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Autore: Exentia_dream2    01/06/2020    4 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Felix Felicis

Era seduto sul letto, i piedi ben saldi sul pavimento e le mani chiuse in una muta preghiera di coraggio e codardia. 

Mancava qualche minuto all'ora stabilita per l'appuntamento e non riusciva a muoversi: non era pronto ad abbandonare quelle mura, ad abbandonare lei. Non era pronto a perderla davvero e forse non lo sarebbe mai stato. 

Guardò per l'ultima volta le tende rosse, i bauli sistemati accanto ai letti, la stufa di metallo, la sua sciarpa verde e argento e strinse i pugni. 

Aveva ripercorso ogni corridoio, guardato con attenzione ogni statua, ogni ritratto; era tornato nei sotterranei toccando gli enormi vetri dietro cui viveva un mondo che non avrebbe più rivisto, aveva risalito il sentiero della Foresta Proibita e si era seduto sulle rive del Lago Nero ad ammirare l'acqua illuminata dal sole, increspata da quella lieve brezza che sapeva quasi di estate. Aveva accarezzato le pietre, il legno, gli specchi ed era tornato nel bagno in cui aveva quasi rischiato di morire; si era fermato a lungo di fronte alla parete della Stanza delle Necessità, ricordando le ore spese a riparare l'armadio svanitore e quelle spese tra libri e scorci d'amore. 

Si era sentito sospeso nel fruscio leggero delle foglie, nei colori dei fiori, distratto dalle piccole cose che non aveva mai notato, dai sussurri del mondo che non aveva mai ascoltato, incantato dalle sensazioni che provavano le sue dita a contatto con l'esterno, mentre provavano a catturare anche un solo soffio d'aria, una goccia di notte illuminata dal giorno.

I capelli a coprire gli occhi lucidi, le mani nelle tasche, la bocca dritta e, come mai prima nella vita, Draco Malfoy si era sentito a casa.

Poi, si era vestito, guardandosi allo specchio, ripetendo a se stesso che quella, proprio quella, la più difficile, era l'unica strada da seguire.

La scelta giusta, quella che avrebbe rimediato ad ogni suo errore, anche il più banale: a tutte le volte che aveva finto di amare, nelle notti di piacere, all'unica volta che aveva amato davvero, mentre il nuovo si presentava al mondo, al suo mondo; alle volte aveva nascosto i suoi sentimenti con gli insulti, alle volte in cui avrebbe dovuto correre e invece era rimasto fermo; alla volta in cui si era fatto marchiare dal male, senza opporsi e a quella volta in cui Hermione gli aveva chiesto un motivo per restare e lui era rimasto in silenzio, muto, smarrito, sconfitto. 

E, soltanto dopo essersi seduto di fronte al Preside affiancato dal professor Piton, aveva capito di aver lasciato il proprio letto. 

-È stato un anno difficile. - cominciò in un sussurro. -Il più difficile, a dire il vero… 

-Conoscere sentimenti di un certo peso è difficile, signor Malfoy. 

-Sì, anche chiudere la mente alle invasioni altrui lo è, soprattutto se la lettura del pensiero è stata obbligata dal più grande mago di tutti i tempi. E, vi prego, chiamatemi Draco. 

-Sì, lo è. - rispose il Preside. 

Guardò i due uomini che aveva di fronte, gli occhi pieni di chi ha vissuto per troppo tempo nella solitudine dell'amore ed ebbe paura di poter scoprire i suoi e trovarli così. 

-Sono qui per firmare la fine del mio percorso a Hogwarts. 

-Ci sono tanti motivi per restare, Draco. 

-Ed uno solo per andare via. Quello vale più di tutti. 

La mano di Silente si posò sulla sua e quel calore sembrava avere il potere di rassicurarlo, sembrava allontanasse un po’ il freddo di quella tristezza che lo invadeva e gli camminava sotto la pelle. 

-Sei sicuro di quello che stai facendo? 

-Sì. 

-Allora spero che, almeno stasera, tu possa essere felice. 

-I risultati degli esami mi hanno particolarmente divertito. 

Per la prima volta, i risultati dei G.U.F.O. erano stati esposti all'interno di una grande cornice dorata, all'entrata della Sala Grande e, prima ancora dei suoi, Draco aveva vagato con lo sguardo su quelli ottenuti da Hermione: dodici G.U.F.O., dodici Eccezionale. 

