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Autore: Hiraedd    13/06/2020    2 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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CAPITOLO 23




 



Tra il giovedì e il venerdì della settimana precedente la festa di Edgar
 
 
La manifestazione pacifica* era iniziata appena dopo pranzo: il corteo aveva iniziato la marcia da St James park e si era diretto a Trafalgar Square per poi finire davanti a Westminster.
 
Tra gli organizzatori, una ragazza dai corti capelli biondissimi finì di parlare e lasciò il microfono allo speaker successivo: la folla era in delirio e da alcune parti della piazza, di tanto in tanto, si alzavano cori di slogan più o meno immediati contro il razzismo. La ragazza, vestita con una lunga veste variopinta nei toni del giallo e del viola, si immerse nuovamente tra la folla. Intanto, al termine del suo intervento, un lungo applauso e lunghi ululati di giubilio si levarono dal pubblico.
 
<< Allora, che ne pensi? >> mormorò la ragazza nel raggiungere il proprio fidanzato.
 
Il ragazzo a cui si era rivolto la guardò con un sorriso brillante di denti bianchissimi. Visto da vicino, il contrasto fra i due era davvero impressionante: lei era alta, con corti capelli biondissimi e pelle nivea spruzzata di lentiggini, gli occhi di un chiaro azzurro slavato. Lui aveva la pelle scurissima e i capelli neri, legati in piccole treccioline e raccolti in un codino sulla nuca. Si guardavano a vicenda con una luce negli occhi che sembrava suggerire un mondo che conoscevano solo loro.
 
<< Sei stata meravigliosa >> esclamò il ragazzo a voce abbastanza alta da poter essere udibile oltre il rumore della folla << Dovremmo convincere anche i nostri a fare cose del genere >>.
 
La ragazza piantò uno sguardo deciso sul volto dell’altro ragazzo, cercando di immaginarsi il mondo magico in rivolta. Le venne quasi da ridere, poi quasi da piangere.
 
<< Mi sono confusa, o è davvero arrivato un gufo mentre stavo parlando? >>.
 
Il ragazzo fece un cenno verso un albero nelle vicinanze, quello in cui probabilmente era svanito il gufo per andare a riposarsi. Tra le sue mani, come per magia, apparve una busta in pergamena chiusa da un sigillo nero in ceralacca. I destinatari erano scritti in una calligrafia tondeggiante su un lato della busta.
 
A J e Zaak.
 
 
*
 
 
La vita di Tory Thompson era abbastanza ordinaria, e contemporaneamente totalmente straordinaria.
 
Usciva di casa – se così si poteva chiamare l’appartamento all’ultimo piano del numero quindici di Canning Street, a Liverpool, in cui tornava a dormire ogni notte da un anno – ogni mattina alle sette in punto e non vi rientrava la sera prima delle nove. Di solito, per cena, comprava qualcosa tornando a piedi dalla stazione di materializzazione più vicina a Canning Street e mangiava seduta al basso tavolino nel salotto dell’appartamento mentre compilava il rapporto sulla giornata lavorativa che avrebbe poi consegnato insieme agli altri al termine della settimana.
 
Chiunque aveva notato quella strana ragazza, nei dintorni: era sempre vestita elegantemente, viveva in uno dei loft più prestigiosi della città, passava pochissimo tempo a casa e lavorava moltissimo. Strano, per una donna.
 
Quella sera, si era smaterializzata dal Ministero della Magia londinese perfettamente in orario per materializzarsi alla solita ora presso la stazione di materializzazione di Canning Street. Mentre con passo veloce si dirigeva verso il suo deli indiano preferito, un’ombra planò gentile davanti a lei. Il rumore e l’ombra improvvisa, nel silenzio della sera, spaventò la ragazza facendola sobbalzare vistosamente.
 
<< Piccolino! >> mormorò ridacchiando quando, una volta ripresasi dallo spavento, si accorse dell’arrivo di un gufo << Mi hai spaventato >>.
 
Il gufo non sembrava appartenere al Ministero, e nel constatare ciò la ragazza tirò un sospiro di sollievo. Amava il suo lavoro, ma davvero non aveva voglia di girare i tacchi e tornare indietro.
 
Il gufo aveva tra le zampe una lettera di pergamena.
 
A Tory.
 
 
*
 
 
A Sully Abbott alla mattina piaceva dormire.
 
Ancora si ricordava quanto aveva patito, mentre era studente a Hogwarts, doversi svegliare ogni mattino in tempo per la colazione e i corsi di studio, dover sopportare il vociare intenso della Sala Grande e non poter rispondere male ai professori quando pretendevano di avere risposte ragionevoli a quell’ora assurda del mattino, quando lui non riusciva a connettere le sinapsi in modo decente se non dopo mezzogiorno.
 
Era un animale notturno, lui. Non di quelli che spendevano fino all’ultimo centesimo della loro notte in qualche pub o locale a ballare o a bere, ma di quelli che preferivano la quiete e la tranquillità del buio per fare cose ordinarie e l’unico modo in cui incrociavano la prima luce del mattino era al rovescio, dopo una notte insonne passata a fare altro.
 
Quindi, quando era uscito da Hogwarts con un numero piuttosto modesto di MAGO ma un’attività di famiglia già avviata e solida che lui, personalmente, adorava, aveva deciso che mai e poi mai si sarebbe di nuovo svegliato presto al mattino.
 
E infatti, quando i suoi genitori avevano deciso di assumerlo al loro Accessori per Quidditch di Qualità, sito in Diagon Alley e sempre pieno di gente, gli avevano fatto la grazia di assegnarlo agli orari serali, quelli che a loro stessi pesavano maggiormente. Inoltre, memori della sua passione per il Quidditch – che dopo anni di amicizia con Ludo Bagman era ormai sfociata in una sorta di ossessione – gli avevano affidato anche la parte di ricerca della migliore merce, compresa la contrattazione con i fornitori e con le squadre della lega per la fornitura di gadget ufficiali.
 
Praticamente poteva dire, a vent’anni, di vivere il proprio sogno in tutto e per tutto.
 
Quella mattina, quando alle undici e cinquantatré si alzò dal letto e si diresse in cucina per prepararsi il caffè, sul tavolo del suo monolocale da scapolo trovò una lettera indirizzata A SullyTally. Si ricordò che periodo dell’anno era e scoppiò a ridere.
 
 
*
 
 
Ludo Bagman giocava con le Vespe di Winbourne come Battitore titolare da due anni e sei mesi. Prima di diventare titolare, era stato la prima riserva di Thomas Crawford per quindici mesi.
 
