Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: inzaghina    21/05/2020    6 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 14 – How could we know joy?
 
 
 
“Without pain, how could we know joy?
This is an old argument in the field of thinking
about suffering and its stupidity and lack of sophistication
could be plumbed for centuries but suffice it to say
that the existence of broccoli does not,
in any way, affect the taste of chocolate.”
John Green – 'The fault in our stars'
 
 
La vista di Parigi dalla collina di Montmartre toglieva il fiato: la metropoli era un intricato dedalo di strade che s’incrociavano tra loro, attraversate dal corso placido della Senna, e di luci che iniziavano ad accendersi con l’incombere del tramonto che Fleur aveva insistito per ammirare da lì nell’afosa serata d’agosto. Le viuzze del quartiere che si sviluppava alle spalle della grande basilica candida erano disseminate di piccole botteghe di artisti e di deliziosi caffè, che poco avevano a che fare con le aree più trafficate della capitale francese — Bill si era innamorato da subito del quartiere di cui sua moglie gli aveva da sempre tessuto le lodi.
“Sono così contonta di essere qui…”
“Lo sono anch’io, tesoro, ne avevamo un gran bisogno.”
Fleur si lasciò andare contro il petto del marito, sorridendo quando le braccia di Bill si posarono automaticamente sui suoi fianchi.
“Je t’aime,” le sussurrò l’uomo, sfiorandole i capelli con un bacio.
“Moi aussi,” rispose, sollevando il viso per catturare le labbra di Bill tra le proprie.
Rimasero lì a godersi lo spettacolo — stretti l’una all’altro — mormorandosi qualche parola ogni tanto, finché il sole non svanì in un tripudio di sfumature variopinte lasciando spazio a una splendida notte stellata.
“Non so tu, ma la scarpinata che mi hai costretto a fare mi ha messo una gran fame…” stuzzicò Bill, sfoderando il suo miglior sorriso, “dove mi porti per cena?”
“Conosco un posticino splendido proprio qui viscino,” lo rassicurò Fleur, afferrando la mano del marito e trascinandolo con entusiasmo verso il quartiere che aveva mantenuto vive le caratteristiche bohémien risalenti alla Belle Époque.
 
Più tardi, gustando la bouillabaisse che sua moglie tanto adorava e brindando con lo champagne, Bill si ritrovò a pensare ai mesi che si erano lasciati alle spalle — un periodo in cui non avevano avuto tempo da dedicare l’uno all’altra — e promise a se stesso che avrebbe fatto in modo di trovarlo sempre in quelli a venire e per il resto della loro vita.
Fleur fece tintinnare i loro calici l’uno contro l’altro. “Propongo un brindisi.”
“A cosa?”
“A te, mio meraviglioso marito,” gli sorrise radiosa e Bill non poté che rispondere al suo sorriso, sentendosi l’uomo più fortunato del mondo.
“Solo se possiamo brindare anche a te, mia stupenda moglie,” ribattè strizzandole l’occhio, prima di avvicinarsi e baciarla velocemente.
Si separarono, continuando a rimanere protetti da una bolla di felicità che escludeva il resto dei presenti, di cui Bill sentiva gli sguardi addosso.
“Non sembra anche a te che sci guardino?” gli domandò Fleur.
“Mhmm… probabilmente si chiedono che ci fa una donna stupenda come te, con uno sfregiato come me…”
Le iridi chiare di Fleur vennero attraversate da un lampo di fastidio. “Sono più che convinta che le donne ci guardano perché ti trovano sexy, amour, e poi noi francesi siamo molto romantiche, lo sai… probabilmente si stanno chiedendo da quale tragica situazione tu mi abbia salvato per ridurti in questo modo,” ribattè ammiccante.
Le labbra di Bill si piegarono in un nuovo sorriso, che metteva in evidenza le cicatrici pallide, ma che per Fleur rimanevano solo un motivo che la spingeva ad amare il marito ancor di più. “A me importa che un’unica donna mi trovi sexy e quella donna sei tu,” chiarì lui.
“E stai pur certo che io ti trovo molto sexy,” dichiarò Fleur, intrecciando le dita a quelle di Bill. “Ma lo stesso vale per quelle due fanciulle al tavolo all’angolo,” aggiunse con un sorriso.
L’uomo lanciò un’occhiata alle ragazze a cui alludeva la moglie, intente a parlottare fitto e a osservarli cercando di non farsi notare. “Magari ci considerano una versione moderna de La bella e la bestia…” asserì, tornando a concentrarsi su Fleur.
“E tu saresti la Bestia, scusa?” s’infiammò lei, arcuando le sopracciglia perfette.
“Beh, di certo non posso essere la Bella, visto che quel ruolo non può che spettare a te, mia radiosa sposa…” le sussurrò, strizzandole l’occhio.
“Come est possible che disci sempre la cosa giusta?” domandò Fleur, intrecciando le dita a quelle di lui.
“Sei tu che mi ispiri,” la rassicurò Bill.
Il viso di Fleur tornò ad aprirsi in un sorriso luminoso. “Che ne dici di ordinare il dolce?”
“Mi sembra un’ottima idea! Cosa mi consigli?”
“Mousse au chocolat, bien sûr,” dichiarò certa Fleur.
“Ostriche, champagne, cioccolato… sta forse cercando di sedurmi, Madame?” celiò Bill, inarcando le sopracciglia.
“Forse… del resto stiamo festeggiando il nostro primo anniversario nella città più romantica del mondo, no?” gli rispose, chiamando il cameriere.
 
