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Autore: UnGattoNelCappello    05/06/2020    1 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15

Sempre più vicini

 

Kei è andato in corto circuito. Durante gli allenamenti, riesce a malapena a pensare a murare. La squadra lo richiama un paio di volte ma non gli importa. Vuole solo parlare con Yamaguchi, ma è anche nervoso alla prospettiva e non riesce esattamente a capire il perché. Kei non è in grado di concentrarsi quando a fine giornata si allena con i ragazzi del terzo a fare attacchi sincronizzati.

“Tsukki? Dove sei finito?”

Yamaguchi è in piedi alle porte della palestra, il tramonto rosato alle sue spalle lo circonda di un’aureola di luce. Kei si guarda intorno e scopre che è rimasto da solo.

“Stiamo iniziando l’ultima corsa,” gli dice Yamaguchi. “Tutto a posto?”

Kei annuisce e lo segue fuori. Quando hanno completato i giri di corsa, collassano tutti sull’erba fuori dalla palestra. I ragazzi del terzo sono sdraiati a formare una stella e quelli del primo in un triangolo. Hinata si sdraia sopra lo stomaco di Kageyama a formare una specie di croce. Hanno tutti lo sguardo rivolto verso l’alto, osservando le nuvole arancioni attraversare il cielo color sorbetto. Il tardo pomeriggio sembra indugiare troppo a lungo; Kei pensa che ormai dovrebbe essere notte. Si alza da dove è seduto assicurandosi un posto sull’erba più lontano dal resto della squadra, sapendo che Yamaguchi lo seguirà.

Celestiali. Meravigliosi, accattivanti, pensa Kei mentre si guardano. Eterei.

“Come stai?” gli chiede piano.

“Bene. Stanco,” ansima Yamaguchi. “Potrei sputare un polmone.”

Kei alza gli occhi al cielo e si lascia cadere gli occhialetti sportivi intorno al collo. Si appoggia indietro sulle mani tirando su le ginocchia, i piedi piantati sull’erba. Yamaguchi si spinge le ginocchiere in fondo alle caviglie e imita la posizione di Kei.

“Non quello. Vi siete lasciati.”

“Cos–?”

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia per un lungo momento e Kei comprende la sua confusione; ha espresso i suoi pensieri in modo un po’ strano. Ma non era sicuro di come altro dirlo. Ti sei lasciato con Matsuda-san – dimmi il perché, cavolo. Ha qualcosa a che fare con me? È così, Tadashi? Yamaguchi rilassa presto il viso dopo aver realizzato le parole di Kei, ed evita i suoi occhi.

“Sì. Ci siamo lasciati.”

“Quello lo so, Yamaguchi.”

 

Yamaguchi sfrega le scarpe contro il terreno. “Come?”

“Me l’ha detto Tanaka-senpai. Di certo non sei stato tu.”

Yamaguchi sobbalza e risponde, “Mi dispiace, Tsukki.”

Alza lo sguardo solo quando Kei scuote la testa.

“No,” dice di Kei, “Dispiace a me.”

“Cosa?” chiede piano Yamaguchi.

Kei si riporta gli occhiali al viso e alza le spalle. Un uccello atterra sull’erba a qualche metro da loro e entrambi lo osservano con disinteresse. Kei alza di nuovo le spalle.

“Le rotture sono difficili.”

Yamaguchi lo guarda alzando un sopracciglio come se volesse chiedere come diavolo potrebbe saperlo Kei, ma è troppo educato per farlo. Questo momento è così fragile. Kei pensa al bicchiere di vino che gli ha versato sua zia, così pieno che un paio di gocce erano scivolate lungo il bordo quando lei l’aveva spinto verso di lui sul tavolo della cucina. Pensa a sua madre che ha cresciuto lui e suo fratello tutta da sola, e la forza che deve avere avuto – che ancora ha.

Pensa alle sue stupide regole, i suoi sforzi dolorosi e inutili per mantenere Yamaguchi a distanza. Ma adesso non ci sono più. Kei adesso vuole molto di più da lui e quel sentimento senza restrizioni lo travolge così intensamente che sente di poter piangere. Le barriere erano familiari. Le barriere erano sicure. Ma adesso Kei sente di essere in caduta libera.

Artiglia erba e terra quando stringe le dita contro il palmo.

“Perché non me l’hai detto?” chiede finalmente.

Yamaguchi si sporge in avanti abbracciandosi le ginocchia.

“Avevo paura che tu pensassi che fossi patetico.”

