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Autore: H_A_Stratford    04/06/2020    16 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
 
Nel momento in cui noi cominciano a cercare l’amore,
l’amore comincia a cercare noi.
- Paulo Coelho
 
Athena e Spencer erano nella sala di quest’ultimo con un caffè tra le mani. Nessuno aveva fiatato dalla fine del discorso di lei. Era come se il tempo si fosse fermato e tutto quello che riuscivano a fare fossero azioni quotidiane: andare in cucina, prendere il caffè e sedersi sul divano. In silenzio. Sul tavolino davanti a loro erano ancora posati i libri che aveva letto il ragazzo la sera prima e qualche altro quaderno non meglio identificato.
«Oh, hai aggiunto i miei libri» disse Athena dopo quella che sembrava un’eternità e si girò verso il ragazzo. Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Una lunga, intensa, incontrollabile risata. Era come se tutta la loro tensione si fosse sfogata in una fragorosa risata. Se uno sconosciuto fosse entrato in quel momento li avrebbe scambiati per due matti, matti ma felici.
La ragazza lasciò cadere la testa all’indietro dopo essersi calmata, rigirandosi la tazza tra le mani. «Ti prego, dì qualcosa. Qualsiasi» disse quasi in un sussurro guardandolo. Spencer era in silenzio e osservava intensamente il suo caffè, immerso nei suoi pensieri. Sembrava che non riuscisse a trovare le parole giuste da dire. Il che era paradossare: una persona capace di parlare per ore di qualsiasi cosa, si ritrovava a corto di parole. Inoltre la sua notte insonne non stava aiutando a rimanere lucido.
«Henry Wald Bettmann» rispose lui abbozzando un sorriso, lasciando comunque lo sguardo basso. Athena a stento non riuscì a non far roteare gli occhi. Ammetteva di aver detto ‘qualsiasi’ ma era un modo di dire, non doveva prenderla alla lettera. Però si trattava pur sempre di Reid, quindi doveva aspettarselo.
«Compositore di Scacchi statunitense. Era uno specialista di medicina interna, docente di tale materia all' Università di Cincinnati e autore di vari scritti e monografie nel campo medico. Dimostrò grande talento e facilità di composizione soprattutto nei concorsi a tema obbligato e si interessò particolarmente ai temi di promozione. È famoso il suo problema di automatto in tre mosse che vinse il primo premio in un concorso tematico del 1925/26 sul Babson task, composto in soli cinque giorni» continuò a dire non sentendo alcuna replica da parte della ragazza. Girò appena il volto per vedere quello di lei nella confusione più totale. «Il suo compleanno era il 14 gennaio, come il giorno in cui ci siano incontrati. Così ogni volta che gioco a scacchi mi vieni in mente te». Si strinse nelle spalle e prese un respiro. Si era buttato, era fatta. Era sicuro che avrebbe avuto rimorsi e ripensamenti per i giorni a seguire, ma sapeva anche che non sarebbero stati peggiori di quelli avuti la notte appena passata, quando temeva di averla persa per sempre.
Athena ridacchiò appena scuotendo la testa. «È il tuo modo da super intelligentone che c’è spazio nella tua vita per me?» chiese girandosi verso di lui, inarcando un sopracciglio. Era sveglia da così tante ore e con pochissime ore di sonno che anche la cosa più semplice sembrava un ostacolo impossibile. Il ragazzo sorrise, non poteva fare altro, sapeva che sarebbe stato da folli lasciarla andare. Aveva ancora tutte le sue paure, insicurezze, ma le avrebbe parlato a tempo debito, un po’ alla volta. Il suo approccio era stato sbagliato anche se dettato da buone intenzioni. Era chiaro che Athena sarebbe rimasta, ora doveva solamente accettare i propri sentimenti ed essere capace di esprimerli, soprattutto quelli per Maeve. Lei era la chiave per essere finalmente padrone delle proprie emozioni e riuscire ad avere una relazione sana con Athena.
«Ti ho lasciato mettere mano alla mia libreria, pensi che sia una cosa permessa a chiunque?».
 