Quella notte, dopo aver fatto l’amore, Fleur posò la testa sul petto di Bill concentrandosi sul battito del suo cuore che decelerava lentamente.
“Se penso a quanto abbiamo sofferto negli ultimi mesi, non mi sembra ancora vero di essere qui…”
L’uomo si limitò ad accoglierla meglio tra le sue braccia, accarezzando delicatamente la sua schiena nuda.
“Sei stato così forte, nonostante tutto Bill, e io non credo di riuscire a dirti a parole quanto ti amo. Per anni sono stata trattata come una prinscipessina, una damigella da salvare, e non sai quanto sono stata felisce di diventare campionessa del Torneo Tremaghi, per avere la possibilità di dimostrare il mio valeur… eppure la gente continuava a credere che io fossi indifesa!” la sua voce era un sussurro calmo, eppure Bill sapeva che la moglie dentro di sé ardeva.
“Solo chi non ti conosce può credere che tu sia indifesa, tesoro,” le bisbigliò tra i capelli che riflettevano la luce lunare — unica illuminazione della stanza.
“Tu sei l’unico che ha provato a conoscermi, che non si è fermato all’apparenza e non ha scercato di trattarmi come una bambolina,” aggiunse Fleur, puntellandosi su un gomito per incontrare lo sguardo del marito. “Credo che quello che sto scercando di dirti, in maniera davvero pessima, è che ti ringrazio per aver scelto di starmi accanto ogni giorno, senza cercare di cambiarmi, e per dimostrarmi con i piccoli gesti quanto davvero io sia importonte per te.”
Bill lasciò che una delle sue mani s’insinuasse nei lunghi capelli biondi della moglie, prima di attirarla a sé e baciarla con lentezza, assaporando le fragole che avevano ordinato al servizio in camera e perdendo la cognizione del tempo — contavano solo Fleur, i battiti dei loro cuori che procedevano all’unisono e i loro corpi nudi, premuti l’uno all’altro.
“E io ringrazio te, per aver scelto di sposarmi nonostante l’attacco di Greyback, perché non sapevi se mi avrebbe cambiato… e non parlo di un cambiamento esterno, so che di quello non ti è mai interessato, ma delle cicatrici che avrebbe potuto lasciarmi internamente, quelle stesse cicatrici che hai lenito ogni giorno dimostrandomi il tuo amore e la tua forza di volontà; quelle cicatrici che sono state riacuite dalla morte di Fred, ma che non ti hanno spaventata nemmeno questa volta e che hanno invece rafforzato il nostro legame… sei una donna bellissima, Fleur, ma io ti amo per il tuo cuore grande e per la forza immensa che mi dimostri in ogni momento di difficoltà,” dichiarò, scostandole una ciocca di capelli che era andata a coprirle il volto e gli impediva di vedere le lacrime che le imperlavano le ciglia.
“Ti amo immensamente, Fleur.”
“E io amo immensamente te, Bill,” gli rispose, prima di schiudere nuovamente le labbra su quelle di lui e lasciare che il mondo esterno si trasformasse in un’eco sempre più debole — quella notte l’avrebbero dedicata solo a loro stessi e all’amore che li legava.
 
