Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Marti Lestrange    26/06/2020    11 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

5.

CAPITOLO CINQUE


 

«Andrà tutto bene.»

Rose Weasley allungò la testa e depositò un bacio sulla mascella di Scorpius Malfoy, e un altro sul collo. Baci lievi, quasi frettolosi. Scorpius le sorrise e la baciò sulle labbra, a lungo. 

Avvolti nei loro mantelli invernali, le braccia di Scorpius stringevano Rose per tenerla al caldo, la schiena di lei contro il suo petto, le gambe intrecciate. Sedevano in cima alla Torre di Astronomia, poggiati al muro di fredda pietra, sicuri che nessuno li avrebbe scovati, non a quell’ora del mattino. Si incontravano spesso lassù, per stare un po’ da soli e parlare - o non parlare. 

«Andrà tutto bene, capito?» ripetè Rose. «Conosco bene Teddy, è una persona ragionevole.»

Scorpius annuì. Rose sembrava che stesse rassicurando più se stessa che lui. Non aveva gestito molto bene i giorni conseguenti l’incidente, dormiva male ed era sempre tesa e nervosa, pronta a scattare per un nonnulla, distratta e incostante. Parecchie volte la sorprendeva a fissare il vuoto, persa in chissà quali pensieri. Scorpius cercava di tirarle fuori quell’inquietudine che le colava dagli occhi come lacrime spesse e pesanti, ma a stento. Da quando si erano messi insieme ed era iniziata la loro storia, Rose gli si era aperta come un libro, misterioso e bello, ma un libro che Scorpius aveva imparato a leggere, nonostante i primi anni lì a scuola, che non erano stati facili, quando lei lo evitava nei corridoi e non mancava occasione per insultarlo e fargli capire quanto lo disprezzasse. Il loro rapporto era cambiato così tanto… Ora, Scorpius non avrebbe mai potuto concepire un futuro senza di lei ma, in quei momenti, temeva che Rose gli scivolasse via dalle dita come fumo. 

«Sta’ tranquilla», disse quindi lui. «Credo di essere in grado di gestire tuo cugino.»

«Lo so che lo sei.»

«Allora non preoccuparti, finirà prima di quanto pensiamo.»

Quel pomeriggio, Teddy Lupin lo aspettava nell’aula al piano terra nella quale aveva allestito una sorta di quartier generale, per fargli alcune domande riguardo il caso Jenkins. Anche Albus era stato convocato, e molto probabilmente sarebbero stati sentiti insieme, e questo pensiero consolava Scorpius. Con Albus al fianco, sarebbe stato in grado di affrontare anche un esercito di Teddy Lupin.

«Ci pensi mai, a come sarebbero potute andare le cose?» le chiese dopo alcuni minuti di silenzio.

Sentì il corpo di Rose irrigidirsi leggermente. «Quali cose?»

«Quella sera… quello che è successo…»

Rose sospirò. «Ci penso sempre. Ogni minuto.»

Scorpius capì che avrebbe dovuto procedere con i piedi di piombo, se avesse voluto arrivare al fondo di quella conversazione. 

«Non dovevamo neanche uscire… Poi Albus e Roxanne hanno insistito…»

«Sarebbe potuto succedere un’altra sera qualunque, Rose. Non possiamo saperlo…»

«Sì. Oppure no.»

«Certo, qui si gioca nel campo delle probabilità, allora.»

«Sei tu che mi hai chiesto come sarebbero potute andare le cose, o no?»

«Sì, sì, certo, ma mi riferivo a Jenkins…» si fermò Scorpius, passandosi una mano dietro la nuca, come faceva sempre quand’era nervoso. «Se quell’idiota non avesse alzato la bacchetta contro Albus… Se non si fosse comportato da deficiente, a quest’ora non saremmo finiti in questo casino.»

«Era fatto così. Prima o poi la resa dei conti sarebbe arrivata.»

«Nessuno poteva prevedere che sarebbe stata una resa definitiva, però.»

I due ragazzi rimasero in silenzio, entrambi pensierosi. Scorpius carezzò le braccia di Rose e lei si girò per guardarlo negli occhi, allungando le mani a cingergli il collo, e ad accarezzargli la schiena. 