Amava il Quidditch e, addirittura più del gioco in sé, amava fare parte di una squadra. Era come avere un’altra famiglia, c’era un cameratismo tutto particolare nel vivere con quegli altri sei screanzati e con le rispettive riserve momenti importanti durante gli allenamenti, le partite e le uscite per celebrare vittorie o annegare nell’alcool le sconfitte. Oltre agli altri membri della squadra, c’era tutto un sistema di lavoratori che ruotava attorno a lui che lo faceva sentire protetto, in qualche modo. Ogni volta che ne parlava ai propri amici si rendeva conto di quanto fortunato fosse a lavorare in un ambiente del genere: alcuni di loro nemmeno avevano dei colleghi.
 
La cosa che amava più di tutto, però, erano gli allenamenti in solitaria con la propria allenatrice: Margareth “Retha” Travers era una donna eccezionale, che dopo anni di conoscenza era per lui diventata una figura a metà strada tra un’eroina e una madre. Era una donna alta e giunonica, dai corti capelli biondo cenere e un’età imprecisata che doveva avvicinarsi però alla sessantina.
 
<< Forza Ludovic, devi colpire quei bolidi come se fossero la faccia di Scott! >> gli disse quella mattina per l’ennesima volta tuonando con vocione forte.
 
Andy Scott, Grifondoro del suo stesso anno ai tempi in cui erano stati studenti ad Hogwarts, era diventato il cercatore del Puddlemore United quando lui era entrato nelle Vespe e giusto l’anno prima aveva fregato loro il titolo nella lega di Quidditch nazionale proprio schivando un bolide lanciatogli da Ludo.
 
Perdere per quel motivo era stato un colpo basso, Ludo doveva ammettere. Sentirselo rinfacciare ora da Retha, al termine di un allenamento singolo durato tre ore e pericolosamente vicino all’ora di pranzo, era un colpo infimo.
 
<< Sono tre ore che mi tiri contro bolidi, Retha. Ho fame >> si lamentò infatti a gran voce.
 
La donna fece per replicare piccata, poi incrociò le braccia al petto e scosse la testa.
 
<< Hai quarantacinque minuti di pausa pranzo >> concesse alla fine << Però questo pomeriggio in allenamento mi aspetto di veder schizzare quei bolidi in giro come se avessero dei draghi alle calcagna, mi sono spiegata? >>.
 
La donna non aspettò una risposta, non attese nemmeno di vederlo planare a terra e scendere dalla scopa, ma si diresse al limitare del campo verso gli uffici della squadra. Arrivata dagli spalti, mentre ancora Ludo era impegnato a massaggiarsi i muscoli delle braccia, si voltò.
 
<< E chiedi alle tue fan di indirizzarti i gufi all’apposito indirizzo di raccolta per i giocatori, o se sono private fattele arrivare a casa. Non voglio gufi sul mio campo di Quidditch >>.
 
La cosa più bella di Retha era che non te le mandava a dire, certe cose.
 
Ludo alzò la mano a segnalare che aveva capito, e puntò lo sguardo sul gufo scuro che si era appena posato su una delle panche a bordo campo. Quando gli si avvicinò, Bagman vide che la lettera era indirizzata a lui e riconobbe al volo la calligrafia al lato della busta.
 
A Ludo.
 
 
***


Nel Weekend della festa

 
<< Si vede che non sei di queste parti >> annunciò la sua fidanzata con voce divertita.
 
<< Lo dici solo perché sono nero >> rispose a tono, scherzando, Zaakis, aggiustandosi il codino sulla nuca.
 
Jael rise di cuore alla risposta del fidanzato.
 
Da quando stavano insieme era diventata una cosa tutta loro, prendersi in giro per le loro differenze: Zaaki moriva sempre dal ridere ogni volta che vedeva quella sua pelle così bianca arrossire, causandole così addirittura più imbarazzo, e lei ribatteva a tono che con quella sua mania di intrecciarsi i cappelli in modo così complicato lui aveva il vizio di passare in bagno molto più tempo di lei.
 
<< No, idiota >> disse allora lei con tono affettuoso << Ti guardi in giro come se non avessi mai visto un villaggio magico in vita tua! >>.
 
<< Certo che ho visto un villaggio magico >> sbuffò di rimando il ragazzo << Ne ho visto più di uno, a voler essere sinceri. Vicino a Uagadou ci sono solo villaggi magici! Ma questo è diverso! E poi, ti ho sentito così spesso parlare di Hogwarts e Hogsmeade… >>.
 
Zaakis aveva un accento che lo faceva parlare per punti esclamativi, e quella cosa lo faceva stare simpatico più o meno a chiunque fin dal primo incontro. Era simpatico perfino nel modo di camminare, molleggiandosi sulle ginocchia con una cadenza che faceva sembrare avesse una musica esotica nel sangue. E aveva lo sguardo gentile: era di quello, soprattutto, che Jael si era innamorata quando lo aveva conosciuto.
 
<< Goditi Hogsmeade, perché non ti porterò a Hogwarts >> lo avvisò facendogli un cenno verso il villaggio << Sai com’è, competizione tra scuole >>.
 
Il ragazzo rise, senza prenderla sul personale.
 
<< Qui in Gran Bretagna sembra tutto una competizione >> disse. Poi, come incantato, si fermò davanti a una vetrina << Sono dolci, quelli? >>.
 
Jael alzò lo sguardo e vide che si trovavano già davanti a Mielandia: il villaggio, che al terzo anno le era sembrato così grande e fino al settimo aveva costituito una parte importante della sua geografia personale, dopo anni sembrava essersi rimpicciolito.
 
<< Vieni, dobbiamo essere lì prima che i ragazzi arrivino! >> aprendo la porta del negozio prese il suo ragazzo per mano e lo trascinò all’interno, già circondata da quell’invitante odore di dolce che richiamava così tanti ricordi << Sbrigati! >>.
 
 
*
 
 
Edgar Bones non era esattamente certo di quanto ciò fosse esplicativo di quello che la sua vita era diventata negli ultimi anni, ma essere svegliato con un sacco di iuta sulla testa e legato come un salame quel sabato mattina non lo scioccò in modo particolare. Se fosse stato una qualunque altra persona in quella scuola, essere trascinato in giro per il castello in quel modo, sfilando in mezzo a un sacco di studenti, lo avrebbe imbarazzato a vita. Per fortuna – o purtroppo, non aveva ancora deciso – lui faceva parte della cosiddetta Patria dei Bellocci e ciò significava che di cose imbarazzanti, nella sua vita, ne capitavano a scadenza più o meno regolare.
 