*
 
Il primo martedì di agosto la colazione alla Tana venne interrotta dall’arrivo di un gufo ministeriale, che portava due buste nel becco indirizzate a Ron e Harry. I due ragazzi le afferrarono titubanti, scambiandosi un’occhiata incerta e rimanendo a osservare le buste quasi sperando che si rivelassero essere Strillettere — così da scoprirne il contenuto senza doverle aprire.
“Non riesco a credere che abbiate davvero timore di aprirle,” borbottò Ginny, spalmando una generosa dose di marmellata alle fragole sul suo toast.
“Beh, si tratta pur sempre del risultato di un esame,” le fece notare Harry.
“Un esame per il quale non ci siamo preparati con Hermione, come nostro solito,” puntualizzò Ron, deglutendo rumorosamente.
“Volete che la apra io?” insistette la ragazza.
I due scossero la testa.
“Insieme?” propose Ron.
Harry annuì, rompendo il sigillo ministeriale e recuperando la pergamena, per poi scorrere il testo della lettera con il cuore che gli martellava nel petto: era stato ammesso all’Accademia.
“Ammesso!” esultò Ron accanto a lui.
“Anch’io,” gli rispose, ricambiando il sorriso soddisfatto del suo migliore amico.
“Eravate gli unici a nutrire dei dubbi,” li prese in giro Ginny, prima di alzarsi per abbracciare prima Harry e poi Ron.
“Sono così fiera di voi, ragazzi,” aggiunse Molly, stringendoli con affetto.
“Mi sento già più sicuro all’idea che voi due sarete tutori della legge,” li incalzò con un piccolo sorriso George.
Entrambi sorrisero, felici che il gemello avesse salutato la buona notizia con una battuta.
“Arthur sarà così orgoglioso,” commentò Molly, sorridendo nuovamente ai due.
“Devo comunicare la bella notizia a Hermione,” dichiarò Ron, alzandosi alla ricerca di una pergamena.
“Ma arriverà qui più tardi,” gli fece notare Harry.
“Certo, ma non me la farebbe mai passare liscia se non le scrivessi…”
Le labbra del Bambino Sopravvissuto si piegarono in un sorrisetto divertito, perché Ron aveva completamente ragione.
“Ti rendi conto che non ci ha mai raggiunto più tardi delle 9:30 ora che i suoi sono impegnati con la riapertura del loro studio dentistico, vero?” gli fece notare Ginny.
Ron fece spallucce, mettendosi a scrivere con una penna autoinchiostrante che aveva recuperato sulla mensola del camino e Hermione quasi andò a sbattere contro il suo corpo allampanato, precipitando fuori dal camino in una nube di Polvere Volante.
“Sono arrivate?” gli domandò concitata.
Ron lasciò cadere penna e pergamena a terra per abbracciarla. “Sì! E siamo stati ammessi entrambi,” le disse, prima di farle fare un mezzo volteggio in aria e ridere con lei.
"Lo sapevo!"
Molly osservò il suo figlio più giovane, e la ragazza che era certa amasse da anni ormai, e percepì quanto davvero fosse cresciuto anche lui in questi ultimi mesi — i suoi figli erano tutti adulti, ma si augurava che avrebbero continuato ad aver bisogno di lei ancora per molto tempo, anzi per sempre...
 
