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Autore: RosaRossa_99_    28/05/2020    1 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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POV Stefan (so che lo aspettavate)

Erano passate due settimane da quando Sophie aveva scoperto di Cesare e di Elia, ma le cose ancora non erano tornate normali tra loro due… ma come biasimarla? Scoprire così che la persona che ti aveva cresciuto non aveva fatto altro che rifilarti cazzate su cazzate. Eppure lei era una persona buona, avrebbe perdonato Elia, era solo questione di tempo prima che accadesse, prima che lei accettasse la verità.

In compenso le cose tra noi andavano a gonfie vele… non so bene l’effetto che questa ragazza aveva su di me. Ma una cosa era sicura: l’amavo più di quanto io avessi mai amato nessuno e avrei fatto tutto, di tutto, pur di tenerla al sicuro. Proprio per questo motivo mentre lei era uscita con la sua amica, Kylie, io mi ritrovavo davanti la porta della sua villa, in attesa che Elia mi venisse ad aprire. Avevo ricevuto notizie che mio padre avrebbe avuto un incontro proprio con la persona di cui Sophie non avrebbe mai dovuto scoprire. I dettagli del motivo non mi erano noti, ma ero riuscito a risalire al luogo dell’incontro, bastava mettere qualcuno di sorveglianza e avremmo potuto sorprenderli con le mani in flagrante o comunque saremmo riusciti a prendere qualche informazione, utile ad incastrarli.

Elia, finalmente, venne ad aprirmi la porta, facendomi cenno di entrare senza neanche rivolgermi un saluto, non nascondendo il disprezzo nei miei confronti. Né tanto meno io avrei nascosto il mio nei suoi. Avremmo dovuto mantenere i rapporti professionali, per Sophie e per la sua sicurezza; questa era l’unica motivazione per cui ancora non ci eravamo saltati alle gole.

 

“Cosa ti porta qui? Sophie non è in casa”
 

Lo seguii mentre andavamo nello studio, probabilmente unico posto sicuro da cimici e altro

 

“Ho delle informazioni utili”

 

Lui si sedette nella poltrona dietro la scrivania, incrociando le mani sotto il mento, non prima di avermi fatto cenno di sedermi su una di quelle di fronte, ma io rifiutai, avvicinandomi semplicemente e poggiando le mani sui bordi della scrivania, chinandomi e mantenendo un contatto visivo

 

“Mio padre si incontrerà con Cesare Moretti, domani”
 

Elia mi guardò con sguardo diffidente

 

“Come faccio a fidarmi?”
 

Roteai gli occhi al cielo

 

“Non devi. Neanche io mi fido di te. Ma qui non si tratta né di me, né tanto meno di te. Si tratta di Sophie. E stai certo che io farò qualsiasi, QUALSIASI, cosa pur di tenerla al sicuro. Non piace neanche a me lavorare con te, ma so che tu le vuoi bene e che sei disposto a tutto per lei. Esattamente come me. Mi basta questo”

 

Lui annuì

 

“Cosa proponi? È rischioso mandare degli agenti segreti. Non sappiamo neanche il motivo dell’incontro… non devono sospettare che sono tenuti sotto sorveglianza”

 

“Andrò io. Tu non puoi andare di sicuro, Cesare conosce la tua faccia. A me non ha mai visto, e se mi dovessero scoprire… dubito che mio padre mi possa uccidere. Ho fatto ben di peggio che spiarlo...”

 

“Sophie non deve saperlo”

 

Scossi la testa

 

“Non lo saprà. Mi inventerò qualcosa per tenerla fuori da tutto questo”

 

Feci per uscire dalla stanza, ma la sua voce mi fermò

 

“So che la ami. Ma anche Cesare amava Cristina, eppure questo non gli ha impedito di mettere a rischio la sua vita. Io non voglio che succeda lo stesso con Sophie. Non me lo perdonerei mai. Lei è mia figlia, è la cosa che amo di più al mondo”

 

Girai la testa, guardando l’uomo che sembrava tanto impassibile e privo di emozioni, in realtà essere divorato dalla paura

 

“Voglio che tu sappia che se le accadesse qualcosa, verrò a cercarti fino all’angolo più remoto sulla terra, e quando ti troverò, perché lo farò, stai certo che la tua vita diventerà un vero inferno. È una promessa”

 

“Se le dovesse succedere qualcosa, sarò io stesso a venire. La mia vita è insignificante senza di lei. Se non dovessi riuscire a tenerla al sicuro, rinuncerò alla mia vita volontariamente”

 

“Siamo d’accordo”

 

Annuii, prima di girare e andarmene.

Era vero quello che gli avevo detto: la mia vita aveva perso senso da quando mia madre mi era stata portata via, e ne aveva riacquistato con Sophie. Se avessi perso anche lei non ci sarebbe più stato niente da fare per me e per la mia anima. Non sarei stato in grado di perdonarmi, non sarei stato in grado di accettare di non aver potuto fare niente per tenerla al sicuro. Non avrei permesso che me la portassero via, così come per mia madre. Ero troppo piccolo per alzarmi e combattere, ora invece non avrei esitato a spararmi una pallottola tra gli occhi se questo mi avrebbe dato la certezza che lei sarebbe stata al sicuro. E non ne ero spaventato. Ero pronto a dare la mia vita per la sua.