Kei strofina i palmi sporchi sulle sue ginocchiere. La terra lascia una striscia marrone chiaro sul tessuto nero e Kei fissa la macchia per un secondo, dibattuto. Poi sposta un lungo braccio tra lo spazio che lo divide da Yamaguchi. Solo la punta delle sue dita raggiunge il ginocchio nudo di Yamaguchi. Le tiene lì per un minuto.

“Non lo penserei mai.”

Gli occhi di Kei guizzano dalle sue scarpe solo quando sente il respiro caldo di Yamaguchi conto le sue nocche. Ha il mento posato sul suo ginocchio e fissa così intensamente le dita di Kei sulla sua pelle che sembra quasi avere gli occhi chiusi. Kei deglutisce cercando di abbassare il cuore che gli è saltato in gola. Rilascia cadere il braccio al suo fianco.

“Sì, dici così ora, ma…”  la voce di Yamaguchi di affievolisce.

“Ma cosa?” lo sollecita Kei dopo un profondo respiro. “Tadashi, perché dovrei pensare che tu sei–”

“È ora di stretching! Voi due siete gli ultimi, come sempre,” li richiama Ennoshita dalla palestra.

Non si erano neanche accorti che gli altri se n’erano andati. Yamaguchi si alza in piedi per primo e aiuta Kei a tirarsi su. Kei lancia un’ultima occhiata al bel cielo rosato. La prossima volta che usciranno fuori, sarà tinto di un blu scuro. I due ragazzi entrano nella palestra, la domanda di Kei ancora bruciante sulle sue labbra.

Non riapre l’argomento per quella sera.

 

________

 

“Prendi qualcosa?” chiede Kei mentre lui e Yamaguchi girovagano dentro Sakanoshita. Kei vuole solo una soda, ma Yamaguchi lo fa andare comunque su e giù per ogni corsia.

“Non penso, Tsukki.”

“Offro io.”

Yamaguchi lo guarda alzando un sopracciglio. “Veramente?”

“Sì.”

“Sto bene, Tsukki.”

“Sei sicuro?” chiede di nuovo Kei.

Yamaguchi annuisce e Kei posa la sua lattina sul bancone. Occhieggia il secchiello colorato di lecca-lecca vicino alla cassa. Una donna con una coda di cavallo grigia batte il suo ordine alla cassa e Kei dà un’altra occhiata a Yamaguchi.

“Ultima possibilità,” dice.

“Non mi devi coccolare, sai. Davvero, non sono così triste.”

“Eh?” grugnisce Kei. “Coccolare?”

“Già.”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” risponde freddamente.

Kei sceglie il lecca-lecca preferito di Yamaguchi dal secchiello – ciliegia – e lo posa sul bancone.

Yamaguchi infila la cartaccia appallottolata della caramella nella tasca di Kei quando riprendono il loro tragitto verso la scuola, anche se possiede lui stesso delle tasche perfettamente funzionanti. Kei gli comprerebbe un centinaio di lecca-lecca se li volesse, e non per la sola ragione che lo ama, ma perché non è del tutto sicuro di come altro far sapere a Yamaguchi che è lì per lui se ne ha il bisogno. Kei capisce che Yamaguchi non sta mentendo quando dice di non essere troppo triste per la rottura (dopotutto, è stato Yamaguchi a fare quella scelta, no?)

Kei sta ancora aspettando che Yamaguchi gli dica il motivo. Ma non sa come riaprire l’argomento.

Gli viene in mente qualcosa mentre attraversano i cancelli di scuola.

“Tu e Mamiko rimarrete amici?”

Yamaguchi ride dolcemente e si strofina il collo.

“Io, ehm, non penso, Tsukki. Non penso che lei lo voglia.”

Kei sbatte le palpebre. “Perché non vorrebbe?”

“Non tutti vogliono essere miei amici, Tsukki,” dice Yamaguchi, e Kei non riesce a capire se il suo tono sia autoironico o accusatorio.

“Se n’è andata appena mi ha visto, ieri.”

Yamaguchi sgrana gli occhi e gli sboccia un colorito sulle guance. Kei lo guarda aggrottando le sopracciglia. Mi manca un pezzo, realizza mentre osserva il viso di Yamaguchi cambiare, cos’è che non mi stai dicendo, Tadashi? Ma Kei stesso è il primo a lasciare cose non dette.

“T–ti ha detto qualcosa?”

“No,” risponde Kei. “Che cosa avrebbe dovuto dirmi?”

Suona la campanella e l’ammasso di studenti intorno a loro inizia immediatamente a muoversi. Yamaguchi ha l’aspetto di qualcuno che sia appena stato salvato dal braccio della morte. Una sensazione di curiosità inizia a tessere inquietanti tele nel torace di Kei mentre si dirigono verso la loro classe.

