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Autore: UnGattoNelCappello    25/05/2020    1 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13

Casanova just can’t turn the charm on

 
 

N/T: Ciao a tutti! Ancora una volta, il titolo è stato lasciato in inglese perché preso da una canzone: “Rhode Island”, dei The Front Bottoms.
 

 

Il cielo è di un mistico colore violetto quando Kei si sveglia per la quinta volta quel giorno. Le nuvole hanno un aspetto scuro e insidioso mentre avanzano sopra i tetti. Non riuscirà ad addormentarsi stanotte; ha dormito letteralmente quasi tutto il giorno. La sera ha portato un freddo non indifferente nella stanza di Kei attraverso la finestra aperta.

Si è addormentato seduto sul pavimento, con la testa appoggiata sul letto. Gli occhiali premuti contro il viso probabilmente gli hanno lasciato degli strani segni sulla pelle. Gli farà male il collo per i prossimi giorni. Ma non se ne pente.

Il braccio di Yamaguchi spunta fuori dalle coperte. È caduto sopra le spalle nude di Kei, le punte delle dita sfiorano leggermente le sue scapole appuntite. Kei gira la testa per appoggiare la tempia sul materasso. Trattiene un respiro all’acuto dolore al collo ma cerca di ignorarlo. Osserva l’avambraccio di Yamaguchi.

A Kei sono sempre piaciuti i suoi avambracci. Sopra sono abbronzati come il resto della pelle di Yamaguchi, sotto più pallidi (non pallidi come la pelle di Kei, neanche lontanamente, ma pallidi in relazione a Yamaguchi). Le lentiggini gli punteggiano i gomiti per poi scemare qualche centimetro più sotto. Gli avambracci ne sono privi. Il lato inferiore è anche privo dei sottili peli scuri che coprono il resto del suo braccio. La pelle chiara in quel punto deve essere molto morbida. Kei si morde il labbro inferiore. Solleva le mani dal grembo. Piano, fa scorrere il polpastrello del suo indice lungo l’avambraccio di Yamaguchi. È morbido e liscio, proprio come aveva immaginato.

Il dito di Kei si blocca quando il polso che poggia sulla sua spalla si muove leggermente. Nel sonno, Yamaguchi preme quasi impercettibilmente le corte unghie della mano nella schiena di Kei. La sensazione va dritta al suo pene. Kei sgrana gli occhi e il suo respiro controllato lo abbandona. Chiude la bocca, pensando che si noti di meno se respira dal naso.

Il suo dito ripercorre all’indietro il suo percorso lungo il braccio di Yamaguchi fino all’incavo del suo gomito. Di nuovo, le corte unghie gli premono contro la schiena. È più che altro la punta delle dita a premere, ma fa comunque girare la testa a Kei. Yamaguchi che gli afferra la pelle in quel modo, come a rivendicarla per sé – anche solo il pensiero è troppo.

Gli ritorna il buon senso e rapidamente riporta la mano al suo fianco. Sbuffa fuori un respiro affannato.

Cattivo amico, si rimprovera come se fosse un cagnolino disobbediente. Cattivo, cattivo Kei.

Si toglie il braccio magro dalle spalle e lo poggia affianco a Yamaguchi, sopra le coperte. Yamaguchi se lo porta immediatamente al petto e si gira dall’altra parte. Kei osserva la macchia di bava lasciata sul cuscino con un sospiro.

Sul comodino, il cellulare di Yamaguchi si accende. È come un faro nella stanza altrimenti buia. Kei si mette in ginocchio e avanza verso di esso. Hinata lo guarda allegro dallo schermo con una palla in equilibrio sulla testa, e uno sfocato Kageyama gli rivolge il dito medio sullo sfondo. Kei prende il telefono in mano. Cammina in silenzio fino alla cucina dopo essersi infilato una maglietta.

“Che c’è?” risponde.

“L’hai fatto?” chiede allegramente Hinata.

“Fatto cosa?”

“Huh?”

“Che cosa dovrebbe aver fatto?”

“Aspetta.” Hinata fa una pausa. “Tsukishima?”

“Sì.”

“Hey, che cavolo? Bene! Non sei morto allora!”