 

 

Ero nel luogo dell’incontro già da otto ore e nessuno si era ancora presentato. Mi ero nascosto dietro dei cespugli incolti che mi permettevano di vedere e sentire ma allo stesso tempo di stare nascosto e al sicuro da tutti gli angoli. Guardai l’orologio che segnava le tre di notte passate, forse avevo capito male il giorno o l’incontro era stato annullato… oppure avevo dato per scontato che si sarebbe tenuto di notte. Stavo per rinunciare, quando un van nero dai vetri oscurati entrò nella mia visuale, posteggiandosi poco più in là, vicino la casa diroccata. Da questo scesero mio padre, Zayn e degli scagnozzi che iniziarono a guardarsi intorno con fare circospetto. Mi accucciai ancora di più, estraendo la pistola e stringendola nella mano. Dopo qualche minuto un audi del medesimo colore si fermò dinanzi il van, iniziando a lampeggiare, e da questa scesero quattro uomini di grossa stazza, con pistole sfoderate. Uno dei quattro si diresse verso il lato del passeggero, aprendo lo sportello e facendo uscire il quinto uomo, Cesare Moretti. Era più vecchio delle foto, dato le grosse rughe percorrevano il suo viso stanco, ma nonostante queste era rimasto identico.

 

“Cesare”

 

Mio padre lo richiamò e l’uomo gli rivolse uno sguardo glaciale

 

“Cosa hai per me, Aron. Sai che non sbrigo mai le commissioni in prima persona. Se mi hai fatto venire di prima persona spero per te che ne valga la pena”

 

Iniziò a camminare seguito dai quattro uomini, ponendosi di fronte mio padre. La tensione si poteva tagliare con un coltello.

 

“Oh fidati, mi ringrazierai dopo questa notizia”

 

“Parla. Non ho molto tempo”
 

Mio padre ghignò, un ghignò crudele e freddo

 

“L’abbiamo trovata”

 

Lo sguardo di Cesare saettò su mio padre, gli occhi sorpresi

 

“Dov’è?”

 

“Vedi, è una cosa molto buffa. Pensavamo che lei fosse chissà in quale parte del mondo… ma in realtà è sempre stata ad un schiocco di dita da noi. Ti ricordi di Elia?”
 

Non prometteva bene.

Cesare si accigliò

 

“Cosa dovrebbe dirmi questo nome?”

 

Mio padre ridacchiò

 

“Oh già, già, tu lo conosci come Carlo Rizzo”

 

Al sentire quel nome Cesare sgranò gli occhi

 

“Quel bastardo...”

 

“Si da il caso che abbia commesso un errore non da poco… ha acquistato una villa. Esattamente accanto la mia… quel povero bastardo pensava di spiarmi, quando in realtà era l’esatto contrario”

 

“Cosa c’entra lui con lei”
 

“è proprio qui il divertimento! A quanto dicono le mie fonte dopo che la tua quasi mogliettina è scappata si è recata da Carlo per protezione. E lui come poteva dire di no al suo amore? L’ha sposata, cambiando il nome e prendendo quello di Elia Fiore. E dando il suo cognome alla bambina”
 

“Sofia...”

 

Mio padre annuì

 

“L’ha lui. L’ha sempre avuta lui”

 

“Quel bastardo… me la pagherà. Dove sono? Dov’è Cristina?”
 

“Cristina è morta nove anni fa”

 

Cesare si portò una mano sugli occhi, sfregandoseli. Si girò iniziando ad avanzare verso la macchina e fermatosi davanti lo sportello da cui era sceso si rivolse a mio padre

 

“Rivoglio mia figlia. Non mi importa quale sia il costo. E portatemi anche Carlo, vivo. Deve pagare per avermi portato via le due persone più importanti della mia vita”

 

Mio padre annuì, facendo cenno ai suoi uomini di ritornare in macchina.

Merda, loro non dovevano scoprire niente di tutto questo. Ora la vita di Sophie era in pericolo. Mandai un messaggio ad Elia

 

/ Sanno tutto. Devi portare via Sophie. Immediatamente /

 

Aspettai dieci minuti, per dare il tempo alle due macchine di allontanarsi, e poi mi precipitai verso il motore nascosto a cinque minuti da lì. Iniziai a chiamare Elia, erano ormai le quattro ed era probabile che stesse dormendo e per quello non mi aveva risposto, ma dovevo esserne sicuro. Dovevano andarsene da quella casa, il prima possibile.

 

“Avanti… rispondi cazzo”

 

Il telefono continuava a squillare a vuoto, così iniziai a chiamare Sophie. Per fortuna dopo il terzo squillo la sua voce assonnata rispose

 

“Pronto…?”
 