Quando un incantesimo gli tolse dalla testa il sacco di iuta che i suoi amici avevano usato come ausilio nel rapimento, Edgar si rese conto di essere solo, piazzato davanti alla statua della strega orba al terzo piano del castello e senza la minima idea di cosa fare. Era in pigiama, aveva un mantello non suo legato attorno al collo e un berretto di lana – con tutta certezza di marca Prewett – infilato nella tasca della giacca del pigiama. Era arancione fluorescente e, se aveva capito bene l’indizio, significava che ad un certo punto di quella giornata particolare sarebbe dovuto uscire all’esterno del castello, dove – a giudicare dal panorama fuori dalle finestre – in quel momento stava imperversando una mezza bufera di neve.
 
<< Ricordati che ami i tuoi amici >> si disse ad alta voce, cercandosi ancora nelle tasche. Niente bacchetta. Vicino a lui, la strega orba sembrava sogghignare.
 
Si guardò attorno, cercando di mettere in ordine i pensieri: se non gli avevano lasciato nulla, probabilmente era perché doveva dedurre qualcosa dall’ambiente circostante. Considerando la tradizione delle feste a sorpresa, di norma le feste erano di due tipi: una sfida, che invitava a fare qualcosa di incredibilmente stupido o ad oltrepassare qualche limite, o una caccia al tesoro, che aveva lo scopo di intrattenere sé stesso o – più probabilmente – gli altri. Fortunatamente, lui aveva un debole per la caccia al tesoro.
 
Vedendo che attorno a lui non c’era nulla di sospetto ricominciò a tastarsi le braccia e il busto. Quando prese il cappello di uno dei Prewett, ancora nella tasca del pigiama, si rese conto che infilato all’interno di esso c’era qualcosa di appallottolato. La pallina di pergamena che tirò fuori e spianò attentamente con le dita aveva gli angoli bruciacchiati e un messaggio scritto da una calligrafia elegante. Recitava:
 
Alla cortese attenzione del Capitano Pirata Gentiluomo Edgar Arthorius Bones.
La vostra ciurma ha bisogno di Voi, e in fretta!
Qualcosa di molto prezioso è stato rubato a Sua Signoria la Principessa Barbuta dei Pirati dal Malvagio Malefico Pirata Mestifero.
Solo i più acuti della ciurma sono a conoscenza dell’operazione Sorpresa, per cui i Vostri servigi sono richiesti immantinente.  Il Malvagio Malefico Pirata Mestifero si è intrufolato nella camera di Sua Signoria la Principessa Barbuta dei Pirati questa mattina all’alba, rubando il grande diamante che non deve, assolutamente, cadere nelle mani del nemico. Presto!
Trovate la Vostra fedele arma addosso alla megera e con un Dissendium ben assestato passatele alla schiena.

Capitano, Confidiamo in Voi.
 
Leggendo la lettera il Tassorosso sogghignò. Con la melodrammaticità che questa caccia al tesoro sembrava trasudare, doveva averla organizzata sicuramente Caradoc.
 
Edgar si guardò attorno ancora una volta e rilesse attentamente la lettera. L’unica megera nelle vicinanze sembrava essere la strega orba; con attenzione, controllando che non ci fosse nessuno a vederlo tastare in modo che poteva sembrare perverso la statua di una vecchia strega, controllò attentamente dove potesse essere nascosta la sua bacchetta.
 
Trovatala, si lasciò andare ad un ghigno di compiacimento: non era un Corvonero, forse, ma non era stupido.
 
La afferrò e rilesse l’ultima parte della lettera. Cosa diamine era un Dissendium? Non pensava di aver mai sentito dell’esistenza di tale incantesimo, e per un attimo sperò che usarlo non lo avrebbe fatto diventare completamente blu o qualcosa di ancora più imbarazzante.
 
Si avvicinò alla strega orba e, dritto alla schiena della megera, ordinò Dissendium.
 
 
*
 
 
Jael Morrison, Nata Babbana, ricordava benissimo la sensazione di meravigliato stupore che aveva provato la prima volta in cui – all’inizio del suo terzo anno a Hogwarts – aveva scoperto che ad appena una camminata dalla scuola viveva l’unico villaggio interamente magico della Gran Bretagna.
 
Non era qualcosa che era stata in grado di immaginarsi facilmente, quel modo di vivere: l’aveva stregata fin dal primo momento e ogni occasione era buona, anche adesso, per tornare a Hogsmeade e girovagare per le sue piccole strade, di tanto in tanto.
 
Della collezione di negozi magici che il piccolo villaggio offriva – non troppo vasta, in fin dei conti – Mielandia era sempre stato quello che Jael preferiva. Era divertente, per qualcuno cresciuto mangiando caramelle babbane, paragonarvi le varianti magiche; alla fine del suo quinto anno, insieme alla sua migliore amica (che invece era una Purosangue nel midollo) aveva stilato una lunga lista delle migliori caramelle dei due mondi: non ricordava quali varietà fossero arrivate prima in quella famosa lista, ma in compenso né lei né Tory si sarebbero mai potute dimenticare di essere finite in infermeria con un assurdo mal di pancia a causa della quantità di zuccheri ingeriti.
 
<< Da come ne parlate tu e Tory, sembra sempre che gli amici che ti fai a Hogwarts siano poi gli amici che avrai per il resto della tua vita >> la prendeva sempre in giro Zaak ogni volta che se ne usciva con un qualche racconto sul tempo passato a scuola. Zaak era diverso, e della sua scuola raccontava pochissimo.
 
Adesso, seduti all’interno del magazzino di Mielandia, in attesa di unirsi alla festa di Edgar, erano intenti a gustarsi due lunghe e delicate piume di zucchero al gusto lampone.
 
<< Sai, nonostante ormai vi conosca da diverso tempo non riesco ancora a capire come sia possibile che siate tutti amici >> le rivelò Zaakis osservando la propria piuma di zucchero con aria perplessa << Nella mia scuola, la relazione tra i diversi anni non è molto valorizzata. Abbiamo un approccio di tipo più orizzontale che verticale, distribuita su gruppi della stessa fascia d’età che vivono e lavorano a stretto contatto >>.
 