 

________

 

Parole su parole su parole gli si attorcigliano strette nella testa. Non sa come presentarle a Yamaguchi in una maniera che sia appropriata e convincente e sincera. Kei vuole essere assolutamente sincero.

Ma ha già costruito e bruciato tutti i ponti tra di loro. Sente quasi la scatola di fiammiferi in tasca. Non sa bene come aprire l’argomento; che non vuole essere amico di Yamaguchi; che vuole essere di più. Vuole tirare fuori un bazooka e far saltare in aria tutti i muri che ha alzato, proprio lì davanti gli occhi di Yamaguchi. Così poi potrebbero baciarsi tra le macerie. Kei ha immaginato di dichiararsi così tante volte, durante gli allenamenti, in classe, o durante le loro camminate verso casa – continuamente.

Sono passati tre giorni da quando Yamaguchi si è lasciato con Mamiko, e Kei ancora non sa il perché.

Gli piace pensare che Yamaguchi sarà al settimo cielo quando Kei glielo dirà: Ti amo, cioè, ti amo–amo e mi dispiace per non aver permesso anche a te di amarmi fino a adesso. Ma è così, no? Mi ami adesso, vero? Dimmi che mi ami ancora. Non ho perso la mia occasione, vero, Tadashi? Dimmi che sono ancora io la tua persona preferita.

Ma c’è questa sensazione nel suo stomaco che lo tormenta, come se le perenni farfalle che Yamaguchi gli fa sentire stessero cercando di uscirne fuori. Kei non riesce a liberarsi dalla sensazione di una potenziale rovina; dall’idea che gli occhi già taglienti di Yamaguchi si stringano e il suo viso lentigginoso si scurisca di frustrazione quando glielo dirà. Kei è terrorizzato dall’idea di farlo arrabbiare come quella notte in cui ha pianto con sua madre.

Non puoi dirmi certe cose, cazzo.

Kei non riesce a liberarsi dalla sensazione di essere inadeguato.

Come ho mai potuto pensare che lui potesse essere solo mio amico? Si chiede Kei mentre osserva senza farsi notare Yamaguchi che si cambia. Distoglie lo sguardo sbattendo gli occhi quando il tessuto della maglietta cade sulla spruzzata di lentiggini sulle spalle di Yamaguchi.

“Guarda un po’ qua!”

“Hinata, idiota,” farfuglia Kageyama, “non farglielo vedere.”

Kei si gira per vedere Hinata alzarsi la gamba sinistra dei suoi pantaloncini rivelando un piccolo livido viola. A Yamaguchi scappa uno sbuffo dal naso e si copre la bocca spalancata con una mano quando lo vede.

“Sono solo Yamaguchi e Tsukishima!”

“Non importa!”

“Quello è un succhiotto!” dice ammirato Yamaguchi.

“Lo so, Yama, lo so!” esclama Hinata fiero.

Gesù,” continua Yamaguchi, “sulla coscia, Kageyama?”

“Ti avevo sottovalutato,” dice Kei al palleggiatore.

Kageyama sbuffa, sbattendo i piedi fino alla porta degli spogliatoi. Kei è solo un po’ invidioso. Quanto sarebbe morbida la pelle di Yamaguchi sotto i denti e le labbra di Kei?

“Ne ho quattro,” li informa felicemente Hinata.

“Stupido, li stai contando?”

“Te no?”

Kageyama sbuffa un’altra volta e si dirige come una furia fuori dalla stanza verso l’affollato corridoio del liceo Sendai, borbottando qualcosa sotto voce. Hinata fa un sorriso enorme e alterna lo sguardo tra Kei e Yamaguchi. Poi si avvicina a Yamaguchi e si scambiano un cinque con entrambe le mani. Il sonoro schiaffo risuona forte nella piccola stanza.

“È fantastico, Shouyou.”

“Troppo eccitante, vero?!”

“Assolutamente.”

“Ne ho uno anche sul–”

“No,” interrompe Kei.

“Rilassati, Tsukishima! Volevo solo dire sul mio–”

“No, no, no.”

Hinata abbaia una risata e afferra Yamaguchi per il polso.

“Te lo dico dopo, Yamaguchi.”

“Va bene,” dice lui con un sorriso. “Non scordatevi di spegnere la luce quando avete fatto.”

