La
tormenta di neve era
decisamente una grossa scocciatura. Lo aveva detto a Lupin che il cielo
aveva
un brutto colore e che il bollettino meteo riportava dati poco
incoraggianti,
ma no! Lui doveva a tutti costi trascinarli in mezzo alle montagne a
cercare un
reperto archeologico di inestimabile valore chiamato “il
piede dello Yeti” che
un tal professore aveva trovato cinquant’anni prima e che
aveva smarrito nella
neve dopo essere stato attaccato dai lupi!
Si
strinse nel piumino
più che poté, mentre i suoi piedi affondavano
nella neve fresca e i fiocchi
gelati gli intorpidivano i muscoli del volto.
-Etciù!-
starnutì Fujiko
che camminava a pochi passi dietro di lui, cercando di proteggersi dal
vento e
dalla neve -Dobbiamo trovare un riparo!- esclamò la donna,
urlando per
sovrastare il boato del vento.
-Lo
so!- ribatté Jigen
cercando con lo sguardo qualcosa che non fosse un sasso coperto di
neve, o un
albero coperto di neve, o neve coperta di altra neve: -Maledetta neve!-
ringhiò
il pistolero, calandosi di più il cappello sulle orecchie
per proteggersi dal
freddo.
Di
tutti i membri del
gruppo, Fujiko era decisamente l’ultima persona con cui Jigen
avrebbe voluto
perdersi in una tormenta. Erano stati separati da Lupin e Goemon mentre
attraversavano un ponte tibetano, che era stato spezzato dalla forza
del vento,
e lui, che aveva iniziato la traversata per primo, aveva dovuto
afferrare la
donna al volo per impedire che precipitasse nel vuoto.
Sull’altra
metà del
ponte di corda, che ondeggiava pericolosamente sulla parete rocciosa,
Lupin e
Goemon stringevano saldamente i brandelli di fune, urlandogli che si
sarebbero
incontrati nel punto del ritrovamento del piede dello Yeti quando la
tempesta
sarebbe passata.
Si
erano arrampicati
sulla nuda roccia fino a raggiungere l’altra sponda del
dirupo e avevano
iniziato la camminata nella tormenta.
Ogni
volta che un soffio
di vento gli sputava in faccia un grumo di neve, Jigen ringhiava il
nome di
Lupin, pregustando il momento in cui lo avrebbe avuto di nuovo tra le
mani e
allora gli avrebbe fatto pentire di aver ignorato il bollettino meteo.
-Jigen!-
lo chiamò
Fujiko alle sue spalle e il pistolero si voltò a guardarla,
ma il vento era
così forte da fargli fischiare le orecchie e dovette
chiedere alla donna di
ripetere quello che gli aveva detto.
-Guarda
là!- urlò
Fujiko, indicando un punto alla sua destra e Jigen orientò
il suo sguardo in
quella direzione.
Dovette
strizzare gli
occhi e sforzare la vista per capire a cosa si riferisse, ma alla fine
lo vide:
nascosto tra le rocce e una macchia di alberi, un piccolo rifugio di
legno
faceva capolino tra i tronchi.
-Andiamo
lì!- gesticolò
l'uomo e Fujiko annuì, facendo strada.
Quando
arrivarono alla
casupola, Jigen le fece cenno di farlo passare ed estratta la .357
Magnum,
controllò l'interno dalla finestra, resa opaca dalla
polvere.
Mise
mano alla porta e
spinse fino a farla ruotare sui suoi cardini abbastanza da poter
guardare
all'interno.
-Per
l'amor di Dio, Jigen!
Sto gelando!- sbottò Fujiko, calciando la porta e
infilandosi nel rifugio,
mentre Jigen si massaggiava la sella del naso per la frustrazione e
riponeva la
Magnum nei pantaloni.
Il
rifugio era buio e
polveroso, ma a parte un leggero odore di muffa e un vago sentore di
umidità
sembrava usufruibile e privo di animali.
