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Autore: Enchalott    26/05/2020    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Trattativa in corso
 
“Sembra che dal mondo sia scomparso ogni colore” osservò Aska Rei, scrutando con mestizia il grigiore del paesaggio che si spiegava aspro ai suoi piedi.
Dare Yoon fece avanzare il cavallo sullo sperone roccioso dal quale avrebbero dovuto intravedere l’oceano, ma non riuscì a distinguere nulla. La pioggia sottile era tornata a cadere con indifferenza dopo il fenomeno inspiegabile e sconvolgente cui avevano assistito il giorno precedente, scampando fortunosamente alla sua furia.
“Meglio questo che il terremoto e l’uragano di ieri” commentò poi “Spero che la frana che ostruisce la strada per Jarlath non si sia ampliata e che non se ne siano verificate altre… o i tempi previsti per l’esodo via mare si allungherebbero notevolmente”.
“Gli dei non vogliano” sospirò il capitano, sistemandosi il cappuccio sulla testa e spronando il destriero verso sud, affiancato dal compagno “Piuttosto, hai riflettuto sul modo migliore per portare Tsambika dalla nostra parte? Con quello che mi hai raccontato di lei, si prospetta un’impresa titanica”.
Il soldato rimuginò sulle vicende passate, in merito alle quali aveva informato nel dettaglio l’amico durante il faticoso tragitto attraverso le montagne: sia per metterlo in guardia da quella serpe infida sia per ascoltare la sua schietta opinione.
“Mh… stavo meditando di rivolgermi direttamente a Dalian. In fondo è lui il nuovo comandante e l’ultima parola è la sua… non è certo un modello di virtù, ma mi è parso meno dissennato e più collaborativo rispetto alla compagna d’avventure. Inoltre, ha una fifa indiavolata del reggente, elemento non trascurabile”.
Aska Rei ridacchiò, conoscendo quale immenso fastidio stesse attraversando Dare Yoon al solo pensiero di dover rincontrare quella donna.
“Credimi” gli disse scrollando la testa “Se quei pirati hanno giurato fedeltà a Tsambika, anche se sulla carta non è più lei il capitano, non si scolleranno dalla loro dedizione nei suoi confronti. Soprattutto se è capace di cavar loro gli occhi con un cucchiaino spuntato, come ho inteso. Seguiranno lei, non il suo secondo… la nomina imposta dal reggente non ha alcun valore per tipi come loro”.
“Possiamo sempre raccontare che Anthos ci osserva da lontano… non oseranno disobbedire, lui li spaventa ben di più di qualunque punizione”.
“Andiamo, Yoon” sospirò il capitano, alzando gli occhi al cielo “lo sai anche tu che ho ragione. Capisco che tu disprezzi profondamente quel bucaniere in gonnella e che ne abbia ben donde, ma qui non si tratta né di te né di lei… non ritengo sia così stupida da anteporre l’orgoglio e l’interesse privato alla morte certa. Se ti pesa tanto trattare per via dei trascorsi, le parlerò io. Tu potrai sfidarla a duello e risolvere finalmente la questione che ti tormenta, ma solo quando saremo salpati con tutti i rifugiati a bordo. Che ne dici?”.
“Tsk!” sbuffò il vice “Adara l’ha perdonata, ha persino impedito al principe di decapitarla… se dovessi fare una cosa del genere perderei la stima che la principessa ha di me. Mi ha chiesto di convincerla ad aiutarci, non di ammazzarla”.
“Tu credi che Tsambika se ne starà posata su un pennone come un angioletto oppure che quantomeno tenterà una mossa scorretta e audace?” domandò Rei, serio.
“La seconda opzione, senza dubbio alcuno”.
“Allora” sentenziò il capitano con connivenza “In quel caso dovrai difenderti, no?”.
Dare Yoon comprese al volo il senso dell’affermazione e non aggiunse altro, pensando che sarebbe stato opportuno stabilire dei turni di guardia una volta in alto mare. A scanso di equivoci fatali.
 
Il villaggio chiamato Neirstrin non esisteva più. Il Pelopi l’aveva inghiottito: solo alcuni tetti e la torre d’avvistamento svettavano ostinati tra le onde color piombo, che s’infrangevano sulle scogliere con uno schiaffeggiare puntuale e rabbioso.
