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Autore: Darlene_    01/06/2020    6 recensioni
STORIA INTERATTIVA ISCRIZIONI APERTE
Nessuno esce vivo dall'arena.
James lo sa bene, perchè nonostante sia sopravvissuto ai giochi è costretto, ogni anno, a guidare due ragazzi verso la morte certa, perchè non c'è nulla che possa far vacillare il sistema... O forse sì? Alla vigilia dei 25 Hunger Games qualcosa spinge il giovane mentore a rompere le regole e giocare una guerra che mieterà più vittime di quante immagina.
Il Presidente Snow vacilla, temendo che il suo oscuro segreto venga finalmente svelato.
Ci sarà un vincitore?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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I due volti di Panem



Le radici del male





Capitolo I



 
 
 
“Se arrivi sempre in ritardo per cena non stupirti se tua moglie alla fine vorrà venire ad abitare con me.” La voce di Harvey giungeva dalla cucina, ma nonostante James fosse ancora sull’uscio la udì distintamente. Il profumo dell’arrosto di Roxanne si spandeva per tutta la casa e lui si chiese se per caso non avesse dimenticato una qualche ricorrenza, ma non gli venne in mente nessun evento da ricordare.
“Vuoi sapere perché mia moglie non scapperà con te?” Domandò indirizzando la domanda all’amico che, seduto al tavolo, sgranocchiava una crosta di pane ricoperta di pomodoro. “Perché sa che non sarebbe un affare conveniente: dovrebbe restare alzata la notte per riempire il tuo enorme stomaco!” Con quelle parole cinse le spalle di Roxanne, posandole dei delicati baci sulla nuca che lei accolse con un sorriso.
“E questa chi è?” Esclamò Harvey spezzando l’aura romantica che aveva assunto la serata. I due innamorati si voltarono verso la porta: l’una con sorpresa, l’altro lievemente imbarazzato. James si staccò dalla compagna, avvicinandosi alla bambina dagli occhi color ebano.
“Lei è Lucy, e oggi sarà nostra ospite.” Con un gesto della mano la sospinse all’interno della stanza, incurante dello sguardo torvo dell’amico.
Roxanne le indicò una sedia e apparecchiò un posto anche per lei, rivolgendole parole gentili e sguardi carichi di tenerezza.
“Si può sapere chi diavolo è?” Sbottò  l’altro uomo, l’interesse per il cibo definitivamente svanito.
James gli indicò con lo sguardo Lucy, come per esortarlo a rimandare la conversazione, ma lui non era per nulla preoccupato della sensibilità di una ragazzina, perciò ripetè la sua domanda a denti stretti, enormemente infastidito dal comportamento dell’amico.
“Stavo tornando a casa: ero passato nei campi di grano per distribuire un po’ di succo preparato da Roxanne perché è stata una giornata torrida e pensavo che i contadini avrebbero gradito.” Harvey sollevò gli occhi al cielo, ma James finse di non notarlo. “Passavo davanti alla panetteria e l’ho vista frugare nell’immondizia. Il fornaio ha minacciato di chiamare i Pacificatori, così le ho detto che le avrei offerto la cena se avesse smesso di cercare cibo nella spazzatura.”
“Non pensi che forse dovrebbero essere i suoi genitori ad occuparsi di lei?” Urlò ormai al limite della pazienza: non riusciva a comprendere perché quello sbarbatello di James dovesse sempre rischiare qualcosa per aiutare il prossimo.
“Sua madre non sta bene, ha avuto un crollo dopo ciò che è successo a suo marito.”
Harvey contò fino a dieci per mantenere la calma, incerto se domandare o meno cosa fosse accaduto all’uomo, poi si batté una mano sulla fronte ricordando la notizia che, solo qualche settimana prima, aveva sconvolto il loro distretto. “Dimmi che non è lei!”
La solita aria angelica di James non lo abbandonò nemmeno in quel momento e con un sorriso malizioso rispose che Lucy era Lucy e non comprendeva la domanda. Le mani dell’altro gli afferrarono la camicia, spingendolo rudemente contro la parete. “Che idiota!” Sbraitò, tanto che persino Roxanne, nella stanza attigua, restò in ascolto per qualche istante.  Harvey non diede retta all’amico che lo pregava di abbassare la voce. “La figlia del ribelle! Hai portato la figlia del ribelle a casa tua! Buttala fuori e prega che nessuno se ne sia accorto altrimenti sarai nei guai fino al collo.” Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, indietreggiando di qualche passo.
“Non era un ribelle, solo un padre disperato che non sapeva come sfamare la sua famiglia.”
Grattandosi la testa, Harvey affermò con sarcasmo: “Oh sì, proprio un padre modello. Così modello che è finito con una pallottola in testa dopo aver provato a derubare il magazzino delle scorte alimentari.”
“Non puoi capire.” Mormorò James, dispiaciuto che l’amico non condividesse la sua opinione.
“Oh capisco benissimo.” Rispose girando la maniglia della porta. “E proprio per questo porto le mie chiappe fuori da qui.” Ormai in cortile si voltò ancora una volta. “James?”
L’uomo alzò il capo, speranzoso.
“Non mi cercare. Sono sopravvissuto all’arena e tutti gli anni sono costretto ad essere il mentore di un ragazzino che spesso muore nel bagno di sangue, non voglio altri problemi. Ci vediamo alla mietitura.” Così dicendo si avviò verso casa.  
 