Aveva sorriso, aveva scosso la testa pensando che non sarebbe potuto essere altrimenti e poi risalì la lista dei nomi, fino a trovare il suo. 

-Nove su nove, Oltre ogni Previsione, Eccellente, Draco. 

Erano quelli i voti che aveva preso agli esami, meravigliandosi del fatto che fosse riuscito ad ottenere tanto, nonostante nella sua mente sembrava non esserci stato spazio per nient'altro, se non lei. 

E, al ricordo del sorriso che le era era esploso in viso di fronte alla grande cornice e dell'abbraccio in cui aveva stretto i suoi migliori amici, Draco ebbe la sensazione di inciampare, 

cadendo nel disordine che aveva dentro, che non aveva il coraggio di sistemare; quegli accumuli di ricordi, di schiene, di sogni, di parole dette troppo in fretta e di parole mai dette, di illusioni, pensieri, speranze, rimorsi, temporali e cieli sereni. 

Capì che era arrivato il momento di compiere un altro passo, perciò si alzò dalla poltrona e accarezzo tutto il perimetro di quell'ufficio circolare e polveroso. 

Si fermò di fronte ad uno specchio dalla cornice dorata e si vide riflesso insieme a Hermione che gli scompigliava i capelli. 

-Quello è lo Specchio delle Emarb, Signor Malfoy: una trappola che può portare dolcemente alla pazzia. 

-Quello che vedo non è reale.

-No, non lo è, ma quello che vede rappresenta i suoi desideri più profondi. 

Respirò piano e si rivolse al Preside. -Non sono mai stato coraggioso, mi sono sempre nascosto dietro il mio cognome, dietro gli obblighi che dovevo adempiere. Sulla Torre di Astronomia le ho detto che non poteva capire, mentre lei sapeva già quello che sarebbe successo e lo ha evitato, mi ha dato la possibilità di non macchiarmi di colpe che non avrei saputo espiare. La ringrazio per questo. Credo che quella sia stata l'unica volta in cui mi sono sentito un codardo fiero di esserlo. 

-Draco, la codardia è l'altra faccia del coraggio:hai lavorato e hai rischiato per noi, hai lottato e sei rimasto con noi. Questo è un grandissimo atto di coraggio. 

Fece un sorriso stentato, poi posò gli occhi sulla figura scura del professore. -Solo lei sarà in grado di capire veramente.- e notò negli occhi di Piton la consapevolezza che alla visione di quei ricordi avrebbe vissuto di nuovo la storia, rivedendosi in Draco e, forse, rivedendo Lily in Hermione. 

Vide entrambi abbassare lo sguardo, poi si portò la bacchetta alla tempia, sciogliendo i fili di quei ricordi che sarebbero rimasti in lui per sempre, custodendo soltanto per sé il ricordo di Hermione su un tavolo della biblioteca e tra le lenzuola, poi li depositò in una boccetta di vetro su cui impresse le iniziali del suo nome. 

Accarezzò con mani incerte e tremanti il Pensatoio, poi sorrise. -Mi avete detto che non avrei saputo riconoscere l'amore, che non avrei saputo accettarlo ed è stato difficile, ho creduto di impazzire, ma l'ho accettato. E ho accettato anche di averlo perso. Questi sono i miei ricordi. Abbiatene cura. 

Lasciò l'ufficio del Preside con la sensazione di essere nudo, si aver lasciato troppo di sé in quelle pareti di vetro. Sentì il coraggio fluire verso l'esterno del corpo e tornò nel dormitorio. 

Si sedette ai piedi del letto, guardando il completo blu che avrebbe indossato per la cerimonia dei diplomi: si sentiva stanco, provato, incapace di proseguire e vivere quegli ultimi momenti tra quelle mura. 

Sfiorò la stoffa liscia della giacca e quella leggermente porosa della cravatta; si chiese quale piega avrebbe preso la sua vita, se fosse stato capace di andare avanti e di realizzare i suoi piani di un futuro troppo imminente, già pronto davanti ai suoi occhi. 

Intercettò con lo sguardo il volantino di invito alla festa su cui era stampato un cielo illuminato da miriadi di stelle e su cui la scritta Ballo in blu disegnava cerchi e ghirigori dorati. 