*
 
L’11 agosto quell’anno cadeva di martedì e, per la prima volta da quindici anni, Abigail Ashworth avrebbe avuto l’opportunità di festeggiare il compleanno della sua primogenita — ritornata parte integrante del suo quotidiano, quando forse nessuno ci sperava più. Nessuno tranne lei, perché poteva anche non avere una sola goccia di sangue magico nel suo corpo, ma da dottoressa con alle spalle una lunga carriera — e, soprattutto, da mamma — nel proprio cuore aveva sempre serbato la speranza di tornare a incrociare lo sguardo della persona che l’aveva resa madre quando era poco più che una ragazzina. Aveva organizzato una giornata da passare insieme nelle Londra babbana, proprio come era loro tradizione fare quando Lexie era una studentessa, della scuola elementare prima e di Hogwarts poi, che adorava fare shopping a Oxford Street e passeggiare nei giardini di Kensington, lasciando che la madre le raccontasse della sua infanzia e di come avesse incontrato Edward Ashworth in quello stesso parco ai tempi degli studi in medicina.
Quella sera ci sarebbe stata una grande festa per lei e per Ginny, visto che le due condividevano il compleanno, che avrebbe dato a Lexie l’opportunità di rivedere persone che non aveva ancora avuto l’occasione di incontrare dopo il suo ritorno in Inghilterra. Conoscendo sua figlia, Abigail era più che convinta che la donna fosse già sveglia, così come sapeva che si sarebbe presa altro tempo prima di raggiungere lei e il marito per colazione — aveva compreso bene la scelta di accettare l’offerta della stanza degli ospiti che le aveva fatto Al, continuare a stare con i genitori sarebbe stato decisamente strano per una donna adulta. Sua figlia era sempre stata riflessiva, sin da piccola, non era mai stata una persona che agiva d’impulso, senza considerare le conseguenze e le implicazioni di ogni sua scelta.
In quello stesso momento, a poche miglia di distanza, Lexie era sveglia e rimuginava su quanto diverso fosse il suo compleanno rispetto all’ultimo che ricordava — un compleanno che non era neppure stato festeggiato, visto che era capitato nel mezzo della sua battaglia personale per ottenere giustizia, un compleanno in cui era stata troppo giovane per essere già vedova, un compleanno in cui non aveva fatto ritorno a casa perché sperava ancora di riuscire a trovare l’uomo che aveva trucidato suo marito e il gemello. Un lieve bussare la distolse dai suoi pensieri, costringendola finalmente ad alzarsi dal letto e aprire la porta.
“Buon compleanno, sorellona,” dichiarò Alistair, prima di abbracciarla.
“Grazie,” ribattè, trovando conforto nella presenza del fratello.
“Pronta per andare da mamma e papà?”
“Sì, ho proprio voglia dei famosi pancake di mamma e delle uova di papà…”
“A chi lo dici!”
“Ma tu hai sempre fame?”
Al si strinse nelle spalle. “Ricordati che sono un atleta…”
“Ma non hai più vent’anni, fratellino!”
Lui le rispose facendole una linguaccia e facendola ridere.
“Come faresti senza di me?” la incalzò.
“Non ne ho idea!” esclamò, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.
 