Jael staccò con un piccolo morso la punta della propria piuma di zucchero e riflettè su cosa dire. Era raro per Zaak raccontare qualcosa di Uagadou: era più facile arrivare a carpire i segreti di un posto misterioso come la Gringott piuttosto che convincere Zaak a rivelare qualcosa della propria scuola**. Di Uagadou Jael non sapeva quasi nulla, escluso che dall’idea che se ne era fatta dopo anni di relazione con Zaakis, in quella scuola sicuramente sapevano instillare il concetto di segretezza nei propri studenti.
 
<< Noi siamo divisi in quattro Case, e ogni Casa ha studenti di ogni anno >> replicò sorridendo. Poi, riflettendoci, aggiunse: << Nei dormitori siamo divisi in base all’anno che frequentiamo, questo è vero. E le lezioni si frequentano in base all’anno, ovviamente. Però comunque nei vari club e squadre della scuola, l’interazione tra studenti di anni diversi è abbastanza stimolata >>.
 
Zaak annuì in risposta, ma non fece in tempo a replicare alcunché perché dalla botola sul pavimento, poco vicino a dove stavano seduti, arrivarono rumori concitati e improvvisi.
 
<< Come diamine… >> disse una voce maschile frustrata.
<< Quello è il mio braccio, Fabian! >> una ragazza esclamò.
<< Questi passaggi segreti sono angusti e sporchi! >> si levò in tono lamentoso.
<< L’idea è buona ma pecchiamo nell’esecuzione >> aggiunse qualcuno puntigliosamente.
<< … Come facciamo a essere certi che Bones non si giri e se ne torni a dormire? >> chiese qualcuno con tono annoiato.
<< Guarda Ben che, anche se non lo sembra, mio fratello è curioso come un gatto! E adora le feste a sorpresa >> rispose allegramente un’altra ragazza.
<< E i pirati >> s’intromise qualcun altro.
<< E i pirati >> assentì la ragazza.
 

 
*
 
 
Un gruppo nutrito di ragazzi e ragazze era uscito dalla botola continuando a borbottare e brontolare. Zaakis, che tramite Jael nei due anni precedenti aveva conosciuto diversi dei ragazzi e delle ragazze presenti, sorrise alla ventata di caotica allegria che il gruppo si portava come al solito dietro.
 
Una volta scambiati i saluti principali ed eseguite le dovute presentazioni, Sturgis – che qualcuno doveva aver nominato il master del gioco – obbligò tutti al silenzio e costrinse Jael a piazzarsi davanti alla botola insieme a Zaakis, diverse piume di zucchero in mano, tutti gli altri dietro a godersi lo spettacolo. In un mare di piume di zucchero, Edgar avrebbe dovuto trovare quella finta, in realtà uno zellino trasfigurato. Il trucco del giochetto, aveva capito Jael, era che Edgar avrebbe potuto indagare soltanto tramite il senso del gusto, anche a costo di mangiarle tutte.
 
<< Quindi, quale è la storia alla base della caccia al tesoro? >> chiese Jael. Non era la prima festa del gruppo a cui partecipava, quindi conosceva abbastanza quella strampalata tradizione da sapere cosa poteva aspettarsi << Nell’invito che ci avete mandato c’era solo scritto l’orario e il luogo in cui ci saremmo dovuti presentare >>.
 
Sturgis era sempre in posizione di sorvegliante rivolto verso la botola.
 
<< Lui è un pirata, deve recuperare il tesoro della principessa barbuta dalle grinfie del Malvagio Malefico Pirata Mestifero >> spiegò brevemente.
 
Amelia si intromise scettica.
 
<< …che poi non ho capito, perché un pirata? Non c’entra niente con Hogsmeade >>.
 
Jael aveva sulla punta della lingua proprio la stessa domanda.
 
<< Colpa del cervello di Dearborn >> rispose poco impressionato uno dei due presenti che lei non aveva mai incontrato. Era un ragazzo alto e scuro di capelli, dai lineamenti quasi androgini e a modo loro avvenenti. Il ragazzo sembrò rendersi conto all’improvviso di aver parlato ad alta voce, vedendosi fissare in modo più o meno divertito del resto della compagnia. Scrollando le spalle, fece un’espressione innocente come a dire che quella era l’unica risposta che lui stesso fosse riuscito a darsi.
 
Jael conosceva Caradoc abbastanza bene, e si aspettava l’esclamazione oltraggiata di quest’ultimo.
 
<< Non starlo ad ascoltare, Jael >> si lamentò indignato Dearborn << Benjamin non sa quello che dice, è un Serpeverde >>.
 
La ragazza ridacchiò.
 
<< Mi sembra invece che abbia le idee molto chiare >> lo prese invece in giro di rimando.
 
Uno dei due Prewett si intromise.
 
<< Vergogna, Morrison, allearsi con il Serpeverde del gruppo appena dopo averlo conosciuto! Sei uscita da Hogwarts da abbastanza tempo da dimenticarti che una volta eri una degna Grifondoro? >>.
 
Merlino santissimo, poco importava fosse stata loro Prefetto per due anni e la Caposcuola per l’ultimo prima di uscire da Hogwarts, non sarebbe mai riuscita a distinguere i due gemelli Prewett.
 
<< Caro mio, >> si schermì con sguardo falsamente offeso << Grifondoro una volta, Grifondoro tutta la vita >>.
 
Vide Prewett aprire la bocca per rispondere, quando il gruppo venne sorpreso da un saluto entusiasta che proveniva dalla botola.
 
<< Jael! Zaak! >> ululò felice Edgar Bones catapultandosi fuori dal passaggio segreto e tuffandosi ad abbracciarli felicemente.
 
Sturgis, che suo malgrado era stato avviluppato nelle chiacchiere, si era completamente dimenticato di tenere sorvegliata la botola.
 
<< Ecco, Caradoc, è tutta colpa tua >> sentenziò puntiglioso.
 
Certe cose non cambiano mai, si disse Jael.
 
 
*
 
 
Sullivan Abbott era seduto mezzo addormentato su uno degli scalini davanti a Mondo Mago, avvolto nel suo mantello e intento ad osservarsi intorno con aria assonnata ma, almeno in parte, divertita.
 
Il villaggio era pieno di studenti di Hogwarts e, se chiudeva gli occhi, effettivamente gli sembrava di non essere mai andato via da scuola. Non era passato così tanto tempo, d’altronde: si era diplomato appena due anni prima.
 
Attirato da un nugolo di voci che pareva farsi strada verso di lui, il ragazzo puntò lo sguardo sulla strada principale che tagliava in due il piccolo villaggio.
 
<< Vi odio, mi siete costati i due denti davanti >>.
 