Penelope Garcia stava prendendo il suo primo caffè della giornata quando vide in coda davanti a lei una chioma bionda familiare. Tamburellò appena le dita sul telefono cercando di ricordarsi dove l’avesse sentito la sua voce, però. A lavoro ascoltava tante voci diverse che spesso sembravano tutte uguali dopo un po’. «Forza Garcia, pensa» mormorò per non farsi sentire mentre si concentrava sulla ragazza che aveva appena ordinato. A causa di un colpo di tosse della persona dietro di lei non era riuscita a cogliere il nome dato dalla ragazza per l’ordinazione. «Devo averla vista lo stesso giorno in cui Zuccherino mi aveva…» continuò la sua riflessione, interrotta però dalla ragazza dietro al bar che esclamò «Athena!» nel suo stesso istante. Era Athena, la ragazza di Spencer. Ecco dove aveva sentito quella voce! Al telefono ogni volta che Reid chiedeva un ‘favore personale’. Era decisamente lei, e la foto sul suo tesserino universitario non le rendeva decisamente giustizia, pensò Garcia.
Athena prese il caffè incerta dopo aver sentito il suo nome pronunciato anche da qualcuno dietro di lei. Guardò dietro di lei e non riconoscendo nessuno scosse appena la testa, pensando di esserselo immaginato. Dopo tutto erano un paio di notti che non dormiva benissimo a causa dell’imminente ‘ritorno a casa’ per comunicare alla famiglia le sue decisioni in merito al suo futuro.
Garcia dopo un momento di esitazione uscì dalla coda e si avvicinò alla ragazza che ormai era arrivata alla porta del locale. Improvvisamente non le importava più della sua dose quotidiana di caffeina. «Sei Athena, giusto?» disse ancora indecisa, aprendole la porta. Era pienamente consapevole di poter sembrare matta, ma era troppo curiosa e bisognosa di gossip. Athena corrugò appena la fronte cercando di capire perché una sconosciuta le stesse chiedendo il suo nome e le aprisse la porta. Eppure aveva già sentito quella voce da qualche parte.  
«Si» rispose semplicemente cercando di scavare nella sua memoria. Era quasi sicura che non fosse nessuno dell’ambito universitario, ma proprio non riusciva a ricordare.
«Penelope Garcia – disse l’altra facendola passare per prima per poi darle la mano – piacere di vederti finalmente in persona» continuò a parlare con la sua solita esuberanza senza smettere di sorridere. Quasi le si illuminarono gli occhi al pensiero di dirlo a JJ ed Emily. «Oh, se avessimo dovuto aspettare Spencer non ti avrei mai conosciuta. Sei ancora più… insomma, ti avevo immaginata. Sai, per dare un volto ad una voce e…» ormai era diventata un fiume di parole, non lasciando mai il tempo di replicare alla ragazza davanti a lei, che da uno sguardo sospetto era passata ad uno divertito. Lasciò da parte l’aver cercato ogni possibile informazione su di lei in internet. Quello non l’avrebbe messa in una bella luce.
«Sono felice anche io di mettere un volto ad una voce» disse Athena interrompendo quella sua improvvista parlantina. Aveva imparato da Spencer ad interrompere Penelope quando smetteva di respirare tra una parola e l’altra. Lo faceva per il suo bene, diceva Spencer, o sarebbe rimasta senza fiato. Inoltre iniziava a sentirsi in imbarazzo, anche se non riusciva a spiegarsi il perché, non era mai stata una persona troppo timida.
«Oh, dimmi che non hai impegni per la prossima ora perché voglio sapere tutto» disse Garcia prendendo il braccio della ragazza per metterlo sotto al suo e iniziare a camminare. Aveva un obbiettivo e avrebbe fatto carte false per raggiungerlo. «Sono anni, sottolineo anni, che aspetto. Voglio sapere tutto della tua relazione con Spencer» continuò tranquilla, come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Athena era ancora sotto shock dal comportamento di lei ma sorvolò, Reid già a tempo debito l’aveva avvertita sul caratterino dell’amica. Quando le diede il numero di Garcia in caso di bisogno le aveva elencato i possibili scenari e l’essere rapita per essere interrogata era decisamente uno di quelli.
«Ma non stiamo insieme!» si ribellò Athena scuotendo appena la testa. No, loro due non stavano decisamente insieme. Neanche un indovino avrebbe saputo dire cosa fossero, ma era piuttosto certa che non erano in una relazione. Soprattutto amorosa, anzi, specialmente in una relazione amorosa.
«Oh, mia cara. Conosco Spencer come le mie tasche, voi state decisamente insieme.»
 