Poi, con i raggi del tramonto che accompagnavano ogni suo movimento, Draco cominciò a vestirsi, premurandosi di mettere da parte e nascondere per bene la maschera che aveva indossato per troppi anni.

Scese le scale della Torre di Grifondoro con passi pesanti, come a voler imprimere il suo passaggio, come se si aspettasse che da un momento all'altro tutto potesse sparire.

Guardava gli altri sorridersi, tenersi per mano, la Sala Grande allestita con pesanti tendoni blu e cordoni di fili d'argento, le grandi tavole ammassate alle pareti e una fontana di ghiaccio magico al centro. 

Qualcuno gli posava una mano sulla spalla, qualcun altro lo salutava con la mano, Blaise e Theo si erano fermati per un po' a parlare con lui, accompagnati da Aria e Daphne, bellissime nei loro vestiti. 

Vide Ginny abbracciata a Harry e capí che almeno lei non sarebbe stata su un divano ad ubriacarsi, che aveva trovato la porta del fondo prima di lui ed era riuscita a risalire. 

Guardò ad uno ad uno tutti gli studenti, li vedeva come eroi della propria vita, eroi che avevano avuto la forza e il coraggio di cambiare il proprio destino. 

Si sedette su una panca a ridosso del tavolo degli alcolici, con i gomiti poggiati sul legno e le gambe leggermente divaricate: da quella prospettiva, riusciva ad immergersi in quella realtà che avrebbe vissuto lontano da Hogwarts, lontano da lei. 

Poi la vide, nel suo bellissimo abito con il corpetto incrociato tempestato di brillantini blu e la gonna di velo dello stesso colore che sembrava accarezzarle le gambe ad ogni passo. Si perse in quei movimenti di stoffa che gli disegnavano nell'anima alchimie d'amore incontrollato, disperato, vero; si perse in quelle onde di capelli come se fosse una mano pronta a toccarli, ad incastrarsi in quelle catene castane; si perse nelle ciglia sottili coperte dal trucco e in quegli occhi che sorridevano dopo troppo tempo e percepì il senso di colpa per ogni lacrima che lei aveva versato pesare sulle spalle, in quella voce che sembrava una nenia distante, quasi eterea, che riempiva ogni anfratto di quel silenzio innaturale e devastante che lui aveva dentro. 

Poi la vide e sentì il respiro spezzarsi nel petto, nei polmoni, in quegli intrecci di muscoli e fibre che gli davano la percezione di essere ancora vivo ed avvertì il rumore di qualcosa che si stava crepando prima di esplodere all'altezza del cuore. Sorrise e prese un flute colmo di un liquido rosa striato d'oro: lo assaporò lentamente, senza mai distogliere lo sguardo da lei e, la sentì ridere, di quella risata pulita, dolce e si sentì felice, come mai si era sentito da quando l'aveva persa. 





Aria sembrava voler entrare persino nelle piccole crepe delle pareti, con il naso all'insù e gli occhi grandi di meraviglia. -Sembra un sogno. - aveva detto prima di appoggiarsi al suo braccio. 

Aveva guardato i ritratti muoversi e parlare, aveva visitato i giardini, i dormitori, le aule vuote e la Torre di Astronomia: si era seduta ad osservare il cielo da vicino, poco più in là delle sue mani stese pronto ad afferrarlo. 

Blaise aveva colto ogni sfumatura di quelle emozioni senza fine, di quello stupore sulle labbra ed aveva provato una morsa allo stomaco, la speranza che lei potesse accettare quel mondo in cui nulla era come appariva. 

L'aveva portata in Sala Grande ed aveva visto il suo corpo tremare per la voglia di far parte di quella vita per poter guardare ogni giorno quel soffitto incantato di cielo e di stelle: se solo avesse visto quel cielo che era stato per metà distrutto, se solo avesse camminato tra le macerie di quella guerra… 

-Ti piace? - le aveva chiesto abbracciandola da dietro e puntando un dito verso l'alto. 

-È bellissimo. 

-Sì, lo è. - la dondolava dolcemente tra le braccia, poggiando il mento sulla sua spalla, respirando il suo profumo buono. 

-Blaise… Posso farti una domanda? 

-Puoi farne quante ne vuoi. 

-Cos'hai versato prima nei cocktail? 

-Ah, quindi,mi hai visto… 

-Sì. 

-È soltanto una pozione… 

-E perché allora hai fatto in modo che nessuno ti vedesse? 