 
Quando Coriolanus entrò nello studio paterno, il Presidente stava discorrendo con il Ministro della Sicurezza Nazionale e sembrò non apprezzare la sua presenza, ma il ragazzo non li abbandonò.
“Le telecamere hanno ripreso il soggetto interagire con la figlia di un ribelle, ci sono anche dei testimoni che affermano che l’abbia portata a casa sua. Prima di prendere una qualsiasi decisione i Pacificatori me lo hanno comunicato. Posso dare l’ordine di arrestarlo?”
Romolus scosse la testa, massaggiandosi le tempie con due dita. “James Burdock è un individuo potenzialmente pericoloso, ma fino ad ora non ha commesso nessuna infrazione, perciò continuate a controllarlo e se ci sono nuovi sviluppi comunicatemelo, chiaro?”
Il suo sottoposto annuì, ritirando i documenti che aveva abbandonato sulla scrivania. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma alla fine decise di non sfidare la sorte e lasciò lo studio con un cenno di saluto.
“Allora è vero quello che si dice in giro.” Affermò Coriolanus sedendosi sulla poltrona di pelle di fronte al padre. “Che hai un occhio di riguardo per una nullità del distretto 9.”
Gli occhi di Romolus diventarono di ghiaccio, la  mandibola serrata per il disappunto. “Hai una buona ragione per essere qui o hai semplicemente deciso di sprecare il mio tempo con delle illazioni?”
Il figlio non si lasciò intimidire da quella reazione: doveva scoprire il mistero ad ogni costo.
“A quanto mi risulta questo non è il primo gesto avventato di Burdock, non credi sia necessario dargli l’opportunità di meditare sul suo comportamento? Credo che un paio di giorni in una cella di isolamento, senza pane né acqua potrebbero essere illuminanti.” Parlava in modo pacato, ma nascondeva una rabbia profonda verso colui che aveva marchiato come ribelle.
Il Presidente comprese che non sarebbe riuscito a troncare la discussione, perciò decise di dare delle spiegazioni al ragazzo. “James è un mentore, sa esattamente cosa ci si aspetta da lui. A volte prende decisioni discutibili, ma non rappresenta una minaccia per Capitol City: non ha la stoffa per guidare una rivolta, lancia solo briciole di speranza a suoi concittadini e la speranza, se ben dosata, può esserci favorevole.” Si congratulò mentalmente con se stesso per aver escogitato una risposta che non avrebbe lasciato spazio ad altre domande eppure, ancora una volta, Coriolanus lo sorprese.
“Già, un mentore.” Parve soppesare mentalmente quelle sillabe, prima di riprendere il discorso. “Se non ricordo male si tratta di un giovane di bell’aspetto perciò mi chiedo, come mai non è nella lista dei vincitori adatti a soddisfare le esigenze delle signore più in vista di Capitol City?” Si riferiva all’usanza per cui gli abitanti della capitale potevano richiedere di passare gratuitamente una notte di passione con chi era uscito vincente dagli Hunger Games.
Quando suo padre, invece di rispondere, sbatté una mano sul tavolo e gli ordinò di alzarsi, Coriolanus trattenne a stento un insulto: era il futuro Presidente di Panem, doveva essere al corrente della situazione. Nonostante ciò decise che sarebbe stato più saggio obbedire, forse avrebbe trovato un’occasione propizia per riprendere l’argomento.
 
