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Autore: Aoimoku    11/06/2020    0 recensioni
~Il Giardino
Un'altra singolare creatura errava in quel Giardino:
un serpente.
Strisciava lento, nell'umido e scuro terriccio del sottobosco. Procedeva elegante e sinuoso, le scaglie nere come l'ebano rilucevano a tratti rivelando la sua presenza, altrimenti nascosta e mimetizzata. Nella sua testa slanciata si andava delineando un piano, che, però faticava ancora ad emergere dalle nebbie della sua ragione.
Il serpente fece schioccare la lingua vermiglia e sottile con disappunto.
Si chiamava Crawley.
~Egitto 1250 a. c.
Allora dal villaggio si levavano urla e stretipi,
si propagavano come la polvere e la sabbia delle dune durante le giornate ventose: quando i granelli giungevano fino ai luoghi abitati e si depositavano su ogni cosa coprendola con un'ardente patina giallognola: questa era la neve dei popoli del deserto.
Aziraphale osservava sconsolato il villaggio venire travolto per l'ennesima volta dall'onda di disperazione portata dagli egiziani.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A child's tears reach the heavens

[detto ebraico] 

Da ore il sole picchiava sulla sabbia già bollente. 
Il caldo e la miseria gravavano sul villaggio ebraico, avvolgendolo come una pesante e sgradita coperta.
Spesso gli uomini, schiavi dei campi fangosi, alzavano lo sguardo verso il cielo e temevano che l'astro accecante si sarebbe avvicinato tanto da arrostire tutto l'Egitto; 
così tremavano e sudavano nei loro vestiti sporchi e strappati trascinando stancamente l'aratro più e più volte, in silenzio. 
Le loro donne li aspettavano nelle fragili case di legno e paglia, rimestavano impasti di latte, acqua e farine di cereali in spesse pentole di terracotta e rammendavano, per guadagnarsi qualche soldo, il tutto senza una parola. 
I bambini non correvano allegri per le stradine come in ogni paese felice che si rispetti, ma erano muti e rinchiusi nelle abitazioni, costretti al lavoro come i genitori.
Un rovente silenzio aleggiava tra le vie, testimone della povertà e dell'oppressione della gente. 
A tratti veniva infranto dal fracasso delle pattuglie egiziane.
Allora dal villaggio si levavano urla e stretipi,
 si propagavano come la polvere e la sabbia delle dune durante le giornate ventose: quando i granelli giungevano fino ai luoghi abitati e si depositavano su ogni cosa coprendola con un'ardente patina giallognola: questa era la neve dei popoli del deserto. 
Aziraphale osservava sconsolato il villaggio venire travolto per l'ennesima volta dall'onda di disperazione portata dagli egiziani. 
La sensazione di impotenza lo scuoteva violentemente, ma in quanto angelo, gli era proibito intervenire nei conflitti umani;
"È severamente vietato da qualsiasi nostro regolamento intromettersi nelle battaglie umane. 
Ma, certo, se propio ci tieni potresti aiutare alla fine dello scontro. 
Faremo un eccezione per te in merito al buon lavoro che stai svolgendo, principato Aziraphale." aveva chiarito Gabriele con voce garbata ma fredda posto davanti al quesito 
"Ma attento a non affezionarti troppo alla terra" aveva aggiunto poi sprezzante "Ricordati che non durerà a lungo,
a questo proposito, l'ufficio centrale non ti aveva assegnato una spada fiammeggiante?" A quel punto l'angelo aveva preferito concludere la conversazione e, afferrati i documenti che l'arcangelo gli tendeva, se l'era svignata con un inchino affrettato. 
Quindi eccolo lì, completamente inutile e inerme davanti alle sofferenze di quegli innocenti. 
D'altra parte non poteva certamente mettersi a battagliare contro dei guerrieri umani, 
Che angelo sarebbe stato altrimenti? 
E se qualcuno fosse morto per colpa sua? 
Non ci voleva neanche pensare. 
A malincuore si voltò dalla parte opposta.
L'attenzione di Aziraphale svolazzó distrattamente sulle colline rocciose puntellate di arbusti scuri accanto al villaggio. 
Il suo sguardo zigzagava come una zanzara che, indecisa su dove andarsi a posare, ronzava un po' ovunque. 
Così l'angelo catturava piccoli e disinteressati particolari :una volta una lunga crepa nella roccia, un'altra la tinta del terreno che dal grigio sfumava nell'arancio, un'altra ancora le foglie ingiallite della vegetazione, un'altra ancora il fiume che scorreva tra la sabbia. 
I suoi occhi si fermarono in cima ad una delle colline: in contrasto con l'aspetto arido del luogo sorgeva una piccola oasi di palme e piante in fiore. Un'alta costruzione biancastra in marmo e arenaria si stagliava nel mezzo dell'oasi, massiccia e importante sullo sfondo azzurrino del cielo. 
 Il palazzo del faraone, con le sue ampie scalinate, le sue fontane, e le sue gigantesche statue, sovrastava sull'umile villaggio come un promemoria della potenza degli egiziani sul popolo ebraico. 
"Enorme contraddizione gli umani, non trovi? 
Compiono un'azione di sconvolgente gentilezza ed ecco che subito dopo la rovinano con una terribile." 
annunciò una voce strascicata. 
Aziraphale si girò di scatto. 
Seduto in modo scomposto su una vicina sporgenza si trovava un uomo alto e spigoloso. 
Era vestito di scuro dalla testa ai piedi con una tunica che gli fasciava il corpo magro. 
Una cascata di capelli porpurei gli scendeva fino all'altezza delle scapole. 
