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Autore: Hiraedd    04/06/2020    4 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE:
 
Questo capitolo è un po’ di passaggio, il prossimo sarà meno introspettivo e un po’ particolare. Ci sono talmente tante dinamiche in corso da esplorare che evitare la parte introspettiva di ogni personaggio toglierebbe profondità al loro carattere, e forse dopo tanto distacco ho anche bisogno di riscriverli a tutto tondo!
Il prossimo capitolo arriverà venerdì prossimo e non giovedì, perché so già che quel giorno al lavoro sarà tostissimo e smonterò di turno tardi.
Buona lettura!
 
 
 
CAPITOLO 22
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
<< No >>.
 
La risposta di Benjamin Fenwick era stata categorica.
 
Erano seduti in biblioteca, l’uno di fronte all’altra, diversi fogli di pergamena stesi tra di loro. Jodie sembrava aver preso la cosa dannatamente sul serio, e in risposta alla sua lettera di qualche giorno prima aveva inviato quella che aveva l’aria di essere una lunghissima spiegazione sulle migliori metodologie da impiegare nella ricerca antropologica.
 
Amelia sembrava intenta a leggere qualcuno dei fogli, le sopracciglia inarcate. Sembrava molto più difficile di quanto non avesse pensato all’inizio. Comunque, i due non stavano parlando del progetto di Babbanologia che avevano in campo, ma di tutt’altro: qualcosa che sembrava avere la forza di spaventare il Serpeverde molto più dell’idea di intervistare mezza scuola.
 
<< Non hai scelta >> lo rabbonì Amelia, posando i fogli che aveva in mano in mezzo agli altri già stesi sul tavolo e rivolgendogli uno sguardo colmo di compatimento << Dorcas ha già detto di sì >>.
 
Benjamin sbuffò, esterrefatto.
 
<< E io invece dico di no >> ribatté stizzito << Al contrario di quello che crede la maggior parte della scuola, Dorcas Meadowes non decide tutto della mia vita >>.
 
Amelia sbuffò fuori una risata.
 
<< Non hai scelta, Ben. E poi, mio fratello ci terrebbe molto >>.
 
L’espressione di Benjamin da scocciata divenne pesantemente sarcastica.
 
<< Non puoi saperlo, tuo fratello nemmeno sa della festa! >> esclamò esterrefatto.
 
<< Esatto! >> esultò Amelia come se, finalmente, dopo la lunga discussione, Benjamin avesse afferrato il punto << Il che è lo scopo di una festa a sorpresa! E tu ci aiuterai ad organizzarla >>.
 
Benjamin avvertì distintamente la frustrazione tipica di chi si accorge di star girando in tondo senza arrivare ad un’effettiva soluzione. Era la terza volta, da ché la discussione era cominciata, che Amelia affermava una cosa del genere.
 
Il Serpeverde si portò le mani a massaggiarsi le tempie e poi sospirò. Si chinò sul tavolo e prese tra le sue le mani della Tassorosso, come a tentare di ricondurla alla ragione.
 
<< Amelia, ascoltami bene >> riiniziò il tutto per la quarta volta << Non c’è universo in cui io, Serpeverde, solitario e inquietante possa essere parte di una festa organizzata dalle persone più estroverse e conosciute della scuola per il compleanno del Capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, con cui peraltro avrò parlato tre volte in tutta la mia esistenza. Non può essere. Merlino, sono l’unico a cui la sola idea appaia così ridicola? >>.
 
La domanda – se la prima, la seconda e la terza volta era stata mirata ad Amelia – quell’ultima volta voleva suonare retorica. Invece una voce lo raggiunse in risposta, divertita.
 
<< Dorcas ha già detto che ci sarete entrambi! >>.
 
Dall’ingresso della Biblioteca si stavano avvicinando Sturgis Podmore e Caradoc Dearborn, due diversi sorrisi sulle labbra. A parlare era stato Podmore, che avvicinandosi sventolò una pergamena bene in vista.
 
<< Mi ha anche detto di chiederti di scrivere al locandiere della Testa di Porco. Ha detto che potremmo festeggiare lì >>.
 
Benjamin davvero non sapeva se ridere sarcastico o piangere disperato. Nel dubbio, diede in una risata un po’ disperata.
 
