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Autore: shana8998    17/05/2020    2 recensioni
Hannah è una studentessa modello. Una di quelle ragazze super intelligenti che non gode di alcuna popolarità nella sua scuola.
E' terribilmente infatuata di Justin Kohl uno dei ragazzi più ambiti della scuola che però la ignora totalmente.
Ma Justin non è l'unico ad essere popolare ed ambito alla Briar. Garret Graham un altro sportivo della Briar , è quel tipo di ragazzo senza nessun ritegno morale , uno sciupa donne viziato ed arrogante capitano della squadra di Hockey.
Dopo l'ultimo esame andato pessimamente per lui, Garret si troverà costretto a chiedere aiuto alla "secchiona" non che sconosciuta Hannah. Così stabiliscono una sorta di patto. Lei sarà la sua tutor per tutto l'anno mentre lui fingerà di essere il suo ragazzo , così da attirare l'attenzione di Justin. Ma qualcosa va storto e quella finzione fra i due non sembra più così falsa.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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                                         Hannah

Mancava solo l'ultimo tassello per chiudere il cerchio.
L'ultima mossa per fare scacco matto al college ed alla mia vecchia vita a Boston: mia madre.
Sono passati mesi infiniti da quando siamo sparite a vicenda dalle nostre vite.
Quel giorno fuori casa di Justin; le sue parole. Conosceva Sue Kohl.
Avrei potuto chiederle molto prima la verità ma ho preferito aspettare di chiudere capitolo per capitolo la mia storia in questo posto.
Ed oggi, questo incontro sarà il punto.