Nel
frattempo Fujiko
aveva messo mano a un gruppo di casse ammassate in un angolo alla
ricerca di
qualcosa di utile.
-Guarda!-
esclamò
trionfante agitando un barattolo -È combustibile per
accendere il fuoco e lì
c'è un camino- disse indicando la parete alla sua destra
-Pensi anche tu quello
che penso io?
-Speriamo
che non sia
intasato- sospirò il pistolero e accese la fiamma del suo
zippo per esaminare
la cappa.
-Sembrerebbe
di no- ammise
Jigen -Proviamo ad accenderlo.
Nel
frattempo Fujiko
aveva già assemblato una piccola piramide di pezzi di legno
con estrema
maestria e aveva sparso il combustibile. Jigen dovette ammettere di
trovarsi
sorpreso di fronte a quella inaspettata abilità e non
poté fare a meno di
sorridere quando il fuoco fece presa e un piacevole calore gli avvolse
il
viso.
-Così
va meglio!-
esclamò soddisfatta Fujiko -E ora vediamo se riusciamo a
trovare anche qualcosa
da mangiare.
Si
misero a frugare
nelle casse e nello spartano arredamento del rifugio e alla fine
racimolarono
un discreto bottino, fatto di carne in scatola, bottiglie d'acqua
minerale e
alcune coperte.
-Come
mai c'è tutta
questa roba in un rifugio nel mezzo del nulla?- domandò
Jigen aprendosi una
delle scatolette di carne.
-C'è
un percorso
escursionistico non molto lontano da qui- rispose Fujiko per poi
prendere un
lungo sorso da una bottiglia -Avevo detto a Lupin che potevamo
sfruttare quello
per poi cambiare direzione quando sarebbe stato necessario, ma lui
è uno
zuccone e non ha voluto sentire ragioni. Aveva paura che ci
riconoscessero. Non
mi ha dato retta nemmeno quando gli ho detto che il bollettino meteo
dava
brutto tempo!
Per
poco Jigen non si
strozzò con il boccone a quelle parole: -Gliel'ho detto
anche io!- esclamò,
agitando la scatoletta di carne nella foga -Ma non ha nemmeno fatto
finta di
ascoltarmi.
-E
ora guarda in che
situazione ci troviamo per colpa della sua testardaggine!
Con
un’occhiata i due
intesero che non avrebbero lasciato che Lupin la facesse franca per
tutti i
disagi che gli stava facendo passare e si scambiarono un sorriso di
complicità,
poi lo sguardo di Jigen cadde sulla finestra, oltre la quale la
tempesta
continuava a infuriare e non accennava a volersi placare: -Speriamo che
Lupin e
Goemon siano stati altrettanto fortunati.
-Se
riescono a trovare
un passaggio per oltrepassare il crepaccio- commentò la
donna -Il fumo del
camino li guiderà da noi. Sono due ossi duri, vedrai che ci
ritroveremo.
Il
pistolero annuì e si
lasciò cadere per terra, appoggiando la schiena e la testa
su una parete:
-Questa passeggiata nella bufera mi ha spossato- disse, frugando nella
tasca
del piumino -E quella dannata neve ha perfino bagnato le mie sigarette!
Scagliò
con rabbia il
pacchetto fradicio contro la parete opposta e si strinse nella giacca,
borbottando qualcosa che Fujiko non comprese.
La
donna sorrise nel
vedere quell’uomo grande e grosso fare i capricci come un
bambino e cercò nella
propria giacca: -Tieni- disse, offrendogli il proprio pacchetto di
sigarette
-Non sono le tue Marlboro, ma sempre meglio di niente!
Jigen
accettò il
pacchetto e Fujiko lesse nei suoi occhi una critica inespressa davanti
alle sue
sigarette sottili e aromatizzate, ma alla fine il pistolero ne fece
scivolare
una fuori dal pacchetto, la mise in bocca e l’accese.
Fumarono
in silenzio
l’una accanto all’altro, osservando le fiamme del
camino giocare nell’oscurità
della cappa e buttando un ciocco di tanto in tanto quando il fuoco
iniziava a
indebolirsi.