«Ce la caveremo, non è vero?» gli chiese. Nei suoi occhi, Scorpius poteva leggervi tutta l’angoscia che anche lui provava, tutta la paura, tutto lo smarrimento. Le parole di Rose erano quasi una preghiera.

Scorpius annuì. «Come facciamo sempre. Non permetterò che ti succeda niente, capito?»

Rose inclinò leggermente la testa verso destra, in quell’automatismo che la faceva sembrare una bambina, piccola e sottile, fragile come porcellana. E altrettanto bella. 

Si mise in ginocchio e lo baciò, e Scorpius ricambiò il suo bacio, e fu un bacio vorace, quello, disperato, quasi, come se entrambi volessero annegare l’uno nell’altra, solo per trovare la pace. Rose gli infilò le mani sotto il maglione pesante, a cercare la pelle nuda del suo petto, e Scorpius la fece accoccolare in braccio a lui, anche le sue mani sotto il suo maglione, e la sentì sussultare per il freddo della sua pelle a contatto con quella calda di lei. Scorpius scese a baciarle il collo, succhiandole leggermente la pelle, e Rose gemette, cercando però di non fare rumore. Scorpius si lasciò scappare un singulto quando sentì la mano di Rose insinuarsi dentro i suoi pantaloni, e il minuto dopo, ripresosi dalla sorpresa, fece altrettanto, scendendo dal seno di lei fin sotto la gonna, facendole scivolare giù le spesse calze della divisa e cercando l’orlo delle sue mutandine. 

Non era la prima volta che lo facevano in cima alla Torre, ma era la prima volta che lo facevano con quella voracità tutta nuova, forse dettata dall’incertezza del momento, forse dalle parole che si erano scambiati, da ciò che sarebbe potuto succedere - da tutto ciò che sarebbe potuto andare storto, da quel pomeriggio in avanti, ché Scorpius aveva mentito, aveva mentito a Rose e aveva mentito a se stesso: non era per nulla tranquillo, affatto, all’idea di parlare con Lupin, a pensare alle domande che quello gli avrebbe posto, alle occhiate indagatrici da Auror, a ciò che avrebbe potuto leggere nei suoi occhi. Scorpius non era mai stato bravo a dire le bugie, non come Albus. E, da quella sera, anche lui dormiva male, solo che non lo aveva detto a nessuno; anche lui si sentiva nervoso e distratto, solo che cercava di nasconderlo; anche lui aveva paura, solo che provava a ricacciarla indietro, nei meandri della sua mente, e ad essere coraggioso abbastanza anche per Rose, solo per Rose. 

Intanto, Rose gli aveva abbassato i pantaloni in tutta fretta, e l’aveva guidato dentro di lei, mentre con le braccia gli si aggrappava alla schiena, e Scorpius abbassò la testa sul suo seno, i capelli rossi e sciolti di lei a fare loro da rifugio. Ora gemevano entrambi, gettando così alle ortiche ogni proposito di non fare rumore, incuranti di chi avrebbe potuto scoprirli, e incuranti anche del freddo di gennaio che si insinuava sotto i vestiti mal messi, ma che gli rendeva solo più vivi. 

«Rose…» gemette lui, e il tremore dell’orgasmo li travolse infine uno dopo l’altra, e Rose gli si abbandonò addosso, togliendogli i capelli biondi dalla fronte e baciandogli il viso, e gli occhi, e le labbra, soprattutto le labbra. Scorpius passò le mani sui suoi fianchi, sul sedere, sulle gambe, per poi risalire al suo viso e baciarla, dolcemente ora, senza fretta, scostandole i capelli ramati e passandoci poi una mano attraverso. 

Rimasero stretti ancora un po’, una addosso all’altro, lassù, in quel mondo che era solo loro, e che nessuno avrebbe potuto distruggere. 

 

 

Terminata la lezione di Erbologia, Scorpius raccolse le sue cose e corse fuori dalle Serre, diretto all’aula numero undici, dove lo attendeva Teddy Lupin. Spintonò leggermente alcuni ragazzini del secondo anno di Tassorosso, fermi in mezzo alla Sala d’Ingresso, e intravide Albus, in piedi, in attesa, le mani buttate nella tasche dei pantaloni, la borsa in pelle nera a tracolla. 

«Non preoccuparti, Teddy non è ancora arrivato», gli disse quando Scorpius l’ebbe raggiunto, il fiato corto. 