Che cosa doveva fare Yamaguchi? Vuole chiedere Kei. Ci riflette per qualche secondo prima di rispondere. Scuote la testa come per schiarirla dai confusi pensieri che ci rigirano dentro; non serve a niente fare congetture, e Kei è già abbastanza confuso così. Si abbassa per aprire lo sportello del frigorifero. La pallida luce all’interno riempie la cucina. Gli brontola lo stomaco.

“Non sono morto,” conferma infine Kei. “Ti serviva qualcosa?”

“Sei con Yamaguchi? Non fare ammalare anche lui! Specialmente visto che è arrivato il weekend!”

“Non sono malato.” Kei interrompe la domanda seguente di Hinata con, “Domani vengo agli allenamenti.”

“Mitico! Perché hai risposto al cellulare di Yamaguchi?”

“Sta dormendo.”

 C’è un rumore di schiocco dall’altra parte della linea e Kei allontana il telefono dall’orecchio. Una cacofonia di voci reagisce a diversi livelli di entusiasmo. Kei tira fuori una soda dal frigorifero e chiude lo sportello. La cucina viene nuovamente riempita dal buio e il ragazzo sbatte le palpebre cercando di riabituare la vista.

“Dove sei?” chiede Kei.

“Al parco con Tanaka e Noya-san.” C’è un rumore quando il telefono viene strofinato contro qualcosa e Hinata bisbiglia in tono frivolo, “Hanno delle birre.”

C’è un’esplosione di proteste sullo sfondo e Kei alza gli occhi al cielo.

“Hanno detto di non dirtelo. E poi hanno detto di non dirti che hanno detto di non dirtelo.”

“Siete al parco? Ma è notte,” dice Kei.

“Cos-? Non sono neanche le otto.”

“Merda, davvero?” Kei allontana di nuovo il telefono di Yamaguchi dall’orecchio e controlla l’orario in cima allo schermo. Tiene poi il telefono stretto tra l’orecchio e la spalla mentre apre la lattina di soda.

“Già, davvero. Perché cavolo Yamaguchi sta dormendo?”

“Sta dormendo e basta.”

“Non dovrei essere sorpreso,” dice Hinata. “Comunque, voi due dovreste venire qui!”

“Non credo.”

“E dai,” si lamenta lui.

Kei fa un suono evasivo.

“Allora sveglia Yama e ridagli il telefono così posso dire a lui di venire.”

Kei prende un lungo sorso di soda e valuta le sue opzioni, portandosi una mano al fianco. Ormai è sveglissimo e probabilmente non si riaddormenterà molto presto. Senza menzionare il fatto che non c’è scuola domani, e se esce potrebbe prendersi da mangiare da qualche parte. Il suo stomaco brontola di nuovo in accordo con lui. Sospira rivolto al telefono e pensa che, ad ogni modo, dovrebbero andare solo per fare i babysitter a Hinata. Kei rispetta Tanaka e Nishinoya, ammettendo allo stesso tempo che quei due non sono le migliori influenze possibili.

“Ok, veniamo.”

Kei chiude la chiamata prima di dover sentire gli acuti strilli di approvazione di Hinata. Si ferma con il dito sopra il pulsante di blocco. Inclina la testa e stringe gli occhi osservando lo sfondo del cellulare di Yamaguchi.

È la foto di loro due che ha fatto Hinata; quella in cui Yamaguchi indossa gli occhiali di Kei. Nella foto, Kei guarda di lato e Yamaguchi rivolge uno sguardo brillante alla fotocamera con un enorme sorriso sfrontato. Inspiegabilmente, Kei si sente più leggero. Le icone sullo schermo coprono la maggior parte delle loro facce, ma è il pensiero che conta. Kei sente che il cuore potrebbe catapultarglisi fuori dal petto attraversando tutti gli strati di muscoli e pelle e poi – splat! – esplodere dappertutto sul pavimento della cucina.

Sbatte rapidamente le palpebre quando la cucina viene avvolta in un’intensa luce bianca.

“Avvertimi prima,” si lamenta.

“Scusa, Tsukki,” ridacchia Yamaguchi. “Non trovo il mio–”

“Eccolo,” lo interrompe Kei.

Porge il cellulare a Yamaguchi quando lui si avvicina dall’altro lato del tavolo. Yamaguchi lo prende esitante. Ha gli occhi stanchi e si è rimesso la giacca, anche se gli pende da una spalla. Ha un aspetto adorabilmente scompigliato. La calma atmosfera che circonda costantemente Yamaguchi gli si accoppia ancora meglio quando appena sveglio.