Gli antichi moli in pietra erano stati sommersi dall’acqua salata, che creava nei vecchi passaggi gorghi schiumanti, e non erano più utilizzabili; l’unico punto d’approdo ancora servibile era stato corredato di recente con alcune banchine di legno robusto, che potevano essere agevolmente sottratte al salire graduale e inesorabile dell’inondazione. I pontili erano deserti, viscidi di pioggia e di alghe verdastre, strappate al ventre del mare dalla furia dei frangenti e gettate lì con noncuranza. Tutto appariva abbandonato e solitario sotto l’acqua battente.
“Maledizione…” ringhiò Aska Rei, scorgendo quella desolazione squallida.
Fecero avanzare al passo i cavalli verso l’insenatura, temendo che fosse troppo tardi e che la nave, una volta ultimata, si fosse davvero allontanata con la sua ciurma di furfanti in barba alle disposizioni del reggente.
“Laggiù” indicò Dare Yoon, aguzzando la vista nella foschia salina sollevata in banchi fluttuanti dal vento teso e carico d’umidità.
Un galeone, ormeggiato all’ultimo attracco della baia con solide cime, ondeggiava ritmicamente al movimento capriccioso dell’acqua. I vessilli erano ammainati e non era possibile distinguerne l’identità.
Karadocc…?” lesse il capitano, strizzando gli occhi per distinguere il nome del veliero, che campeggiava in argento sullo specchio di poppa tirato a lucido.
“E ti pareva…” borbottò il compagno tra i denti.
“La leggendaria isola dei pirati?” fece il primo tra l’inquisitorio e il divertito, illuminandosi “Beh, direi che ci siamo!”.
“Perfetto come segnale di distensione” bofonchiò l’altro, sempre meno brioso.
Rei sghignazzò e spronò il destriero, mandandolo al trotto veloce.
L’eco degli otto zoccoli ferrati sul selciato rimbombò nel vuoto, manifestando a quelli dell’imbarcazione l’approssimarsi insolito dei viaggiatori, che non furono così costretti ad annunciarsi una volta giunti all’imbocco del barcarizzo. Un marinaio di vedetta sulla tolda corse immediatamente ad avvisare chi di dovere, eclissandosi rapido.
I due uomini si guardarono, smontando di sella e trattenendo saldamente per le redini gli animali, che scalpitarono innervositi dalla risacca mugghiante. Attesero poco.
Una figura minuta e snella si affacciò al parapetto del castello di poppa, sporgendosi nella loro direzione, come a volersi assicurare della loro effettiva presenza. I lisci capelli neri, tagliati poco al di sopra delle spalle, si scompigliarono al vento, frustandole gentilmente il viso dall’incarnato di porcellana. Il nastro di raso color corallo che li tratteneva fu strappato via da una folata più intensa e volò lontano. Lei ignorò il fatto e puntò gli scuri occhi a mandorla sui due forestieri, senza poter trattenere lo stupore e, forse, altre considerazioni non meno evidenti.
“Tsambika…” mormorò Dare Yoon con irritazione mal contenuta.
Aska Rei osservò la famigerata pirata: il suo aspetto era attraente e sfacciato, i suoi abiti dal taglio maschile erano piuttosto provocanti, ma non volgari sotto il lungo mantello color crema, sollevato dalla corrente ascensionale. Sogghignò.
Quella ti ha messo gli occhi addosso e tu le hai detto di no??”.
“Piantala!”.
La lunga fettuccia rosata atterrò sinuosamente sul suolo fradicio, agganciandosi allo stivale del capitano, che si piegò a raccoglierla. Il suo vice sbuffò, visibilmente contrariato, ma non fece commenti.
“Comandante Dare Yoon!” esclamò una voce nota poco più in là “Lieto di rivedervi!”.
Un uomo abbronzato ed elegante si fece loro incontro, scendendo dalla passerella e tendendo loro la destra in segno di saluto. La sinistra, invece, salì a tormentare una grossa pietra verde che gli pendeva dal collo e luccicava kitsch sulla casacca di velluto bordeaux. Gli anelli molteplici che portava alle orecchie tintinnarono lievi.
“Capitano Dalian…” rimandò il soldato, senza tuttavia ricambiare la stretta.