Albus gli sembrava impaziente, e scocciato, proprio come se quella convocazione costituisse per lui motivo di disturbo. Scorpius non aveva fatto altro che pensarci, da quando era sceso dalla Torre con Rose per andare a colazione. Non aveva paura, ma era preoccupato. Tutti loro si trovavano in una situazione di precario equilibrio, senza contare il fatto che chiunque avrebbe potuto cantare e andare a raccontare tutto alla Preside o a Teddy, solo per togliersi un peso dallo stomaco e sentirsi meno in colpa, proprio ora che la pressione cominciava a salire e sarebbe stato sempre più difficile simulare e mentire. 

Albus, almeno all’apparenza, sembrava tranquillo, come se quella situazione in fondo non lo toccasse e riguardasse qualcun altro, ma non loro. Rose lo preoccupava, ché non sapeva se sarebbe stata in grado di reggere lo stress, e temeva che, forse, prima o poi, avrebbe ceduto di fronte alla realtà di ciò che avevano fatto. Nonostante fossero suoi amici, Scorpius non sapeva bene cosa pensare degli altri. Roxanne non gli era sembrata particolarmente scossa, anzi, e la ragazza aveva la tempra dura di chi era abituato a resistere. Caitlin era forse quella più preoccupata e tesa tra tutti, ma Scorpius sapeva che non era tipo da fare la spia. James invece era un’incognita, ma era sicuro non li avrebbe messi nei casini. Per Albus. E poi, in fondo anche lui ci era dentro fino al collo, con quello che aveva fatto per aiutarli.

In quanto a lui… be’, non gli veniva facile parlarne, né ad ammetterlo con se stesso, né tantomeno con Rose o con Albus, ma sperava davvero che quell’interrogatorio - ché di un interrogatorio si trattava, era inutile girarci intorno - si sarebbe concluso con un buco nell’acqua e che Teddy non avrebbe trovato elementi per sospettare di lui - o degli altri. 

In quel momento, il flusso dei suoi pensieri venne interrotto proprio dall’arrivo di Teddy Lupin, tutto trafelato. «Scusate, aspettate da tanto?» chiese loro armeggiando con la porta. 

«Più o meno da qualche ora», rispose ironicamente Albus.

Teddy si girò a guardarlo severamente, scuotendo la testa. Si fermò davanti alla porta aperta e allungò una mano come a volerli fermare. «Ah-ah, uno alla volta, ragazzi», disse. 

Scorpius, ora preda di un primo accenno di puro panico, si voltò a guardare Albus, che a sua volta fissava Teddy duramente. «Pucey e Rosier sono entrati insieme, a quanto ne so.»

Teddy spalancò le braccia. «Non credo di essere tenuto a spiegarti i miei metodi, Albus. Scorpius», aggiunse, «prima tu.» Senza degnare Albus di un secondo sguardo, fece strada all’interno. Scorpius lanciò un’ultima occhiata all’amico, gli occhi sbarrati, e quello gli restituì l’occhiata, imperscrutabile come sempre. Sembrava non avere paura di niente e di nessuno. Scorpius seguì l’Auror nell’aula, richiudendosi la porta alle spalle. 

«Accomodati», disse Teddy prendendo posto in una sedia dietro una scrivania improvvisata con dei vecchi banchi. 

Scorpius si sedette e si guardò intorno. A quanto gli risultava, quell’aula era sempre stata chiusa, nonostante ogni tanto lui e Rose vi si fossero insinuati per cercare un po’ di privacy, e Gazza la utilizzava come magazzino e deposito. Ora, Teddy e il suo collega l’avevano sistemata, ripulita e organizzata come una sorta di Quartier Generale, da dove gestire e portare avanti la loro indagine. Scorpius adocchiò alcune foto di Karl Jenkins, pagine di appunti fittamente scritti e due prime pagine della Gazzetta del Profeta: una era quella del sabato, con l’articolo dedicato alla scomparsa del Serpeverde, l’altra quella uscita la sera del lunedì, quando era trapelata la notizia del ritrovamento del corpo, con articoli firmati ovviamente da Rita Skeeter. Scorpius li aveva letti entrambi, visto che era abbonato al quotidiano, che gli arrivava tutti i giorni via gufo. 

