Gli era mancato parlare ad Enea in quel modo, nel modo in cui solo con lui sapeva farlo.
Ed essere se stesso senza doversi preoccupare di nulla.
<< Gliel’hai detto, vero? >>.
Lisandro non scostò nemmeno lo sguardo dal cielo quando Enea gli porse la domanda con estrema naturalezza, fissando la strada deserta e il fatiscente palazzo all’angolo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, sapeva anche che Enea non avrebbe aggiunto altro, perché voleva assolutamente che fosse lui a dirglielo. 
Anche se gli aveva chiesto di non farlo.
<< Si >> Rispose allora << Ed è stato davvero uno schifo >> Concluse, e scoppiò a ridere.
Enea si girò a guardarlo con un sopracciglio sollevato e il solito ghigno sulle labbra.
<< Ok, non voglio sapere i dettagli. Ma se esci con Sara … >>.
Commentò, facendo un gesto delle mani come se volesse scacciare una mosca fastidiosa, oppure semplicemente mandarlo a quel paese.
Lisandro rise ancora per un po’ fissando il cielo, poi la risata cominciò a spegnersi lentamente da se, lasciandogli stampata sul viso un’espressione terribilmente grottesca.
<< Non è stato facile per me farlo, sai? >> Mormorò con un filo di voce, abbassando lo sguardo.
<< Niente è stato facile in questo periodo, Lis >>.
Enea e Lisandro si fissarono e non aggiunsero parole inutili per un po’.
Rimasero in silenzio mentre il cielo si scuriva sempre più tingendosi di stelle scintillanti, mentre una macchina passava ogni tanto, dei bambini scendevano per giocare sull’altalena mezza rotta, coppiette felici si tenevano per mano e padroni portavano i cani in giro.
No, non era stato un periodo facile per la loro amicizia.
Non lo era stato per nulla, ma …
Ma come qualsiasi periodo difficile, ne stavano lentamente uscendo, insieme.
Con la testa alta di due fieri generali alla fine di una battaglia combattuta ad armi pari.
Enea gliel’aveva detto, un giorno impreciso di parecchi anni prima, un giorno che Lisandro non aveva saputo dimenticare, perché era stato anche il giorno in cui si era sentito padrone di una forza in cui non aveva mai creduto davvero.
Enea gli aveva detto, con il suo fare ingenuo da bambino, che loro due erano dei generali.
Lisandro è il condottiero spartano più forte del mondo!” Gli aveva detto con aria solenne e la fiducia incrollabile che solamente nell’infanzia poteva avere fondamenta potenti.
E quindi?” Era stata la sua replica, con il viso bagnato di lacrime dopo essere stato preso in giro dai bambini più grandi di lui, quelli di quinta elementare.
E quindi, anche tu sei il più forte del mondo! Ti chiami Lisandro, no?”
Era stato anche il giorno in cui erano diventati inseparabili, avevano sette anni, andavano in seconda elementare, ed Enea gli era sembrato un vero guerriero.
Certo!” Gli aveva detto poi, quando Lisandro gliel’aveva fatto notare “ Anche il mio nome è quello di un grande condottiero! Enea ha fondato Roma! Siamo due generali io e te! “.
Lisandro non gli aveva mai detto quanto ci aveva creduto quel giorno.
Doveva aver dimenticato quelle parole da qualche parte però, lungo la strada della crescita, mentre vedeva il suo migliore amico diventare davvero quel condottiero che tanto aveva decantato nell’infanzia.
Alla fine di quel lungo viaggio alla ricerca di se stesso, Lisandro non era sicuro di essere arrivato ad una meta o di aver trovato davvero una soluzione al casino che sentiva nel cuore. 
Ma una cosa l’aveva capita per certo: era stato forte, era stato un generale.
Lo era stato a modo suo, alle sue condizioni.
Enea aveva costruito la sua Roma, lui aveva difeso la sua Sparta.
<< Sono stato un pezzo di merda con te, in questo periodo >>.
Lisandro sentiva di poterglielo dire arrivato a quel punto, sentiva di poterlo dire al suo migliore amico, sentiva di potersi scusare senza perdere l’orgoglio o la dignità. Sentiva di poterlo fare, perché al contrario ne avrebbe solamente guadagnato.
<< Si, lo sei stato >> La replica di Enea arrivò immediata, diretta, proprio come lui.
<< Beh, mi dispiace >>.