Al pirata non restò che accennare un lieve inchino: fece del suo meglio per mascherare lo stupore un po’ offeso che quel gelido distacco gli aveva provocato. Osservò l’altro giovane sconosciuto, i cui occhi grigi erano tutt’altro che amichevoli, e fece un segno educato anche a lui.
“Suppongo che veniate da parte del principe Anthos” ipotizzò cordiale per mimetizzare la pesante preoccupazione che lo attanagliava “Come potete constatare, abbiamo rispettato i tempi e gli accordi, la nave nuova di zecca è pronta agli ordini del sovrano”.
“Deduco dalle vostre parole che sia possibile salpare anche con questo tempaccio” intervenne bruscamente Rei, esaminando con minuzia il maestoso galeone.
“Per noi lo è” interloquì una voce muliebre, venata di una lieve sfumatura arrogante “Non mi presentate il vostro affascinante amico, Dare Yoon?”.
Il soldato elestoryano tenne a freno la voglia di estrarre la spada per fare giustizia sommaria e rifilò un’occhiataccia alla piratessa, che intanto percorreva la discesa di legno reggendosi civettuola al mancorrente.
“Aska Rei, capitano della Guardia reale di Elestorya” lo precedette il compagno “Credo che questo sia vostro, signora” aggiunse porgendole il nastro di seta.
“Tsambika” flautò lei offrendogli garbatamente il dorso della mano “Siete molto gentile, comandante. A cosa dobbiamo in particolare la vostra visita?”.
“Alla principessa Adara” ringhiò Dare Yoon seccato, imponendosi di non guardare il galante baciamano con cui l’amico stava omaggiando la donna.
Lei impallidì nell’udire quel nome, ma non disse nulla, limitandosi a prendere la pergamena sigillata che lui le stava presentando con un gesto nervoso e spiccio.
Scorse velocemente le righe vergate dalla regina del Nord e poi passò il foglio a Dalian, dimostrando come le teorie sulle attuali gerarchie, messe in campo da Rei, corrispondessero alla realtà effettiva.
“La Karadocc è al servizio del reggente di Iomhar e può provvedere al trasporto delle persone che attendete” asserì spassionatamente questi, dopo aver letto a sua volta la missiva “Ma riguardo agli altri velieri… qualora anche ce ne siano in zona, non credo che si sentiranno in dovere di aiutarvi. Neppure dietro a un lauto compenso”.
“Voi che cosa suggerite, dunque?” domandò Rei, facendo salire il cavallo sulle assi scricchiolanti della passerella e seguendo i due ospiti a bordo.
Prima che l’uomo potesse rispondere, Dare Yoon espresse senza mezzi termini la sua congettura.
“Non ci aspettiamo alcuna beneficienza dalla filibusta che infesta il Pelopi” affermò “Ma non mi sbaglio se ritengo che nessuno oserebbe rifiutare un favore al pirata leggendario... nulla è più convincente del puro terrore per smuovere gente come voi”.
Dalian incassò la frecciata senza apparente malumore e continuò a camminare sul ponte lucido di pioggia, come se stesse riflettendo sulla considerazione.
Tsambika non reagì al commento bruciante, seguendo il collega pochi passi indietro: la sua andatura era leggermente claudicante, forse uno strascico della severa punizione che Anthos le aveva inflitto sei mesi innanzi, ma la sua espressione fredda e immune a ogni misericordia non era mutata.
A un certo punto parve mancarle l’appoggio e scivolò sull’assito fradicio: si resse all’impavesata e non finì a terra per un soffio. Dalian si fermò e le offrì il proprio aiuto, ma lei rifiutò, rimettendosi in equilibrio da sola.
“Siate cortese, capitano” disse invece, rivolta a Rei “Porgetemi il vostro braccio. Con questo clima la mia ferita più recente si fa purtroppo sentire e non vorrei crollare miseramente a terra davanti a tutti. Non sarebbe dignitoso”.
Dare Yoon alzò gli occhi al cielo, convinto che tutte quelle moine fossero frutto di un’accorta sceneggiata interpretata ad hoc per impressionare e sedurre il suo compagno di viaggio. Gli rivolse una rapida smorfia di disapprovazione.
“Siete un vero pirata, allora!” commentò invece questi, ignorando il suo biasimo e lasciando che lei gli si avvinghiasse al fianco “Non ditemi che indossate anche un uncino nelle grandi occasioni!”.
“Oh, no” rise Tsambika, accattivante “Non sarebbe chic!”.