Teddy tirò fuori dalla borsa un altro numero del Profeta, che lanciò sulla scrivania quasi con rabbia. Scorpius riconobbe l’edizione di quella mattina, dove la Skeeter aveva definito Teddy Lupin un “maleducato e un cafone che sguazzava nei sensi di colpa e si sfogava sugli altri con insulti e deprecabili esternazioni”. Scorpius non stentava a immaginare cosa ne pensasse l’Auror che ora gli sedeva davanti. 

«Bene», cominciò quest’ultimo dando una scorsa ad alcuni appunti. Sistemò la Penna Prendiappunti e alzò il viso su di lui. «Comincerei con il chiederti quando hai visto Jenkins per l’ultima volta…?»

Scorpius lanciò un’occhiata alla Penna, che forse non faceva che alimentare il suo nervosismo, ma cercò di non guardarla, e si rivolse a Teddy. 

«La sera del due, se non ricordo male…» Con gli altri, si erano messi d’accordo su una versione unanime, e sul non rivelare troppi dettagli, per non destare sospetti. «Albus e io eravamo seduti in Sala Comune dopo cena, e quando ce ne siamo andati a dormire Jenkins era ancora lì con Pucey e Rosier.»

«Quindi quella è stata l’ultima volta in cui lo hai visto», ripetè Teddy, e Scorpius lo guardò leggermente interdetto. Annuì.

«D’accordo, e non ricordi di aver sentito nulla, nel corso della notte? Nulla che possa averti fatto pensare che qualcuno stesse sgattaiolando fuori dal dormitorio?»

«Nulla di nulla. E poi Pucey russa», aggiunse a mo’ di spiegazione, scrollando le spalle.

«Sì, così ho saputo», commentò Teddy ridendo sotto i baffi.

In quel momento, a Scorpius sembrò tutto a un tratto un ragazzino, con i capelli verdi e un inizio di barba, e quello sguardo scanzonato e quasi provocatorio, ma si disse di non cascare nella trappola che forse Teddy voleva tendergli, come se quella fosse una normale chiacchierata al pub e loro fossero due amici che si raccontavano la loro giornata. 

«Tornando a noi… Risulta che, il giorno dopo, nessuno abbia visto Jenkins al castello, né in Sala Grande per i pasti, né in classe. Avevate qualche lezione in comune, voi due?»

Scorpius si portò una mano al viso, riflettendo. «Be’, sì, sicuramente Pozioni e Incantesimi… E poi…», esitò, «… no, solo quelle, mi sembra.»

«Mh», commentò Teddy. «Non l’hai visto a nessuna delle due?»

«Quel giorno non avevamo lezione di Incantesimi. E a Pozioni non l’ho visto, no.» Ora Scorpius cominciava a trovare scomoda quella vecchia sedia di legno, e gli sembrava di esservi seduto da ore e non solo da qualche minuto. 

Teddy annuì. «Leggo testualmente: “Karl era una persona schiva e silenziosa” che “si faceva gli affari suoi e si dedicava allo studio”. Inoltre “non era tipo da organizzare feste clandestine e portare dentro FireWhisky e altre cose così”…», iniziò. «Ti risulta?»

Scorpius scosse la testa, amareggiato. Pensava di sapere da chi provenivano quelle cazzate. «Se possiamo definire schiva una persona sempre pronta ad impicciarsi negli affari degli altri e a controllare tutto ciò che fai per coglierti in fragrante, allora sì.»

«Mi hanno detto che prendeva molto sul serio il suo incarico di Prefetto…»

«Fin troppo sul serio, direi. Era come ossessionato dalla mania di mantenere l’ordine e di acciuffare i colpevoli di qualche immaginario reato», rispose Scorpius, irritato. «Non si poteva vivere, in Sala Comune. E cercava di contrastare qualsiasi cosa facessimo.»

«Facessimo

«Albus e io.»

«Mh», sembrò riflettere Teddy. «Cosa mi dici del FireWshisky e delle feste, invece?»