Quella sera il giardino della Tana brulicava nuovamente di invitati che, se possibile, erano ancora più numerosi di quelli che erano stati presenti al compleanno di Harry pochi giorni prima. La padrona di casa, aiutata dalla sua famiglia, aveva sistemato diversi tavoli nell’are antistante la casa, oltre a uno più grande — sovrastato da un enorme festone incantato — su cui erano stati posizionati cibi e bevande. Charlie si era occupato della musica, aiutato da Lee Jordan, Bill e Percy avevano disseminato il giardino di lanterne fatate, mentre Arthur s’era fatto assistere da Ed Ashworth per assicurarsi che i babbani non riuscissero a interrompere la serata.
“Capitano? Anche tu qui?” la voce sorpresa di Oliver Wood precedette il suo avvicinarsi insieme a Katie al tavolo in cui Alistair era seduto accanto a Lexie, oltre a svariati membri della famiglia Weasley.
“Beh, è pur sempre il compleanno di mia sorella…”
“Buon compleanno!” esclamò Katie, sorridendo alla festeggiata.
“Grazie mille… piacere, Lexie,” rispose la donna.
Oliver le strinse la mano. “Giocavi a Quidditch anche tu,” mormorò a mezza voce, “sono sicuro di aver letto di te in un registro relativo ai campionati degli anni ’70…”
“Perdonatelo, non capisce davvero nulla quando si parla di Quidditch,” ridacchiò Katie, dopo aver stretto la mano di Lexie a sua volta.
“E così tu sei la futura signora Wood,” le disse Al, stringendole la mano.
Katie annuì.
“Congratulazioni,” commentò Bill.
“Avete già desciso la data?” chiese invece Fleur.
Katie scosse la testa. “Pensiamo all’estate prossima, ma non siamo ancora sicuri se vogliamo sposarci in Scozia o qui in Inghilterra, quindi prima volevamo occuparci di quello…”
“La Scozia in estate ha giornate lunghissime e aiuterebbe molto per organizzare la cerimonia,” continuò la francese.
“Esatto e sono sicura che i miei ci terrebbero particolarmente che mi sposassi nel giardino in cui si sono sposati anche loro…”
“Ora mi ricordo! Sei stata aggredita al termine di una partita in cui avete sconfitto Serpeverde 320-40 nel 1977! Dev’essere stato splendido! Aggressione a parte, s’intende!” esclamò Oliver, attirando l’attenzione di tutti nuovamente su di sé. ¹
“Che vi dicevo?” borbottò Katie, roteando gli occhi spazientita.
Tutti scoppiarono a ridere.
“Che ho detto?” domandò Oliver, non riuscendo a ottenere una risposta dal resto dei presenti — troppo intenti a ridacchiare.
“Non sei affatto cambiato dai tempi della scuola, Ollie,” commentò Percy, riuscendo a riprendersi per primo e ritornando con la mente agli anni in cui aveva condiviso la camera con il portiere del Puddlemere. “Sempre concentrato sul tuo amato Quidditch…”
“E su Katie,” precisò l’altro, strizzando l’occhio alla scozzese.
“E su Katie, meno male…” sorrise Percy, prima di voltarsi verso la propria accompagnatrice. “Ollie, ti presento Audrey Lavall.”
“È un piacere, Audrey, lei è la mia fidanzata Katie.”
“Piacere mio e congratulazioni,” rispose l’ex Corvonero.
“Buon compleanno, Lex,” interruppe Hestia, raggiungendo il gruppo e baciando sulla guancia la bionda.
“Grazie mille!” ribattè, abbracciandola e pizzicando la guancia di Aidan che le rivolse un sorriso sdentato.
“Ma è adorabile!” esclamò Audrey, avvicinandosi, tallonata da Fleur, “quanto tempo ha?”
“Sette mesi,” rispose Hestia.
“Ti somiglia tontissmo…” aggiunse Fleur.
“Meno male…” ribattè l’Auror, imponendosi di utilizzare un tono leggero.
“Così giovane e già così di successo con il gentil sesso,” chiosò Alistair.
“Invidioso, Ashworth?” lo punzecchiò svelta Hestia.
“Nah,” il Cacciatore scosse la testa. “Sarò ben felice di insegnargli tutto ciò che ho imparato sulle donne…”
“Quindi ben poco,” lo rimbeccò sfrontata la ex Corvonero.
Alistair spalancò la bocca sbalordito, non riuscendo a trovare una risposta adatta e facendo di nuovo scoppiare a ridere i presenti.
“Se fossimo alla scuola materna, adesso lui le tirerebbe le trecce,” sogghignò Charlie, dando di gomito al fratello maggiore.
“George, hey! Eccoti finalmente!” esclamò la voce allegra di Angelina.
“Angie, benarrivata…” la salutò il gemello sopravvissuto, genuinamente felice di rivederla.
“Non devi chiamarmi così, lo sai!”
“E tu sai che non resisto a vedere quell’espressione imbronciata sul tuo viso,” le rispose svelto.
La giocatrice scosse la testa, scegliendo di non ribattere. “Ecco il regalo per tua sorella,” gli disse invece, porgendogli una busta verde e gialla.
“Grandissima!” esclamò, abbracciandola di slancio.
“Spero che le piacerà,” aggiunse la Cacciatrice, dopo che George l’ebbe liberata.
“Stai scherzando? Non ci sono dubbi!”
“Di che si tratta?” domandò Bill.
“Già, non ci hai voluto anticipare nulla,” aggiunse Charlie.
“È un invito al campo estivo di preparazione alla stagione 1999-2000 delle Holyhead Harpies,” spiegò George, sorridendo entusiasta.
“Se l’avessi saputo ti avrei fatto avere quello per il Puddlemere…” borbottò, stizzito, Al.
“Ma Ginny è una fan sfegatata delle Harpies,” spiegò George.
“Com’è giusto che sia!” aggiunse Angelina.
“Ma sentila… nemmeno giocheresti se non ti avessi scelta per la squadra!” s’infiammò Oliver.
Hestia roteò gli occhi. “Ma voi Grifondoro siete tutti così dannatamente competitivi?” domandò a Lexie.
“Temo di sì…”
“Comunque giocavi a Quidditch anche tu!” puntualizzò Al. “All’ultimo anno eravamo capitani insieme…”
“E tua sorella Megan, laggiù,” George indicò un gruppo di membri dell’ES tra cui spiccava la mora, “era decisamente super competitiva…”
“Secondo me è colpa del Quidditch,” dichiarò Percy solennemente.
“Io non giocavo, ma tifavo comunque appassionatamente!” ribattè Audrey.
“E mi pare di ricordare una tua scommessa relativa al Quidditch con Penelope,” rimarcò Oliver, incrociando le braccia.
“Caricate di capirlo, non deve essere facile ritrovarsi a essere l’unico in famiglia a non essere stato parte della gloriosa squadra di Quidditch di Grifondoro…” rincarò la dose Charlie, con un sorriso luminoso.
Percy borbottò qualcosa di inintelligibile tra sé, spingendo Audrey a baciarlo sulla guancia ormai della stressa tonalità dei suoi capelli.
“Devo dire che cominciano proprio a piacermi queste feste a casa Weasley,” sussurrò la ragazza.
“E io che speravo di convincerti a non frequentarle più…”
“Mhmm, invece spero proprio di presenziare per un lungo, lunghissimo, tempo…” ribadì, facendolo arrossire ancor di più.
 