Il dialogo proseguì su quei toni frivoli fino alle stive che, a differenza della Xiomar, erano state immaginate anche per il trasporto degli animali. La nave aveva davvero l’aspetto e l’attrezzatura di un mercantile, così come richiesto dal reggente, ma Dare Yoon era persuaso che le apparenze fossero solo inganni ben congegnati.
“È come dite voi, comandante” ammise improvvisamente Dalian, interrompendo le sue mute considerazioni e accostandoglisi “Nessuno avrebbe l’ardire di disobbedire a Bicks, ma dovrebbero essere sicuri che l’ordine provenga proprio da lei e che non sia una trappola. Io non posso intervenire, non vogliatemene”.
“Non tentate di appiopparmi la frottola che tra voi pendagli da forca non esista un codice di comunicazione apposito” ribatté l’ufficiale, granitico “Peggiorereste solo la vostra già precaria posizione”.
“No, non fraintendetemi” sospirò il bucaniere “Il sistema c’è, ma io non lo conosco. L’unica è Tsambika”.
Il pirata lasciò in sospeso il discorso, del quale tuttavia era più che evidente il sottinteso: convincere lei e farlo personalmente. Altrimenti non lo avrebbe preso in disparte mentre il suo superiore era impegnato a chiacchierare piacevolmente di futilità con la diretta interessata.
 
“Mi è venuto il voltastomaco!” sbottò Dare Yoon, slacciandosi il mantello inzuppato e gettandolo con disappunto su una sedia della cabina loro riservata.
“Vedrai quando salperemo…” rimandò Aska Rei con prontezza, togliendosi gli stivali e avvertendo già gli effetti indesiderati del rollio della Karadocc.
“Maledizione!” si lamentò il primo, seccato dalla sua pungente spiritosaggine “Era proprio il caso di fare il cascamorto con quella dannata vipera?”.
“Uh, come sei esagerato!” rise l’amico “Sono stato semplicemente allo scherzo, non ho certo intenzione di cedere alle sue lusinghe come un povero sprovveduto. Semplicemente, sono convinto che si catturino più insetti con il miele…”.
“Aspetta di assaggiarlo, il suo miele…” ringhiò il soldato, sfilandosi la casacca “È lo stesso con il quale ha sbattuto Adara tra le onde senza batter ciglio!”.
“Lo so!” borbottò Rei “So tutto quanto, Yoon! Nonostante la mia ben nota faccia tosta, non mi riesce facile fare buon viso a cattivo gioco, se ci penso. Sono un guerriero, non un attore! Ma se mi usi la cortesia di calmarti un istante, apparirà chiaro anche a te che le vite dei cittadini di Iomhar sono nelle delicate grinfie di Tsambika! E noi non sappiamo assolutamente quale sia la mossa più proficua da adottare con lei… il denaro stranamente non le interessa e lo spauracchio del reggente del Nord, a quanto pare, è troppo lontano per intimidirla!”.
“Te lo dico io quale sarà la merce di scambio!” eruppe il soldato, asciugandosi furiosamente la chioma corvina con un panno di cotone “Portarti a letto! Mi è sembrato che ti apprezzasse particolarmente… vorrà approfondire la conoscenza!”.
“Quanto sei melodrammatico!” esclamò il capitano, annodandosi il laccio dorato alla fronte e intrecciandolo tra i lunghi capelli neri, sciolti sulle spalle aitanti “In tal caso ho già la scusa perfetta per rifiutare! Mia moglie è una veggente, se solo sospettasse un tradimento scatenerebbe tutte le divinità contro chi l’ha offesa. I marinai sono più superstiziosi delle vegliarde del deserto, vedrai che mi lascerebbe subito in pace… Comunque, mi è parsa più interessata a te, anche se si è sforzata di non darlo a vedere. Non ti ha perso di vista. Evidentemente il tuo no non l’ha dissuasa”.
Dare Yoon sollevò di scatto la testa, passandosi le dita tra le ciocche arruffate e spalancò gli occhi blu.
“Ti sei messo a spasimare come un ragazzino per studiarla da vicino e hai dedotto in cinque minuti che cosa le stesse passando per il cervello? Sottovaluti quella teatrante da primo premio! Vorrà farmi la pelle e vendicarsi, piuttosto!”.