La porta degli spogliatoi si chiude dietro di lui e Kei la guarda per qualche secondo dopo che se n’è andato. Abbassa lo sguardo e chiude il suo borsone. Hinata canticchia a bocca chiusa una melodia allegra mentre si infila la sua giacca nera, ma si zittisce quando Kei inizia a parlare.

“Sai perché Yamaguchi ha lasciato Matsuda-san?”

Hinata lo guarda con gli occhi marroni spalancati e si dondola da piede a piede. Ha l’aria di star decidendo se mentire oppure no.

“Sì…”

Kei stringe i denti. Fa un respiro profondo.

“Yamaguchi non me l’ha detto. Non capisco,” confessa piano.

“Sono sicuro che te lo dirà. Alla fine,”

“Perché l’ha detto a te e non a me, Hinata?”

Hinata trascina a destra e a sinistra il suo borsone a terra e si siede in fondo alla panca al centro della stanza.

“È mio amico.”

“È il mio migliore amico,” replica Kei in tono obiettivo.

Hinata abbassa lo sguardo e calcia le sue scarpe contro il pavimento. Kei trasalisce irritato quando stridono. Hinata gli lancia un’occhiata veloce prima di riportare gli occhi alle sue scarpe.

“Sei piuttosto insistente su quello, eh?” chiede Hinata, molto piano.

Kei lancia un’occhiataccia al pavimento. “Cosa?”

“Sul fatto di essere suo amico.”

Di nuovo, la voce di Hinata è terribilmente tenue – un soffio di vento tra fili di erba verde.

C’è una pausa. “Perché non dovrei?”

Kei alza lo sguardo su Hinata per trovare che lui lo sta già fissando. I suoi occhi sono sgranati e scoraggiati (od è pena?). Dicono, getta la facciata, Cacchishima, siamo solo noi qui. Kei si chiede come sia possibile sentirsi simultaneamente rincuorati e preoccupati. Si siede al lato opposto della panca.

“Le amicizie non finiscono come le relazioni,” dice lentamente.

“Che cosa stai dicendo?” chiede Hinata. “Le amicizie finiscono continuamente.”

“Non allo stesso modo delle relazioni.”

“E in che modo sarebbe?”

“In modo rancoroso,” risponde, “in fiamme e con cuori spezzati.”

“Quindi…” inizia Hinata e Kei annuisce leggermente per fargli capire che sta ascoltando. “Quindi,” dice di nuovo, “non ti sentiresti allo stesso modo se finisse la tua amicizia con Yamaguchi? Tipo, se ti dicesse che non vuole più essere il tuo migliore amico?”

Kei spalanca gli occhi. Gli cade la mascella.

“Io penso,” continua Hinata al silenzio di Kei, “Io penso che le amicizie possano finire altrettanto male e – com’è che hai detto, con cuori spezzati? – delle relazioni. Voglio dire, se le persone si volevano bene. O se si amavano.”

Kei fissa intensamente gli armadietti sul muro di fronte a lui. Hinata continua.

“Specialmente se, ehm. Specialmente se qualcuno ama il suo amico e l’amico non lo sa.”

Kei si alza un’altra volta e si abbassa gli occhialetti sportivi intorno al collo. Si strofina le mani pallide contro il viso, pensando che davvero non dà abbastanza credito a Hinata. Sarà anche scemo, ma è una brava persona.

Ed ha ragione.

Che sia un’amicizia o una relazione con Yamaguchi, Kei sarebbe devastato dalla sua fine. In quel senso e solo in quel senso, le due cose sono intercambiabili e stranamente, le parole di Hinata gli danno conforto. Silenziano le mostruose farfalle nel suo stomaco. Il disturbante groviglio di parole confuse che ha in testa inizia ad allentarsi, solo un po’.

“Fai paura quando sorridi, Tsukishima,” lo prende in giro Hinata. Kei non se n’era neanche accorto. “È…ehm, è per quello che hai dato di matto? Perché non vuoi perderlo come amico?”

“Non ho dato di matto.”

Hinata fa un suono pensieroso. “Già, è difficile capirlo perché sei così stoico.”

“Perché Yamaguchi ha lasciato Matsuda-san?” chiede Kei.

“Ugh,” geme Hinata, “di nuovo?”

“Tu lo sai. Io so che lo sai. Quindi dimmelo.”

“Vuoi davvero che sia io a dirtelo?”

“Sì,” decide Kei. “Lui non vuole.”

“Lo farà, però. E comunque, non sta a me dirtelo.”

Se riguardava me, Yamaguchi non me l’avrebbe già detto? Si chiede Kei.

“Perché cavolo no?”