A parlare, vestito di quello che era chiaramente un pigiama e con un orrido berretto di lana – altrettanto chiaramente marca Prewett – ben calato sulla testa, era stato il festeggiato. Edgar Bones, che stava sfilando in mezzo al villaggio con tutta la dignità che sembrava riuscire a racimolare, non pareva particolarmente contento della situazione.
 
<< E noi cosa ne potevamo sapere che l’avresti morsa con così tanto impeto? >> gli chiese divertita la voce querula della sorellina minore.
 
Nel suo cuore di orgoglioso Tassorosso, i Bones avevano sempre avuto un posto un po’ speciale: erano, fratello e sorella, due persone allegre e divertenti, che non prendevano quasi niente nel verso sbagliato e riuscivano a sfogare anche la più forte competizione con amichevoli pacche sulla spalla. Li aveva sempre considerati un po’ gli studenti emblema della Casa Tassorosso.
 
<< E io invece vi odio per aver organizzato questa festa a quest’ora del mattino. Ma vi sembra un orario degno di una festa a sorpresa? >> attirò l’attenzione del gruppo parlando in tono scorbutico.
 
Quando Edgar lo vide osservarli divertito dal gradino su cui se ne stava seduto, tirò un lungo fischio.
 
<< Messer Abbott! >> lo salutò con tono canzonatorio, porgendogli poi una moneta << L’ultimo indizio diceva che dovrei pagare un arguto marinaio trovato sulla strada affinchè mi indirizzi nella giusta direzione, quindi immagino che questa sia Sua >>.
 
Lui, sbadigliando, afferrò la moneta e si fece da parte lasciando libero l’ingresso verso il negozio.
 
<< Vada dentro, Capitano, e trovi ciò che sta cercando >>.
 
Mentre Edgar, poco soddisfatto dalla risposta e dal saluto spicciolo, si dirigeva all’interno del negozio cercando di capire cosa diamine dovesse farci, il nuovo arrivato salutò con un sorriso rilassato tutti i presenti, conosciuti e sconosciuti. Amelia, con quel suo sorriso allegro ad illuminarle il viso, gli si lanciò contro per stringerlo in un abbraccio stritola ossa.
 
<< SullyTally, è così bello vederti >> esclamò felice << Mi dispiace che tu ti sia perso Edgar fare praticamente indigestione di piume di zucchero >>.
 
Sully, non completamente certo della preziosità dello spettacolo in questione, fece spallucce e indicò ai presenti la porta del negozio oltre cui era appena passato Edgar.
 
<< Ho segnato gli strumenti che mi avete nominato con un pezzo di pergamena. Esattamente cosa starebbero a significare quei bigliettini? >>.
 
<< Le iniziali del nome degli strumenti segnati con il bigliettino, se anagrammate, rivelano il nome della prossima tappa >>.
 
A parlare era stato Sturgis Podmore, con lo sguardo fisso sulla porta del negozio, attento a sorvegliare ogni movimento di Edgar in modo che il gioco non si rovinasse. Sully conosceva Sturgis abbastanza bene da sapere che in casi come quello, quando era posto a capo dell’organizzazione di qualcosa, diventava talmente pignolo da essere quasi intrattabile.
 
<< La cosa è parecchio contorta >> si intromise uno dei Prewett.
 
<< Come la mente di Sturgis >> rispose l’altro.
 
Sully non aveva mai davvero capito fino in fondo quella tradizione strampalata delle feste a sorpresa con sfida inclusa: per lui, una festa a sorpresa era una festa come tutte le altre con la semplice aggiunta di essere una sorpresa. Lui, tra l’altro, in mezzo a quella tradizione ci si era ritrovato un po’ per sbaglio due anni prima, per il compleanno di Meli, quindi davvero non aveva nemmeno assistito al nascere di tutto. Vi si era accodato, semplicemente… frequentando un po’ il loro gruppo di amici, comunque, si era reso conto che erano in tanti quelli che si accodavano a loro, per un motivo o per l’altro, senza poi lasciarli più.
 
 
*
 
 
Tory Thompson aveva sempre adorato l’odore forte dell’inchiostro che si poteva respirare da Scrivenshaft.
 
Quando era stata studentessa ad Hogwarts, anni prima, aveva colto ogni occasione possibile per uscire dal castello e rifugiarsi nel piccolo negozietto: le piaceva passare i polpastrelli sulle costole dei libri lì conservati, osservare i giochi di luce che i raggi del timido sole scozzese, penetrando dalla finestra, riflettevano sulle piume in esposizione. Aveva passato ore della propria vita a catalogare con lo sguardo i diversi colori delle boccette d’inchiostro regolarmente esposte nello scaffale in piedi vicino all’entrata: aveva passato talmente tanto tempo lì dentro che ormai, anche dopo anni da quando si era diplomata, il Signor Scrivenshaft ancora la ricordava per nome, salutandola calorosamente ogni qualvolta decideva di passare a salutare.
 
<< Signor Scrivenshaft, è tutto pronto allora? >> chiese al termine dei saluti convenzionali.
 
Lei adorava quelle feste a sorpresa che ormai da anni associava a quel gruppo di screanzati, e dato anche il suo lavoro si poteva dire che lei, di misteri, se ne intendesse.
 
<< Tutto come mi hai chiesto per lettera >> rispose il proprietario della cartoleria indicando un angolo della bottega dove, in uno scaffale a vetri, stavano custoditi libri manoscritti << Sei sicura che mi posso fidare di questo ragazzo? Sai, è amico dei Prewett, e Merlino mi sia testimone non lascerei mai i miei libri in mano a quei due >>.
 
Tory, memore degli anni passati come Capitano della squadra di quidditch di Grifondoro a cercare di dividere i due ad ogni singola litigata, poteva ammettere senza problemi di essere d’accordo con il negoziante: dopo anni di conoscenza reputava Fabian e Gideon un po’ come suoi piccoli fratellini, ma non per questo non riconosceva loro il carattere irruento e poco adatto a toccare manoscritti rari.
 
<< Stia tranquillo >> lo rassicurò lei, sorridendo << Edgar è un Tassorosso >>.
 
Il negoziante, visibilmente rassicurato, annuì seriamente.
 