Quando il cielo si era ormai fatto scuro, venne finalmente il momento delle torte e della canzone di compleanno per le due festeggiate, che si abbracciavano raggianti — al centro dell’attenzione.
Guardandosi intorno, nuovamente circondata da facce amiche, Lexie sentiva che ce l’avrebbe fatta a superare il dolore per le troppe perdite che l’avevano colpita; certo, aveva perso Fabian e forse non avrebbe più trovato l’amore, ma aveva avuto la fortuna di viverne uno talmente totalizzante che avrebbe potuto bastarle per il resto della vita. Ancora non riusciva a credere che Fred non ci fosse più, ma aveva ritrovato il resto dei nipoti che tanto amava e ci sarebbe sempre stata per loro; aveva detto addio a Lily e James, ma aveva anche la chance di trasformarsi in un punto di riferimento per Harry; non aveva potuto dire addio a Sirius, ma avrebbe raccontato a tutti quanto fosse stato coraggioso e leale; non aveva dato l’ultimo saluto nemmeno a Remus, ma ci sarebbe stata per il figlio neonato che sarebbe cresciuto sicuramente circondato dall’immenso amore di tutti i presenti.
“Esprimete un desiderio!” ricordò loro Arthur.
Le iridi cerulee di Lexie incontrarono quelli nocciola della nipote che aveva lasciato neonata e ritrovato donna; la più giovane le strizzò l’occhio complice, prima di stringerle la mano e soffiare insieme a lei sulla miriade di candeline, incantate per non spegnersi facilmente.
 