“Affatto” rispose Rei, abbottonandosi serafico l’uniforme color tortora “Ed è per questo che io da una parte continuerò a comportarmi come un gentiluomo, mentre dall’altra tu… beh, sarai semplicemente te stesso al meglio. Useremo entrambe le strategie e le volgeremo al medesimo fine. Giocheremo al buono e al cattivo”.
“Al diavolo!” grugnì Dare Yoon, lanciandogli contro la fibbia di metallo nell’udire la non troppo velata allusione al suo carattere scontroso e diffidente.
L’oggetto, opportunamente schivato dal bersaglio, raggiunse l’angolo più lontano della cabina e precipitò con un tonfo secco.
“Perché ti arrabbi?” sghignazzò Rei “Guarda che se vuoi recitare tu la parte galante, te la cedo volentieri! È solo che non mi sei apparso dell’umore giusto…!”.
Il soldato scosse la testa, rassegnato, ma sorrise suo malgrado. L’esperienza dell’amico in fatto di conquiste femminili era indiscutibile: forse avrebbe trovato la giusta combinazione per ottenere ciò che volevano senza scendere a patti ingloriosi. Continuò a togliersi l’umidità dalle ossa e dalla pelle, seguendo in tralice la meticolosa vestizione del compagno.
“Tu non ti prepari?” gli domandò questi dopo un po’.
“Ma figuriamoci…”.
“Significa che salterai la cena offerta dai nostri cordiali avventurieri?”.
“Senza pentimenti. So già cosa mi perdo”.
Il giovane continuò ad abbigliarsi, divertito, agganciandosi infine la spada al fianco.
Aska Rei in divisa era un’immagine di fascino virile che nessuna donna avrebbe mai ignorato: ne sapevano qualcosa le ragazze di Erinna, che spasimavano per lui e sognavano di farlo innamorare, ignare del fatto che l’unica sovrana del suo cuore fosse la più schiva tra tutte loro. La sola che lo aveva conquistato, il cui nastro verde, pur stinto dal tempo, continuava a campeggiare sul polso dell’uomo.
“Ti aggiornerò al mio ritorno” disse, congedandosi “Augurami buona fortuna”.
“Non farti avvelenare…” borbottò l’altro in risposta.
 
Dare Yoon ravvivò la lampada ad olio e si sdraiò comodamente nella cuccetta: l’ambiente era confortevole e decisamente più spazioso rispetto all’occasione precedente, nella quale avevano viaggiato ai limiti della decenza. Il ghiaccio di Iomhar e le folate gelide non riuscivano a penetrare le paratie stagne, così la cabina risultava addirittura avvolta in un piacevole tepore.
Tuttavia lui non si sentiva affatto tranquillo e neppure possedeva l’ottimismo scanzonato dell’amico: erano in mezzo a una matassa di lana caprina non semplice da dipanare. Se c’era qualcosa che proprio non riusciva a tollerare era annaspare nell’ignoto, soprattutto quando portava con sé una responsabilità sorretta da una promessa e in quel frangente la sensazione di impotenza era vigorosa. Si scoprì a domandarsi che cosa avrebbe fatto Adara al suo posto e si augurò che almeno lei fosse al sicuro. Il fenomeno catastrofico cui avevano assistito non era certo un indizio rassicurante in tal senso: forse, l’oscurità aveva portato a segno un altro attacco.
Se non l’avete protetta, Anthos di Iomhar, tornerò da voi e…
Qualcuno bussò alla porta.
Dare Yoon aggrottò la fronte e afferrò la spada, mettendosi in piedi. Aska Rei avrebbe semplicemente spalancato l’uscio senza convenevoli e poi era assente da troppo poco tempo per essere già di ritorno. Subodorò un’insidia.
“Chi è?” domandò, approssimandosi allo stipite con passo felpato.
“Il capitano”.
“Andatevene!” ringhiò lui, stringendo preventivamente le dita intorno all’elsa.
Seguì un silenzio di qualche istante, durante il quale non si mosse nulla. Solo il beccheggiare del galeone accompagnato dal cigolio monotono delle sartie.
“Spero siate svestito” sancì da fuori la voce, piuttosto maliziosa.
Tsambika aprì la porta senza dargli modo di rispondere e si ritrovò la lama affilata dell’elestoryano puntata alla gola.
“Non vi ho invitata a entrare, mi pare”.