“Perché no! Perché, tipo, okay. Se i tuoi genitori stessero per avere un altro bambino, tipo, il tuo nuovo fratellino o sorellina, chi preferiresti che te lo dicesse? Il medico? No,” si risponde da solo Hinata, “lo vorresti sapere dai tuoi genitori!”

Kei si chiede se abbia in qualche modo avuto un’emorragia cerebrale negli ultimi trenta secondi.

“Qualsiasi metafora in cui tu sei paragonato a un medico è seriamente sconnessa dalla realtà.”

“Hey. Sto cercando di aiutare.”

“Hai aiutato, in un certo senso,” dice Kei e Hinata fa un sorriso enorme, “prima di quell’ultima parte.”

“Mi sta bene!”

Com’è, vuole chiedere Kei, riuscire finalmente a stare con lui dopo tutto quel tempo in cui l’hai desiderato? È come respirare una boccata d’aria fresca dopo mesi e mesi di affanno? O come rilassare finalmente i muscoli doloranti dopo ore passate a nuotare, e lasciare che la corrente ti porti dove voglia? È una sensazione così, incantata?

Kei si rinfila finalmente i suoi occhiali e tende il pugno verso Hinata.

“Andiamo a vincere.”

Hinata lo colpisce con entusiasmo.

“Sì!”

 

________

 

“Kageyama.”

L’alzatore lo guarda dal muro dove è appoggiato, all’interno di una delle palestre relativamente vuote del liceo Sendai. Tira fuori una piccola lima e la passa delicatamente sulle unghie; un suono che fa stringere i denti a Kei. I movimenti di Kageyama sono precisi, come se stesse conducendo un’orchestra. Un tumultuoso gruppo di bambini corre in cerchio dalla parte opposta dello spazioso locale. Kei si volta a guardarli per un minuto, ma si rigira quando Kageyama risponde.

“Che c’è?”

“Hey,” dice Kei.

“Hey.”

Kei non è del tutto sicuro di come iniziare quella conversazione.

Non lo ammetterebbe mai ad alta voce – riesce a malapena a pensarlo senza fare una smorfia – ma pensa che lui e Kageyama siano simili, su certi aspetti. Non sono in grado di mostrare le loro emozioni come fanno Hinata e Yamaguchi: in modo aperto, candido, senza la paura di un immediato contraccolpo. Kei si chiede come sarebbe se non fosse così inespressivo (o, prendendo in prestito dal vocabolario di Nishinoya, emotivamente costipato). Ma Yamaguchi riesce costantemente a far vacillare Kei sull’orlo di un’estrema passione.

È una sensazione a lui estranea, e quindi terrificante. Ma Kei non riesce a immaginarlo in alcun altro modo.

“Perché sei qui?”

“È più silenzioso che nella palestra principale,” dice Kageyama, ancora osservandosi le unghie mentre le lima.

La sua voce è pregna di disappunto. È ancora teso dalla sconfitta del Karasuno contro Shinzen di poco prima.

“Yushin ti ha più detto qualcosa?”

“Dopo che lo hai mandato a fanculo?”

Kei stringe gli occhi. “Non ho detto proprio così.”

“Era qualcosa del genere,” insiste Kageyama. “E no. Io ho detto qualcosa a lui.”

Kei calcia la punta delle sue scarpe da ginnastica contro il pavimento della palestra e chiede, “Che cosa?”

Lo sfregare della lima si blocca per un momento. Kageyama alza gli occhi azzurri su di lui.

“Lo vuoi sapere?”

Kei annuisce. Kageyama riporta lo sguardo in basso.

“Ho detto a Yushin quello che provo quando vedo il viso di Hinata,” risponde. “Quello che provo quando ci fa vincere una partita, o quando decide di mettersi vicino a me piuttosto che a chiunque altro. Come non mi lascia mai da solo.”

Kageyama non porta più alcun segno del Re che era una volta. Impetuoso e irascibile, quello sicuramente, ma Kei ha quasi imparato ad accettarlo. Sono solo degli elementi della sua personalità. Kei si avvicina al muro e si siede a qualche centimetro di distanza dall’alzatore, riflettendo sulle sue parole. Dall’altra parte della palestra, uno dei bambini emette un acuto strillo. Entrambi i ragazzi lo ignorano.

“E ho detto a Yushin che non penso che – hm,” inizia Kageyama per poi ripensarci.

Kei alza un sopracciglio. “Non pensi cosa?”

“Niente. Non capiresti.”

“Prova.”

Kageyama aspetta un altro minuto prima di continuare, come se pensasse che Kei si potrebbe alzare e andarsene se prende abbastanza tempo. Kei siede pazientemente seguendo con lo sguardo le sottili linee nel legno del pavimento.