Più tardi, quando la musica era stata abbassata per dare occasione alla gente di parlare più facilmente, Ginny era circondata da alcuni dei suoi amici più cari.
“Allora? Qual è stato il tuo regalo preferito?” domandò Demelza.
“Mhmm, difficile a dirsi…”
“Non mi offenderò se ammetterai di aver preferito il regalo di George,” celiò Harry, baciandole la tempia.
Ginny scoppiò a ridere. “Gli allenamenti con le Harpies in effetti sono un sogno, ma una settimana di vacanza a Brighton con te è difficile da superare…”
“Sappiamo tutti che a Brighton ci puoi andare in qualsiasi momento, gli allenamenti con le Harpies invece sono unici,” ridacchiò Megan.
“Ringrazia anche tua sorella,” le rispose Ginny.
“L'avrà già fatto Angelina. Devo proprio?” domandò la gallese, mentre Morag le assestava una gomitata.
“Probabilmente ora però Alistair si sentirà in dovere di invitarti anche al campo di allenamento del Puddlemere,” aggiunse Ron.
“Se gli dicessimo che servirebbe per convincere la sorella di Megan a uscire con lui lo farebbe,” commentò Seamus.
“Come faccia a rifiutarlo, vorrei proprio saperlo!” si lamentò Hannah.
“Ah, non chiederlo a me,” fece spallucce Megan.
“Lo avete notato anche voi, eh?” ridacchiò Ginny.
“Credo che solo i Nargilli non se ne renderebbero conto…”
Se anche il commento di Luna avesse stupito qualcuno, nessuno di loro si premurò di farglielo notare.
“Comunque potrei anche accettare il suo invito, eventualmente, andrei a spiare le loro tattiche…” dichiarò Ginny.
“Non sarebbe leale,” le fece notare Hermione, spalleggiata da Neville.
La festeggiata si strinse nelle spalle. “Non credo che comunicherebbero a dei novellini le loro tecniche di allenamento segrete.”
“E poi se servisse a vincere non vedo perché non farlo,” aggiunse Dean.
“E sappiamo tutti che la qui presente festeggiata è molto competitiva…” dichiarò Harry.
“Sei stato il mio Capitano, la colpa sarà un po’ anche tua!”
“Secondo me più che altro di Angelina,” borbottò Ron.
“E siete stati fortunati a non aver a che fare con Oliver,” disse Harry, ripensando ai suoi primi allenamenti.
“E tu che Capitana hai intenzione di essere?” domandò Hermione.
“Sicuramente esigente, ma giusta e non troppo fiscale… del resto abbiamo tutti avuto un anno difficile, no?”
Gli altri annuirono, mentre Ginny si stringeva a Harry.
“Non vedo l’ora di partire,” le sussurrò all’orecchio provocandole una scia di brividi che dalla nuca raggiunsero la base della schiena.
“Anch’io…”
“Allora siamo d’accordo che va bene se vi raggiungiamo per il weekend, vero?” si premurò di assicurarsi Hermione.
“Ma certo, da venerdì a domenica,” rispose Harry.
“Anzi, il sabato sera potremmo organizzare un bonfire sulla spiaggia,” s’entusiasmò Ginny. “Dovreste venire tutti e invitare anche chi non è qui in questo momento…”
Un coro di assenso si alzò dai presenti, rendendo più vispo il sorriso di Ginny.
“Credo proprio che il mio regalo preferito sarà comunque il tuo, Harry,” sussurrò contro le labbra del ragazzo. “E non vedo l’ora di scartarlo…”
 