“Abbassate quell’arnese” sbuffò lei “Non sono armata… e poi la nave è mia”.
Seh…” sogghignò il soldato, senza abbandonare la guardia “Tenete le mani bene in vista, Bicks. Non mettetemi alla prova”.
“Che cosa avete fatto al polso?” chiese invece lei, accostando l’uscio con cura “Ho notato che eravate piuttosto rigido nei movimenti e ora ne ho la conferma”.
Il suo sguardo acuto e indagatore indugiò sul braccio steccato di Dare Yoon, che portava le maniche della camicia bianca arrotolate a tre quarti, e poi sull’allacciatura frontale dell’indumento, sbottonata sino all’ombelico.
“Non sono affari vostri” rimbrottò lui “Vi basti sapere che non è un impedimento”.
Lei alzò le spalle e attraversò la cabina, sedendosi su una delle seggiole imbottite. Nonostante l’algido contegno della sua andatura, non era riuscita a mascherare il suo lieve zoppicare.
“Speravo di incontrarvi a cena” continuò la donna, accavallando le gambe sotto la lunga gonna di pelle nera, bordata in carminio.
“Io di non incontrarvi proprio”.
“Ma come…?” sogghignò lei, piegando le labbra scarlatte “Salite a bordo della mia Karadocc per richiedermi un favore e poi non volete neppure parlarmi?”
“Non è una visita di cortesia e non sono io a pretendere. È un ordine della principessa Adara, cui dovete la vostra odiosa esistenza. Sono qui solo per rammentarvelo in caso di necessità. Sta a voi non mettermi in tale condizione”.
“Andiamo…” fece Tsambika, alquanto divertita “Lo sapete che non mi faccio comandare da nessuno… e poi neppure la vostra giovane protetta è stata tanto perentoria nella sua lettera. Siete sempre così inflessibile voi…”.
“Tsk!” proruppe Dare Yoon “Mentre ve ne state lì comoda a sproloquiare, la gente muore. So che non ve ne importa niente, ma perché non contattate i vostri compari e non lasciate che siano loro a decidere il compenso? Che cosa vi costa?”.
“È davvero molto attraente il vostro amico” sviò la piratessa, abbassando le lunghe ciglia scure “Potrei chiedere una notte con lui in cambio…”.
L’elestoryano le rise in faccia senza troppo ritegno, continuando a minacciarla.
“E quanto vorreste essere pagata per la prestazione?” colpì duramente, fissandola denigratorio.
Tsambika tornò a guardarlo e fremette di furia per l’insulto diretto e pesante.
“Potrei informare Anthos della vostra disobbedienza, invece” ultimò Dare Yoon.
La donna sbiancò, ma fu abile a mimetizzare la paura.
“Che cosa volete che faccia di peggio che uccidermi…” mormorò.
“Considerate il come, non il cosa” puntualizzò Dare Yoon, leggermente disorientato dal rassegnato disprezzo da lei mostrato per la propria vita.
Tsambika divenne improvvisamente seria e cambiò posizione sulla sedia. Uno degli spacchi della gonna si aprì, lasciando intravedere per un attimo la gamba snella e sensuale. E i segni più scuri che spiccavano sulla carnagione nivea, tracce della ventata di schegge che l’aveva investita durante il confronto impari con il principe. Contrariamente a quanto era solita fare, chiuse il lembo di stoffa e sospirò, stanca.
“Non avete pensato neppure per un secondo che io potessi essere diversa da come mi avete conosciuta, vero?”.
“Non azzardatevi a prendermi in giro…” intimò lui, adirato.
Lei distolse lo sguardo e fissò per un po’ il Pelopi, che ribolliva al di là del vetro con la medesima collera delle iridi scure dell’uomo in piedi innanzi a lei.
“La vostra Adara” disse poi in un soffio “Ha davvero sposato quel… demonio?”.
“Sì” replicò lui, sorpreso dalla richiesta.
“Io… io non so proprio come… non riesco a…” mormorò la donna, ancora angosciata dal ricordo terrificante del principe del Nord “A quale prezzo è avvenuto ciò?”.
Dare Yoon abbassò la spada, raddrizzando le spalle e la fissò con attenzione. Non scorse alcuna provocazione o altero giudizio in lei. Solo attonita incredulità.
“… e il ragazzo Aethalas che era con voi? Lui è…” continuò.