“Gli ho detto che non penso che sentirò mai le stesse cose per un’altra persona.”

Kei vorrebbe mordersi la lingua ma le parole seguenti gli escono veloci dalla bocca, come se fossero disperate di farsi sentire.

“Lo capisco.”

Kageyama distoglie lo sguardo dal suo meticoloso limare per fissare Kei. Kei sbatte le palpebre.

“Dimmi che hai detto queste cose anche a Hinata,” dice Kei.

“Forse l’ho fatto. Forse no,” replica Kageyama, ma Kei intuisce la risposta dal rosso rubino che gli invade il viso. Kageyama stringe gli occhi, improvvisamente sospettoso. “Perché mi stai chiedendo queste cose, comunque? Che ci guadagni tu?”

“È solo… non hai paura che tra te e Hinata finirà? Che la vostra amicizia non ritornerà mai come prima?”  chiede finalmente Kei.

Kageyama distoglie lo sguardo.

“Certo,” dice, limandosi ora l’indice. “Ma cerco di non pensarci.”

“E perché no?” replica Kei disperato. Kageyama scrolla le spalle.

“Perché sono già stato abbastanza fortunato da piacergli, in primo luogo. Non appesantirò la situazione con roba deprimente come quella.”

“Cosa ti fa pensare che sia fortuna?” domanda Kei.

Kageyama si blocca. Lancia un’occhiata veloce a Kei.

“Lo sai come sono,” borbotta.

Kei alza lo sguardo e vede una delle bambine dall’altra parte del campo cadere sulle ginocchia. Il suo viso si contorce dal dolore. Gli altri le si mettono attorno a guardare e una bambina con i codini le prende la faccia tra le mani dicendo qualcosa di rassicurante che li fa sorridere tutti.

“E so anche come sei te.”

“Ah sì?” chiede Kei.

“Sì. E lo sa anche Yamaguchi,” insiste Kageyama, “ed è comunque pazzo di te. Non sono l’unico fortunato, idiota. Quindi perché non ci provi e basta?”

Che cosa?” abbaia Kei.

“Che vuol dire che cosa?”

“Che cosa hai appena detto?”

“Cosa? Che Yamaguchi ha una grossa, ovvia cotta gay per te?” domanda onestamente Kageyama.

“Puoi anche dire solo cotta,” scatta Kei anche se detesta quel termine. “E che ne sai te, comunque?”

“Ma per favore,” sbuffa Kageyama studiandosi le unghie, “lo sai quanto sono amici Hinata e Yamaguchi. Io sto con Hinata tutti i giorni. Sento sempre cose su voi due.”

Il viso di Kei si surriscalda come se avesse appena corso dieci volte intorno alla palestra senza accorgersene. Il cuore gli batte enfaticamente nel petto. Da qualche parte nel suo inconscio, aveva sempre saputo che Kageyama doveva sapere qualcosa. Solo non pensava che gli avrebbe presentato quelle informazioni in modo tanto diretto. È colpa di Kei per avere pensato che Kageyama potrebbe mai mostrare un minimo di tatto.

È pazzo di te, pazzo di te, pazzo di te, si ripete Kei. La pronuncia di Kageyama è frastornante e le parole stesse fanno sentire la testa di Kei come se stesse per staccarsi e rotolare via.

“Non che lo voglia,” aggiunge sbrigativamente Kageyama.

“Cazzo,” impreca Kei.

I bambini si spezzano quasi il collo girandosi di scatto per guardarlo a bocca aperta.

“Già. Allora, sei davvero scappato via quando lui ha cercato di farti una sega?”

Kei si strappa gli occhiali dal viso e si strofina le mani sul viso bruciante.

“Perché richiede un sacco di forza di volontà. Più di quanto pensavo ne aves-”

“Chiudi la cazzo di bocca, ok?”

“Oops,” fa Kageyama impassibile. “Troppo?”

Decisamente,” sputa fuori Kei tra le dita.

Kageyama lascia soffrire Kei in silenzio per i minuti seguenti, ad eccezione del ritorno del tenue sfregare della sua lima. Una parte di lui sta urlando silenziosamente contro Kageyama, non conosci neanche la metà della storia, e non hai sette anni di amicizia in gioco. Ma un’altra parte di lui pensa solamente, Yamaguchi l’avrebbe fatto davvero se fossi rimasto nella stanza?

Probabilmente sì, decide, e il pensiero gli manda una scossa lungo tutto il corpo.