Le ciocche sottili, che parevano dotate di vita propia, si arrotolavano disordinatamente in bei boccoli ramati, come rivoli di sangue sulla stoffa scura. 
L'uomo volse il viso affilato in direzione di Aziraphale, mostrando gli occhi d'ambra attraversati da una pupilla allungata. 
"Crawley!" esclamò l'angelo risentito. 
"Mio caro, che motivo avevi di arrivarmi alle spalle così? Mi hai spaventato" 
L'angelo lo studió diffidente con lo sguardo. 
Si guardó intorno un paio di volte e, decidendo che non c'era pericolo si avvicinò a lui. 
Una volta raggiunto spolveró con una mano la roccia accanto al demone. 
"Dico sul serio, l'umanità non la capisco. 
Sembra ieri che il sovrano d'egitto accoglieva festoso il popolo ebraico e poi, guardali adesso." continuó Crawley mentre l'angelo si sedeva. 
"Hanno perfino emesso l'obbligo di uccidere ogni maschio appena nato."
Aggiunse scandalizzato il demone 
"I bambini! Non si possono uccidere i bambini!" concluse allargando le braccia teatralmente. 
Aziraphale lo guardó intenerito. 
Crawley gli rifiló un'occhiataccia. 
"Quindi la tua, ehm, fazione non c'entra niente?" provó a cambiare discorso il biondo. 
"Naah, sono troppo occupati con le anime laggiù sai, per pensare a cosa succede sulla terra." Rispose il demone con un gesto vago ed elegante della mano. 
"Io sono venuto a fare un giretto. 
Ho il secolo libero" 
Il rosso cambiò posizione, posizione che risultò ancora più scombinata e sdraiata della precedente. 
Aziraphale fu sul punto di commentare quando udì un pianto sommesso poco lontano da loro. 
"Lo hai sentito anche tu, caro?" 
Crawley gli fece un cenno di assenso e 
perlustró veloce la zona circostante con lo sguardo.
E se le loro fazioni li avevessero beccati insieme? 
Ad un tratto scorse una figura nascosta tra il canneto che cresceva scarno sulla sponda del fiume alla loro destra. 
Era una giovane donna. 
Scivolava rapida sul terreno ben attenta a rimanere coperta dalle fragili spighe. 
Stretta al petto teneva un'ampia cesta di vimini. 
Dalla cesta salivano vagiti acuti che sembravano propio appartenere a.. 
"Un neonato?" 
proruppe allibito il demone scandendo le lettere. 
"Cosa diav..." urlò sgomento. 
"Crowley! 
Fai piano per l'amor del cielo!" gli sussurrò l'angelo.
La donna alzò spaventata la testa in cerca della fonte del rumore. 
Aziraphale afferrò velocemente il braccio di Crowley e, con l'aiuto di un miracolo, rese entrambi invisibili ad occhi umani. 
"Che cosa pensavi di combinare Crawley?" lo rimproverò l'angelo pacato. 
La donna si guardó più volte attorno assicurandosi che nessuno la seguisse e si inginocchió sulla riva del fiume, aprì la cesta e tirò fuori un morbido fagottino piangente, lo baciò più volte e lo ripose nuovamente al suo interno. 
Poi adagió la cesta sopra le acque e la spinse delicatamente verso la corrente. 
Crawley si lasciò scappare un espressione sconvolta
"Demone o non demone questo è troppo" borbottó e tentò di raggiungere la donna fissando la cesta che si allontanava instabile tra le rapide. 
Aziraphale, che aveva ancora la mano poggiata al suo braccio, trattenne quella piccola tempesta rossa difenditrice di bambini che si divincolava. 
"Accidenti Crawley! Resta qui." 
"Dobbiamo recuperare quel bambino!"
Esclamò lui seguitando a dimenarsi.
"Sua madre lo ha appena salvato!" intervenì allora l'angelo, il demone si fermò di scatto. 
"Prima hai detto che tutti i neonati maschi di questo villaggio vengono uccisi.
Si sta ribellando. 
E questo fiume continua per kilometri. 
Spera che qualcuno possa prendersi cura di suo figlio visto che lei non può."
Spiegò commosso. 
Aziraphale allora si rivolse al rosso sorridendo. 
"Toglimi una curiosità Crawley: come mai eri così preoccupato per quel bambino?" 
Il suo interlocutore distolse lo sguardo. 
"Perché... Ehm... il compito di noi demoni è assicurare anime all'inferno no?" replicò, mentre un lieve rossore si faceva strada sui suoi zigomi sporgenti.
"Un bambino invece finisce per forza in paradiso. 
È tutto nell'interesse della mia parte. 
Voglio dire, è come l'abc di un demone." 
L'angelo lo guardó dubbioso. 
Il demone si accorse della mano di Aziraphale, chiara e piena, sempre stretta intorno al suo braccio e si mise a fissarla sorpreso. 
L'angelo lo lasciò velocemente. 
Crawley riflettè per qualche secondo. 
Poi prese a sua volta il biondo e cominciò a trascinarlo verso la sponda del fiume. 
Aziraphale lo guardó scioccato mentre veniva portato via in tutta fretta. 
"Vorresti spiegarmi?" chiese con l'inizio di un fiatone. 
"Stiamo aiutando il bambino!" chiarì orgoglioso il demone.
L'angelo non seppe cosa replicare. 
La donna si era ormai allontanata piangendo. 
Crawley schioccó rapido le dita e riportò la cesta sulla terra ferma. 
Il neonato piangeva a più non posso. 
Il demone allora si piegò e ne aprì con incredibile delicatezza il coperchio. 
Dentro trovò un piccolo umano bruno avvolto in più coperte che si agitava. 
Aziraphale si inginocchió accanto al rosso. 
"Cosa pensi di farci?" domandò l'angelo consolando amorevolmente il neonato mentre il demone lo osservava. 
"Non possiamo certo tenerlo!" 
"No. Noi no. Ma conosco qualcuno che può farlo " replicò il demone con un espressione furba. 
"Vieni con me." 