-Aria, d'accordo, ti racconterò tutto, però non qui.- la prese per mano e la condusse sulle rive del lago. 

-Qui puoi raccontarmelo? 

-Mi avevano suggerito un filtro d'amore, ma sarebbe stato tutto più complicato e… 

-Blaise… 

-Sì. Allora… mi manca Draco, mi manca il mio amico che sorride. E questa- disse prendendo dalla giacca la fialetta contenente la pozione -questa è la Felix Felicis. 

-Sembra un bel nome. 

-E lo sono anche i suoi effetti. 

-E sarebbero? 

-È chiamata anche Fortuna Liquida e chiunque, una volta bevuta, si sente felice, capace di poter realizzare ogni sogno, di poter fare qualsiasi cosa: è come se una vocina nella mente ti spingesse a comportarsi in un certo modo… 

-Potrebbe anche essere pericoloso… 

-Sì, lo è, ma ognuno è libero di scegliere se assecondare la sua coscienza o meno. E so che Draco non lo farà, so che resterà fermo a sorridere della felicità di Hermione, ma vorrei che in questo ultimo giorno fosse felice anche lui… 

-Beh, magari a settembre torneranno insieme. 

-Lui non tornerà a Hogwarts. 

-Perchè? 

-Per permettere a lei di andare avanti, per non essere un peso nella sua vita. 

-È un bel gesto d'amore… 

-C'è un però, vero? 

-Si… Però tu non fare mai una cosa del genere con me. 

Scoppiò a ridere e ricevette in cambio un'occhiata perplessa. -Sei impazzita, vero? Io non ti lascerò più… 

E con la luna crescente a fare da sfondo, Blaise le promise con un bacio l'eternità di quelle parole. 





-Il blu ti dona molto, Harry Potter. 

-Credi che potrebbe essere il colore adatto per il nostro matrimonio? 

-Sì, potrebbe. 

-Ti ho giurato amore eterno, Ginny, te l'ho giurato nel mio cuore. 

-Ed io ho fatto lo stesso.- gli incrociò le dita sottili dietro al collo, appoggiando la fronte a sua e si chiese perché lui avesse scelto proprio lei come compagna di vita; gli sorrise dolcemente e si lasciò posare un bacio sulla punta del naso. 

-Io ci credo davvero in noi, Ginny… E

E perdonami per tutte le volte che ti ho fatta soffrire, per tutte le promesse che non ho mantenuto. Io… 

-Shh, non importa. A me basta che mantieni questa. - gli disse poggiando le labbra sulle sue, in bacio fatto di amore e un mezzo sorriso.

In quel momento, i ricordi della Guerra Magica sembravano soltanto vapori di un incubo lontano, mai vissuto davvero ed entrambi si lasciarono andare a quelle note dolci di presente, di risultati ottenuti, di pace raggiunta. 

Le sembrava di avere davanti un immensa distesa di fiori da raccogliere e buoni propositi da seminare, veder fiorire e raccogliere. 

-Tieni.- vide le mani di Harry allacciarle al polso un bracciale sottile, semplice con il simbolo dell'infinito ricoperto da microscopiche pietre multicolore. -È come un anello di fidanzamento. 

-È bellissimo. 

-Era di mia madre… 

-Oh, no, Harry, no, non lo posso accettare. 

-Ginny, dopo di lei, tu sei l'unica donna al mondo che merita di portarlo. È importante per me che tu lo accetti. 

-Harry… 

-Ti prego, no, ascoltami… Una persona una volta ha detto che nei momenti di buio sarebbe bastato accendere la luce e tu per me sei stata proprio questo e sì, questo bracciale adesso è tuo e non puoi più restituirmelo. 

Guardò a lungo quel filo dorato che sembrava pesare più di ogni altra cosa al mondo: Harry aveva appena fatto uno dei più grandi gesti d'amore e lei sentiva il carico di quella responsabilità che lui aveva appena posato sul suo polso e nelle sue mani, la responsabilità di renderlo felice, di farlo sorridere sempre, di essere la sua luce nel buio. 

Decise che sì, ne sarebbe stata capace, che non avrebbe voluto fare altro dal primo giorno che l'aveva incontrato ed accettò il bracciale con un sorriso e un bacio carico di futuro da vivere insieme a lui. 