Pigio il campanello:ho il cuore in gola e le mani estremamente umide.
«Arrivo!» sento scalpicciare le sue ciabatte lungo il parquet della mia vecchia casa a Brooklyn.
Toglie il chiavistello e gira tre volte la chiave della porta blindata.
«Ciao ....mamma» ho il petto in fiamme mentre la saluto. Mi sono sentita tradita un milione di volte: da Kohl, da Garret...ma mai nessuna è stata come l'essere tradita da mia madre.
«Ha...Hannah» mormora ed i suoi occhi ci mettono mezzo istante prima di farsi gonfi e pieni di lacrime.
«Posso entrare?»
Avrei voluto incontrare mia madre assieme a Garret e Camilla e dirle di come sono felice ora, di come la mia vita è cambiata grazie a lui...a loro due.
Invece no. Sono qui a doverle porre la tragica domanda: conosci l'uomo che mi ha stuprata?
Che tristezza rivedersi in questo modo...
«Certo accomodati» fa un passo tremolante verso la porta e mi lascia lo spazio per superarla.
L'odore di limone è inconfondibile sapore di casa.
Ha sempre profumato in quel modo, ed è così familiare, da stringermi lo stomaco per la malinconia.
Attraverso il piccolo ingresso poco luminoso ed arrivo in soggiorno.
«Credevo che non ti saresti più fatta sentire...» dice;  il suo tono di voce ricorda una struggente e disperata confessione.
«Ti avrei chiamata prima o poi» io al contrario non riesco a struggermi come fa lei.
La rabbia e la delusione che provo sono ancora prepotenti nel mio petto. 
«Siediti. Ti porto qualcosa?» 
Mi accomodo sul divano a righine bianche e blu, proprio davanti al camino.
«No, sono apposto».
Trattiene un sospiro deluso.
«Oh...ok..» Fa il giro del divano e si accomoda abbastanza distante da me.
Il modo in cui si mantiene lontana, quello in cui evita il mio sguardo; sono tutte chiare dimostrazione del fatto che si senta in colpa.
«Immagino che sai perché sono qui.» dico più seria che mai.
Si passa una mano sulla guancia come se le scottasse. Non rivolge lo sguardo a me, bensì, lo tiene basso e costantemente rivolto alle sue infradito.
Non risponde, perciò, mi dico, che il suo silenzio è assenso.
«Il giorno fuori casa di Kohl. Hai chiamato sua madre per nome...La conosci?»
Chiude le palpebre per un momento strizzandole come se provasse dolore.
Attendo qualche secondo, che diventa un minuto.
«Mamma.» 
Sussulta.
«E' una storia complicata Hannah...» dice in un filo di voce e si solleva, di colpo, come se non potesse star ferma. «Ho bisogno di acqua e di un momento..» farfuglia muovendosi verso la cucina.
Mi obbligo a non perdere la pazienza, poiché il dolore nei suoi occhi è marchiato a fuoco.
«Ok, sono pronta» torna dopo pochi istanti con due bicchieri d'acqua. Uno lo mantiene in mano e l'altro lo posa sul tavolino di vetro scuro davanti alle mie ginocchia.
«Avevo detto che sono apposto» dico guardando lo scintillio dell'acqua contro il colore smeraldo del bicchiere di vetro.
«Ti servirà, credimi.»
Sollevo lo sguardo allarmata.
Mi servirà?
Torna a sedersi: una mano fra le cosce e l'altra stretta attorno al suo bicchiere.
«Conosco quella donna» ammette «e non ho piacere a rievocare, il come, l'abbia conosciuta. Ma è venuta l'ora di affrontare questo scoglio.»
Resto in silenzio tanto che quasi smetto anche di respirare.
«Ti sei mai chiesta per quale motivo in questa casa non ci sono foto di tuo padre? Perché non te ne abbia mai parlato?»
Aggrotto la fronte confusa. «Mi hai sempre detto che tu e papà vi siete lasciati quando sei rimasta incinta di me».
Beve un sorso «Ed è così. L'ho lasciato quando sono rimasta incinta.»
«L'hai...lasciato? Io credevo che lui fosse andato via.» la guardo.
Stringe le labbra fra di loro e le due rughette attorno alla bocca si marcano di più «Non è così. Sono stata io a lasciarlo perchè ...» proprio quando sembra decisa a parlarne, la mano le trema così furiosamente che è costretta ad appoggiare il bicchiere sul tavolo. Fa grandi respiri.
«Mamma, tranquilla..» le appoggio una mano fra le scapole ed una sulla sua che trema.
Chiude le palpebre e tira aria, prepotentemente, gonfiando il petto.
«Non voglio che tu soffra Hannah...» mi guarda in lacrime «Non dovresti sapere queste cose..»
Vengo sommersa da quintali e quintali di angoscia.
«Voglio la verità» dico, anche se ho incominciato a provare un senso di paura.
«Tuo padre mi ha stuprata ecco perché sono rimasta incinta.»
Appena pronuncia quelle parole il cuore smette di pompare per un istante che sembra l'eternità.
Le palpebre si spalancano e la voce non riesce ad uscire. 
«Ti...» no, non riesco a dirlo.
Gretha mi guarda come se si sentisse morire. «Ero succube di lui. Succube della sua cattiveria.» singhiozza. «Ma poi ho scoperto che non ero l'unica a cui aveva riservato quel trattamento. Ho saputo che aveva fatto la stessa cosa con lei...»
Incomincio a sentirmi formicolare le mani mentre lo stomaco mi si alza.
«Con ...Sue?»
Distoglie lo sguardo. «Con mia sorella, Sue.»
Devo stringermi lo stomaco fra le unghie di una mano. 
«Credevo che anche se la mia vita fosse stata distrutta da lui , avrei potuto riscattarla con te. Ed anche Sue lo pensava quando è nato Justin. Ma non è andata così...»
Ho l'impressione che l'interno mondo mi stia crollando addosso.
«Convinsi Sue a lasciarlo e feci lo stesso anche io. Per 15 anni sembrò essere sparito dalle nostre vite. Ma il male genera male. E Gabriel Kohl non si sarebbe arreso. Quella notte, ti seguì in quel maledetto vicolo...E lo fece. Si vendicò.»
Le stringo un braccio.
«Un secondo...Ho bisogno..» trattengo un conato.
Corro verso il bagno e faccio appena in tempo a sollevare la tavoletta.
«Hannah.» la voce di mia madre mi raggiunge preoccupata, un istante dopo, dall'entrata del bagno.
«E' tutto ok...» mormoro strappando un po' di carta igienica per pulirmi la bocca.
Tremo come una foglia e, in testa, sembra scorrere galoppante un treno.
Mi pulsa il cuore in petto e nel polso: potrei esplodere.
Ci vogliono diverse manciate di minuti perché io possa tornare ad ascoltare il racconto di mia madre.
«Ho cercato di nasconderti la verità, ma quando hai incontrato Justin , ho capito che sarebbe dovuta saltare fuori.»
Voglio gridarle in faccia che è stato spregevole nascondermi una cosa simile, ma in realtà la capisco.
Mio padre aveva rovinato quattro vite: quella di Sue e mia di madre , la mia stuprandomi, e quella di Justin lasciandogli in eredità il suo gene malato.
«Hai fatto quella che reputavi la scelta giusta» le dico sorridendo . Non è un sorriso vivace ma uno di quelli, umidi, che ti scalda il cuore.
Perché tutto ciò che desidero ora è che il suo cuore venga scaldato da me: da sua figlia.
Dalla creatura per cui ha sacrificato la vita , nonostante, fossi il frutto di uno stupro.
Gretha mi stringe come non aveva mai fatto in tutta la mia vita ed io ricambio stringendola a me.
«Perdonami per averti scacciata per tutto questo tempo» sussurro immersa fra i suoi capelli castani ed il profumo che ha sempre portato.
Mi è mancato così tanto...
«E' tutto passato» mi accarezza la testa.
Credevo che mi sarei sentita soddisfatta dopo aver conosciuto la realtà. Invece, ora sento solo un vuoto sporco nel mio petto.
Non avrei mai immaginato che chiudere certi capitoli potesse essere così doloroso.
   
 
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