<< Lo so che ti dispiace >>.
<< Andiamo a mangiare da qualche parte? Ho una fame pazzesca >>.
<< Anche io, amico. Mi sembra di avere un buco nero nello stomaco! >>.
Si incamminarono insieme, continuando a parlare di Sara, del più e del meno, di tutto quello che non si erano detti in quei mesi di difficoltà, spintonandosi quando serviva e tirandosi calci e schiaffi dietro la nuca come se fossero ancora dei bambini un po’ maneschi.
Erano arrivati al termine della battaglia, un po’ acciaccati, un po’ stanchi.
Vinti e vincenti.
Erano pronti anche per la prossima guerra: la vita.

 

Nessuno di loro avrebbe mai creduto di mettere piede a casa di Cristiano Serra.
Al loro quinto anno insieme era successo, come fosse successo era una storia tutta da raccontare.
L’idea di quell’ultima cena con i professori era stata di Italia, in quanto rappresentante di classe si era dichiarata responsabile dell’impresa assolutamente necessaria. Nessuno aveva preso davvero sul serio l’iniziativa, disinteressandosi della preparazione, ma Italia non era diventata rappresentante di classe senza un motivo, si era impuntata al punto tale da rendere la vita scolastica difficile a tutti.
Alla fine, nonostante il disinteresse iniziale, con l’appoggio indiscusso di Ivan, Catena e Romeo era riuscita a vincere anche quella battaglia. Mentre si ritrovava a camminare nell’immenso salone di casa Serra, Miki non poteva fare a meno di chiedersi come avesse fatto la sua compagna di classe a convincere Cristiano a mettere a disposizione casa sua.
Il problema maggior fin dall’inizio era stato proprio quello di trovare un posto nel quale organizzare l’evento, l’Olimpo non era adatto per una cena con tanto di professori.
Miki doveva ammettere che la sua compagna di classe aveva un senso di perseveranza davvero notevole, mai nella vita avrebbe creduto di vedere la dimora di Cristiano Serra.
Il salone era mastodontico, una libreria dal legno pregiato occupava tutta la parete di fondo, era stracolma di libri, fotografie, bomboniere e oggetti da collezione. Un televisore al plasma dalle dimensioni spropositate occupava la parete sinistra, incorniciato dai divani di pelle a elle nuovi di zecca, il morbido tappeto e il tavolino in vetro occupato da una serie di candele viola, sistemate l’una accanto all’altra in base all’altezza. Il tavolo su cui avrebbero cenato doveva essere lungo un paio di metri, era stato addobbato come per un matrimonio, Miki aveva capito immediatamente che dietro quel lavoro infinito e faticoso doveva esserci una mano femminile delicata e attenta.
Doveva essere stata la donnina bassa e minuta che aveva visto affaccendarsi avanti e indietro seguita instancabilmente da Cristiano, Miki si era domandata se il compagno di classe volesse darle una mano o semplicemente mettersi tra i piedi a dar fastidio, dato il modo in cui era stato più volte liquidato e mandato via con un gesto secco della mano.
<< Quello è un cazzo di impianto radio che costa più di mille euro! >>.
Non erano arrivati ancora tutti i professori e Miki dubitava che l’avrebbero fatto, non vedeva affatto la professoressa Cattaneo intrattenersi con loro tra risate e battute; in compenso però, della classe, nonostante lo scetticismo iniziale, nessuno si era tirato indietro.
Erano tutti lì, quel commento colorito era uscito senza troppa considerazioni dalle labbra di Giasone; i ragazzi se ne stavano ammassati davanti a quell’impianto tecnologico che occupava uno spazio di parete spropositato a sbavare come se non avessero dignità alcuna.
Miki sorrise quando vide che, invece di essere davvero interessato all’impianto, Aleksej aveva piuttosto lo sguardo perso sull’infinità di libri che quella libreria ospitava. Collezioni intere, classici, politica, saggi … ce n’era da far girare la testa.
<< Volete accenderlo? >>.
La domanda di Cristiano, che doveva essersi finalmente arreso all’idea di essere oltremodo d’impiccio in cucina, accese una serie di esclamazioni d’entusiasmo. Miki pensò che fosse un peccato, non aveva mai davvero avuto alcun tipo di rapporto con lui, ma qualcosa doveva essere cambiata nella sua vita da quando aveva perso la madre.
Era un peccato che Cristiano fosse riuscito a legare con gli altri solamente alla fine di tutto.