“Ha chiamato Hinata,” continua Kei, “e non volevo svegliarti.”

“Grazie.”

“Bello sfondo,” gli dice.

Yamaguchi fa un gran sorriso e si infila il telefono in tasca.

“Certamente è meglio del tuo, Tsukki,” lo prende in giro, con un pizzico di rossore che gli sboccia sulle guance. “Una di quelle noiose foto predefinite che stanno già sul telefono quando lo compri.”

“Hey. Non c’è niente di male con le montagne. O i tramonti.”

“Certo che no, Tsukki.”

“Mi stai prendendo in giro.”

“Certo che no, Tsukki,” ripete lui sfacciatamente.

Kei fa un suono pieno di finto scetticismo. Yamaguchi gli sorride raggiante. Poi passa dall’altra parte del tavolo, vicino a Kei. Afferra la sua soda e prende un piccolo sorso.

“Perché Hinata ha chiamato, comunque?” chiede, la voce leggermente roca dal sonno.

“È al parco con Tanaka e Noya-san.”

“Ah sì?”

“Già,” risponde Kei.

Lancia un’occhiata a Yamaguchi con la coda dell’occhio.

“Ti va una birra?”

 

________

 

Yamaguchi e Kei trovano gli altri all’entrata del parco più vicina a casa di Nishinoya. I tre sono seduti in un triangolo ma si spostano per accomodarli quando arrivano. Il parco è completamente vuoto, come Kei aveva immaginato, specialmente dopo la pioggia di prima. Fa scivolare una mano sopra l’erba per assicurarsi che sia del tutto asciutta prima di sedersi tra Hinata e Tanaka. La lattina bianca nelle mani di quest’ultimo brilla scialba sotto le distanti luci dei lampioni.

“Non ci credo che siete venuti veramente,” ride Nishinoya.

“Siamo venuti solo per assicurarci che Hinata non esageri.”

“Eh?” dice Hinata, girando la testa di scatto per guardare Yamaguchi. “Che vuoi dire?”

“La birra?” offre Kei.

“Non stai bevendo, vero Shouyou?”

Hinata ha un aspetto assolutamente scioccato.

“Certo che no! Non voglio morire!”

Kei scoppia apertamente a ridere. Gli altri hanno delle espressioni similmente divertite.

“L’abbiamo già tormentato per quello,” gli dice Tanaka. “È il migliore, vero?”

Kei lancia un’occhiata alle due lattine ancora chiuse annidate nell’erba al centro dello sconclusionato cerchio che hanno formato. Altre due risiedono nelle mani di Tanaka e Nishinoya, per un totale di quattro. Hinata si appoggia contro il fianco di Yamaguchi con le braccia strette intorno alle ginocchia. Solo le punte delle dita gli spuntano dalle maniche della sua felpa verde (o forse blu scura o nera: è troppo buio per capirlo).

“Dove le avete prese?” chiede Yamaguchi toccando piano con il piede una delle lattine a terra.

“Me le ha date mia sorella.”

“Quanto è fica, eh?” adula Nishinoya.

“Super fica,” concorda Yamaguchi.

“Ne vuoi una, Tadashi?”

Nishinoya si è alzato sulle ginocchia prima ancora che Yamaguchi possa rispondere. Gattona in avanti e prende la birra che Yamaguchi ha appena toccato. Gliela porge scuotendola davanti a lui in modo invitante, alzando le sopracciglia come se pensasse di convincerlo così. A quanto pare funziona.

“Sì, okay,” Yamaguchi alza le spalle.

“Aspetta un attimo prima di aprirla o esplode,” gli dice Kei. “Noya-san l’ha scossa.”

“Okay, Tsukki.”

“Non l’ho fatto apposta!” insiste Nishinoya.

“Non ho detto questo.”

Tanaka gli dà un colpetto con il gomito. “Tsukishima, vuoi l’ultima?”

“No. Allora, quattro birre, eh? Voi ragazzi sapete davvero come spassarvela,” dice impassibile.

“Dice quello che non ne beve neanche una,” lo rimbecca allegro Tanaka.

Yamaguchi suggerisce, “Tu e Hinata potete divedervi l’ultima.”