"Bithia*, quanto sei cresciuta" 
"Abu**Crawley" 
 disse una voce gioviale. 
Una ragazza alta e formosa, di appena vent'anni abbracciò di slancio il demone. 
I suoi lunghi e lucidi capelli neri ondeggiarono accompagnando il movimento.
Crowley le accarezzò goffamente il capo. 
Poi si rivolse all'angelo:
"Questa è Bithia. La figlia del faraone." 
La ragazza gli rivolse un largo sorriso. 
"E Bithia, questo è Aziraphale. Lui è" aggiunse incerto 
"Lui è Aziraphale." disse. 
Bithia si avvicinò all'angelo allegra. 
"Crawley mi ha cresciuta quando ero piccola" spiegò vivace. 
"Per me è come un secondo padre." la sua voce assunse una lievissima punta di malinconia. 
Il biondo squadró il demone sbalordito. 
"Non ne avevo idea." 
La ragazza si riprese subito ed iniziò a raccontare esaltata aneddoti della sua infanzia.
Aziraphale venne a sapere di tutte le volte in cui Crawley l'aveva portata nel giardino di palazzo, insegnandole tutto ciò che adesso sapeva sulle piante, la volta quando, in una giornata in cui era triste, le aveva regalato un piccolo gatto a macchie o ancora quella volta che l'aveva difesa dagli scherzi dei dispettosi fratelli maggiori. 
Il demone arrossiva sempre di più ad ogni parola, evitando le occhiate perplesse (o peggio di tenerezza) che l'angelo gli rivolgeva. 
Ad un certo punto il rosso interruppe Bithia. 
"Va bene, va bene, 
può bastare. 
Il momento dei ricordi è finito." farfuglió imbarazzato. 
"Non fare il maleducato Crawley , il tuo amico sta apprezzando." replicò affettuosa la ragazza indicando Aziraphale. 
"Si il tuo amico sta apprezzando" intervenne lui. 
Il demone gli rivolse una smorfia infastidita. 
L'angelo si ricompose. 
Crawley si schiarì la voce e si rivolse a Bithia. 
"Abbiamo bisogno di un favore." 