<< Non ho intenzione di chiedere ad Aberfort proprio niente >> esalò alla fine, scuotendo la testa come a togliersi dalla mente i rimbrotti del locandiere in questione << Non ci darà mai il via libera, lui odia gli studenti di questa scuola >>.  
 
Le due nuove aggiunte diedero in una risata tonante, come aspettandosi una risposta del genere.
 
<< Dorcas ha detto che l’avresti detto >> spiegò infatti un divertito Caradoc Dearborn << Ma ha anche detto di usare quel famoso favore >>.
 
Amelia e Podmore inarcarono le sopracciglia.
 
<< Che frase criptica >> rispose alla fine il Prefetto Corvonero << Che vuol dire? >>.
 
Caradoc fece spallucce, ignaro.
 
Benjamin Fenwick, dal canto suo, si dovette trattenere per non sbattere la testa sul tavolo in maniera frustrata.
 
<< Non ho alcuna intenzione di giocarmi quel favore in questo modo >> sentenziò.
 
 
*
 
 
Amelia osservò divertita Benjamin sbuffare e tirare fuori, di malavoglia, penna e pergamena dalla propria borsa a tracolla. Quando quella mattina Dorcas aveva parlato della possibilità di organizzare la festa di compleanno a sorpresa di Edgar alla Testa di Porco, davvero la Bones non avrebbe immaginato quanto facile sarebbe stato far cooperare Benjamin Fenwick nell’organizzazione.
 
Certo, il Serpeverde si era mostrato restio inizialmente ma – e ormai Amelia ne era certa – la sua era tutta scena. Alla fine, non avevano dovuto nemmeno sfoderare le bacchette per farlo capitolare, e questa lei era decisa a considerarla una piccola vittoria.
Dall’altro capo del tavolo rispetto a lei e Benjamin, invece, si stava svolgendo quella che da giorni le sembrava ormai una patetica sconfitta: Caradoc Dearborn e Sturgis Podmore, seduti vicini ma con i pensieri visibilmente lontanissimi, erano in crisi totale.
 
Se ne erano accorti tutti: ultimamente gli scambi di battute tra i due erano forzati, alcuni argomenti evitati come la peste e, quando i due erano presenti insieme, c’era più silenzio e tensione nell’atmosfera di quanto generalmente non fosse sopportabile.
 
 
*
 
 
Dopo aver convinto Benjamin a scrivere la lettera, Sturgis Podmore e Caradoc Dearborn si erano seduti al tavolo della biblioteca, vicini come lo erano stati tante volte da quando avevano fatto amicizia fino a quel momento.
 
Per chi li osservava da fuori le cose non dovevano essere cambiate poi tanto, pensò Sturgis.
 
 
Si vedevano spesso in giro per i corridoi insieme, discutevano delle solite inutili cose con il solito tono lamentoso o sarcastico. La mattina facevano colazione insieme e durante le pause tra le lezioni si facevano compagnia. A volte, nel pomeriggio, se non era troppo freddo, facevano una capatina nei giardini per prendere un po’ d’aria o per andare a fare una visita ad Hagrid.
 
Però alla mattina, quando Sturgis si svegliava e voltava lo sguardo dalla parte opposta della loro stanza in dormitorio, il letto di Caradoc era vuoto e il ragazzo non si vedeva da nessuna parte. Quando ricompariva, era tutto arruffato dopo aver chiaramente passato del tempo fuori dal castello. I silenzi, quando erano insieme, erano più lunghi e densi e le battute non uscivano più con la stessa facilità di prima.
 
Ma sicuramente non se ne era accorto nessuno. Davanti agli altri andava tutto bene. Anche tra di loro, in teoria, andava tutto bene. Non ne parlavano mai.
 
Era passato ormai quasi un mese dalla mezza litigata che avevano avuto e in quel lasso di tempo, sul piano pratico, un po’ di cose erano cambiate: Caradoc non era più il Capitano della squadra di quidditch di Corvonero, tanto per dirne una.
 
Sturgis non si era mai reso conto di quanto unici fossero diventati i loro allenamenti di quidditch da quando Caradoc era diventato il Capitano della squadra di Corvonero: se si escludeva il solito gruppetto di ragazzine che sembrava seguire Dearborn più o meno ovunque andasse, sempre offrendo un sottofondo di risolini e occhiate languide, mancava comunque qualcosa all’atmosfera degli allenamenti della squadra ora che Caradoc aveva passato il testimone a Max MacKinnon.
 