Scorpius si lasciò scappare una risata ironica. «Cosa vuoi che ti dica? Sono cose che si fanno, tu non le facevi, ai tuoi tempi? Le fanno tutti, e Jenkins era solo buono a lamentarsene…» Forse non avrebbe dovuto lasciarsi scappare quell’ultima frase, ma per Salazar!, Pucey e Rosier (ché sicuramente erano stati loro a raccontargli quelle cose) avevano fornito a Teddy un quadro ben poco lusinghiero di lui e Albus. D’accordo, non erano due santi, ma non pensavano di comportarsi né meglio né peggio di tutti gli altri studenti della scuola. 

Fino a quella sera… 

Scacciò la voce della sua coscienza e tornò a concentrarsi su Teddy, che lo stava osservando attentamente. 

«Cos’è successo invece dopo la prima partita di campionato? Tu sei nella squadra…» Teddy sfogliò i suoi appunti, «…come Cercatore, giusto?»

Scorpius annuì. «Nel dopo-partita, Albus è solito aspettarmi fuori dagli spogliatoi. Proprio come fa Jenkins con i suoi amici. Peccato che quel giorno fossimo tutti piuttosto tesi… e incazzati per aver perso contro Grifondoro… E così abbiamo cominciato a darci addosso e ad incolparci a vicenda per aver giocato così male.»

«Nott1, il capitano, ha cercato di rimetterci in riga, ma una volta che anche Albus e Jenkins sono entrati nella discussione, non c’è stato verso, anzi, i toni si sono alzati ancora di più. Karl si è messo in mezzo affermando come al solito la sua superiorità, in quanto Prefetto, e Albus gli ha detto di non immischiarsi. L’altro ha replicato dicendo che lui aveva ogni diritto di farlo, e ha tipo concluso sussurrando un insulto ad Albus che riguardava sua madre… Ginny», specificò Scorpius, «… e quindi anche Albus ha insultato la madre di Jenkins, Jenkins ha tipo rincarato la dose su Ginny e alla fine Albus gli è saltato addosso.»

«Lo so che non avrebbe dovuto», aggiunse in fretta. «Gliel’ho detto e ripetuto, ma sai com’è fatto Albus… Scatta per qualsiasi cosa, e quello che gli ha detto Jenkins non era una cosa qualsiasi, quindi puoi immaginare la scena.»

«Singolare», commentò Teddy leggendo alcuni appunti.

Scorpius si limitò a guardarlo, e a chiedersi cosa ci trovasse l’altro di così singolare in ciò che lui gli aveva appena raccontato. Sapeva che Teddy era una persona… particolare, diciamo, ma in fondo non avevano mai interagito molto, loro due. 

«Pucey e Rosier mi hanno raccontato lo stesso episodio ma con… parole diverse», spiegò tornando a guardare Scorpius.

Quest’ultimo sbuffò, mettendosi meglio a sedere sulla sua sedia. «Ci credo. Quei due erano pappa e ciccia con Jenkins, è normale. Com’è normale che io l’abbia vissuta dal punto di vista di Albus… Quegli insulti erano davvero pesanti.»

«Tipo?»

«Tipo “figlia di cagna”, o una roba molto simile.»

«Singolare anche questo.»

«Okay, cioè?» gli chiese Scorpius, che cominciava ad averne abbastanza di tutta quella messa in scena. 

«Cioè che quei due mi hanno detto che Albus ha chiamato “figlia di cagna” la madre di Jenkins, e da lì è partita la rissa.»

«Non ci posso credere», esclamò Scorpius. «Non pensavo che sarebbero caduti così in basso…»

«Be’, tra voi non scorre buon sangue, e su questo siamo d’accordo.»

Scorpius annuì. Tutta la stanchezza della giornata minacciava di sopraffarlo. In quel momento voleva solo sprofondare il viso tra i capelli di Rose e dormire cullato dal suo profumo.

«Siamo d’accordo, sì.»

«Forse dipende dalla vostra… come dire… tendenza a “darvi le arie”?»

Scorpius capiva che Teddy volesse provocarlo, volesse tirare fuori una reazione forte, sbattendogli in faccia le dichiarazioni di quei due deficienti dei suoi compagni, ma lui non avrebbe ceduto. Non ora che sentiva che ce la stava facendo.

«Sarà», commentò solo scrollando le spalle. «Non ci interessa ciò che gli altri pensano di noi, in fondo.»

Teddy annuì, pensieroso. Si grattò il mento. «Questo lo avevo capito.»