Erano tornati in Sala Grande giusto in tempo per ricevere il diploma. 

Fare l'amore con lei era un modo per recuperare tutto il tempo perso, tutti gli anni in cui aveva finto di essere un semplice amico. 

Era stato difficile alzare l'abito, sentirsi vestito di lei, ma Daphne gli aveva posato un sorriso sulla bocca e lui aveva sentito il cuore esplodere: avevano iniziato a completarsi l'anima a vicenda prima ancora di rendersene conto ed era finiti con trovarsi incastrati l'uno dentro l'altra, in un mescolarsi di respiri ed ansiti trattenuti a stento. 

Lei lo strinse più forte e lui sembrò dimenticarsi della festa che si stava svolgendo poco lontano da loro, del mondo, della musica, tranne che della magia che vibrava libera e senza vergogna tra loro. 

-Ce l'abbiamo fatta. - le disse rendendosi conto che i loro cognomi non erano ancora stati chiamati e le sorrise. 

La vedeva emozionata, con le dita strette a torturare le sue, quelle dita che lo aveva accarezzato, che gli avevano toccato ogni centimetro di pelle, i capelli, gli ed ogni singolo battito di cuore. 

-È bello amarmi?- quel ricordo gli scivolò in silenzio tra i pensieri di quella sera, si intrufolò nelle immagini di lei che lo baciava, che lo spogliava, con la schiena appoggiata al muro. 

Non aveva più tolto l'anello, lo teneva addosso come se fosse la sua stessa pelle, come se senza di esso si sentisse esposto ad un mondo in cui lei non c'era. Le strinse le mani. 

-Theodore Nott sei la persona più bella che io abbia conosciuto in questi anni a Hogwarts. 

-E tu sei la persona più bella che io abbia conosciuto in tutta la mia vita. 

La vide allontanarsi, salire i due gradini su cui il Preside la attendeva, strinse il diploma al petto, vide i suoi occhi riempirsi di emozione. 

Tornò da lui con le guance arrossate e un bacio sulle labbra ancora umide di lei. 





-Sono così tesa… 

-Una corda di violino, direi. 

-Più tardi mi farò pizzicare, Ron, ma adesso prova a tranquillizzarmi. 

Le cinse le spalle con un braccio e le baciò la fronte. -Sei andata benissimo. 

-Lo so, ma non riesco ancora a crederci.

Lisa, al suo fianco, aveva cominciato a mordersi piano l'interno della guancia, come faceva ogni volta che temeva che quello che vedeva potesse sparire da un momento all'altro e lui si ritrovò innamorato di quei piccoli particolari che forse nessuno aveva mai notato: lo sbattere le ciglie quando era incredula, torturare le mani quando il nervosismo sembrava divorarla, passare una mano tra i capelli quando aveva bisogno di pensare e mordersi le guance, appunto. 

Si sentì incastrato in quelle emozioni che non riusciva a manifestare, in quei sentimenti che non riusciva a dimostrare se non in un groviglio di lenzuola e carezze audaci. 

Aveva capito, con il tempo, che era più facile esprimersi con i gesti, i tocchi, gli sguardi piuttosto che farlo con le parole e Lisa era sempre stata pronta ad accoglierlo, a riempirsi di lui che non chiedeva altro che essere compreso anche quando preferiva restare in silenzio; era stata brava ad insegnargli altre forme d'amore, a parlare senza parlare e gli aveva insegnato anche a brancolare nel buio delle incertezze che nascevano dal dover compiere qualche passo indietro ed aggiustare il passato, a chiedere scusa, ad ammettere i propri errori e viverne le conseguenze. 

-Sei bellissima.- le aveva sussurrato all'orecchio e l'aveva guardata mentre timidamente abbassava lo sguardo. 

Aveva intrecciato la mano alla sua, si era alzata sulle punte per lasciargli un tocco di labbra sul collo. 

-Ron… - aveva cominciato lei a dire con la voce ridotta ad un respiro. -Ti amo. 

E lui aveva sentito il cuore battere più veloce, in una corsa di sensazioni inspiegabili e meravigliose. 

Aveva sentito i suoi capelli solleticargli il mento e, poi, l'aveva stretta più forte sul petto, come a volerle fargli sentire il suono che avevano provocato dentro di lui quelle parole, le aveva alzato il viso per incatenare gli occhi ai suoi e si era sentito quasi rinascere. -Ti amo anche io. 