*
 
“Non ci pensare neanche!”
Il mattino seguente Hestia non aveva ancora messo piede in cucina, quando il tono accusatorio di sua sorella minore l’accolse con quell’esclamazione perentoria.
“Di cosa stiamo parlando?” le chiese quindi, dissimulando indifferenza.
“Delle scuse che accamperai per non venire ad assistere alla partita a cui siamo state invitate da Alistair Ashworth,” asserì la Tassorosso, incrociando risolutamente le braccia.
“Perché ci tieni così tanto che io sia presente? Il tuo invito non è subordinato al mio e mi pareva di aver capito che Morag non vedeva l’ora di accompagnarti e oltre a lei una mezza dozzina di altre tue amiche,” rispose la maggiore, prendendo posto al suo fianco e allungandosi verso il bricco del caffè. “Sappiamo entrambe che una delle ragioni per cui non vedi l’ora di prender parte all’incontro è la possibilità di infastidire Gwen,” aggiunse, posando il mento sul palmo della mano.
Megan assottigliò gli occhi, reprimendo uno sbuffo. “Esattamente come sappiamo che tu non vuoi venire perché Alistair ti piace e questo ti spaventa.”
“Questo è un colpo basso!”
Megan scrollò le spalle. “Forse, ma non puoi fingere che non sia la verità…”
“Forse non posso farlo, ma non significa che lui debba venire a conoscenza di questa verità…”
“Una volta eri senza paura, sorellona, odio pensare che quell’idiota di Tim Collins abbia influito così tanto su di te,” mormorò Megan, stringendo una mano dell’Auror tra le proprie. “Non dovresti attribuire un simile potere a una persona che decisamente non lo merita.”
“Ma quand’è che avrei smesso di essere io quella che dispensa buoni consigli, scusami?”
“Non hai smesso, hai solo dovuto prendere una pausa… sai, con l’arrivo di Aidan e tutto il resto,” Megan le strizzò l’occhio e Hestia l’abbracciò forte.
“È così strano pensare che tu sia cresciuta a non abbia più bisogno di me…”
“Avremo sempre bisogno l’una dell’altra e dovremo aiutarci nei momenti di bisogno, motivo per cui ti ingiungo di presenziare alla partita che inaugurerà il campionato del Puddlemere e dei Tornadoes.”
“Non demordi mai, eh?”
La più piccola scosse la testa con veemenza.
“Questa è una caratteristica che ti accomuna a Gwenog,” dichiarò Hestia, sogghignando.
Megan roteò gli occhi. “Dì quel che ti pare, continuerò a insistere finché non mi prometterai di esserci.”
“Se ti prometto subito che ci sarò mi lascerai bere in santa pace il caffè? Non so se non te ne sei accorta, ma tuo nipote non mi ha fatto dormire molto…”
Megan cacciò un urlo, prima di abbracciare stretta la sorella. “Sapevo che ti avrei convinta!”

 


¹ Trattasi di un mio headcanon che ho raccontato nel capitolo 24 di “Promesse da mantenere”; sostanzialmente dopo la sconfitta bruciante subita dai rivali Mulciber ha pensato bene di colpire il bolide che Madama Bumb non aveva ancora riacciuffato e ha disarcionato Lexie dalla scopa, rischiando di farle molto male, è intervenuto Silente ad attutire la caduta e a punire il colpevole.
 

Nota dell’autrice:
Eccoci qui! Ho pensato di non farcela, perché continuavo a limare alcuni dettagli e riorganizzare le varie scene, ma alla fine ce l’ho fatta.
Chi ha già letto altre mie storie avrà notato che ho un po’ una predilezione per i tramonti e questa volta è toccato a Bill e Fleur, ma chi non si fermerebbe ad ammirare il panorama quando si trova a Parigi insieme alla sua dolce metà?
Alla fine ho deciso di mostrare nel prossimo capitolo il regalo di Harry a Ginny, anche se l’allusione è più che evidente e ne avevamo già parlato un paio di capitoli fa. Il regalo di George invece è liberamente ispirato a una OS della nuova generazione di Rosmary, in cui Albus Severus viene invitato agli allenamenti del Puddlemere dal cugino Fred Jr.
Nel prossimo capitolo rivedremo anche più Ron e Hermione, poveri, e torneremo in Francia — questa volta con Percy e Audrey — oltre che andare a Brighton. Dal successivo si torna alla vita reale: Hogwarts, Accademia, lavoro…
Spero, come sempre che la storia continui a piacervi, io sinceramente mi emoziono mentre la scrivo.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: inzaghina