Sospettava che, dopotutto, il merito fosse soprattutto di Zosimo. Una musica soffusa si diffuse dolcemente nella stanza, era jazz quello.
<< Che cos’è sta roba? >> Commentò Enea storcendo il naso.
<< Mio padre ha solo questa merda >> Replicò Cristiano con voce apatica, controllando la pila infinita e spropositata di cd, dischi e cassette sistemata con ordine nello stesso mobile che ospitava tutto l’impianto audio, Gabriele ara accovacciato accanto a lui per aiutarlo.<< Ma tu non lo usi ?! Non senti della musica amico? >>.
Giasone aveva la voce carica di disapprovazione mentre poneva quella domanda, come se fosse perfettamente consapevole della risposta che sarebbe arrivata e ne fosse già profondamente deluso, in totale disappunto.
Cristiano lo accontentò facendo spallucce.
<< Ascolto la musica dal cellulare >>.
Miki ridacchiò all’espressione scandalizzata di Giasone ed Ivan, espressione a cui Cristiano non diede il minimo credito, troppo impegnato ad ascoltare qualcosa che gli aveva appena detto Gabriele; anche Zosimo gli si era accostato incuriosito da quella collezione.
<< Questa roba è noiosa >> Esclamò Enea a gran voce, anche lui ammassato con gli altri.
<< Ma questo è Nat King Cole! >>.
L’intromissione del professor Riva arrivò inaspettata, l’uomo se n’era stato fino ad alcuni istanti prima a parlare animatamente di un recente studio sull’Inferno di Dante Alighieri con il professor Palmieri di Storia e Filosofia, più rimbambito che mai.
<< Nature Boy! >> Rincarò la dose l’uomo, aggiustandosi gli occhiali storti sul naso.
Entrambi si avvicinarono alla collezione di proprietà del padre di Cristiano e cominciarono a commentarla animatamente con il diretto interessato; Palmieri afferrò Enea per le spalle costringendolo ad una lezione forzata di storia del jazz, mentre Aleksej e Oscar si accostarono quando la conversazione con il professor Riva sembrò deviare verso la collezione infinita di classici in copie antiche della libreria. Il sorriso di Miki si allargò, pensò a quel punto di andare anche lei in cucina.
La maggior parte delle ragazze si era rifuggiate nella stanza in fermento per aiutare la donnina minuta, Marta, a preparare le ultime cose da servire durante la cena. 
La cucina era una stanza bellissima, Miki l’aveva vista solamente di sfuggita, ma le era rimasta impressa: asettica, elettronica e decisamente tecnologica. 
Aveva appena imboccato il lungo corridoio che separava la zona giorno dalla zona notte, il parquet scuro era illuminato dalle belle lampade di ceramica bianca poste in maniera simmetrica su entrambe le pareti; si accorse che una piccola folla era accerchiata attorno ad una fotografia o forse un quadro dalle dimensioni piuttosto importanti.
<< Era davvero bella >> Quel commento giunse dalla bocca di Catena, gentile.
Era quella che se ne stava più indietro nel gruppo, aveva le mani intrecciate dietro la schiena, le gambe scoperte tese mentre se ne stava sulle punte dei piedi per vedere meglio.
<< Ha gli stessi occhi di Cristiano, è impressionante >> Mormorò invece Beatrice, composta.
Miki si avvicinò con curiosità.
Era una fotografia quella che stavano osservando, una di quelle fotografie fatte da un professionista, in bianco e nero; ritraeva una donna davvero bellissima in un campo di girasoli, un vestito elegante ma semplice sul corpo magro e attraente, le mani curate che reggevano un cappello da mare piuttosto raffinato e il sorriso della gioia sulle labbra.
Aveva davvero gli stessi occhi di Cristiano, Miki ricordava bene dove l’aveva già vista.
Non era stato in un giorno felice.
<< Che cosa state facendo qui? >>.
Catena, Beatrice, Italia, Fiorenza e Zoe sobbalzarono imbarazzatissime, come se fossero state colte a ficcare il naso in una stanza in cui non avrebbero dovuto mettere piede; Miki si limitò a girarsi verso Cristiano con le gote solamente leggermente arrossate.
Il compagno di classe non aveva nessun tipo di espressione sul bel viso spigoloso.
<< T-tua madre era davvero molto bella Cristiano >>.