E soltanto dopo averlo detto, aveva capito che in quei mesi non aveva fatto che saltare dentro e fuori il margine del limite che divideva l'affetto dall'amore. 

Con quella certezza che gli scorreva nelle vene, con il progetto di passare l'estate insieme, Ron era rimasto fermo ad aspettare che quella serata giungesse al termine e che arrivasse presto il momento di potersi allontanare da tutto e vivere soltanto di lei. 






Si era stesa sul letto, con un nodo in gola e lo stomaco in subbuglio: le capitava sempre, ad ogni fine anno, di pensare a quello che le era successo e si rese conto in quel momento che tutti i pensieri portavano al viso e al sorriso di Draco, ai suoi occhi felici o pieni di malinconia, alla sua bocca, alle sue mani. 

Guardava il soffitto e vedeva soltanto nuvole e fiumi incolore, con un maremoto di emozioni nell'anima e la testa piena di domande. 

Si era alzata, lasciando scivolare le dita sulla gonna di velo che si posava sulle mani allo stesso modo in cui sulla pelle si erano posati quegli occhi grigi che ricordavano il cielo in tempesta, che si facevano grandi di fronte alle paure e alle carezze e si erano fatti bui davanti agli addii che lei si ostinava ad urlare. 

Ginny aveva cominciato a coccolarle i capelli, ad aiutarla ad indossare quell'abito, come durante la festa della sera prima della vigilia di Natale, in quella notte di ritorni e passi indietro, di confessioni e di silenzi. 

Ricordò quelle ombre che gli nascondevano il viso, quel tremore che aveva invaso il corpo di entrambi, quegli sguardi senza parole che sembravano aver sfondato il muro che li divideva, le mani di lui dovunque, i suoi capelli sulla fronte, quella schiena si curvava sotto il peso di quel sentimento soffiato appena fuori dalla bocca, appena fuori dai polmoni. 

-Sei pronta. 

Si era guardata allo specchio ed aveva provato la sensazione di essere poco più di un corpo, ma aveva sorriso al suo riflesso e a quello dell'amica che la guardava attenta. 

La sera si era posata su Hogwarts con una coperta di pace e un manto di stelle timide. 

Hermione si era fermata a guardare quel cielo infinito e carico di speranze, immobile come un quadro perfetto disegnato dalla magia che la circondava. 

Era corsa tra le braccia dei suoi genitori, beandosi di quel calore che aveva il sapore di casa sua, di porte aperte e risate di bambini, li aveva stretti forte, aveva raccontato e mostrato loro la scuola, i giardini, il Lago Nero, bisbigliando appena gli orrori della guerra, le paure che l'aveva annientata. 

Aveva osservato Silente durante il discorso di apertura della cerimonia dei diplomi, lo aveva ascoltato chiamare e ringraziare ogni alunno del quinto anno, prodigarsi in complimenti e raccomandazioni, con il sorriso tranquillo ad illuminargli il viso. 

-Draco Malfoy, il salvatore silenzioso di queste mura. - aveva detto il Preside, poi Draco lo aveva raggiunto, aveva inclinato leggermente il capo in segno di ringraziamento ed aveva stretto la mano ad ogni professore e lei si era sentita esplodere d'orgoglio al ricordo di quando, poche ore prima, si era fermata a leggere anche i suoi voti; si era sentita pronta a tornare da lui, pronta a ricominciare, pronta a non perdersi più. 

-Hermione Granger.- aveva ritirato il suo diploma con mani tremanti ed aveva rivolto uno sguardo a Draco, nascondendosi sotto le ciglia truccate, lo aveva visto sorridere e lo aveva imitato mentre beveva dal flute che le era stato offerto all'entrata della Sala Grande: si era sentita leggera, in una debole pace che sembrava farsi più forte ad ogni sorso.

Aveva toccato con lo sguardo tutte le persone che avevano vissuto insieme a lei, soffermandosi qualche secondo in più ad ammirare Ginny e Harry, Ron e Lisa, Daphne e Theo, Blaise e Aria che, con lei, avevano condiviso molto più che semplici fruscii di pagine di libri ed ore di lezione. 

Poi, la professoressa McGranitt aveva sostituito Silente al leggìo, in un turbine di parole dolci e aspettative positive verso il futuro dei suoi studenti. 