-La
legna non basterà
per tutta la notte- osservò Jigen con lo stesso tono di voce
piatto e distante
con cui avrebbe commentato l’annuvolarsi del cielo dopo una
giornata limpida.
-Abbiamo
le coperte-
ribatté a tono Fujiko -Dovremo farcele bastare.
La
notte calò su di loro
silenziosa e discreta come una madre che controlla i figli nel loro
sonno e i
due ladri, avvolti rispettivamente in una coperta, si addormentarono
mentre il
fuoco nel camino pian piano moriva.
Fu un
rumore sordo,
forse un cumulo di neve caduto dal ramo di un albero o il passaggio nei
pressi
del rifugio di un grosso animale, a destare Jigen e a metterlo in
allerta.
La
mano destra era
scattata istintivamente alla rivoltella, ma dopo qualche istante di
assoluto
silenzio, il pistolero trasse un sospiro, ritenendo che si fosse
trattato di un
falso allarme.
La
bocca del camino era
diventata fredda e l’oscurità rendeva quasi
impossibile distinguere l’ambiente
attorno a lui, ma Jigen riusciva a capire esattamente dove si trovasse
Fujiko,
sia perché ricordava dove si fosse distesa, sia
perché poteva udire i suoi
denti battere per il freddo.
Si
alzò in piedi,
raccolse la propria coperta e, cercando di non far rumore, si
avvicinò alla
donna, dispiegando il telo sul suo corpo.
Poi
tornò nel punto che
aveva scelto per la notte e provò a riprendere sonno, ma
dopo nemmeno cinque
minuti sentì Fujiko alzarsi e raggiungerlo. Nel buio
sentì il peso delle
coperte che venivano accomodate su di lui e la donna distendersi al suo
fianco
e avvolgergli la schiena in un abbraccio.
-Che
stai facendo?- le
chiese, mentre i muscoli, allertati da quel contatto inaspettato, si
irrigidivano.
-Nessuno
più di me
apprezza la galanteria- rispose la donna, la cui voce era un poco
impastata dal
sonno -Ma la tua è stupidità. Se non ti copri a
dovere, morirai assiderato e
poi toccherà a me spiegare a Lupin come il suo caro socio
sia passato a miglior
vita nel tentativo di comportarsi da cavaliere.
-Non
c’è bisogno che mi
stai addosso- protestò l’uomo, ma Fujiko lo
zittì.
-Dormi
e goditi un po’
di contatto umano, razza di orso che non sei altro! Probabilmente non
ricordi
nemmeno l’ultima volta che una donna ti ha abbracciato.
Jigen
rimase in silenzio
e Fujiko ne capì la ragione: -Come si chiama?
-Chi?-
chiese il
pistolero.
-Non
fare il furbo con
me. Come si chiama l’ultima donna che ti ha abbracciato
così?
Fujiko
dovette attendere
qualche istante prima che l’uomo le desse una risposta, ma
alla fine Jigen
parlò: -Anna.
-È
bella?
-Per
me sì.
Qualche
istante di
silenzio, interrotto dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi.
-La
rivedrai?- chiese
Fujiko.
-No,
non credo.
-Parlami
di lei.
Non
era una domanda. Il
tono che la donna aveva usato era inequivocabile, ma Jigen non lo
percepì come
invadente, piuttosto sinceramente interessato come quello che avrebbe
usato una
madre che chiede al figlio di raccontarle della sua giornata a scuola.
Alla
fine cedette: -È la
commessa di un negozio di alimentari vicino all'ultimo nascondiglio che
Lupin e
io abbiamo usato, quello per il colpo alla collezione Pratchett. Andavo
da lei
a fare la spesa e lei mi sorrideva ogni volta che mi vedeva. Ho sempre
attribuito la cosa alla cortesia del commerciante, ma mi faceva
piacere. Non
credo avesse nemmeno 30 anni.