Zoe fu coraggiosa a pronunciare quelle parole, lo fece con quella carica di ingenuità e quell’incapacità di comprendere quando frenare la lingua che erano sue tipiche, lo fece a fin di bene, per spezzare la tensione, ma non si rese conto che nessuna delle sue amiche l’avrebbe mai fatto. Aspettavano tutte una rispostaccia da parte di Cristiano.
<< Lo so >>.
Si limitò invece a rispondere l’altro, senza cambiare nemmeno di un po’ il tono di voce.
<< Sempre a perdere tempo queste qui! >> Dalla cucina, provvidenziale, arrivò immediatamente la rispostaccia di Sonia; era bella come una modella con quei vaporosi ricci neri, le belle labbra rosse, gli occhi da gatta truccati e quel vestitino nero a tubino.
Sembrava la signora della casa.
<< La cena è pronta, date una mano a Marta >> Ordinò con il suo solito fare dispotico da strega, che le fece guadagnare una serie di occhiatacce << Tanto mi sembra ovvio che quella vecchiaccia della Cattaneo non si farà viva e nemmeno quel brutto antipatico di De Santis >>. 
Non impiegarono molto tempo per mettersi tutti seduti attorno a quella tavola imbandita.
Lo fecero scompostamente, chiassosamente, esattamente nel loro stile.
Era un altro di quei momenti di non ritorno.
Quei momenti da conservare nel cassetto dei ricordi belli, quelli da pescare quando il mondo si faceva troppo pesante o insistente, quasi soffocante certe volte. Osservando quei volti sorridenti, in quella casa in cui non avrebbe mai pensato di metter piede, Miki pensò che ne avevano ancora di strada da fare, di cadute da prendere.
Avrebbero preso strade diverse, qualcuno invece avrebbe continuato a camminare insieme, fianco a fianco; qualcuno sarebbe rimasto indietro, qualcun’altro avrebbe preso il volo.
Era così incerto il futuro ... ma di una cosa era invece certa, voleva godersi quel presente.
Il presente dei suoi diciotto anni, della sua maturità, di quegli anni che sarebbe stati i migliori per tutti loro.

 

L’idea di andare al mare non l’aveva avuta nessuno in particolare.
Era stata forse l’unica cosa che avevano organizzato spontaneamente, era successo per caso, ed era stato sorprendente che la chat non fosse diventata un campo minato come ogni volta che c’era da organizzare qualcosa.
Nessuna nota vocale di cinque minuti piena di lamentele, nessun messaggio che si sovrapponeva all’altro, nessuna incomprensione, nessuna chiamata vacale fatta per errore. Italia l’aveva ritenuto un vero e proprio miracolo.
La spiaggia non era affollata, avevano infatti scelto un giorno infrasettimanale per andarci.
Quell’immensa distesa azzurra e limpida era tutta per loro, avevano anche un cielo privo di nuvole a fare da tetto alle loro risate chiassose e la spensieratezza dei loro anni. Gli scritti erano ormai alle porte, occasioni come quelle non ne avrebbero avute ancora.
Faceva caldo, ma non era soffocante, era l’inizio di quelle temperature miti che andavano sfidate con un pizzico di follia e coraggio; l’acqua era ancora fredda, intorpidita dall’inverno pesante e spossante che si erano tutti lasciati alle spalle solamente da pochi mesi.
Enea, Cristiano, Zosimo e Gabriele avevano dimostrato quel coraggio immediatamente.
Erano stati i primi a spogliarsi senza alcuna vergogna, ancora prima di raggiungere la spiaggia avevano cominciato a correre verso la maestosa distesa d’acqua sfidandosi a chi sarebbe riuscito prima a gettarvisi dentro senza annaspare o soffocare.
Zosimo era stato il primo ad arrendersi, era inciampato di faccia sull’acqua e ne era schizzato fuori come una ranocchia particolarmente infreddolita. Enea, Cristiano e Gabriele invece avevano combattuto come i guerrieri che erano fino alla fine. Si erano affogati a vicenda e avevano bellamente ignorato le proteste delle donne.
Alla fine di quella zuffa violenta, Gabriele era uscito dall’acqua con il costume sceso per metà sul fondo schiena, scandalizzando Catena e Italia che si stavano avvicinando timidamente all’acqua. Katerina, invitata speciale di quel giorno insieme a Muriel, non era stata contenta. 
Cristiano si era stancato di azzuffarsi non appena Sonia era entrata nel suo campo visivo.