-... per chi ha varcato quella porta per l'ultima volta e per chi la varcherà di nuovo a Settembre. Per tutti voi. - aveva concluso e poi le aveva fatto segno di raggiungerla, con la voce sovrastata dagli applausi. 

Hermione aveva rivolto un ultimo sguardo all'intera sala, poi aveva preso la pergamena ed un attimo dopo l'aveva accartocciata e messa da parte: guardandola aveva avuto l'impressione che quelle parole fossero soltanto frasi fatte, prive di senso, scritte in un momento di rabbia e poca lucidità. E sembrava che quel gesto che non era passato inosservato le avesse dato la forza di esporsi.

Si era data tempo per aprire il suo cuore e far uscire l'anima fuori dal corpo, poi aveva riempito i polmoni di aria, in respiro profondo di emozione e consapevolezza, aveva appoggiato le mani al leggìo, come se quel gesto potesse darle la forza di restare in piedi. 

Aveva aperto gli occhi e aveva sorriso di commozione. -Hogwarts è stata fondata, in seguito ad un sogno, più di mille anni fa dai quattro Fondatori che, pur di non avanzare pretese l'uno sull'altro, hanno stipulato un voto infrangibile, ma questo lo sappiamo tutti. 

E lo abbiamo fatto anche noi, magari inconsapevolmente, e, a parte gli incantesimi e la preparazione di una pozione, abbiamo imparato cosa fosse il disprezzo e il rispetto, l'odio e l'amore, la fratellanza, l'amicizia, la solidarietà; abbiamo imparato a chiedere scusa e a perdonare, a credere che nessuno è migliore di un'altro, che siamo tutti importanti, che siamo uguali, che possiamo tenderci la mano e salvarci. 

Abbiamo imparato ad avere paura, a guardarci le spalle ed a riporre fiducia in un altra persona, abbiamo imparato a distinguere il sapore delle lacrime di tristezza da quello delle lacrime di gioia ed abbiamo odiato i momenti bui che abbiamo vissuto tra queste mura. 

Hogwarts è casa nostra: ci ha accolti, ci ha donato una famiglia, degli amici, rapporti  incomprensibili che si sono trasformati in qualcosa di più, che sono andati oltre la nostra immaginazione, ma ci ha anche fatto piangere, ci ha messo di fronte alla consapevolezza di aver perso le persone a cui abbiamo voluto bene, ci ha fatto soffrire, ci ha fatto maledire la magia che abbiamo nel corpo e ci ha fatto urlare di dolore. Siamo scesi in campo pronti a combattere soltanto in teoria e ce la siamo cavati bene anche con la pratica, abbiamo camminato intorno al confine che separa il bene dal male ed abbiamo combattuto perfino con noi stessi per scegliere da quale parte stare. La guerra ci ha cambiati, lo vediamo ogni giorno negli occhi della persona che abbiamo di fronte, lo sentiamo nel cuore quando camminiamo tra le macerie e se guardiamo dietro di noi, se torniamo a quei giorni, vediamo che il bene alla fine ha trionfato sul male e che il sacrificio di chi ci ha lasciato non è stato vano. 

Quando mi permetto di dare spazio a quei ricordi, mi rivedo sporca di sangue, di terreno, e mi rendo conto che, tra quelle pietre scaraventate al suolo, ci sono le mie, le nostre paure, le nostre speranze, le nostre lacrime, il nostro coraggio, l'astuzia e la determinazione Serpeverde, la lealtà e la pazienza Tassorosso, l'intelligenza e la creatività Corvonero e il coraggio e l'intraprendenza Grifondoro che si sono mescolate tra loro e hanno dato vita e speranza laddove sembrava esserci solo morte e distruzione. È stata la guerra di tutti e questa che stiamo vivendo è la pace di tutti ed abbiamo l'obbligo di rendere onore a chi ha dato la vita per difenderci e possiamo farlo soltanto portandoci rispetto, dandoci sostegno. 

Credo di parlare a nome di ognuno di voi quando dico che vi ringrazio per questi anni passati insieme, per avermi consolata, aiutata, derisa, ferita, sostenuta e salvata: mi avete resa più forte, nel bene e nel male. 