“Narsas” precisò il soldato, sfiorando il sigillo che gli splendeva sul petto abbronzato “È vivo… è con lei”.
La capitana spalancò gli occhi, ancora più sconcertata. Si voltò.
“Infelicità… Il prezzo è l’infelicità allora? Desiderate che vi aiuti in questo?”.
Lui inarcò un sopracciglio, spiazzato. Si arrovellò su quale potesse essere il senso della presenza nella sua cabina di una canaglia come quella che gli stava davanti e che pareva compresa tuttavia in mille interrogativi. Poi decise di concederle suo malgrado una possibilità, perché era quello ciò che avrebbe scelto Adara, ciò che aveva sempre compiuto con la sua imperscrutabile determinazione, ciò che aveva offerto a tutti loro, Tsambika compresa. Non si sarebbe certo fidato e non l’avrebbe mai perdonata, però si sarebbe estorto in qualche maniera una seconda chance da offrirle. Per il bene del creato.
“No” rispose “Vi chiedo di aiutarmi a portare la speranza. Volete?”.
La piratessa si alzò con un movimento flessuoso e si diresse verso l’uscita, fermandosi a poche spanne da lui.
“Voglio voi” ribadì, sfiorandogli con l’indice il sole tatuato in arancio sul cuore “Ma conosco già la risposta. Anche se ora, credetemi, sarebbe diverso”.
Dare Yoon le afferrò tenacemente il polso, torcendoglielo verso il basso con estrema facilità e senza riguardo.
“È questo che prova che non siate affatto cambiata, Bicks!” esclamò contrariato “Sarete identica a voi stessa anche tra un milione di anni! Volgare e fasulla! Se almeno decideste di rivolgervi disinteressatamente i vostri amici, potrei intravedere uno spiraglio in mezzo al marcio! Un inizio! Invece, guardatevi…!”.
La donna lo fissò con rabbia, ma nei suoi occhi neri transitò anche una sfumatura offesa, come se l’insulto fosse andato stranamente a segno.
Dare Yoon non cedette, nemmeno quando le dita contratte di lei lasciarono andare un oggetto nel suo palmo serrato.
Il giovane fissò con aria interrogativa l’ampolla verde che gli luccicava in mano.
La capitana si divincolò con irritazione, guadagnando la maniglia della porta.
“Per la nausea” specificò “Con questo mare, inizierà a tormentarvi in un baleno”.
“Mi passerà non appena ve ne sarete andata!” sferzò lui, implacabile.
Tsambika uscì senza voltarsi.
 
 
Eudiya fissò l’anello con la pietra preziosa verde che fino a poco prima era stato al dito di Stelio e che ora pendeva dal suo collo. Troppo grande per indossarlo, troppo caro per separarsene. Era quello il messaggio del re, un appunto non scritto che solo lei sarebbe stata in grado di intendere nel significato.
Un suo dono per lui di ventitré anni prima, pochi giorni dopo la nascita di Adara.
 
Quella notte avevano osservato insieme la luna del colore del sangue, che si era lentamente ridotta a una falce calante, speculare rispetto al tatuaggio che lei aveva fatto apporre alla loro ultimogenita.
Suo marito aveva in braccio Dionissa, che si era rifiutata di addormentarsi e aveva manifestato un’altra prova a favore del suo Kalah innato, a fronte di quel fenomeno celeste angosciante che era la prova del risveglio di Irkalla, l’avvio della Profezia.
Pur consapevole di quella contingenza e concorde con i rituali che Eudiya aveva richiesto, Stelio era rimasto ad appoggiarla in disparte, poiché gli era difficile comprendere appieno le tradizioni femminili dei popoli del deserto.
Inoltre, il fatto che la figlia maggiore avesse estratto il vaticinio a soli tre anni lo aveva confuso non poco.
“Il Testo Sacro non ti convince?” aveva domandato dolcemente Eudiya.
“Non ho obiezioni” aveva sorriso lui, posando la bambina dai riccioli ramati nel suo letto “Certo è che avrei preferito che non accadesse. Non durante la mia reggenza, non alle nostre principessine… ti sembrerò un vigliacco a parlare così”.
“No, amore mio” aveva sussurrato lei, uscendo dalla stanza e prendendolo sotto braccio “Soltanto adorabilmente umano. Se c’è un disegno in tutto questo, noi lo scopriremo e faremo il possibile per salvare i Due Regni. Lasciamo al tempo che è giunto l’occasione di comunicare la sua sentenza”.