Nonostante gli anni passati la divertiva ancora come, a Hogwarts e nei suoi dintorni, l’appartenenza ad una casa piuttosto che un’altra fosse praticamente tutto quello che importava: non condivideva appieno la cosa ma non si risentiva neanche e, forse, il suo non giudicarla pesantemente derivava proprio dal fatto che lei, arguta Grifondoro, non aveva mai dovuto subire in prima persona le maldicenze relative alla propria Casa. Per un qualsiasi studente Serpeverde, probabilmente, trascinarsi dietro una reputazione malvagia per il semplice fatto di essere stato smistato in una casa con un’alta incidenza di maghi oscuri doveva avere tutt’altro significato.
 
Dalla porta del negozio, alle sue spalle, all’improvviso entrò un più che agitato Sturgis Podmore. Beato ragazzo, quando organizzava qualcosa diventava preciso e pignolo all’inverosimile.
 
<< Tutto pronto, vero? >> praticamente la assaltò con uno sguardo un po’ maniaco negli occhi.
 
Dietro di lui, lo sguardo rassegnato, fece capolino il sorriso dolce di Hestia Jones.
 
<< Tutto a posto, Sturgis, stai tranquillo >> rispose Tory con un sorriso comprensivo rivolto alla ragazza. D’altronde, tutti si ricordavano l’epico fallimento che era stata la festa per il GUFO che il ragazzo aveva organizzato quasi due anni prima e che si era risolta in una mezza disgrazia. Soffocando un risolino al mero ricordo, Tory si avvicinò al Prefetto Corvonero e lo afferrò saldamente per le spalle, facendogli segno di respirare.
 
<< Si, si, lo so, un due tre dentro, un due tre fuori >> mormorò il ragazzo accompagnando le proprie parole con gesti scomposti delle mani << Sono tranquillissimo >>.
 
Hestia, dietro di lui, alzò gli occhi al cielo.
 
 
*
 
 
Edgar Bones aveva sempre avuto una passione più o meno segreta per gli intrighi e i misteri.
 
Due anni prima, quando era giunta la voce nel bel mezzo dell’estate tra il suo quarto e quinto anno che Tory Thompson, ex Capitano di Grifondoro, era stata assunta all’ufficio Misteri per iniziare l’addestramento come Indicibile la cosa – forse per un qualche strano meccanismo di gloria riflessa – gli aveva fatto sviluppare una cotta stratosferica per la ragazza.
 
Lui all’epoca era ancora un quindicenne con l’acne e un sacco di amici imbarazzanti, ed era divertente pensare che anche se l’aveva conosciuta a scuola anni prima, solo una volta diplomata lei aveva iniziato a stuzzicare un qualsiasi interesse sentimentale da parte sua. Una sorta di trasferimento emotivo, così l’aveva chiamato Tory quando – da adulta quale era – lo aveva preso da parte durante un week end a Hogsmeade in cui era passata a trovarli. Aveva affrontato la questione con atteggiamento quasi chirurgico, spiegandogli gentilmente ma con tono distaccato che tra di loro non ci sarebbe mai stato nulla di quel genere. A te interessa quello che faccio nella vita, Ed, non ti sono mai interessata io, gli aveva spiegato pazientemente.
 
Da quel giorno, paradossalmente, i due erano diventati più amici di prima. Condividendo quella loro strana passione per il mistero e il fatto che come persone – anche se ognuno a modo suo – erano entrambi lontani anni luce dalla classica idea di detective che si poteva avere, avevano legato scambiandosi consigli su interessanti romanzi del genere e scommettendo su chi per primo avrebbe trovato la risposta ai complicati indovinelli che di volta in volta si mandavano via lettera a vicenda.
 
Quando era entrato da Scrivenshaft, l’anagramma precedente scritto su un ritaglio di pergamena, si era aspettato di trovarci Tory, con il suo bel sorriso e lo sguardo soddisfatto di chi sa di star per proporre la sfida della vita al suo acerrimo rivale.
 
<< Se riesco a risolverlo in meno di cinque minuti >> squadernò l’indice in modo cattedratico rivolto alla ragazza << Sappi che mi dovrai offrire da bere >>.
 
La ragazza, appoggiata al bancone, accentuò il sorriso.
 
<< Se sarai in grado di decifrare questo in meno di cinque minuti, ti offrirò più che da bere >> ribattè sicura indicandole con un cenno l’armadio a vetrina in fondo al negozio, dove diversi libri antichi facevano mostra di sé << Ti offrirò un lavoro >>.
 
 
*
 
 
Quando si vide pararsi davanti entrambi i fratelli Prewett, accompagnati da Kingsley e da una ragazza bionda che lui davvero non ricordava di avere mai visto prima, Ludovic Bagman esplose in un saluto allegro pieno del brio che di solito lo caratterizzava. Dietro di loro, il resto del gruppo procedeva alla volta di Zonko.
 
Lui aveva conosciuto quella strana compagnia ben dopo i suoi anni a Hogwarts, proprio quando tramite Molly e Arthur Weasley – suoi amici dei tempi di Hogwarts –, Kingsley Shacklebolt lo aveva contattato per organizzare la festa a sorpresa più a tema “quidditch” che tu possa immaginare, Bagman.
 
Lui, per tutta risposta, aveva organizzato una partita informale con alcuni suoi compagni di squadra e altri giocatori della lega che gli dovevano un paio di favori. Era stata una giornata da ricordare per entrambi i Prewett, se ne erano accorti tutti, e per Ludo aveva segnato l’accesso a quello strano modo di fare amicizia che avevano quei due ragazzi, che sembrava non lasciare indietro nessuno.
 
<< Eddai, non solo non avete invitato nemmeno un Corvonero, avete riportato in zona il peggio di Tassorosso! >> esclamò la voce ironica di Caradoc Dearborn.
 
<< Ho sempre saputo che temevi la concorrenza, Dearborn >> ribattè lui di getto, sorridendo.
 
Sebbene la festa che aveva organizzato insieme a Kingsley Shacklebolt anni prima fosse stata destinata ai Prewett, Ludo aveva capito nel momento stesso in cui gli amici erano arrivati al campo quel pomeriggio di due anni prima che la vera stella del quidditch, in quella banda scatenata di ragazzini, era proprio Caradoc Dearborn. Era stato lui stesso, proprio in seguito a quella festa, a segnalarne il talento a Retha e ad attirare le attenzioni di una squadra della lega sul ragazzo che all’epoca era appena sedicenne. Solo successivamente si era reso conto di che persona straordinariamente orgogliosa fosse Dearborn.
 
<< Ti piacerebbe >> gli rispose infatti il ragazzo, salutandolo con una pacca sulla spalla << Sei pronto a vedere l’umiliazione finale di Edgar? >>.
 