Scorpius non disse altro, si limitò a guardare Teddy negli occhi finché quello non lo costrinse ad abbassare i suoi. C’era come una strana luce, al fondo di quegli occhi… una luce che non gli piaceva. 

«Un’ultima domanda e poi faccio entrare Albus», iniziò Teddy poggiando i gomiti sulla scrivania e sporgendosi verso di lui. «Tu cosa pensi sia successo?»

 

 

Albus strinse gli occhi. Cercava di studiare Teddy, come a volergli cavar fuori ogni intenzione e ogni allusione, ma l’uomo che aveva di fronte era intelligibile - proprio come lui. Be’, non avrebbe dovuto stupirsene, dopotutto era un Auror.

«Cosa penso che sia successo? Io

Teddy annuì, invitandolo a continuare.

«Sinceramente, penso che Jenkins sia uscito in piena notte, per fare cosa non lo so, e neanche mi interessa, e che abbia fatto il coglione e che quel suo atto di estrema e banale stupidità abbia causato il ritorno di fiamma, e la sua prematura dipartita», spiegò, chiaro e conciso, senza giri di parole. 

Dentro di lui provava una sottile, impalpabile e ruvida ansia, un tarlo che lo consumava e che partiva dalle profondità più nere della sua anima, da quel fondo torbido e inesplorato dal quale nasceva ogni cosa, in lui, ogni turbamento, ogni accesso d’ira, ogni preoccupazione, tutto ciò che di più oscuro riusciva a contenere, un retrogusto amaro che aveva imparato ad accettare e che lo rendeva diverso dai suoi fratelli, e dalla sua famiglia, da loro che erano semplicemente buoni, e limpidi, e giusti. Albus Severus Potter aveva paura, forse per la prima volta nella sua vita. E non era così bravo a gestirla, la paura, e si limitava a tenerla a bada il più possibile, almeno fino a quando non si ritrovava da solo e allora poteva togliersi la maschera e sudare dalla fronte, e quel sudore si mischiava alle lacrime, ed era salato e spesso. 

Teddy ora lo guardava con attenzione. Infine annuì. «Diciamo che Scorpius ha detto più o meno la stessa cosa, senza la parte del “coglione” e della dipartita.»

«Scorpius è un piccolo Lord, sempre stato.»

«Tu invece sei più grezzo, no? Più… come dire… diretto, e quasi brutale.»

Albus si passò una mano tra i capelli, e quel gesto gli fece pensare a James. Ricacciò indietro il ricordo del volto allucinato del fratello maggiore quando lo aveva guardato negli occhi e gli aveva chiesto che cazzo era successo. 

«Analisi perfetta, signor Auror.» Avrebbe voluto applaudire, ma si trattenne. 

Dopo alcune domande di prassi, come per esempio quando Albus ricordava di aver visto jenkins per l’ultima volta, Teddy gli aveva buttato lì quella questione, quasi aspettandosi che Albus gli fornisse maggiori dettagli, o forse un appiglio per incastrarlo. 

«Hai letto il Profeta, quindi? Dove si parla di un ritorno di fiamma?»

Albus annuì, incrociando le gambe sulla sua sedia. «L’ho letto, sì, ma vorrei chiarire che anche io avrei mandato la Skeeter al diavolo, fossi stato nella tua posizione.» Ed era sincero: da buon Potter, non aveva mai amato quella donna e il suo modo di lavorare. 

«Fonti certe non hanno negato quando ho chiesto ragguagli in merito al FireWhisky e alle feste che siete soliti organizzare in Sala Comune…»

«Allora», cominciò Albus, aggrottando le sopracciglia, leggermente infastidito. Ora ci teneva proprio a chiarire un paio di cose. «Di solito, le feste le organizziamo dopo il Quidditch, e l’anno scorso per festeggiare la fine dei G.U.F.O., non è che ogni settimana facciamo baldoria. Mi sembra eccessivo definirla un’abitudine.»

«Chiaro», rispose Teddy.

La Penna Prendiappunti sfrecciava su una pergamena intonsa, ma Albus non ci diede peso. Era abituato a vederne in giro per casa, così come era abituato agli interrogatori velati da chiacchierate che suo padre gli propinava quando aveva voglia di fargli una ramanzina.