Indossava un costume tutto d’un pezzo talmente striminzito da essere quasi inesistente. Era nero, come i suoi capelli dalle sfumature bluastre illuminati dal sole. Aveva il viso truccato anche quella volta, waterproof aveva detto, o qualcosa del genere.
Lo fissava con uno sguardo … nessuno si prese il disturbo di richiamarli quando si allontanarono avvinghiati l’uno all’altro in alto mare, alla fine erano due puntini indistinti. Enea invece, colse al volo l’occasione di uscire dall’acqua quando Beatrice si mise seduta sulla riva in compagnia di Italia, Catena e Miki; lo fece scuotendosi tutto come un cagnolino.
Beatrice fu la prima a protestare sonoramente, Enea aveva schizzato soprattutto lei, ma anche le altre erano rimaste coinvolte, colpite da alcune di quelle goccioline gelide; erano state solamente molto più veloci di lei ad alzarsi in piedi e scappare in tutte le direzioni strepitando. Beatrice invece rimase seduta sulla sabbia, combattendo con il suo fidanzato che le si stava ostinatamente attaccando addosso; era ancora vestita e voleva bagnarla apposta.
Finirono entrambi stesi sulla sabbia bagnata, sporchi, ridendo come due sciocchi.
Giasone e Muriel furono invece i due più avventurieri, raggiunsero la scogliera non troppo lontana, che sapevano sicura perché l’avevano frequentata fin da bambini, e cominciarono ad esibirsi in una serie di tuffi spericolati, facendo a gara tra di loro come bambini.
Non ci volle molto perché fossero raggiunti da Ivan, Oscar e Romeo.
L’unico che non sembrava particolarmente interessato a divertirsi era Igor.
Il ragazzo si era portato da casa uno di quegli ombrelloni formato famiglia che aveva provveduto a conficcare nella sabbia con tutta calma e meticolosità, ricavandosi in quel modo uno spazio d’ombra dove si era piazzato con una sedia da spiaggia.
Non si muoveva di lì da ore, e nonostante non fosse a diretto contatto con il sole, non aveva tolto la maglietta a mezze maniche né i pantaloncini scuri che indossava sopra al costume, si era cosparso la pelle pallida di creda da sole, accentuandone in quel modo il colore cadaverico e indossato un paio di occhiali da sole moderni che stonavano con tutto il resto.
Igor sembrava indifferente agli schiamazzi e al divertimento dei suoi compagni di classe, continuando a leggere Le affinità elettive di Goethe come se nulla fosse, si era dimostrato tollerante solamente ad ospitare ad un certo punto la povera Catena, che stava per avere un collasso sotto il sole che mano a mano le ore avanzavano diventava incredibilmente cocente.
Verso mezzogiorno la sua pace ebbe totalmente fine.
Enea, Gabriele, Cristiano, Telemaco, Zosimo e Lisandro, ritennero che il compagno di classe se ne fosse stato anche troppo rilassato sotto quell’ombrellone esagerato, trovarono anche un’ottima scusa per divertirsi ulteriormente, dato che stavano cominciando ad annoiarsi ad entrare ed uscire dall’acqua o tentare di convincere le loro riottose fidanzate.
Attaccarono Igor di spalle, facendogli produrre un gridolino che aveva davvero poco di maschile, sollevarono contemporaneamente la sedia e l’ipocondriaca vittima ebbe appena il tempo di lasciar cadere il libro sacro nella sabbia prima di ritrovarsi scaraventato in acqua con tutta la sedia.
Zoe, che era seduta a riva in compagnia di Fiorenza, Beatrice e Italia scoppiò sguaiatamente a ridere quando vide il fidanzato annaspare nell’acqua non troppo alta, con una gamba incastrata nella sedia, gli occhiali da sole storti e l’espressione totalmente avvilita.
Gli autori del crimine ridevano sguaiatamente continuando a schizzarlo, come per non dargli la minima tregua; la tragedia si consumò in fretta, Igor diede di matto per alcuni secondi, uscì dall’acqua grondando dai vestiti ormai inzuppati, mentre si trascinava dietro la sedia ormai chiusa sulla sabbia.
<< Andiamo Igor, non te la prendere! >> Lo prendeva alacremente in giro Telemaco, non riuscendo tuttavia a trattenere delle grosse risate che lo stavano lasciando senza fiato.
Igor a quel punto fece qualcosa di totalmente inaspettato.