“Assolutamente no. Chissà dov’è stata quella bocca.”

“Oh – oh mio Dio!” sputacchia Nishinoya e un po’ di birra gli sgocciola sul mento. “Era una battuta sporca quella, Tsukishima? Però, che tempistica!”

“Incredibile!” ruggisce Tanaka.

“Hey! Che cosa vorrebbe dire?!”

“Prendi tu l’ultima se vuoi, Ryū. Sono tue, dopotutto.”

“Sempre dalla mia parte, Noya!” replica Tanaka facendo finta di asciugarsi una lacrima.

“Lo sai, fratello!”

Si lanciano un braccio attorno alle spalle simultaneamente, prendendo un sorso dalle rispettive lattine. Kei pensa che quei due farebbero uno spettacolare numero da circo. I suoi occhi guizzano verso Yamaguchi, che sta anche lui bevendo. Il suo pomo d’Adamo va su e giù mentre deglutisce. Kei distoglie lo sguardo. Gli altri iniziano una stimolante discussione su ‘chi sarà il primo della squadra di Karasuno a perdere i capelli’ e la mente di Kei inizia subito a vagare altrove.

Lo sguardo gli ritorna su Yamaguchi e pensa, come te lo dirò? E quando lo farò, che cosa rimarrà di me?

Forse lo farà quando staranno tornando a casa insieme dopo un lungo allenamento, solo loro due. Kei trascinerà Yamaguchi sotto l’unico – inspiegabilmente – lampione acceso, perché è più facile per Kei concentrarsi se le lentiggini di Yamaguchi sono tutto quello che vede. Forse gli basterà guardare il suo viso e le parole inizieranno a riversarsi fuori dalla sua bocca, calme e dolci come il miele.

Kei si sta prendendo in giro, ovviamente. Inciampa sulle parole anche quando parla a Yamaguchi solo nella sua testa. Anche solo il pensiero di dichiararsi lo riempie di panico, come se avesse dimenticato qualcosa di cruciale. Stringe le dita in un pugno. Forse gli va l’ultima birra, dopotutto.

“Ennoshita-san, probabilmente,” contribuisce Kei, aggiungendosi alla conversazione “Per dover avere a che fare con voi tutti i giorni.”

“In effetti è una buona osservazione,” nota Nishinoya.

Tanaka annuisce. “Totalmente.”

Yamaguchi ride e cambia posizione sedendosi sulle ginocchia. Della birra si rovescia dalla lattina che tiene in mano e finisce sulla manica di Hinata.

“Non fa niente. Tanto è di Kageyama. Versacene anche altra se vuoi.”

“Problemi in paradiso?” scherza Tanaka lanciando la sua lattina vuota ai piedi di Yamaguchi.

Nishinoya fa un rutto rumoroso prima di chiedere, “Perché ce l’hai tu?”

“Me l’ha data prima quando stava piovendo. E poi mi ha fatto arrabbiare, quindi me la sono tenuta quando me ne sono andato,” Hinata scrolla le spalle. Raccoglie le braccia all’interno della felpa e le maniche vuote gli cadono ai fianchi. Yamaguchi gli dà un colpetto con la spalla.

“Sei arrabbiato con lui? È per questo che non è venuto?”

“Non è venuto perché è rimasto ad allenarsi con Yushin,” sbuffa il rosso,

Kei sospira e si chiede se Kageyama sia sempre stato così ignaro di tutto. Tanaka si dimena sul posto dove è seduto, andando a sbattere contro il fianco di Kei, e si raddrizza solo dopo essere riuscito a prendere il cellulare dalla sua tasca. Spinge sui tasti e poi lo rimette via approssimativamente quattro secondo più tardi.

“Gli ho appena detto di portare qui il culo,” dichiara fieramente il ragazzo.

“E deve per forza ascoltarti, perché sei il suo senpai.”

“Hai dannatamente ragione, Noya.”

“Non so se i privilegi da senpai includano forzare i compagni di squadra a riversarsi in un parco vuoto di notte per guardarti bere birra e spettegolare cui capelli degli altri,” afferma Kei.

“Allora che senso ha?” domanda seriamente Nishinoya.

“Verrà,” dice Tanaka, ma non ha l’aspetto troppo sicuro. Riafferra il suo telefono da terra e aggiunge, “Gli dico che c’è anche Hinata. Allora verrà sicuramente.”