 
Athena era ancora frastornata dalla conoscenza di Penelope quando Spencer le rispose al telefono.
«Athena, tutto okay?» disse lui sorpreso. Non l’aveva mai chiamato mentre era in ufficio o più in generale quando era a lavoro. Per quanto gli piacesse sentire la sua voce era grato di quella ‘limitazione’ che gli permetteva di concentrarsi meglio nelle ore a lavoro. Pensare a lei durante un caso non avrebbe aiutato nessuno. Pensò che quella doveva essere decisamente un’emergenza. Si guardò intorno per controllare di non aver nessuno dei membri della sua squadra nelle vicinanze e si mise comodo sulla sedia.
«Si, scusa – disse la ragazza aprendo la porta di casa – è che… non indovinerai mai chi ho incontrato un paio di ore fa» ammise posando la borsa della spesa sul tavolo della cucina. Mentre tornava dal suo incontro con Penelope si era fermata a fare la spesa, anche se la sua testa vagava sempre altrove e non aveva idea di cosa aveva portato a casa alla fine. Spencer aggrottò le sopracciglia non capendo. Lo aveva chiamato per gossippare? Non era decisamente da lei.
«Garcia!» esclamò la ragazza sentendo gli ingranaggi del cervello di Spencer funzionare a pieno regime. Reid per poco non si strozzò con la sua stessa saliva dopo aver sentito quel nome, e come se non fosse abbastanza vide arrivare JJ e Garcia nella sua direzione.
«C-come?» mormorò ancora sotto shock grattandosi il retro della nuca nervoso. Perché non aveva mai una tregua. Non poteva essere, non ci credeva. Temeva che Garcia facesse una cosa del genere, ma alla fine sperava si limitasse.  
«Tranquillo, non ho aperto bocca» disse la ragazza ridacchiando appena. «Sai che sono un’esperta nel campo». Ed era vero, a causa della sua famiglia era dovuta diventare il master assoluto del parlare per ore senza però dire o rivelare nulla. Era però stato difficile sviare le domande della ragazza che sembravano non finire mai.
«Ma come?» ripeté lui chiudendo definitivamente il fascicolo davanti a lui. Così la ragazza si mise a raccontare tutta la storia, senza tralasciare alcun dettaglio. Sapeva benissimo quanto il ragazzo ci tenesse alla precisione.
«Lo sai che è finita vero? Cioè, lei è capace di cose…» disse Spencer quasi divertito. Si, era quasi stato tentato di ridere durante il racconto di come Garcia avesse praticamente rapito la ragazza.
«Oh JJ, dovresti proprio vederla» ammise Garcia fermandosi a metà della scala che stavano scendendo. «È perfetta –disse sorridendo dolcemente – insieme devono essere decisamente perfetti» sospirò quasi con aria sognante, facendo scoppiare a ridere l’amica. Era da quando l’aveva beccata in ascensore che non riusciva a finire di parlare del suo incontro con Athena.
«Bambolina, lo sai che ogni volta che ti vedo il cuore perde un battito, ma se non mi lasciate passare perderò anche la chiamata» disse Morgan indicando il telefono che stava suonando sulla sua scrivania. Era dietro le due ragazze sulle scale, ma per qualche miracolo del caso non era riuscito a cogliere la loro conversazione.
«Dannazione, ora c’è pure Derek» disse Spencer ancora al telefono con la ragazza. Non era pronto ad un altro ‘tutti contro Reid’. Prese un respiro profondo per prepararsi mentalmente, anche se sapeva che non sarebbe bastato. Doveva escogitare un piano per scappare dai suoi colleghi.
«Oh, ora si fa interessante» ammise Athena divertita, non aveva bisogno di vederlo per sapere che stava per andare in iperventilazione e che non riusciva più a smettere si battere leggermente il piede contro il pavimento. Si stava decisamente agitando.
«Non sei simpatica» le fece il verso quasi spazientito. Lei poteva almeno sostenerlo in quello invece che mandarlo nella fossa dei leoni. O meglio: non sostenerlo, supportarlo.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto da Hotchner che cercò l’attenzione della sua squadra per avvertirgli che avevano un caso.
«È arrivato un caso, ti chiamo stasera» disse velocemente Spencer, meravigliandosi da solo della sua seconda frase per poi chiudere la conversazione. Raccolse velocemente le sue cose e si diresse verso la sala riunioni sapendo che si prospettava davanti a lui un viaggio veramente lungo.
 
 
«No, Beth, non avevo il pigiama che mi hai regalato per Natale – disse Athena al telefono con l’amica mentre finiva di compilare la lista di cose che si sarebbe dovuta portare via per andare a casa dai suoi – si, esatto, avevo quello con gli orsacchiotti. Come chi usa i pigiami con gli orsacchiotti a 23 anni?! Io! E tante altre persone» continuò difendendo le sue scelte di donna indipendente con la maglietta e i pantaloncini con gli orsacchiotti. Solo in quel momento pensò al fatto che il ragazzo non aveva fatto nessuna battuta a riguardo o averle fatto notare che erano le sei del mattino ed era già fuori casa di sua spontanea volontà. «Dai, Beth, sul serio di tutta questa storia ti interessa solamente come ero vestita alle sei del mattino a casa sua?» borbottò la ragazza facendo una smorfia. Ci aveva messo circa mezz’ora per raccontarle tutto quella che era successo con Spencer, ma a volte l’amica sembrava concentrarsi su dettagli completamente futili. Le voleva bene ma in quel momento era in disperato bisogno di consigli e opinioni.
«Ma quindi come siete rimasti?» chiese infine l’amica lasciandola con la mano sospesa a mezzaria. Ecco: com’erano rimasti?
La domanda del secolo.
«Diciamo che abbiamo evitato» disse Athena incerta mentre cercava la valigia nell’armadio. Ogni volta si ripeteva sempre la stessa storia: metteva le valige e borsoni in un punto dichiarando che così la volta successiva sarebbe stato più facile ritrovarle e ogni volta se ne dimenticava. Ogni singola volta.
«Voglio dire, siamo amici. Come prima. Abbiamo chiarito questo punto, vogliamo essere nelle rispettive vite» rispose dopo aver messo il telefono tra l’orecchio e la spalla. Con entrambe le mani spostò uno scatolone di cui non ricordava neanche l’esistenza e finalmente ritrovò le valige, lasciandosi andare ad un piccolo grido di vittoria. Ora bastava solo trovare il coraggio di riempirne una.
«Solo tu puoi avere la casa più ordinata dello stato e riuscire comunque a non trovare le cose» commentò Beth portandosi una mano al viso. «E per favore, mettetevi insieme da soli o la sottoscritta arriverà a farlo con la forza.»
 
 
 
   
 
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