“Sono certo che esso lo farà” aveva sospirato Stelio, circondandole la vita “Al contrario del reggente del Nord, che ostinatamente non dà sue notizie. Eudiya… tu pensi che Anthos abbia a che vedere con Irkalla?”
Lei aveva scosso la testa, piena di dubbi e di risposte che non era in grado di dare.
“Sarebbe troppo banale e scontato. Troppo semplice” aveva sottolineato poi, fissandolo nei luminosi occhi verdi “Vieni, ho una cosa per te…”.
Erano rientrati nella loro camera nuziale e lei gli aveva consegnato l’anello d’oro con la gemma color malachite, accompagnando il dono con un bacio.
“Sbaglio a pensare che tu abbia finito di sorprendermi” aveva mormorato lui, ricambiando il tocco appassionato delle sue labbra “A cosa lo devo?” aveva aggiunto poi, sollevando la mano ornata del gioiello.
“So quanto sia tutto maledettamente ingarbugliato per un uomo pragmatico come te, Stelio… quella luna, la Profezia, il Kalah…” aveva bisbigliato lei, accarezzandogli il viso “Questo è per dare concretezza a ciò che ti risulta inspiegabile, impossibile o soltanto ostico. Perché tu abbia sempre fiducia in te stesso e nelle decisioni che prenderai, in me che sono la tua sposa e ti affiancherò qualunque cosa accada, negli dei che ci indicano la via. È un segno tangibile del nostro legame. Anche se il destino deciderà di separarci, questo anello simboleggerà la speranza che condividiamo”.
“Perché uno soltanto?” aveva domandato il principe, commosso.
“Appartiene a entrambi in verità” aveva spiegato lei “Ora lo lascio a te, che sei il reggente del Sud e sei chiamato a fronteggiare un periodo di contrarietà. Se in futuro riterrai che sia io ad aver bisogno di credere e di confidare nel domani, lo passerai a me. Lo considererò un segno dell’amore eterno che mi hai giurato”.
“Vieni qui…” aveva sussurrato lui, emozionato, prendendola tra le braccia “Sono pronto a giurarlo ogni notte…”
 
Stelio le aveva fatto avere l’anello poiché sapeva che in quel frangente Eudiya si sarebbe sentita schiacciare dal peso degli eventi. Per trasmetterle i suoi sentimenti imperituri, per tenere fede alla promessa di quel giorno lontano.
Evidentemente suo marito aveva accolto le disposizioni che spettavano al suo ruolo: quella di combattere fino all’ultimo, quella di guidare le sette tribù del deserto, quella di non arrendersi all’oscurità. Il monile, nella sua visione degli eventi, aveva assolto il suo compito, pertanto lo aveva passato a lei affinché non perdesse la speranza di rincontrarlo... Lo sapevano entrambi che, forse, non si sarebbero più rivisti.
La regina sospirò, scacciando quel pensiero funesto dalla mente, e uscì dalla sala del trono.
Percorse solo un breve tratto del corridoio che l’avrebbe condotta al cortile interno e poi alla torre degli strik, dalla quale avrebbe inviato la sua risposta al marito; il generale dell’esercito di Elestorya le venne incontro, incredibilmente trafelato.
“Kendeas!” esclamò lei, con un batticuore ansioso nel petto.
“Maestà” proruppe questi, posando un ginocchio a terra “Gli Anskelisia… hanno raggiunto le nostre cinte e ci hanno circondati! Siamo sotto assedio!”.
“Cosa!? Com’è possibile?” gridò lei, raggelata “Come avete fatto a non individuarli per tempo?”.
“Mia signora…” continuò lui, amareggiato “Non sono giunti attraverso le dune… sono comparsi all’improvviso al calare del sole. Nessuna avvisaglia né polvere lontana né suono che li abbia preceduti!”.
Eudiya strinse nel palmo l’anello del reggente, raggelando.
“A te la difesa, Kendeas” comandò decisa “Nessuna sortita, evitate l’attacco diretto. Preservate le mura di Erinna!”.
L’uomo si inchinò e si precipitò all’esterno per eseguire l’ordine.
La regina si avviò decisa verso le stanze di Dionissa.
   
 
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