Yamaguchi dà un altro colpetto alla spalla di Hinata come a dire, visto? È tutto a posto, e Hinata gli rivolge un sorriso che sembra quasi timido. Yamaguchi distoglie lo sguardo da lui e si sporge per raccogliere la lattina vuota di Tanaka da terra. La pianta nell’erba accanto alla sua, ormai vuota. Sono schierate in riga come soldati. Yamaguchi le tiene sotto controllo con una mano aperta finché non è sicuro che siano stabili. Poi si risiede indietro.

“Tanaka-senpai,” chiama Kei.

“Hm?” fa Tanaka distrattamente. La luce dello schermo del cellulare gli colora il viso di una strana sfumatura violacea.

“Potrei avere l’ultima, per favore?”

“È così che si fa,” concorda lui.

È Yamaguchi che gattona in avanti per prendergliela. Gliela porge allungando un braccio davanti Hinata e Kei lo ringrazia. Per un secondo stringono ognuno un lato della lattina come se fosse un testimone di una gara a staffetta.

“Facciamo a metà?” Aggiunge.

“Certo, Tsukki.”

Kei apre la lattina con uno schiocco e il suono riecheggia nel parco. La riporge a Yamaguchi. Nishinoya li osserva con un sorriso scherzoso.

“Quello l’hai fatto per essere gentile o solo perché non vuoi berla tutta?”

“La prima che hai detto,” risponde Yamaguchi prendendo la prima sorsata.

Kei li guarda entrambi minaccioso ma accetta la lattina quando Yamaguchi gliela porge.

“Mi chiedo che cosa stia facendo Kyoko-san in questo momento,” dice Tanaka in tono nostalgico.

“Anch’io,” concorda Nishinoya con vigore.

“Probabilmente non sta pensando a voi due.”

Yamaguchi scoppia in una fragorosa risata e Kei si rallegra a quel suono. Anche i due ragazzi del terzo ridacchiano, anche se Kei era sicuro che se la sarebbero presa. Non è l’unico ad essere cambiato in quest’anno.

“Nah, scommetto che ha cose più importanti da fare.”

“Ben detto, Ryū.”

È in momenti come questi che Kei si sente davvero un adolescente. Fare il ribelle non è il suo forte – semplicemente non gliene frega abbastanza – ma cavolo se non si sente giusto un po’ elettrizzato al momento, con la fredda condensa della birra contro il suo palmo. Chiunque potrebbe capitare vicino al gruppetto al limite del parco quella sera. Potrebbe passare di lì anche Ennoshita (sono vicini alla scuola, dopotutto) e prenderli a calci nel sedere. Come vicecapitano, Yamaguchi probabilmente non dovrebbe legittimare questo comportamento dai suoi compagni di squadra. Kei pensa di menzionare la questione ma invece si limita a portare la lattina alle labbra. Ha un sapore orrendo e Kei si sente più vivo, giusto un po’.

Vuole inseguire questa sensazione. Lancia un’occhiata a Yamaguchi nella quasi totale oscurità e trova la sua mano tesa verso la sua. Kei gli porge la birra con piccolo, privato sorriso. Il sapore gli indugia sulla lingua.

Gli ricorda il bicchiere di vino che ha avuto da sua zia quando aveva tredici anni. È stato un mero errore di giudizio parte sua. Kei non la incolpa minimamente. Non l’ha neanche mai detto a sua madre, ma non ha più visto molto sua zia dopo quella visita. Aveva recentemente divorziato da suo zio e lo stress le aveva lasciato dei profondi solchi sul viso e le ossa pesanti. Si chiede distrattamente come stia questi giorni. Spera onestamente che stia meglio, visto che la nostalgia dipinge d’oro anche i ricordi più annebbiati. Forse chiederà a sua madre.

“Yamaguchi, è quella la stella polare?”

“Non ne sono sicuro. Ma non sembra abbastanza luminosa.”

“Aiutami a trovarla.”

“Okay. Abbassa la mano, Shouyou, mi serve la visuale libera.”