Con Caradoc, il livello di drammaticità era sempre alle stelle: che si trattasse di semplici tiri in porta o di una partita di prova titolari contro riserve, gli allenamenti negli anni erano sempre corredati da urla di vittoria o imprecazioni a segnalare gli errori e l’eventuale sconfitta; quando si avvicinavano le partite, gli allenamenti diventavano quasi insostenibili, ma Caradoc era sempre il primo a tuffarsi con entusiasmo in quei training all’ultima goccia di sudore. Pioggia, vento o neve, gli allenamenti erano sacrosanti.
 
Non che Max MacKinnon fosse una cattiva persona, tutt’altro. O un cattivo capitano. Solo, e quella era l’opinione del modestissimo Sturgis Podmore, non era il Capitano. E non lo sarebbe mai stato, lui lo sapeva, perché talenti come quello di Caradoc non nascevano sugli alberi.
 
Un’altra cosa che era cambiata nell’ultimo mese erano le compagnie di cui si circondava il Corvonero quando pensava di essere invisibile.
 
Cioè, già il fatto che Caradoc pensasse di poter essere invisibile o passare inosservato era una cosa che – in altre circostanze – avrebbe fatto rotolare Podmore dalle risate. Una personalità come quella di Caradoc, con il non-indifferente ego che si tirava dietro ovunque andasse, non avrebbe potuto passare inosservata nemmeno sotto il mantello dell’invisibilità.
 
Tanto per cominciare, non c’era più una ragazza nuova ogni paio di giorni. Esclusa Hestia, l’unica altra ragazza a fare da accompagnatrice occasionale a Caradoc ormai era Dorcas Meadowes, e quando i due si vedevano camminare in giro per la scuola – non molto spesso, se Sturgis doveva essere sincero – di solito erano intenti a parlottare in un modo che sembrava poco consono a entrambe le loro reputazioni. 
 
Sturgis Podmore davvero non sapeva come comportarsi.
 
Sapeva, istintivamente, che l’amicizia che c’era tra di loro si era sviluppata in maniera talmente profonda che avrebbe sicuramente superato quell’apatico momento: non si immaginava una vita senza Caradoc, e sapeva che per Dearborn era lo stesso. Nello stesso tempo, però, la loro amicizia era nata platealmente e di certe cose, loro due, non avevano mai parlato. Avevano passato anni, ormai, parlando di stupidate e lamentandosi a vicenda di quanto noiosa fosse la controparte. Non avevano quasi mai parlato di cose serie.
 
Seduti a quel tavolo, adesso, vicini fisicamente ma lontanissimi in realtà, ognuno perso nei propri pensieri, era difficile trovare un argomento neutro di cui parlare. Ogni volta in cui pensava a cosa dire, Sturgis apriva la bocca come a dare fiato al proprio pensiero. Poi il momento passava e lui tornava a richiuderla.
 
<< Sembri un pesce >> si intromise con la grazia di un elefante in una cristalleria Amelia Bones.
 
Sturgis aveva dimenticato che c’erano altri intorno a lui.
 
<< Grazie cara >> si riprese cercando di non mostrare la propria sorpresa << Mi solleva sempre il cuore sapere cosa pensi di me >>.
 
Amelia gli rivolse uno sguardo intenso, poi scrollò le spalle come a decidere che quella non era la propria battaglia.
 
Forse Sturgis si era sbagliato a pensare che nessuno aveva notato nulla. Seduto di fronte ad Amelia, ancora intento a scrivere la propria lettera, Fenwick si era fermato con la piuma a mezz’aria per scrutare i tre brevemente. Al cenno di Amelia, riprese a scrivere.
 
<< Comunque, cosa ci fate voi due in biblioteca insieme? >> chiese incuriosito.
 
Benjamin, concentrato sulla lettera, non rispose.
 
<< Un compito di Babbanologia >> rispose la ragazza con un sorriso entusiasta << Abbiamo deciso di intervistare i Nati Babbani della scuola per integrare le ricerche nei libri, visto che secondo Benjamin sono troppo vecchi per essere affidabili >>.
 
<< Abbiamo deciso? >> domandò il ragazzo Serpeverde con tono altamente ironico, continuando a scrivere la sua lettera.
 
Accanto a Sturgis, Caradoc diede in una risata divertita. Amelia, dal canto suo, alzò gli occhi al cielo.
 
