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Autore: Spensieratezza    21/06/2020    2 recensioni
Albus Severus Potter guarda suo fratello pensando che James è come una falena. Bellissimo e luminescente, glorioso. I suoi occhi brillano come lucciole e le sue mani..oh, potesse perdersi in quelle specie di serpenti ammalianti e incantatori che sono quelle mani, ma non può permetterselo, James non dovrà mai sapere che si infiamma se anche solo lo sfiora per sbaglio.
- il titolo della storia è questo e sarà questo definitivamente per un sacco di motivi, che spiegherò
-revisione della storia completata
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, James Sirius Potter, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: Incest | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Riportami all'inizio'
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27 Dicembre



Per James fu PAZZESCO essere dall’altra parte, dalla parte dei bullizzati. Non aveva mai provato questa cosa, perché lui era stato sempre il grande JAMES, anzi, lui di tanto in tanto faceva un po' il bulletto – sempre lievemente – per farsi grande, non si era mai sentito inferiore a nessuno, nessuno aveva mai provato a farlo sentire così, anche perché altrimenti le prendeva.
E poi perché qualcuno avrebbe dovuto? Lui era grande, era brillante. Era JAMES.
Ma non era James. Un altro James gli stava rubando il titolo di bello, dannato, ma anche nobile.
Odiava quel James, odiava l’amicizia che aveva con i malandrini, forse la invidiava anche un po', perché riconosceva in essa la purezza, nonostante tutto.

L’unica cosa che gli dava un po' di consolazione, era che avevano il disprezzo di Lily, compreso quel JAMES.
Valeva almeno la pena di farsi un po' bullizzare, di sopportare le prese in giro di quei quattro, pur di ottenere le attenzioni di Lily.
Ma il tempo passava, gli anni passavano e oscuri pensieri,  gli davano il tormento.
 
Non sarà sempre il tempo della scuola. E degli esami e dei compiti e delle passeggiate soleggiate in cortile, delle stesse brutte facce, degli stessi corridoi.
Un giorno tutto questo finirà e non vedrai più Lily tutti i giorni svegliarsi, quei lucidi occhi verdi appena svegliati, appannati un po' dal sonno, la sua mano sul tuo fianco ad accompagnarti a fare colazione.
Quando sarai fuori dovrai trovare una scusa plausibile per chiederle di fare colazione insieme.
Ma lei potrebbe non accettare.
Magari avrà già qualcuno. Che sarà geloso e non vorrà.
E magari sarà proprio quel Potter.
Maledetto!!
 
 
“Severus, che cos’hai? Sembra che ti ha investito un carro merci.” Disse Lily, seduta bevendo il suo latte.
“Io..mi sono svegliato male. Brutti sogni. Cos’è un carro merci?”
“Uh..lascia stare.”
Lily beve il suo latte, i suoi occhi tradiscono la sua preoccupazione, mentre la osservo bere il suo latte.
Il verde che si tuffa nel bianco.

Un giglio bagnato nel latte. Meraviglioso. Un’immagine deliziosa di felicità perfetta.
Darei la mia vita…per sentirmi sempre così.
 
 
 
*

“C’è qualcosa che ti angustia, Piton?”
Il Preside!
“C-cosa? N-no, preside. È tutto a posto.”
“Mi pareva che ti fossi incantato a guardare le scale. Eppure, non sono quelle che sono solite cambiare.” Disse con un sorrisetto.
“Lo so benissimo!”disse Piton, con uno scatto, per poi pentirsi. “Mi scusi, preside. Io..”
“Che ti succede? Dormito male? Vuoi che ti accompagni in infermeria?”

“No..io..credo di aver fatto dei brutti sogni.”
“Capisco. I sogni della notte sono come creature mantide che ti avviluppano e approfittano dei tuoi più torbidi desideri e delle tue più oscure paure, per assoggettarti. Se non sono indiscreto, Piton, e perdonami se lo sono, da quale dei due tu sei stato così spiacevolmente colpito?”
Piton avrebbe voluto dire a quel vecchiaccio di farsi gli affaracci suoi, ma..era pur sempre un ragazzino e i ragazzini in fondo, desiderano quello che desiderano tutti, solo sono più deboli al riguardo. Comprensione. E sostegno.
“Da entrambi, signore.”
Silente questa volta stette zitto, meditabondo.
“Mettiamo caso che mi piacesse..u-una ragazza..”
“Mettiamo caso.”