Provvide a togliersi immediatamente di dosso i vestiti bagnati, mettendo in mostra un fisico asciutto e mingherlino dalla pelle diafana, insieme agli indumenti aveva anche mollato la sedia, e dimentico totalmente del libro ormai insabbiato, prese una rincorsa inaspettata e si schiantò di colpo addosso al suo migliore amico, facendolo andare immediatamente sotto.
Nel processo, prima che cadesse anche lui, abbassò totalmente il costume di Gabriele, mettendo in mostra ben più di un semplice fondo schiena questa volta, cosa che fece furiosamente arrossire le donzelle ancora sedute come sirene sulla riva.
La sua vendetta finale, prima di schiantarsi di faccia sull’acqua, fu anche quella di riuscire a spingere Enea per le spalle, che cadendo all’indietro trascinò con se prima Lisandro e successivamente Zosimo, in un effetto domino rallentato dalla difficoltà di muoversi in acqua. Fu solamente l’inizio delle risate generali e di un’altra sfrenata ora di divertimento.
Gabriele se la vide brutta nel dover scappare lungo tutta la spiaggia inseguito da Katerina, che tentava di colpirlo con uno zoccolo che aveva raccolto per caso, sotto lo sguardo estremamente compiaciuto di Aleksej, anche lui appena memore di un tuffo dagli scogli.
Pranzarono tardi, a orari scomposti, e Italia, Catena e Beatrice dovettero lottare strenuamente per impedire ai loro fidanzati di consumare il parco pranzo in acqua, a meno che non volessero sentirsi male e morire, cosa che le tre stavano prendendo in considerazione di lasciargli fare dato l’esasperazione.
Sonia e Cristiano tornarono dal loro lungo bagno in mare per ultimi e si isolarono in fretta, sistemandosi entrambi su un telo da mare che condividevano, dove pranzarono soli.
D’altronde nessuno aveva voglia di far sapere a Sonia che il costume se lo era rinfilato male, mettendo in mostra una porzione di chiappa non abbronzata. Cominciarono a sentirsi meno risate e schiamazzi quando il cielo si tinse di rosso fuoco.
Erano tutti stanchi, chi più e chi meno, avevano smesso di farsi i bagni a mare, aspettando invece che i costumi cominciassero ad asciugarsi da soli sotto il sole morente.
L’ombrellone di Igor era stato chiuso da un pezzo, abbandonato a se stesso.
Si rendevano tutti conto che, giunti alla fine di quella giornata strappata dal tempo e dagli impegni, non ci sarebbe stata più una giornata come quella.
Gli esami sarebbero cominciati la settimana successiva, e dopo, con la fine anche degli orali, non sarebbero stati più la 5 A, ma solamente persone che prendevano strade diverse.
Avrebbero potuto organizzare altri momenti come quelli, ma non ci sarebbero stati tutti come quel giorno, loro stessi non sarebbero stati più la classe strana che erano. Volevano tutti godersi quelle ultime ore insieme di odio, di sopportazione reciproca, di affetto, di stordimento, di presa in giro.
Un’ultima volta, prima di guardare avanti.


__________________________
Effe_95 

É successo qualcosa di brutto mentre stavo scrivendo questa storia, qualcosa che mi ha cambiato la vita e l'ha fermata, inevitabilmente. 
Non è stato facile per me riprendere in mano questa storia, perchè automaticamente la collegavo a quei mesi tremendi e a quei momenti difficili. Non era forse questo il capitolo che avevo in mente all'inizio, due anni fa, quando l'ho iniziato. 
Non è forse la stessa la mia scrittura, perchè il dolore ci cambia. 
Ma la scrittura è sempre stata teraupetica per me, non ho mai smesso di farlo davvero in questi due anni di pausa.
Mi ha aiutato, e questa storia è un pezzo di cuore che voglio conservare, nonostante tutto, e portare a termine. 
Non so chi sia rimasto ancora, ma per chi l'ha fatto un grazie sincero e davvero di cuore. 
Mancano, al punto attuale, due capitoli per concludere tutto, arriveranno. La fine arriverà. 
Ora, spero che stiate tutti bene, in questo tempo sospeso che ci ha travolto come un uragano inaspettato, sperando in giorni migliori. 
I miei ragazzi mi erano mancati, anche se forse sono diversi da come li ricordate. 
Alla prossima. 

 

  
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