<< Come la fai lunga, Benjamin >> lo riprese fingendosi spazientita. Poi si volse verso di loro << Non credete sia una tecnica interessante quella di raccogliere interviste dal vivo? E poi, onestamente, non riesco a immaginare un duo migliore di noi per farlo. Io conosco tutti e Benjamin, tramite sua sorella e le sue esperienze di viaggio, ci può fornire un sacco di spunti interessanti su come gestire i dati >>.
 
Benjamin, che aveva scostato lo sguardo dalla lettera per puntarlo dritto su Amelia Bones, aveva l’aria di aver già avuto quella spiegazione un sacco di volte. E di non esserne tutt’ora completamente convinto. Sturgis concordava pienamente con il ragazzo.
 
<< Questa potrebbe essere la peggiore idea che tu abbia avuto da quando ti conosco, Meli >> si sentì quindi in dovere di enunciare.
 
Se le cose tra lui e Caradoc fossero state normali, il suo migliore amico sarebbe intervenuto proprio adesso per raccontare quali secondo lui erano state le peggiori idee avute da Amelia da quando entrambi la conoscevano: sarebbero state storie divertenti, raccontate da Dearborn con il suo solito tono altezzoso ma con un retrogusto dolce, come a lamentarsi delle marachelle di una sorellina fastidiosa ma, alla fin fine, amata.
 
Invece da parte di Caradoc ci fu solo un silenzio denso, al punto che nuovamente Amelia rivolse loro uno strano sguardo intenso.
 
<< Comunque >> cambiò discorso, alla fine, la ragazza << Cosa avevate intenzione di fare in biblioteca, oltre agli uccelli del malaugurio? >>.
 
Caradoc arricciò le labbra, prendendo una pergamena spiegazzata dalla borsa.
 
<< Io e Sturgis siamo in carica per decidere il tema e i dettagli della festa di Edgar. Siamo a un punto morto >>.
 
 
*
 
 
Benjamin finì di scrivere la sua lettera apponendo un saluto gentile alla fine di poche righe, poi alzò lo sguardo sul biglietto mostrato dal Corvonero. Era un pezzo di pergamena spiegazzato con diverse macchie d’inchiostro sopra e poche frasi senza un apparente senso logico scritte in una calligrafia elegante.
 
Stamberga e Spiriti (?)
Facciamogli fare indigestione da Mielandia!!!
Qualcosa sulla via dal castello
Pirati (?)
 
Benjamin Fenwick dovette rileggere l’ultima un paio di volte per assicurarsi di aver letto giusto, ma comunque cercasse di rigirare la parola per lui nulla di ciò che era scritto aveva senso.
 
<< Cosa intendete per tema? >> chiese incuriosito.
 
Doveva essere qualcosa ad ampio spettro, perché davvero non riusciva a spiegarsi come Facciamogli fare indigestione da Mielandia!!! e la parola Pirati (?) potessero essere collegati.
 
<< Vedi >> spiegò Amelia strappando il foglio dalle mani di Caradoc e scrutandolo con sguardo critico << L’usanza per queste feste a sorpresa è di ambientarle, creare qualche sorta di scherzo o gara da far vivere al festeggiato per poi alla fine chiudere in bellezza con un vero e proprio momento di festa >>.
 
Quella spiegazione suppliva qualche informazione, doveva ammettere Benjamin, ma comunque Pirati (?) continuava a non avere senso. Amelia aveva l’aria di pensarla allo stesso modo.
 
<< Pirati? >> domandò pensierosa << Non sono sicura di voler sapere cosa intendete >>.
 
Caradoc scosse la testa, ugualmente pensieroso.
 
<< Non credo che tu voglia, credimi. Dovremmo trasfigurare una delle gambe di Edgar in una stampella di legno dal ginocchio in giù e più ci penso più mi sembra un’opzione impraticabile >>.
 
A quelle parole, le sopracciglia di Benjamin gli schizzarono quasi all’attaccatura dei capelli.
 
<< Io non sono sicuro di voler venire a questa festa, ora che ci penso >> mormorò.
 
Sturgis, da parte sua, si limitò a scrutarlo per un po’. Poi, con fare convinto, gli puntò un indice pericolosamente vicino al naso.
 
<< Credo che tu ci possa aiutare >>.
 