«Ora passerei ad una questione più spinosa, se così vogliamo definirla.» L’Auror allungò una mano e recuperò alcuni fogli di pergamena fittamente scritti con la grafia ordinata e senza sbavature della Penna. Li scorse per un momento e, quando trovò ciò che stava cercando, si schiarì la gola. «Leggo testualmente: “Nel dopo-partita, Albus è solito aspettarmi fuori dagli spogliatoi. Proprio come fa Jenkins con i suoi amici. Peccato che quel giorno fossimo tutti piuttosto tesi… e incazzati per aver perso contro Grifondoro… E così abbiamo cominciato a darci addosso e ad incolparci a vicenda per aver giocato così male.”» Alzò gli occhi e Albus gli restituì l’occhiata. Quella si trattava senza ombra di dubbio della dichiarazione di Scorpius fatta poco prima, e Albus sentì la preoccupazione fluire via, come la marea che si ritira. Si fidava del suo amico più che di se stesso. 

«“Nott, il capitano, ha cercato di rimetterci in riga, ma una volta che anche Albus e Jenkins sono entrati nella discussione, non c’è stato verso, anzi, i toni si sono alzati ancora di più”», continuò Teddy. «“Karl si è messo in mezzo affermando come al solito la sua superiorità, in quanto Prefetto, e Albus gli ha detto di non immischiarsi. L’altro ha replicato dicendo che lui aveva ogni diritto di farlo, e ha tipo concluso sussurrando un insulto ad Albus che riguardava sua madre Ginny e quindi anche Albus ha insultato la madre di Jenkins, Jenkins ha tipo rincarato la dose su Ginny e alla fine Albus gli è saltato addosso.”, ecc. ecc.» L’Auror posò i fogli sulla scrivania. Albus continuava a guardarlo negli occhi.

«Quindi?» chiese alzando le sopracciglia.

«Quindi? Dimmelo tu.»

«Cosa dovrei dirti?» Sapeva fin troppo bene che Teddy voleva vedere la sua reazione, e capire se sotto le parole di Scorpius ci fosse dell’altro, ma lui non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione. «Ha detto tutto Scorpius. Jenkins ha insultato mamma, io ho risposto, e da cosa nasce cosa.»

«Da insulto nasce sberla, dico bene?»

Albus scrollò le spalle. Non ricordava che Teddy fosse un pacifista, men che meno dopo aver quasi demolito Rita Skeeter a parole fuori dai Tre Manici di Scopa, come la giornalista si era affrettata a denunciare sul Profeta. 

«Sono stato provocato.»

«Mi è parso di capire che Jenkins ha un bel curriculum fatto di provocazioni e fraintendimenti…»

«Fraintendimenti? Io non li definirei così», rispose Albus sciogliendo le gambe e poggiando i gomiti sulle ginocchia, stiracchiandosi la schiena come un gatto nero e sinuoso. «La spilla da Prefetto gli aveva dato alla testa, secondo me. Troppa autorità fa male, se ne andava in giro a fare il poliziotto cattivo. Nel suo stesso dormitorio. Di certo non ti rende granché simpatico, no?»

«Stai dicendo che aveva dei nemici?»

Albus aprì le braccia, come a voler dire “tutto è possibile, che ne so io”. Si stava divertendo a provocare Teddy, a insinuargli strane idee in testa, nonostante lui stesso si trovasse in bilico su un burrone scosceso e tutto spuntoni, pericolosamente vicino al bordo. In fondo, gli era sempre piaciuto giocare col fuoco.

«Chi non ne ha? La scuola è grande, e noi Serpeverde non siamo propriamente amati, ecco.»

«E tu e Scorpius? Voi siete amati?»

«Noi ce ne stiamo per conto nostro. Ci va bene così.»

«Solo voi due?»

Albus incrociò nuovamente le mani sotto la scrivania, torcendosi le dita con forza, ora, ma senza distogliere lo sguardo da Teddy.

«Solo noi due.»

«E Rose…»

«Ah, sì, certo», aggiunse Albus, lasciandosi scappare un sorrisetto che però era più un ghigno, l’angolo sinistro della bocca piegato all’insù. «Ma mia cugina sta più con Scorpius, se capisci cosa intendo… Però mangiamo insieme quasi tutti i giorni.»