Kei non ricorda molto del periodo successivo al divorzio dei suoi genitori. Suo padre si era levato di torno un minuto dopo aver firmato i documenti, o così ricorda Kei (aveva solo sei anni al tempo). Kei si sforza spesso di non pensarci. La perdita di qualcosa una volta così familiare e costante gli ha scavato un profondo buco nello stomaco. Pensa a come sarebbe perdere Yamaguchi, e che cosa ne sarebbe di lui. Ma non lascia sé stesso riflettere su queste eventualità; non più.

Sua madre aveva ragione. Lui e Yamaguchi non sono i suoi genitori. Non sono sua zia o suo zio. Non sono nessuna delle coppie idiote con cui vanno a scuola e non sono dei personaggi in un melodramma i cui prevedibili futuri sono messi in scena per centinaia di spettatori. Loro non sono superficiali.

Kei è piuttosto sicuro che gli aspetti buoni, dorati, luminosi di lui insieme a Yamaguchi avranno più importanza di quelli brutti, imperfetti, sfortunati.

“Hey,” ansima Kageyama, emergendo dagli alberi come un cavolo di fantasma.

Tutti e cinque i ragazzi sobbalzano al suono. Hinata e Yamaguchi emettono anche un acuto strillo, stringendosi l’uno all’altro impauriti.

“K-Kageyama?” chiede Hinata, guardando ad occhi stretti dietro i ragazzi del terzo.

“Sì?” risponde lui, piegandosi. “Chi altro dovrebbe essere?”

“Non lo so. Un cacchio di assassino?”

“Seriamente, perché sei venuto da lì invece di seguire il sentiero?” implora Kei in tono monotono.

“Era più veloce così.”

“Perché hai il fiatone?” chiede Tanaka, appoggiandosi indietro sulle mani.

“Ho corso fino a qua.”

Hinata interviene, “Dalla palestra?”

Kageyama sbatte gli occhi. “Ero a casa, Hinata.”

“Beh, siediti. Abbiamo finito la birra,” gli dice Tanaka.

Kageyama si fa strada intorno al cerchio e si infila tra Kei e Hinata senza neanche dare tempo a Kei di spostarsi. Hinata sembra compiaciuto dell’intrusione e lascia finalmente la presa su Yamaguchi.

“Birra?” ripete l’alzatore. Si rivolge a Hinata dicendo, “Tu hai bevuto una birra? Non ci credo.”

“Allora per una volta hai ragione, perché non l’ho bevuta,” lo aggredisce il rosso.

“Idiota, per una volta?” abbaia Kageyama.

Hinata fa un suono affermativo e si muove più vicino a lui. Kageyama sposta una gamba dall’altro lato di Hinata e lui si sistema tra le sue gambe. Kei si sente come se stesse assistendo a qualcosa a cui non dovrebbe, o qualcosa che prima non pensava davvero esistere – come la fatina dei denti o Babbo Natatale. Un’occhiata a Yamaguchi gli conferma che anche lui è stupito. Scuote la testa per liberarsi da quell’espressione quando nota che Kei lo sta fissando. Il ginocchio di Kei preme contro la cosca di Kageyama quando il ragazzo si sporge sopra alla coppia per posare la ora tiepida birra nel palmo aperto di Yamaguchi.

Hinata cinguetta, “È quello che ho detto!”

“Ho ragione un sacco di volte.”

“Ah sì?” sbuffa lui. “Tipo quando?”

“Tipo ogni singola volta che ti chiamo un idiota?”

Kei ridacchia. “Non ha torto.”

“Tsukishima, dammi tregua!”

“Impossibile,” risponde piatto Kei.

Tanaka commenta, “Non penso che conosca il significato di quelle parole.”

“Se mai Tsukishima si troverà una ragazza, faccio tre volte di corsa il giro di questo parco, nudo, in pieno giorno,” annuncia Nishinoya.

“Allora vai e fallo, Noya-san,” dice Kei alzando gli occhi al cielo.

“Ma per favore,” si intromette Yamaguchi, “Tsukki ha probabilmente ricevuto più dichiarazione di tutti noi messi insieme.”

“Le hai contate, Yamaguchi?” chiede Kageyama sporgendo la testa in avanti per poggiare il mento sulla spalla di Hinata. Lo circonda con le braccia per mettere le mani nelle tasche della felpa di Hinata – o tecnicamente, la sua.

“No. Ho detto probabilmente, no?” risponde con disinvoltura Yamaguchi.