Il Serpeverde non avrebbe saputo dire come. Non aveva mai avuto in vita sua l’occasione di organizzare una festa a sorpresa per chicchessia. Caradoc e Amelia, invece, lo stavano scrutando come se Sturgis avesse tutte le ragioni del mondo a credere una cosa del genere.
 
<< In che senso? >> si premurò di chiedere, aggiungendo poi un po’ stizzito: << Pensavo di aver già fatto la mia parte scrivendo a Aberfort >>.
 
Amelia scosse il capo.
 
<< Sturgis ha ragione! Noi abbiamo già organizzato un numero infinitamente alto di compleanni in passato, tu sei come una ventata d’aria nuova! >>.
 
Lo sguardo apatico negli occhi di Benjamin dovette muovere qualcosa in Sturgis Podmore, che gli afferrò le mani guardandolo con un fervore negli occhi che pareva suggerire tutto dipendesse da lui.
 
<< Pensaci, Fenwick. Ti viene in mente qualcosa da far fare a Edgar di divertente o potenzialmente pericoloso? >>.
 
<< Non troppo pericoloso >> si intromise Amelia.
 
<< La giusta dose >> si intromise Caradoc.
 
Guardando fisso il modo speranzoso in cui i tre si stavano aggrappando all’idea che lui potesse aiutarli, Benjamin si sentì quasi intenerito.
 
<< Cosa piace a Edgar? >> chiese, sperando di farsi venire un’idea qualunque.
 
<< Il mistero e i pirati. Dice sempre che in una vita passata era sicuramente un pirata gentiluomo >>.
 
Ecco spiegata l’ultima opzione, si disse Benjamin. Poi ripensò a quanto appena detto da Amelia e guardò i ragazzi con fare sconcertato.
 
<< A Edgar piace il mistero e voi non avete mai pensato di usare i passaggi segreti? >>.
 
I tre ragazzi sgranarono gli occhi, tutti insieme.
 
<< Ci sono dei passaggi segreti? >>.
 
 
*
 
 
<< Semplicemente non capisco il motivo per cui adesso dobbiamo ritrovarceli intorno per ogni minima cosa >> stava spiegando Gideon Prewett con aria concentrata ad una perplessa Hestia Jones.
 
<< Ad essere onesta non capisco che fastidio ti dia la loro presenza >> rispose la ragazza facendo spallucce.
 
Gideon Prewett era, tendenzialmente, una brava persona: leale e coraggioso, viveva la propria vita a carte scoperte, mettendo in mostra l’allegria che gli era propria e valutando cose quali l’amicizia e la famiglia al di sopra di tutto. Da ché lo aveva incontrato, Hestia non l’aveva mai visto arrabbiato se non per qualche litigio stupido con il fratello o a causa di un risultato di Quidditch: quindi davvero per lei era un mistero l’intensa avversione del Grifondoro alle persone di Dorcas Meadowes e Benjy Fenwick.
 
<< Perché dobbiamo invitarli ad ogni occasione? >> chiese senza fornire una vera e propria risposta alla domanda precedente.
 
Hestia si chiese se davvero valesse la pena inoltrarsi in quel momento in una discussione del genere. A volte era stancante vestire il ruolo di deputato diario segreto di tutta la banda. E lei, chi era il suo diario segreto? Alla fine della favola, anche lei era una diciassettenne alle prese con vari problemi.
 
<< Ascolta, Gideon >> sospirò alla fine dopo un po’ di silenzio << Non posso aiutarti a farti andare a genio Dorcas e Fenwick. Non funziona in questo modo. Posso solo invitarti a riflettere sul fatto che non li hai mai frequentati. Non li conosci, non puoi conoscerli. Forse, se concedessi loro un po’ del tuo tempo, impareresti a vederli sotto una luce diversa >>.
 
<< Non mi interessa vedere la Meadowes come la vede Fabian, grazie tante >>.
 
A quelle parole, Hestia alzò gli occhi al cielo e non rispose. Quello che poteva fare l’aveva fatto, al resto avrebbe dovuto arrivarci da solo.
 
Sospirando, cambiò argomento:
 
<< Quindi, chi abbiamo deciso di invitare, alla fine? >>.
 
 
*
 
 
Dal momento in cui era stata inglobata in quello strano gruppo che Benjamin Fenwick chiamava, non troppo amorevolmente, la Patria dei Bellocci, Dorcas Meadowes aveva capito che con quei ragazzi le cose funzionavano in maniera un po’ atipica, specialmente se comparate alle proprie consuetudini.
 