Il più grande, che non aveva alcuna idea di cosa stesse parlando il Corvonero, si voltò verso Edgar Bones e lo guardò incuriosito.
 
Bones, almeno per quello che ne sapeva lui, non era il tipo da imbarazzo facile. Viveva secondo una filosofia di vita che gli faceva accogliere tutto con un sorriso sulle labbra, cosa che gli era valso l’epiteto di bonaccione all’interno del gruppetto di amici: certo, non era il giullare del gruppo – ruolo che spettava a Caradoc, che lo rivestiva con la giusta disinvoltura quasi sempre – eppure era quasi sempre quello che stemperava la tensione.
 
E infatti, più che semplicemente imbarazzato, lo sguardo del Capitano Tassorosso poteva dirsi rassegnato. Era in fondo al gruppo, vicino a una Tory Thompson decisamente troppo divertita, e reggeva in mano un biglietto di pergamena su cui erano scritte un po’ di frasi in rima.
 
Complimenti Capitano
Le mie tracce hai scovato
se il tesoro vuoi in mano
il tuo cercar non è finito.
 
Trova pur la tua barbuta regnante
Di verde vestita e di buon cuore
Sulle labbra dalle un bacio e da distante
Canta urlando il tuo straziante amore.
 
Proprio lì ti sta aspettando
Davanti ai gradini di Zonko seduta
E dopo che il tuo amore andrai cantando
Potrai concludere tutto con il tuo regalo e una bella bevuta.
 
<< In che senso barbuta regnante? >> chiese Ludo voltandosi verso Caradoc.
 
Un tremendo sospetto stava iniziando a farsi strada nella sua testa. L’unico barbuto della compagnia era lui, ed era vestito proprio di verde.
 
Edgar sbuffò e, appallottolata la pergamena, la lasciò cadere a terra.
 
<< Morgana benedetta, quanto mi costa esservi amico! >> sbraitò dirigendosi verso di lui con passo di guerra.
 
Ludo Bagman non era una persona pudica, ma davvero non avrebbe mai immaginato che si sarebbe ritrovato a baciare Edgar Bones davanti a mezza Hogwarts. il bacio, che aveva scatenato l’ilarità di chiunque attorno a loro, durò appena qualche secondo e poi, con sguardo melodrammaticamente afflitto, Edgar Bones si inginocchiò davanti a lui.
 
<< O mia signora, che siete bella come il sole, vi canto qui inginocchiato la potenza del mio amore >>.
 
Ludo si passò una mano sulla fronte: quei bastardi gli avevano solo detto che si sarebbero visti per un’allegra bevuta al pub. Sperava almeno che il barista sarebbe stato solidale e gli avrebbe passato qualche bicchierino extra senza farglielo pagare.
 
 
*
 
 
Aberforth non era per niente contento, e sicuramente non si sentiva solidale con nessuno.
 
Si era ritrovato infatti il locale pieno zeppo di studenti a malapena maggiorenni e decisamente troppo caotici per i suoi gusti. Appena erano arrivati, mentre Dorcas tatticamente lo distraeva salutandolo e scambiando con lui un paio di parole, alcuni di quei ragazzi si erano presi la libertà di risistemare i suoi tavoli, cianciando e ridendo sguaiatamente, all’interno del suo pub, senza un minimo di riguardo.
 
D’altronde, Aberforth Silente sapeva dal momento in cui aveva acconsentito a quella mezza pazzia che se ne sarebbe pentito prima di subito.
 
Invece, quello che davvero non si era aspettato – specialmente memore dell’ultima volta in cui i ragazzi erano stati al locale – era di vedere quanto in quei due mesi sia Benjamin che Dorcas, ognuno a modo proprio, si fossero ambientati in quella strana compagnia.
 
L’ultima volta, un paio di mesi prima in occasione del compleanno di Dorcas, era stato lampante come i due ragazzi e la compagnia che si era aggiunta successivamente fossero ancora due gruppi basilarmente separati. Li aveva osservati per tutto il tempo approcciarsi a vicenda con atteggiamento curioso ma guardingo, quando non totalmente ostile. Ricordava persino di averne scherzato con Fenwick, mentre il ragazzo lamentandosi aveva dimostrato quando non fosse positivamente impressionato dalla presenza di quella banda caotica.
 
Ora, sebbene fossero passati soltanto un paio di mesi, la situazione sembrava essere cambiata. Era chiaro dal modo in cui Dorcas sembrava inserirsi nelle discussioni con voce posata, seppur mantenendo un atteggiamento calmo e dimesso, o da come rideva con occhi e volto alle battute che uno dei due gemelli sembrava rivolgere esclusivamente a lei.
 
Era stato però soprattutto il comportamento di Benjamin, ragazzo difficile da capire a prima vista, a stupirlo maggiormente. Pareva a suo modo rilassato come Aberforth non lo aveva mai visto, e aveva passato gli ultimi dieci minuti raccontando, insieme a Bagman, una storia su sua sorella a tutta la tavolata.
 
<< Non sapevo che conoscessi Jodie così bene >> aveva poi finito per dire, con tono più cortese di quanto ci si sarebbe mai potuti aspettare da lui, conoscendolo, rivolto verso il famoso giocatore di Quidditch.
 
Il più grande, ridendo, aveva affermato con tono gioviale:
 
<< Scherzi!? Avevo una cotta stratosferica per tua sorella ai tempi della scuola >>.
 
A quelle parole, perfino dal suo punto di vista dietro al bancone il barista aveva potuto vedere Benjamin Fenwick tossire fuori dall’imbarazzo la burrobirra che stava bevendo. Seduto accanto a lui, il ragazzo che si lamentava sempre con tono indolente gli aveva battuto con forza una mano in mezzo alla schiena per aiutarlo a riprendersi.  
 
Aberforth Silente poteva essere un uomo di mezz’età burbero e scorbutico, che tendeva a frequentare solo persone votate a farsi gli affari propri, eppure fu stranamente soddisfatto di vedere quei due ragazzi calmi e riflessivi, dalle tendenze solitarie, aprirsi al resto del mondo in modo nuovo. Anche se ciò voleva dire vedersi piombare quindici ragazzetti entusiasti nel locale a turbarne la quiete.
 
 
*
 
 
<< Fenwick >> salutò in tono burbero il barista quando suddetto ragazzo si avvicinò al bancone, mentre ancora quella strana festa imperversava ai tavoli << Sia chiaro, questa è la prima e ultima volta che succede >>.
 