“Sophie!! Dov’è tuo padre?! Dovete andarvene immediatamente!”

 

Sembrò risvegliarsi improvvisamente

 

“Stefan? Che succede? Stai bene?? Perché mi chiamai a quest’ora?! Dove sei stato tutto il giorno-”

 

Iniziò a riempirmi di domande, così la interruppi

 

“Non ora! Passami tuo padre. SUBITO”

 

“O-ok, aspetta”

 

Sentii dei rumori, simbolo che si era alzata dal letto e dei passi

 

“Papà?”
 

Sentii bussare e una porta spalancarsi, tirai un sospiro di sollievo che mi si bloccò in gola quando sentii un urlo

 

“Sophie?!”
 

“Lasciatelo! Cosa volete da lui?!”

 

“Sophie?! Cosa succede?!”
 

Sentii dei tonfi e la linea cadere

 

“Merda!”
 

Aumentai la velocità, arrivando ai 180km/h. Mancava poco alla villa ma in quel lasso di tempo sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa.

Continuai a chiamare Sophie ma ricevendo sempre la sua segreteria, simbolo che avevano staccato il suo telefono. Finalmente arrivai a destinazione, buttai il motore a terra incurante dei danni che sicuramente gli avrei procurato, precipitandomi verso il cancello e la porta di casa spalancate. Non era un buon segno.

 

“SOPHIE?!”
 

Urlai, sfoderando la pistola, e salendo le scale a tre a tre. Entrai nella stanza di Elia, trovando i mobili rovesciati e il letto distrutto, con piume dei cuscini ovunque e macchie di sangue sulle lenzuola. Poco più in là il telefono di Sophie con lo schermo rotto

 

“Ti prego...”
 

Iniziai a pregare, era un incubo ad occhi aperti. Mi precipitai nell’altra stanza, trovandola vuota. Diedi un calcio per la frustrazione alla porta, procurandogli un ammaccone.

 

“Merda!”

 

Scesi al piano di sotto, portandomi le mani tra i capelli e cercando di pensare, ma dei rumori provenienti dall’ingresso mi portarono sull’attenti

 

“Sophie??”
 

Mi precipitai verso il rumore, ma trovando solo mio padre con un finto sguardo preoccupato sulla faccia

 

“Ma che è successo qui?!”
 

Strinsi i denti e serrai i pugni sul manico della pistola, talmente forte che potei giurare di aver sentito qualcosa rompersi

 

“TU! DOVE CAZZO SONO?!”
 

Mi precipitai su di lui, afferrandolo per il colletto e facendolo sbattere sulla parete, procurando un ghigno sulla faccia di mio padre

 

“Non so di cosa tu stia parlando figliolo, avanti. Mettimi giù”

 

Lo risbattei al muro più forte, procurandogli un grugnito di dolore

 

“Dimmi dove sono”
 

Sputai tra i denti

 

“Vedo che la ragazzina fa uscire gli artigli eh?… è una scopata così tanto bella? Magari dovresti farla provare anche a me…”
 

Strinsi gli occhi, cercando di mantenere la calma ma me lo stava rendendo difficile

 

“Non ho tempo per i tuoi giochetti. Dimmi dov’è, so che l’hai presa tu”

 

“Oh, ma chi ti interessa quindi? Sophie o suo padre? Scusami, mi hai confuso...”

 

Gli diedi un pugno sul naso, rompendoglielo. Lui scoppiò a ridere

 

“Magari prima di consegnarla a Cesare potrei farla passare dal mio letto...”

 

“Parla. Adesso. O ti sparo”
 

Presi la pistola, puntandola sulla sua tempia

 

“Non ne avresti il coraggio, figliolo… e poi ormai è troppo tardi. Se n’è andata e tu non la troverai mai”
 

Non avrebbe parlato.

 

“Sai cosa, papà? Ti ringrazio per avermi fatto crescere in questo inferno di vita, ti ringrazio per avermi fatto diventare quello che sono ora, ti ringrazio per avermi fatto sentire una nullità. Ora so perché l’hai fatto. Hai riversato tutti i tuoi insuccessi su di me, non sei altro che un fallito che non è riuscito a tenersi stretto neanche sua moglie…”

 

Mio padre sorrise, un sorriso che voleva nascondere la sua paura

 

“Addio”

 

Premetti il grilletto. Vidi la sua vita scivolargli via dagli occhi, la sua bocca spalancarsi ed esalare l’ultimo respiro, sentii il sangue rallentare la sua corsa sotto le mie mani. Lasciai andare il suo corpo inerme, che cadde scomposto sul pavimento, una macchia scarlatta iniziare ad espandersi.

Mi portai il braccio sul viso, pulendo via il sangue che mi aveva macchiato la pelle

 

“Questo era per mia madre”
 

Finalmente uno dei miei peggiori incubi se n’era andato, ma aveva lasciato dentro me una tempesta. Ora dovevo trovare Sophie, prima che potesse sparire definitivamente.

 

 

 

 


 



 

   
 
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