Lei, per esempio, aveva l’abitudine di consumare al mattino una colazione leggera in tutta tranquillità, magari con un libro sottomano, senza spiccicare parola. Da quando aveva preso il giro di fare colazione con i Corvonero del settimo anno, però, le sue colazioni in tutti i modi si potevano descrivere fuorché tranquille: ultimamente, le sue colazioni erano condite dalle risate di Hestia, i lamenti di Dearborn e i rimbrotti che Podmore faceva a quest’ultimo. Con lo sguardo, mentre mangiava di gusto e rideva alle battute di Sturgis ai danni di Caradoc, teneva sotto controllo Benjamin che, dall’altra parte della sala, non mangiava niente.
 
Un’altra cosa diversa nella sua routine giornaliera negli ultimi tempi erano le pause tra le lezioni: se prima lei e Benjamin erano gli unici protagonisti della sua giornata – talvolta passando ore senza vedersi a causa del fatto che seguivano lezioni diverse – ora Amelia era diventata una presenza fissa e impossibile da ignorare a praticamente qualsiasi ora del giorno: seguivano insieme Difesa Contro le Arti Oscure e Storia della Magia, Erbologia e Pozioni. Passavano insieme un buon numero di pomeriggi alla settimana, a volte con Hestia e a volte senza di lei.
 
L’ultima cosa che era cambiata, forse la più importante, era l’interesse che, senza capire il perché, doveva aver suscitato in Fabian Prewett: per qualche strano motivo Fabian era spesso a portata di sguardo, con i suoi amici o senza di loro. Aveva quel luccichio allegro nello sguardo tipico di chi vive la propria vita come un’eterna battuta che soltanto lui è in grado di capire appieno, e la salutava sempre con quel tono genuinamente felice che ormai lo distingueva ai suoi occhi da chiunque altro.
 
Non era abituata ad essere il focus di attenzioni del genere, Dorcas Meadowes. L’unica persona che la avesse mai veramente considerata, Benjamin, non aveva davvero nulla in comune con Prewett né come persona né con il suo atteggiamento scanzonato nei confronti della vita. Avere accanto Benjamin era come avere sempre qualcosa a cui appoggiarsi per riprendere un po’ di fiato, avere accanto Fabian era invece l’esatto opposto: era trovarsi all’improvviso capovolti a testa in giù senza capire come ci si poteva essere finiti.
 
Non era abituata a sensazioni del genere, vero, ma non le dispiacevano.
 
Senza sapersi spiegare come, né perché, aveva iniziato ad aspettare quei momenti passati con il Grifondoro come non aveva mai aspettato nulla, nella sua vita. Era diverso, ma non in modo negativo.
 
<< Come sapevi che avrebbe detto di sì? >> chiese Fabian all’improvviso.
 
Erano seduti insieme sotto uno degli archi del cortile centrale della scuola, in teoria per organizzare la logistica della festa di Edgar. In pratica, non potevano poi fare molto senza i dettagli di cui dovevano occuparsi Caradoc e Sturgis, e Fabian sembrava deciso a scambiare qualche parola con lei. Il ragazzo, mantello spesso e sciarpa Grifondoro a tenerlo al caldo, aveva posto la domanda in tono stupito.
 
Dorcas fece spallucce.
 
<< Ho riposto fiducia sia nel messaggio che nel messaggero >> rispose criptica.
 
Quando aveva istruito Caradoc Dearborn sulle esatte parole da usare per indurre Benjamin a mandare la lettera, la ragazza sapeva esattamente quello che stava facendo. Fabian, come il resto della Patria dei Bellocci, non sembrava invece essersi accorto di nulla.
 
<< Che vuoi dire? >> domandò infatti il Grifondoro.
 
La ragazza fece spallucce, ignorando la domanda e cambiando discorso.
 
<< Sarà una festa affollata? >>.
 
Conoscendo la Patria del Bellocci, come la chiamava Benjamin, quel po’ che la conosceva, Dorcas si era fatta un’idea ben precisa di festa di compleanno a sorpresa: se la immaginava caotica, piena di gente e di risate. Il tipo di festa in cui lei sarebbe rimasta in disparte fino a trovare un motivo per andarsene di soppiatto. Non se ne sarebbe accorto nessuno, pensava, e per fortuna avrebbe avuto Benjamin a darle manforte.
 