“I miei sogni d’amore..per questa ragazza, sono però come il bacio di un pesce…irrealizzabili e vuoti, inconsistenti, sfuggenti. Nel mio sogno, li guardavo svanire. Li accettavo con dolore e andavo oltre. Su una strada. Dentro di me..avrei voluto che i sogni mi avessero impedito di percorrere quella strada, ma continuavo a camminare.”
“Che strada era, Severus?”
“U-una strada buia. Oscura, piena di notte e di corvi che volavano intorno. C’erano dei cartelli segnaletici ma non li guardavo. Sapevo che dovevo andare dritto.”

Silente si avvicinò a lui.
“L-la prego, non dica  a nessuno quello che le ho raccontato.”

“E perché dovrei, Severus? I sogni sono quanto di più intimo c’è nella nostra psiche, non è nostro diritto, invaderli con il nostro giudizio o giudicarli, sono di quanto più prezioso e nostro possediamo, forse sono l’unica cosa veramente nostra. E se il proprietario di questi sogni li condivide con noi, possiamo solo essere grati di tanta fiducia e ricompensarlo, custodendoli e proteggendoli gelosamente.”
Piton quasi arrossì e abbassò lo sguardo.
“Lei è troppo buono.”

“Tuttavia, devo darti un avviso, Severus. Due perle di saggezza, anzi. Vorrei che le ascoltassi.”
“S-sì.”
“La prima: è un augurio. Non sempre quello che desideriamo così ardentemente nel profondo del nostro cuore, equivale a quello che davvero ci renderebbe felici. Anzi! La maggior parte delle persone che ha avuto la sfortuna di realizzare i propri desideri, in futuro, ha avuto poi un solo e unico desiderio e rimpianto. Non averli desiderati MAI.”

“Temo di non capire, professore.” Disse Piton in maniera stizzita.
“Oh so che adesso non lo capisci, Severus. Sai, l’essere umano ha un inconfondibile talento nel desiderare quanto è sempre peggio per esso.”
“Professore..” Piton stava per dire altro, probabilmente per discutere l’arroganza del preside ma esso ancora lo fermò con una mano.

“Il mio augurio per te oggi, è che tu non dimentichi mai queste parole.
Severus deglutì.
“La signorina Evans non vorrebbe mai che tu..”
“Non è lei la ragazza del sogno!” disse Piton quasi urlando.
Silente rimase basito.

“Naturalmente. Intendevo dire che la signorina Evans non vorrebbe mai vederti struggere per una ragazzina che non può compensare il tuo amore.”
“Ahhh..io..mi scusi.”
“Non è niente. E arriviamo alla seconda perla: “ disse Silente con uno strano luccichio negli occhi.
Piton lo osservò molto attentamente.

“Le nostre paure sono quanto di più angoscioso noi possediamo, spesso le rinneghiamo e ne proviamo disgusto, esse portano oscurità e terrore, ma poi quando un giorno, riusciamo a trovare delle lanterne e illuminiamo il sentiero tracciato, ci rendiamo conto che, esse possono darci un grande coraggio. La mia preghiera, Severus, è che tu ricorda sempre che quello che ti spaventa oggi, potrà farti diventare un uomo coraggioso, domani.”

“Con tutto il rispetto, professor Silente, ma dubito fortemente, che qualcosa che mi spaventa, possa aiutarmi a diventare coraggioso! Se fossi coraggioso, non ne avrei paura no??”
“Vedi, Severus, è un vecchio pregiudizio, ma quando crescerai, capirai che coraggio non è assenza di paura, è avere paura ma andare avanti lo stesso. Non avere paura della tua ombra, Severus, perché è proprio lì che si nasconde la LUCE.”