“Basta così,” ordina Kei agitando una mano sdegnoso.

“Hai ancora la mia felpa?” chiede Kageyama a Hinata in tono sbrigativo.

Hinata sbuffa, “E anche se fosse?”

“Niente. L’ho solo notato.”

Tanaka cambia argomento, “Sai, Kageyama, Noya pensa che diventerai pelato prima dei quarant’anni.”

“Noya-san!”

“Scusa, Kageyama! È solo perché adesso hai capelli così setosi!”

“E che c’entra?” chiede Kei.

“Beh, ha usato tutta la sua fortuna con i capelli adesso. Non può continuargli anche da adulto, giusto? Ha senso come cosa, no?”

Kei lo guarda stringendo gli occhi.

“Ti sto pregando, Nishinoya, per favore apri un libro.”

Kageyama interviene, “Pensi che i miei capelli siano setosi?”

“Assolutamente.”

“Grazie, Noya-san.”

“I capelli crescono anche dopo che muori?” domanda Yamaguchi, sporgendosi per aggiungere la lattina vuota sua e di Kei alla linea che ha formato ai suoi piedi.

“È solo un mito.”

“Ah sì, Tsukki?”

“Veramente?” aggiunge Kageyama.

“Sì. La matrice delle cellule che si dividono per allungare i capelli ha bisogno di ossigeno per bruciare il glucosio che– ”

Nishinoya emette un lungo gemito sofferente. Kei distoglie lo sguardo da Yamaguchi per lanciargli un’occhiataccia.

Tanaka ride, “Sono con lui, amico. Mi servono almeno altre sei birre se devi continuare con questi discorsi.”

“Quello che voglio dire è che,” continua Kei, “una volta che il tuo cuore smette di battere, il corpo non pompa più l’ossigeno necessario per–”

“Tsukishima, ti scongiuro,” lo prega Nishinoya.

Kei alza le spalle “Me l’hanno chiesto.”

 

________

 

“Come ti senti?”

“Ok. Bene. Ho un po’ di caldo.”

Kei e Yamaguchi camminano così vicini che le loro braccia si sfiorano ad ogni passo.

“E te?”

Kei lo guarda di sbieco e risponde, “Uguale.”

Yamaguchi fa una risata allegra.

“Penso che potresti bere dieci birre e saresti ancora del tutto in controllo di te.”

“Non penso che testerò quella teoria tanto presto.”

“Se riuscissi a procurarmi dieci birre, le berresti con me?” chiede Yamaguchi.

“E come ci riusciresti, di preciso?”

Lui scrolla le spalle. “Ipoteticamente.”

Kei scrolla le spalle in risposta. “Forse.”

“Forse?”

“Probabilmente, Tadashi.”

Nonostante senta caldo, Yamaguchi si tiene ancora la giacca stretta intorno al corpo. Non si capisce mai se farà caldo o freddo nelle serate di inizio primavera. Kei sta bene con la sua felpa, ma la darebbe a Yamaguchi se gliela chiedesse. Gli si alzano gli angoli della bocca. Che cliché, pensa rimproverandosi.

“Perché hai fatto quella faccia, Tsukki?”

“Stavo solo pensando ai cliché.”

“Oh,” dice Yamaguchi, “tipo baciarsi sotto la pioggia?”

“Sì,” risponde Kei dopo un momento.

Aspetta che Yamaguchi si metta ad elencarne altri ma lui si ferma dopo quello. Kei pensa a come sarebbe crudele se iniziasse a piovere in quel momento. Yamaguchi inizia a saltellare tra un passo e l’altro e Kei aggiusta la sua andatura per adattarsi a lui.

“Hai visto come stavano seduti Kageyama e Shouyou?”

“Sì.”

“È stato piuttosto inaspettato!”

“Eppure no, allo stesso tempo.”

Yamaguchi fa un suono pensieroso.

“Deve essere piacevole sedersi così con qualcuno,” commenta in modo malinconico, “così vicini e comodi…”

Kei annuisce. È completamente d’accordo, ma ha una sola persona in mente.

“Lo pensi anche tu, Tsukki?”

“Forse sì.”

“Già,” Yamaguchi sospira. Kei rischia un’occhiata nella sua direzione.

“Puoi sederti così con Matsuda-san,” accenna Kei.