<< Non davvero, no >> rispose invece a sorpresa il Grifondoro << Quando tutta la tradizione delle feste a sorpresa è iniziata c’era qualche persona in più nel gruppo, qui a Hogwarts. Ma il nostro gruppo è più o meno consolidato da quando eravamo al quarto anno, gli altri sono una sorta di aggiunta. Qualche volta, a seconda del festeggiato, invitiamo un paio di persone diverse >>.
 
<< Per esempio? >> domandò la ragazza, già pensando a quanto diversa fosse probabilmente la locuzione “un paio di persone” secondo lei e secondo Fabian Prewett.
 
<< Ad esempio, Edgar aveva un paio di amici più grandi di lui a Tassorosso, quindi probabilmente Hestia e Gideon inviteranno qualcuno di loro. Ma davvero, non devi immaginarti una fiumana di gente >> aggiunse Fabian con un sorriso, appoggiandole una mano sul braccio come a cercare di rassicurarla << Questo genere di festa è una tradizione per noi, e le tradizioni non si assaporano come si deve se c’è troppa gente che non capisce >>.
 
Fabian ebbe appena il tempo di finire di parlare prima di accorgersi del fatto che, preso dall’entusiasmo del momento, si era preso la libertà di toccarle un braccio. Dorcas, dal canto suo, fece del suo meglio per non irrigidirsi o mostrarsi seccata: non era mai stata abituata a quel tipo di intimità, forse nemmeno con Benjy, eppure l’accettò di buon grado.
 
<< Non riesco a immaginarmi come possano essere andate le feste passate, se devo essere onesta >> mormorò alla fine Dorcas, sperando di non risultare scettica.
 
Fabian sembrò pensarci un attimo, contando più volte sulle dita in una mano guantata i compleanni passati.
 
<< Caradoc è nato a Luglio, quindi non siamo a scuola in quel periodo, come d’altronde Sturgis e Amelia sono di Agosto. Io e Gideon siamo nati a metà Aprile, e insieme a Hestia, che è di Settembre, e a Edgar, siamo gli unici che festeggiano il compleanno durante il periodo scolastico. Il compleanno di Kingsley è il ventisette dicembre, quindi generalmente nel mezzo delle vacanze invernali >>.
 
Fabian contò di nuovo velocemente.
 
<< Ripensandoci >> aggiunse alla fine << Il compleanno di Amelia e quello di Sturgis lo festeggiamo insieme, di solito. Sono nati ad un paio di giorni di distanza >>.
 
<< Come festeggiate quando non siete a Hogwarts? >>.
 
Il Grifondoro ridacchiò.
 
<< Dipende. Prima, quando avevamo ancora addosso la traccia perché eravamo minorenni non potevamo fare granché >> spiegò il ragazzo << E considerando che abbiamo iniziato questa tradizione quando ormai eravamo davvero tutti amici, al nostro quinto anno, solo l’anno scorso è stato davvero divertente. Ad oggi, direi che la festa di compleanno per i diciassette anni di Caradoc è stata la più divertente: avrai capito ormai che organizziamo ogni festa con un tema diverso, e visto che Caradoc non è molto coraggioso gli abbiamo organizzato una caccia al tesoro in tutta la Gran Bretagna alla ricerca dei fantasmi più sanguinari della nazione. Ad ogni tappa doveva bere un bicchiere di qualsiasi cosa gli offrissero, e credimi, è stato uno spasso. Davvero, ormai l’unico limite è la nostra immaginazione >> ammiccò alla fine.
 
Dorcas rise quietamente.
 
<< Ho come l’idea che per quel che riguarda il vostro gruppo di amici, l’immaginazione sia l’unico limite in un sacco di questioni >>.
 
A quella frase, Fabian accentuò il sorriso.
 
<< Si fa quel che si può. Vedrai, ci divertiremo. Per lo più a spese di Edgar >>.
 
E quella aveva tutta l’aria di essere una promessa.
 
 
*
 
 
Le feste a sorpresa erano un po’ la marca del loro piccolo e disfunzionale gruppo. Con il passare degli anni da ché il gruppo si era formato, il rituale era andato consolidandosi al punto che ormai potevano vantare piccoli sottogruppi di lavoro e una dinamica organizzativa praticamente eccellente. La sfida stava, ogni anno, nel trovare nuovi modi per sorprendere e non annoiare il povero malcapitato che, per un paio d’ore, veniva di norma torturato in vari modi.
 