“È..tutto?”
“Sì, è tutto." disse Silente tornando inaspettatamente allegro. " Devo andare a preparare le lezioni del pomeriggio! Buona giornata, Severus.” disse infine con uno di quei bruschi congedi che tanto lo avrebbero reso famoso in futuro.
 
Severus andò nella sua stanza e versò le lacrime sul cuscino.
Maledetto …con quale diritto mi parla in questo modo..con quale diritto e arroganza CREDE di conoscermi..non sa niente di me..DI ME..DELLA MIA VITA..

Io non gli permetterò..non gli permetterò di dirmi più cosa devo fare.
Mai..mai più..
 
 
 
*

“Credi che Silente..che io..insomma LUI, avesse già capito che saresti diventato un..mangiamorte e volesse in qualche modo..consolarti?” chiese Al, mentre passeggiavano vicino alla foresta proibita.
James alzò le spalle.

“Silente sa sempre tutto. Forse aveva intuito in me, un potenziale assassino e mi ha detto che avrei avuto la possibilità di ravvedermi..ha anche cercato di mettermi in guardia dalla mia infatuazione per Lily..ma come sappiamo..quando sei sotto..non ascolti nessuno..” disse James.
“James..perchè non mi guardi?”
James a fatica lo guardò.

“Perché altrimenti dovrei chiederti perché mi dicesti quelle parole, e so che tu non puoi darmi queste risposte. Avrei tanto da chiederti. Come hai fatto a scavare nella mia anima come non aveva mai fatto nessuno prima d’ora.”
Al tremò sotto il suo sguardo.
“Non riesco a sopportare di voler porre domande a qualcuno che non sa di cosa sto parlando!” disse, dandogli le spalle e facendo come per tornare indietro.
“Jamie..scusami.”

“Non capisci, vero Al? Non sei tu a dover chiedere scusa! Sono io!
Al si bloccò.
“Io ho questa…sensazione dentro di me, nel petto, come se dovessi chiederti scusa per tutto quello che ti ho fatto passare! E la cosa peggiore sia qual è? Che non si tratta di qualcosa che ho fatto in QUESTA VITA!”
Al stette zitto.

“Dovrei chiederti ogni giorno scusa per costringerti ad avere una storia d’amore con tuo fratello ma sai una cosa? Non mi sento in colpa! Ami una persona orribile!”
“Jamie ti prego..”
“Ma tu questo lo sai già vero? L’hai sempre saputo, da quando hai deciso di prendere con te un mangiamorte qui dentro!”
“Jamie ti prego abbassa la voce!”

“Perché??? Tutti sanno che lo sono! Che lo sono sempre stato! “
“Non è vero!”
“Ho passato una vita a desiderare di farmi perdonare da te! Ma sai una cosa, non è stato mai abbastanza, MAI. Io mi sono –SEMPRE – SENTITO – IN COLPA.” Disse scuotendolo.
Albus adesso stava piangendo.

“S-scusami. Ti prego, perdonami.” Disse James andando via. I due fratelli erano così turbati, entrambi rinchiusi nel loro dolore da non accorgersi della sagoma del prof Philip che li guardava da lontano, scuotendo la testa.
 
 
Il professor Philip quel pomeriggio incaricò Minerva Mc Granitt di andare a dire ai due pargoli che sarebbero stati a casa Potter quella notte.
“Ma professoressa..le lezioni..” protestò Albus che fortunatamente era vestito.
“Non voglio sentire ragioni, signor Potter, il professor Philip mi ha tetto testuali parole: digli che se non vanno  a casa con le buone, ci andranno a calci nel sedere. Perdonate il linguaggio.”
I due fratelli rimasero allibiti.
“Siete stanchi, provati, avete bisogno di un po' di tempo con le vostre famiglie. Non lasciate che il passato vi impedisca di godervi la famiglia che avete ORA, la vita che avete ora. LORO non lo vorrebbero.” La Mc Granitt, volse la testa e la voce si era fatta appena un po' incrinata. Al e James credettero che aveva voltato la testa per non far vedere che stava piangendo.

Che donna era, la Mc Granitt!
 