La serra di sua madre profumava di rose e Coriolanus non riusciva a staccare gli occhi dai meravigliosi boccioli. Lasciò scorrere un dito sui petali di velluto, carezzando lo stelo con dolcezza. La voce alle sue spalle lo fece sobbalzare ed una spina gli ferì un polpastrello. Il ragazzo osservò una stilla del suo sangue imporporare il candido fiore.
“Corio non pensavo che avresti trovato il tempo per venirmi a trovare.” La madre gli posò una mano sul braccio, un largo sorriso dipinto sul volto.
“Sai che non potrei mai mancare al nostro consueto appuntamento pomeridiano.”
Si diressero verso la parte più interna della serra dove le rose formavano archi sopra le loro teste e le api si rincorrevano giocose. Proprio al centro della struttura vi erano delle sedie a dondolo accanto alle quali vi era un tavolino con tutto il necessario per guastare il thè. Il giovane si accomodò, lasciandosi cullare dal quel profumo che da sempre rappresentava casa sua.
“Il rosso mi si addice, non trovi figlio mio?” Chiese la donna, tagliando un fiore e appuntandoselo tra i capelli. Lui scosse la testa, indifferente, aveva sempre preferito il bianco, adatto ad ogni occasione e soprattutto simbolo di purezza. Qualcosa si avvolse intorno al suo piede e provò un brivido di terrore nel rendersi conto che si trattava di un serpente dal colore sgargiante che difficilmente apparteneva ad una razza naturale. Cercò di scuoterlo via, ma la madre gli posò una mano sul ginocchio, costringendolo a restare fermo. La creatura strisciò verso la coscia, e poi più su, verso il torace fino ad avvolgersi intorno al collo. Coriolanus trattenne il respiro, troppo spaventato per provare a liberarsi da quella stretta. Sentì un sibilo e con la coda dell’occhio vide la lingua biforcuta saettare verso di lui. Chiuse gli occhi, attendendo che le zanne affondassero nella carne, ma non accadde: sua madre portò il polso all’altezza della sua spalla e il rettile le si avvolse intorno come un bracciale. La donna lo lasciò percorrere il suo corpo, quindi con delicatezza, strinse due dita dietro alla testa della creatura e la avvicinò ad un barattolo ricoperto da una specie di filtro.
“Non devi aver paura di lei. Si chiama Alyssia ed è stata creata in un laboratorio. È un ibrido, ma a parte il fatto che il suo morso è più letale di quello di qualsiasi suo simile non ha nessuna caratteristica interessante. O almeno questo dicono gli scienziati, ma ho chiesto a tuo padre di non permettere di sopprimerla, ora siamo amiche.” Lasciò che i denti del serpente affondassero nel filtro e Coriolanus notò che dai canini colava uno strano liquido bianco e viscoso. Notando la sua curiosità la donna spiegò che quello era il veleno e che per almeno un paio di giorni non ne avrebbe avuto altro, poi si sarebbe riformato.  Posandogli una mano sulla spalla e labbra sul lobo dell’orecchio gli sussurrò: “Più letale di un proiettile, invisibile all’occhio umano e impossibile da individuare per il palato. Il veleno è l’arma più potente che ci sia.”





Ciao a tutti! 
So che probabilmente temevate già di avermi perso, ma non disperate: questo progetto rientra nelle mie priorità e continuerò senza dubbio ad aggiornare. Purtroppo questo capitolo è stato abbastanza complesso da scrivere perchè continuava a non soddisfarmi, ma spero che essermi presa del tempo lo abbia reso migliore. Non ci sono ancora i vostri personaggi, ma entreranno in scena già dal prossimo capitolo. Ho ricevuto tutte le vostre schede e ho già dei progetti per ogni tributo. Ricordo però che ce ne sono ancora di liberi, se qualcuno vuole aggiungersi alla nave :) 

Tributi liberi

Solo maschi dei distretti: 3, 5, 6, 10, 11, 12 ricordo che dovete compilare la scheda presente nel capitolo precendete. 

A presto (presumo di pubblicare entro la fine della prossima settimana!

 
  
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