Non importava il mese o il giorno in cui cadeva il compleanno di ciascuno di loro: che fosse estate o inverno, a Hogwarts o in diversi punti della Gran Bretagna, ad ogni compleanno il gruppo si riuniva selezionando un manipolo di invitati per l’occasione, un tema interessante che potesse essere declinato in modo divertente, e una logistica organizzata in maniera impeccabile. Quell’anno, poi, l’aggiunta di Dorcas e Benjamin aveva voluto significare nuove possibilità.
 
<< Non posso credere che non abbiamo mai festeggiato un compleanno ad Hogsmeade>> disse alla fine di un breve silenzio Fabian Prewett. Rispolverare i dettagli della festa di Caradoc lo aveva fatto pensare a tutte le altre feste, e al termine di quel piccolo viaggio nei ricordi era giunto all’amara conclusione che mai, nemmeno una volta, avevano festeggiato una festa di compleanno a Hogsmeade. << Siamo qui da quanti… sette anni? abbiamo iniziato questa tradizione almeno da tre, e cioè… sono almeno quattordici compleanni! E non ci è mai venuto in mente di festeggiarne uno a Hogsmeade! >>.
 
<< Certo dovete essere pieni di inventiva, per trovare qualcosa di diverso ad ogni occasione >>.
 
Fabian si trovò costretto ad annuire.
 
<< Sta diventando sempre più difficile, ad ogni nuovo compleanno. Probabilmente, avere te e Fenwick ci potrà servire a trovare nuove idee… >>.
 
Il Grifondoro non fece in tempo a concludere la frase che dovette bloccarsi quando Dorcas scoppiò in una risata piena. Sentì uno strano orgoglio ringalluzzente nel pensare che – anche se non ne aveva ben capito il motivo – lui era stata la persona responsabile di farla ridere. E in realtà, anche se normalmente Dorcas era piuttosto parsimoniosa con qualsiasi segno di allegria, da quando si erano seduti in cortile la ragazza aveva riso in modo più o meno aperto almeno un paio di volte.
 
Dorcas dovette accorgersi di aver attirato l’attenzione del ragazzo con la sua risata, perché smise di ridere ma mantenne un sorriso stranamente divertito.
 
<< Se davvero pensi che Benjamin possa avere un qualche stralcio di fantasia per cose del genere, davvero non lo conosci >> spiegò scrollando il capo bonariamente.
 
Fabian si unì alla risata, allora, immaginando lo sguardo inespressivo tipico del ragazzo in questione.
 
<< Avrei voluto essere lì quando Amelia gli ha detto della lettera >> sghignazzò. Poi si chiese se dovesse sentirsi in colpa a ridere in quel modo del Serpeverde.
 
Dorcas, da parte sua, quando scoppiò nuovamente a ridere non sembrò avere nessuna remora. Dopo avergli rivolto uno sguardo intenso, però, scosse la testa.
 
<< Non ti devi sentire in colpa a ridere di Ben >> disse tranquillamente.
 
Il Grifondoro, questa volta, non riuscì a rimangiarsi la frase che per molto tempo – ogni volta che la ragazza se ne usciva con frasi del genere – si era sentito sulla punta della lingua.
 
<< Com’è che sembri sempre sapere cosa sto pensando? >> chiese meravigliato << Sembri una Legilimens! >>.
 
Dorcas ridacchiò di nuovo.
 
<< Non so di cosa tu stia parlando >> disse poi con fare fintamente misterioso.
 
Fabian Prewett ci aveva provato, negli ultimi tempi, a chiedersi cosa diamine avesse la Meadowes di così diverso da chiunque altro. No, non qualunque altra ragazza, ma qualunque altra persona.
 
<< Non ho mai conosciuto qualcuno come te >> si lasciò scappare quasi senza rendersene conto, sull’onda dei propri pensieri << E si che sono circondato da persone particolari! >>.
 
Se Dorcas fu stupita da quello slancio di onestà lo diede a vedere solo nello sguardo lievemente stupito.
 
<< Particolare. Deciderò di prenderlo come un complimento >> mormorò dopo un po’, con un sorriso insolitamente compiaciuto.
 
Lui annuì, continuando a guardarla negli occhi.
 
<< Lo è >> rispose sinceramente.
 
 
 
 
 
   
 
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