Il ragazzo, una pila di boccali sporchi tra le mani, si voltò per guardare il resto della sala. Anche se secondo il suo modesto punto di vista nella locanda c’erano decisamente troppe persone, Benjy doveva ammettere che – per essere una festa organizzata dalla Patria dei Bellocci – i numeri erano abbastanza contenuti. Per chiunque si definisse una persona medialmente socievole, quindici persone non erano poi tante.
 
Certo, la definizione di persona medialmente socievole non si applicava granchè né a lui e né ad Aberfort. In ogni caso sorrise, porgendogli i bicchieri sporchi e aspettando il giro successivo.
 
<< A voler essere sinceri, la colpa è di Dorcas >>.
 
Il barista gli rifilò un’occhiata di sbieco, poi si voltò verso il retro del bancone.
 
<< Fenwick! >> urlò Ludo Bagman dall’altra parte del locale, attirando l’attenzione di Benjamin. Quando ci si metteva, aveva capito il Serpeverde, Ludo poteva essere un giullare niente male << Ho cambiato idea, mi serve del Whisky >>.
 
Dopo averci passato insieme qualche ora, Benjamin aveva ormai chiaro il motivo per cui Jodie non aveva mai filato troppo Bagman. Decisamente troppo rumoroso.
 
Aberforth, voltandosi nuovamente verso di lui e scrutandolo con interesse, iniziò a riempire dei nuovi boccali.
 
<< Sai, Fenwick >> disse pensoso prendendo un bicchiere che doveva avere visto giorni migliori e iniziando a versarvi dentro il whisky chiesto da Bagman << Siete passati, tu e Dorcas, dall’essere solo voi due ad essere circondati da gente di ogni tipo in pochissimo tempo >>.
 
Non sembrava asserire la cosa come a contestarla: anzi, Aberfort aveva ora puntato su Dorcas uno sguardo stranamente soddisfatto. La ragazza, seduta al tavolo principale, stava parlando e ridendo con Jael e Zaakis. Seduto accanto a lei, uno dei Prewett la stava guardando praticamente pendendo dalle sue labbra.
 
<< Non credo di averla mai vista così, sai? >> mormorò Benjamin, sovrappensiero.
 
Era strano trovarsi ad ammettere che tutto sommato quello che era accaduto negli ultimi mesi aveva avuto un impatto positivo sulla vita della ragazza, che lei era davvero più felice.
 
Lo siamo entrambi, se devo essere onesto.
 
E lui, di norma non si raccontava palle.
 
<< Credo si possa dire di entrambi >> disse il barista, seguendo a ruota il suo stesso ragionamento. Con un brontolio, Aberforth gli indicò i bicchieri riempiti di fresco << Comunque non lo dicevo in modo negativo. È una bella cosa, vedervi felici >>.
 
Senza dire altro, il barista si allontanò con uno straccio sporco a rimestare i tavoli liberi. 
 
Voltandosi verso il lungo tavolo che tutti insieme avevano occupato, Benjamin si lasciò cullare per un attimo dall’entusiasmo e l’allegria che, insolitamente, avevano invaso il locale insieme a loro: Sturgis aveva afferrato quell’orrendo berretto di lana arancione che Edgar si era tenuto in testa tutto il tempo e uno dei Prewett, fingendosi indispettito, aveva preso a rincorrerlo. Amelia e Kingsley stavano tubando in un angolo senza probabilmente nemmeno accorgersene, mentre Hestia, la ragazza Indicibile e Sullivan Abbott stavano parlando e ridendo tra loro. Bagman, dal suo lato del tavolo, stava intrattenendo tutti gli altri, spiegando ad alta voce alcune delle proprie azioni della partita giocata la settimana precedente.
 
Solo alla fine di quella piccola ricognizione si rese conto che Caradoc, seduto vicino al suo posto vuoto e a poca distanza da Bagman, era l’unico che sembrava non essere particolarmente interessato all’eroico racconto del battitore delle Vespe. Al contrario, aveva lo sguardo insolitamente basso e, con l’indice della mano destra, sembrava invece interessato ad un nodo sul legno del tavolo.
 
Non seppe per quanto rimase a fissare quella scena, il Serpeverde. Alla fine, quando Caradoc – probabilmente sentendosi fissato – alzò lo sguardo e di rimando puntò quegli occhi color topazio fissi nei suoi, si riscosse e diede in un sorriso piuttosto muto. Il Corvonero, da lontano, ricambiò.
 
È una bella cosa vedervi felici.
 
In fondo, in silenzio e per lo più di nascosto, lo pensava alla fine anche lui. 
 
 
 
 
 
 
 
*negli anni in cui si svolge questa storia, le manifestazioni contro il razzismo in Gran Bretagna erano molto in voga specialmente perché in pieni anni di decolonizzazione, quindi ho pensato di inserire la cosa (legata a Jael e Zaakis) perché anche storicamente ci stava. Zaakis in particolare tornerà, quindi non è l’ultima volta che lo vediamo, ma come sicuramente avrete capito è stato uno studente di Uagadou. Lui è ghanese e di lui si saprà presto di più.
 
** Di Uagadou, a quanto mi è sembrato di capire, si sa molto poco ed è una scuola circondata di mistero. Quindi tutto quello che verrà detto di quella scuola in questa storia, escluse le due o tre info reperibili su internet, sarà chiaramente inventato.
 
NOTE:
questa volta ho deciso di metterle in fondo per fare alcune precisazioni senza lasciare spoiler.
I personaggi qui introdotti faranno qualche capatina in futuro: in particolare ognuno di loro è collegato alla storyline di alcuni dei personaggi principali (se vi concentrate potreste anche capire chi per chi, ci sono alcuni indizi). Ho pensato di scrivere questo capitolo soprattutto dal loro punto di vista perché mi sembrava interessante vedere come potessero essere i protagonisti visti da fuori, e spero che anche a voi abbia fatto piacere e che non vi siate annoiati. D’altronde, penso che ormai abbiate capito quanto mi diverto ad inventare nuovi personaggi interessanti, anche semplici comparse. Ovviamente, tutto lo svolgimento della festa sarebbe stato molto lungo da scrivere (già il capitolo è più lungo del normale), ma se tutto va secondo i piani, potrebbe esserci una storia singola in futuro che parte proprio da questa festa quindi, mai dire mai. Spero comunque che questo non vi abbia deluso!
Grazie per il sostegno, le recensioni e i messaggi che mi mandate, davvero mi entusiasma vedere l’affetto di molti di voi a questa storia!
   
 
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