 
 
*

Al e James si trovarono a benedire la Mc Granitt e Philip per averli rimandati a casa, almeno per la notte. Si erano ripresi del tempo per loro e James aveva intenzione di farsi perdonare per esser stato così scorbutico.
A letto, abbracciati, gli lambiva il corpo con le labbra, tempestandolo di baci e sussurrandogli parole pregne d’amore e di devozione.
“Baci e serenata..che bella serata.”
“La serenata non è per te.” Disse James ridacchiando.
“Perché papà non va a vedere cosa vuole Ron?”

“Potresti andare a suggerirglielo. Anche perché io canterei meglio e sto pensando a un ‘altra serenata adesso..”
Al gli gettò un cuscino addosso.
“Non faremo sesso con loro presente!”
“Abbiamo la porta chiusa a chiave!”
“Fatti una doccia fredda. Io vado a suggerire a papà di mettere fine a questo strazio.”
 Oh mia vecchia menestrella, oh mia cara margherita…”

“Harry, per favore, fallo smettere!” pregò Ginny.
“Lascialo perdere. Prima o poi si stancherà.” Disse Harry, sbirciando dalla tenda della sua finestra.
“Erano ANNI che non faceva qualcosa di così tanto stupido da ricordarmi perché lo chiamavo idiota! Non poteva aspettare altre sei o sette ore?” sbuffò Ginny guardando il cielo scuro della sera.
“Ron è fatto così..imprevedibile..”


“Davvero, che è successo, avete litigato per caso?”
Mia cara margheritaaaaa, cogli quel bel tulipano, coglilo giallo come i tuoi bei capelli,
“Una specie..diciamo che Ron..spesso non da peso alle parole..
“Oppure cogli questi nontiscordar di mè…
“Che cosa ti ha detto? Harry! Dimmelo!”
Harry deglutì.

“Qualcosa riguardo al fatto che non siamo più a scuola, non dobbiamo per forza essere inseparabili anche a lavoro. Beh, non erano proprio testuali parole ma una specie."
Ginny sospirò.
“E a te non è piaciuto.”
Per non dimenticarti mai di meeeeeeeeeeee!”
Ginny si coprì le mani con le orecchie.

“Harry! Dovrà passarti prima o poi questa nostalgia. Dura anni! Insomma, non sei felice di quello che abbiamo costruito?”
“Cosa dici? Certo che lo sono. Il punto è che..lui spesso non pensa..”
“Che novità! Beh, vai a parlargli così chiarite, no?
In quel momento irruppe Al e cominciò a sbottare.

“Vi prego, non lo sopporto più! Sto cercando di studiare e James ride della mia mancanza di concentrazione! Mi deride!”
Harry sbuffò e si preparò ad affrontare il suo destino.
“Digli che la cotta nei tuoi confronti non è ricambiata. Sii molto chiaro su questo.” disse Ginny.
 
“Cosa gli hai raccontato?” ridacchiò James vedendolo tornare.
“Che sto cercando di STUDIARE e che tu..uhhh ridi della mia mancanza di concentrazione.”
James lo guardò allibito poi scoppiò a ridere.

“Idiota. “ sbuffò Al.
“Vieni qui.” disse il moro gettandoselo addosso.






















Note dell'autrice: ciao ragazzi! Lo so, sto aggiornando tanto in questi giorni, ma visto che mi è riscoppiato l'amore x questa storia, batto il ferro finchè è caldo ahha
James sta pian piano ricordando pezzi della sua vita come Piton, è quindi irascibile e scontroso perchè si ritrova a vivere fondamentalmente due vite e non capisce xd
se notate sta prendendo sempre di più a identificarsi come Piton. Prima diceva sempre "Lui" ora dice quasi sempre "io." 
non ricorda ancora cosa successe DOPO. Sta ricostruendo la sua vita a poco a poco, ma più avanti andremo più si ricorderà anche di Silente e tutto quello che rappresenta per lui. Stessa cosa per Albus ^^

- Coraggio non vuol dire avere la forza di andare avanti, ma di andare avanti anche quando non si ha nessuna forza.
(Theodore Roosvelt)
   
 
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