È stato un addio difficile ed altrettanto difficile è stato il ritorno tra queste mura, ma mi è bastato pensare che ci sarebbe stato ancora il cielo del soffitto ad accoglierci, insieme ai legami che abbiamo scelto di costruire. Ci portiamo dentro cicatrici che forse non guariranno mai. Dopo la guerra è stato difficile ricominciare a vivere, ci siamo sentiti addosso l'odore della morte, la colpa di non essere stati in grado di difendere chi ha creduto nei nostri ideali e per il senso di sconfitta che abbiamo provato nonostante la vittoria, ma, siamo stati in grado di arginare l'odio e la paura che regnava. 

Noi abbiamo avuto il coraggio di amare anche chi credevamo fosse nostro nemico ed abbiamo trovato in loro una mano pronta a rialzarci, siamo stati capace di andare oltre le apparenze e i pregiudizi e proprio per questo motivo quest'anno abbiamo vinto la battaglia più difficile: abbiamo gettato le fondamenta per un mondo migliore, per una pace che mi auguro duri a lungo. 

Siamo segnati da ferite che non si rimarginano in una notte, alcuni di noi stanno ancora cercando di rimettere insieme i pezzi, altri li hanno incastrati come meglio potevano, ma siamo in piedi, siamo vivi e custodiamo emozioni bellissime che non possiamo più rivivere, ma che porteremo sempre nel cuore; vi guardo negli occhi e capisco di avere con ognuno di voi un legame indissolubile, che va oltre la stabilità dei rapporti umani, vi guardo e mi sento grata di aver trascorso un altro anno con voi, di avervi conosciuto e riconosciuto. 

Alla paura ogni volta succede la felicità e, per quanto una parte di me sia consapevolmente triste di quello che abbiamo perso, l'altra è felice di essere ancora qui.

Hogwarts è casa nostra e voi siete la mia famiglia ed io vi ringrazio per essere ancora qui con me. 

Aveva sceso in due scalini con l'emozione nei muscoli, con il tremore in ogni nervo, accompagnata in ogni passo da uno scroscio di applausi che la riempivano di orgoglio: si era spogliata della sua corazza, l'aveva riposta in un angolo dimenticato di se stessa e si era regalata a quei volti conosciuti. 

Si era sentita avvolgere dall'abbraccio bagnato di Ginny e poi da quello di Daphne, ma i suoi occhi vagavano per la Sala Grande in cerca di quegli occhi che non aveva smesso di sentire addosso nemmeno per un attimo e lo voleva ancora, ancora e ancora. 

Si avvicinò piano a Blaise, quasi in punta di piedi e con gli occhi lucidi, aveva visto Aria asciugare le lacrime sul viso e si era ritrovata stretta in uno slancio di gratitudine sincera, poi l'aveva sentita allontanarsi e Hermione aveva ripreso a guardare quel ragazzo che le aveva portato a casa da parte della persona che amava il più bel regalo di Natale che avesse mai ricevuto. 

Gli aveva dedicato un sorriso, con una domanda ferma nelle corde vocali e sulla punta della lingua. -Dov'è Draco? 

-È andato via… 




Angolo autrice:

Eccomi qua a scrivere alla fine di questo capitolo e alla fine di questa storia. 

Vi scrivo con le lacrime agli occhi, conscia anche del fatto che questo finale possa non piacere a tutti… Ma chissà, forse ci ritroveremo ancora a scrivere di questi personaggi. 

Devo ringraziare chi ha mi ispirato per tornare a questi capitoli, chi mi ha dato il coraggio di riprendere in mano questa storia che avevo abbandonato tempo fa. 

Questa storia è dedicata al mio lui, anche se non lo sa e forse non lo saprà mai. 



Devo ringraziare chi ha aggiunti Since I kissed you Continued tra le ricordate/seguite/ preferite. 

Chiunque mi abbia dedicato il proprio tempo lasciando qualche parola per me ed anche chi ha letto in silenzio. 

Vi scrivo con le lacrime agli occhi perché per me questa storia è stata importante: ha seguito la mia evoluzione, si è plasmata sulle mie emozioni, sulle mie paure. 

Ho ricominciato a scrivere per voi, ma soprattutto per me stessa, per il piacere di farlo e per non far morire la mia passione di trasformare in parole le idee che mi passano per la testa. 

Spero che questa storia vi abbia emozionato come ha emozionato me in ogni singola virgola, in ogni singolo punto. 

Grazie a tutti. 

A presto, Exe. 





   
 
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