Non riesce in alcun modo a concepire il fatto che quello sia una cosa che Yamaguchi vuole fare. Un’altra scossa e Kei cerca di ritornare al presente. Kageyama posa finalmente la lima al suo fianco. Tintinna contro il pavimento. Lancia un’occhiata a Kei prima di ricominciare a parlare.

“E comunque, questo è molto meglio di essere amici. Voglio dire, hai visto che cosa gli ho lasciato sulla pelle.”

Kei fa un suono evasivo in risposta.

“Yamaguchi è uscito con quella ragazza per tipo un mese, vero?”

Trentuno giorni, lo corregge Kei mentalmente.

“Sì, più o meno.”

Kageyama fa un suono che sembrerebbe quasi pensoso se Kei non lo conoscesse.

“Cosa?” lo sollecita.

Kageyama lo guarda di sbieco e dice con voce piatta, “A me sembra che vuoi stare con lui adesso solo perché l’hai visto con qualcun altro. Non è una cosa molto giusta.”

Kei si gira del tutto verso di lui per guardarlo male.

“Dice il tipo che ha lasciato un ragazzino del primo flirtare con lui per tre mesi davanti a quello che era praticamente il suo ragazzo.”

“Solo – solo perché non me ne ero accorto!” farfuglia Kageyama.

“E quello dovrebbe migliorare le cose?”

“Non è così?”

“Stupido,” lo insulta Kei. “E comunque, che ne sai te? È da molto più tempo.”

“Che cosa?”

“È da molto più tempo che mi – voglio dire, da quando io – Yamaguchi,” dice a fatica Kei.

Costringe le sue guance a non rimettersi a bruciare. Un’altra sessione come quella di prima e ha paura che prenderebbe fuoco fino a annerire il pavimento sotto di lui. Kageyama inclina la testa e sbatte le palpebre guardando fisso Kei.

“Ah sì?” chiede.

“Già.”

“Cosa già?” chiede Yamaguchi, il suo viso spuntato fuori dalla soglia della palestra.

Kei sobbalza. “Da quant’è che stai lì?”

“Da adesso. Sembri un pomodoro, Tsukki.”

“Un pomodoro?”

“Sei tutto rosso,” commenta Yamaguchi. Aggrotta le sopracciglia. “Oh, no. Non gli hai raccontato la storia dei succhiotti, vero Kageyama?”

“Cosa? No!” esclama Kageyama.

Si alza e si dirige con andatura rilassata verso il corridoio, borbottando qualcosa sul vederli più tardi. Yamaguchi lo guarda andare via ma si rigira verso Kei quando anche lui si alza. Lo osserva con aria allegra.

“Non scordarti gli occhiali, Tsukki. Anche se probabilmente dovresti metterti quelli sportivi. Sta per iniziare la prossima partita.”

“Oh. Giusto.”

Yamaguchi si abbassa e li raccoglie da terra. Kei porge una mano.

“Voglio farlo io,” gli dice Yamaguchi.

Kei osserva le mani delicate di Yamaguchi e le sue lunghe dita mentre apre le stanghette degli occhiali. Si avvicina e si alza in punta di piedi, anche se non ne ha davvero bisogno, e tiene gli occhiali sospesi davanti al viso di Kei. Si guardano negli occhi per un lungo secondo, e Kei sente il bisogno di dirgli tutto, lì e ora. Yamaguchi lo guarda come se forse anche lui se lo aspetti.

“Yamaguchi…” espira Kei.

“Lo faccio io, Tsukki,” insiste piano Yamaguchi e infila gli occhiali sopra le orecchie di Kei.

Kei alza un braccio e blocca il suo polso con la mano. Yamaguchi apre la bocca. Kei prende un ultimo passo verso di lui così sono praticamente naso a naso. Le grida dei bambini dall’altra parte della palestra si affievoliscono, sovrastate dal sangue che gli pompa nelle orecchie ad ogni battito. Kei vuole abbassarsi e baciare Yamaguchi proprio sulla bocca aperta. Ma non riesce a farlo – non lì, non proprio prima della loro partita (che succede se qualcosa va storto?), non prima che abbia avuto la possibilità di mettere in parole tutto quello che ha provato per lui per tutta la loro adolescenza e anche oltre.

Quindi lascia finalmente la presa dal polso di Yamaguchi. Kei piega il collo e alza una mano per premere il palmo contro la nuca di Yamaguchi. I suoi capelli scuri sono morbidi sotto i calli dei polpastrelli di Kei, e Kei si costringe a non rabbrividire. Gli occhi di Yamaguchi brillano. Ha un aspetto calmo, praticamente sereno, il petto gli sale e scende regolarmente mentre Kei porta le loro fronti vicine. Yamaguchi deve inclinare la testa verso l’alto. Sono così vicini che Kei si sente travolto dalla presenza di Yamaguchi come mai prima d’ora.