"Tenere un bambino? Certo che voglio!" esultó la ragazza volteggiando.
I suoi capelli corvini danzavano con lei. 
 "Abu! " 
Esclamò piroettando intorno a Crawley. 
"Questo è il giorno più bello della mia vita!" 
Bithia rise. 
Il demone le rivolse un sorriso dolce, come il miele sul latte caldo. 
"Lo chiamerò , Mosè: salvato dalle acque"
 decise la ragazza
"Sembra il nome adatto."
Le due creature sovrannaturali concordarono.
"Dì che hai trovato il neonato per caso al fiume durante una passeggiata." le raccomandò Aziraphale. 
Bithia annuì felice rallentando. 
"Grazie davvero. 
Grazie di tutto!"
 disse quieta, con una reverenza composta e rispettosa mentre i suoi capelli si adagiavano nuovamente sulle spalle. 
L'angelo poté leggere in essa una grazia contenuta, più consona alla sua educazione di principessa rispetto alla vivacità precedente.
Il demone allora si avvicinò alla ragazza. Testa rossa e ondulata accanto a testa nera e liscia. 
"Tornerai Abu?" domandò la ragazza speranzosa. 
Crawley la guardó, con lo sguardo intristito di chi aveva vissuto millenni e sapeva di doverne vivere molti altri. 
"Ci proverò, figlia mia" rispose. 



Note:
*Bithia è il nome della figlia del faraone, madre adottiva di Mosè, secondo il midrash
** Abu viene usato in egiziano per dire padre
[quasi tutte le informazioni sono prese da Wikipedia e quindi sono di affidabilità molto relativa. 
Rimane solo da sperare nella fortuna] 




Perdonatemi. 
Questa è un'idea che il mio cervellino ha partorito senza alcun motivo preciso alle 3 e mezza del mattino di un martedì della settimana scorsa.
Perché è pensiero a scegliere il cervello non il contrario (semicit.), ma almeno potrebbe migliorare con gli orari. 
Nella mia testa suonava bella, tenera, carina e fluffosa mentre adesso che l'ho scritta non è un granché. 
Ma già che ci sono la pubblico, perché sì, dai.
Non so che altro scrivere qui quindi boh addio. 
Fatemi buona fortuna perché fra poco ho un esame. 
~Aoimoku

















    
   
 
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