Yamaguchi scuote la testa. “Lei è più bassa di me, quindi starebbe davanti. Sarebbe lei con il mio mento sulla sua spalla.”

Kei è disgustato da quell’immagine. Stringe i denti e chiede, “E quindi?”

Quindi,” ripete Yamaguchi, “forse voglio essere io quello davanti.”

“Vuoi un mento sulla spalla.”

Yamaguchi fa oscillare le braccia, alzando i palmi per strofinarsi il collo.

“Sì. Forse è così.”

Seriamente, quand’è che un aspetto della relazione di Kageyama e Hinata è diventato un loro obbiettivo?  Kei sospira. Vuole posare il suo mento sulla spalla di Yamaguchi e sentire la sua schiena premuta contro il suo petto, ma vuole anche trovare delle posizioni che siano solo loro. Vuole sedersi fianco a fianco a lui con le loro gambe che si toccano. Vuole sedersi a gambe incrociate con Yamaguchi sul suo grembo, e forse Kei poserebbe la fronte tra le sue scapole. Non importa la posizione, veramente, perché in ogni caso sarebbero vicini, e a loro agio. Proprio come vuole Kei – proprio come vuole Yamaguchi. Inizia quasi a vibrare al pensiero.

“Tsukki?”

“Che c’è?”

“Hai più iniziato quella lista delle tue qualità?”

Kei si guarda i piedi mentre camminano.

“Non ancora,” risponde. “Perché?”

“Ci stavo solo pensando,” dice Yamaguchi leggero.

“Ah sì?”

“Già. Avresti dovuto chiedere agli altri prima. Ti avrebbero potuto aiutare anche loro.”

Kei fa una risata patetica. “Assolutamente no.”

“Perché no?” chiede distrattamente Yamaguchi alzando lo sguardo alla luna.

“Perché no.”

“Pensavo che se non altro la birra ti avrebbe sciolto la lingua,” sbuffa lui.

Kei alza gli occhi al cielo e segue lo sguardo di Yamaguchi. I suoi occhi guizzano tra le stelle più brillanti.

“Se mai inizierò una lista dei miei tratti negativi, saranno le prime persone a cui chiederò.”

Yamaguchi mormora. “Non penso che sarebbero molto d’aiuto in quel caso.”

Kei guarda Yamaguchi, corrugando le sopracciglia. Smette di camminare.

“Sei troppo gentile con me,” gli dice.

Anche Yamaguchi si ferma. Incontra lo sguardo di Kei e sorride lentamente.

“Non si può mai essere troppo gentili con Tsukki,” risponde.

Kei distoglie a forza gli occhi dal suo viso, con la paura che se guardasse troppo a lungo, Yamaguchi sarebbe in grado di vedere tutto l’amore che risiede lì. Fa un passo esitante nella direzione in cui stavano camminando. Yamaguchi lo segue e proseguono nuovamente lungo la strada. La piccola casa di Yamaguchi è visibile in lontananza, la porta dipinta di rosso illuminata dalle fioche luci del portico. Sente gli occhi di Yamaguchi su di sé. Percepisce il morbido sorriso che gli rimane sulle labbra.

“Guai a te se inizi una lista di difetti,” lo rimprovera Yamaguchi.

“Non lo farò.”

“Perché la squadra non ti aiuterà a farla. E meno che tutti io.”

“Se lo dici tu,” risponde Kei con sprezzo.

“Lo sai che piaci a tutti loro, vero, Tsukki?”

Kei sgrana gli occhi e incurva le spalle istintivamente.

Yamaguchi continua piano, “Sei loro amico.”

“Lo so, lo so,” dice Kei, tenendo la testa bassa.

“Hey. Sono serio.”

“Okay. Va bene.”

Yamaguchi lo fissa con occhi grandi per qualche altro secondo prima di scoppiare in una risata melodica.

“Scusa, Tsukki. Sono stato troppo serio, eh? Vero, Tsukki?”

“Forse,” dice Kei, le orecchie arrossite.

“Ma non mi rimangio niente, Tsukki.”

“O-kay, Tadashi,” risponde lui esasperato.

“Okay. Non ne parlo più.”

Kei gli rivolge un sottile sorriso di gratitudine.

“Mi indichi qualche costellazione?”

“Certo, Tadashi.”

 

 

  
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