“Kei,” sussurra Yamaguchi.

Kei ha un brivido ed è certo che Yamaguchi l’abbia sentito perché la mano che non sta tenendo i suoi occhiali afferra la sua maglietta, sopra lo stomaco. Yamaguchi lascia cadere la mano tirando con sé il tessuto della divisa, Kei la sente tirare sulle spalle. Cerca di imitare il respiro regolare di Yamaguchi.

Fallisce miseramente.

I suoi respiri affannati, impetuosi, riempiono il poco spazio che divide i loro nasi e le bocche aperte. In un certo senso, Kei pensa che sia una sensazione ancora più intima di baciarsi. La fronte di Yamaguchi è calda contro la sua, la frangetta ruvida contro la pelle di Kei. Kei trae un piacere enorme dalla loro vicinanza. Non è del tutto sicuro di quando abbia chiuso gli occhi, ma trattiene un respiro quando li riapre alla vista di Yamaguchi. Le sue pupille normalmente strette adesso sono più larghe di quanto Kei le abbia mai viste, le iridi ramate le circondano in un sottile anello. Nota a malapena che anche Yamaguchi sta emettendo un respiro affannato. Kei non hai mai osservato le lentiggini di Yamaguchi così da vicino, realizza, mentre i suoi occhi viaggiano tra quelle costellazioni improvvisate, la pelle di Yamaguchi un cielo bronzeo sotto di loro.

Quando riporta lo sguardo sugli occhi di Yamaguchi, li trova larghi e fissi sui suoi. Il viso di Kei si scalda sotto quell’attento scrutinio. Vuole ripetere a Yamaguchi gli stessi aggettivi che aveva rivolto a lui (celestiale, meraviglioso, accattivate, etereo – così, così meraviglioso, riesce anche solo a immaginare come lo vedo?) ma quelle parole, anche se le ha memorizzate, scappano da Kei il momento che prova a dargli voce.

Tutto quello che esce è, “Tadashi, tu…”

Il pugno che stringe la divisa di Kei tira leggermente.

“Continua,” espira Yamaguchi. È quasi un lamento.

Il cuore di Kei palpita e deve chiudere gli occhi per qualche secondo per riprendere il controllo. La vista che lo accoglie quando li riapre è altrettanto sorprendente della prima volta, gli occhi marroni e le familiari lentiggini ravvivano la brace nel cuore di Kei. Solo un po’ più vicino, si dice.

Preme nuovamente il palmo della mano contro la nuca di Yamaguchi, piano. Dopo un momento che passa in un insopportabile avvicinarsi, la punta dei loro nasi si tocca. La loro differenza di altezza, sebbene modesta, lascia comunque un paio di centimetri tra le loro bocche. Le labbra di Yamaguchi si aprono leggermente come a dire, vieni a prendermi, forza, sto aspettando. Ma qualcosa negli occhi di Yamaguchi dice a Kei che non sarà lui a chiudere quello spazio.

Vuole che sia Kei a farlo.

Un profondo suono riecheggiante riempie la palestra. Entrambi i ragazzi impiegano qualche momento a riconoscere la campanella del liceo Sendai. Il suo quinto squillo riesce finalmente a rompere la foschia che li circonda.

Yamaguchi si tira indietro dal viso di Kei con un sussulto.

“La partita,” esclama. “La partita, la nostra cazzo di partita. Ennoshita mi ucciderà.”

A Kei non è mai importato di meno della pallavolo come in quel momento.

Yamaguchi preme gli occhiali di Kei nella sua mano e lui sbatte gli occhi. Se li infila e Yamaguchi lo fissa come se gli provocasse dolore fisico dover guardare da qualsiasi altra parte. Le mani di Kei fremono ai suoi fianchi, ricordando com’erano piacevoli i capelli di Yamaguchi tra le sue dita. Il momento spezzato tra di loro fa imprecare Yamaguchi.

“Porco cane. Cazzo. Porco di quel cane.”

Kei si sente allo stesso modo.

“Merda,” dice ancora una volta per buona misura. “Andiamo, Tsukki.”

Kei segue Yamaguchi fuori dalla palestra, piuttosto certo che Yamaguchi potrebbe condurlo anche dritto all’inferno e lui lo seguirebbe saltellando e canticchiando.

I bambini li guardano andare via.

 

  
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