Una
sera ero sceso al
negozio per comprare le sigarette e un pivello con la calzamaglia in
testa ha
tentato di rapinare la cassa. Quando l’ha minacciata con un
coltello, sono
intervenuto e l’ho rimandato a casa con un braccio rotto e la
coda tra le
gambe. Anna era spaventata e tremava come una foglia. L’ho
presa tra le braccia
e l’ho rassicurata. Qualche minuto più tardi ci
stavamo baciando. Mi ha
accompagnato al suo appartamento e abbiamo fatto l’amore.
Quando abbiamo
finito, sembrava un’altra donna. Era radiosa e la paura di
prima era
completamente svanita. Abbiamo passato il resto della notte abbracciati
al
buio.
Jigen
si interruppe e
Fujiko stava per chiedergli se qualcosa non andasse, quando riprese a
parlare:
-La mattina dopo mi sono svegliato presto, mi sono rivestito e me ne
sono
andato senza dirle una parola o lasciarle un biglietto. Sono pessimo
con gli
addii.
Fujiko
attese che Jigen
aggiungesse altro, poi intervenne: -È una bella storia.
-È
triste- ribatté
l’uomo.
-Come
tutte le belle
storie.
Rimasero
in silenzio per
qualche istante, al punto che Jigen immaginò che Fujiko si
fosse addormentata,
ma poi la donna gli sussurrò: -Se vuoi puoi immaginare che
sia lei, mentre ti
abbraccio.
-È
questo che fai con
gli uomini?- le chiese il pistolero -Interpreti il ruolo delle amanti a
cui si
è detto addio?
-Qualche
volta- ammise
Fujiko -Altre volte sono la supereoina dei fumetti su cui si
masturbavano da
piccoli, altre ancora sono la padrona che non hanno mai osato avere.
Dipende.
Molto spesso, semplicemente, pensano a qualcun’altra e io per
qualche tempo
sono il volto, la voce e il corpo di quella persona che desiderano ma
che non
hanno. Sarei contenta se la mia presenza ti aiutasse a rievocare la tua
Anna,
anche se solo in un abbraccio.
Jigen
scosse il capo ed
emise uno sbuffo: -Con me non funziona così. Io non riesco a
pensare a
qualcun’altra mentre sono con una donna. Per me ora ci sei tu
e nessun’altra.
Fujiko
rimase di stucco,
contenta che Jigen non vedesse la sua espressione esterrefatta, mentre
si
chiedeva se il pistolero avesse avuto l’intenzione o meno di
dirle una cosa
carina (fatto assolutamente nuovo), oppure se semplicemente stesse
presentando
un fatto a cui lei aveva aggiunto un significato più
profondo.
Decise
di rimandare quei
pensieri a un secondo momento e di concentrarsi su quello che stava
facendo,
ovvero tenere al caldo il corpo di un uomo che, in un momento di
stupida
gentilezza, era stato disposto a patire il freddo perché lei
smettesse di
battere i denti.
Nota
dell’autrice: Ciao
a tutt* e benvenut* alla fine del
quinto (di già? :D) capitolo della mia raccolta di one shot Slices
of life!
Ho completato il primo quarto di questa serie con una storia dedicata a
un
pairing che mi piace molto, ovvero Jigen e Fujiko. Ho sempre trovato il
loro
rapporto di odio e amore divertente e stimolante, anche se praticamente
sempre
giustificato con il comune obiettivo di aiutare Lupin. Ho pensato,
dunque, di
farli interagire solo tra di loro e dato che, come avrete capito,
questa serie
è dedicata alle manifestazioni di affetto (più o
meno intenzionali), ho pensato
che sarebbe stato interessante rompere le loro barriere fisiche e
costringerli
al contatto.
Che
ne pensate? Dite che
si sarebbero comportati diversamente in una situazione simile?
Fatemelo
sapere in una
recensione e io sarò più che felice di
rispondervi! Come sempre, grazie
infinite a Fujikofran che omaggia i miei capitoli con le sue recensioni!
Ci
vediamo al prossimo
capitolo, che sarà intitolato Sharing a bed.
A
presto!
Desma