Teddy continuò a guardarlo in silenzio e in quel momento Albus si chiese cosa avesse risposto Scorpius, sempre se gli fosse stata posta la stessa domanda: aveva parlato di Roxanne e Caitlin?, aveva raccontato che erano una sorta di gruppo?, o, peggio, aveva accennato alle loro “uscite notturne”? No, pensava di no. Scorpius non se lo sarebbe mai fatto scappare, non un dettaglio così importante e così pericoloso. 

«A proposito di Rose… L’ho vista strana, l’altra sera a cena… Sta bene?»

«Dovresti chiederlo a lei, non a me.» Albus si riappoggiò allo schienale della sedia, irrequieto. Quell’interrogatorio si stava rivelando più lungo del previsto, e lui era stufo. E a forza di mordersi la carne tenera delle labbra, sentiva in bocca il sapore del sangue, ferroso e greve.

«Credo proprio che lo farò.»

 

 

Uscito dall’aula, Albus non trovò Scorpius ad aspettarlo fuori, e ne rimase stupito e turbato, ma poi si ricordò che l’amico aveva lezione di Cura delle Creature Magiche, e così si affrettò verso il dormitorio di Serpeverde, nei sotterranei del castello. La borsa di pelle gli batteva sul fianco e si allentò leggermente la cravatta, sbottonandosi la camicia. 

L’aria dentro quell’aula si era fatta viziata, e si sentiva tutto sudato sotto le ascelle e dietro la schiena, e la testa gli ronzava fastidiosamente. Era arrivato al limite massimo della sua sopportazione, il cuore che gli batteva forte nel petto, troppo forte. Superò la parete di pietra dopo aver fornito la parola d’ordine (Python Regius2) e quasi corse per la Sala Comune, attirandosi gli sguardi curiosi di alcuni ragazzi del settimo anno, diretto come un fulmine nella sua stanza, che divideva con Scorpius, Pucey, Rosier e, prima che morisse, Jenkins. 

Lasciò andare la borsa a terra e poi si lasciò cadere sul letto. Ora respirava a fatica, boccheggiando e rantolando, mentre l’attacco di panico prendeva velocemente possesso di lui. Si passò una mano tra i capelli sudati e sul viso, come a voler levarsi di dosso ogni dolore e ogni paura, ma inutilmente. Si sfilò la cravatta, che minacciava di strozzarlo, e la gettò via, e si avviò barcollando in bagno, dove si bagnò la faccia con l’acqua gelata, cercando di scuotersi e di ritrovare se stesso, mentre il ritmo del suo cuore non accennava a rallentare. Si permise un’occhiata allo specchio, e quello gli restituì l’immagine di un viso stravolto, e quasi Trasfigurato, lo stesso viso che lo aveva guardato quella sera, quando lui e Scorpius erano tornati in Dormitorio, e Scorpius si era infilato a letto senza dire niente, e lui si era chiuso in bagno, a luci spente, solo la luce della bacchetta a illuminare quel bel volto screziato di terrore. Ora, si rannicchiò per terra, sulle piastrelle bianche e fredde e pulite, odorose di disinfettante, le gambe strette al petto.
 



Note:

1. Caleb Nott: Serpeverde del settimo anno; personaggio di mia invenzione.
2. Python Regius: il pitone reale, detto anche pitone palla per la caratteristica forma che assume se disturbato o intimorito nascondendo la testa tra le spire, è un serpente appartenente alla famiglia dei Pitonidi, originario dell'Africa occidentale [fonte: wikipedia.it].

 

Siamo già arrivati al capitolo cinque, quando è successo? A parte questo, si tratta di un capitolo bello denso di cose: Rose e Scorpius, che spero vi siano piaciuti, e gli interrogatori di Scorpius e Albus. Come vi avevo anticipato, i ragazzi cominciano a cedere e a sentirsi sotto pressione per tutta la situazione, e difatti Albus non sta molto bene, proprio lui che, da fuori, sembra il più sicuro e il più fermo. Tutto questo perché le apparenze ingannano. Nelle recensioni allo scorso capitolo mi avete scritto che man mano che andiamo avanti scopriamo cose nuove su Jenkins e lo conosciamo un po’ alla volta: ecco, in questo capitolo avete potuto constatare quanto fosse stronzo.

 

Concludo ringraziandovi veramente di cuore per tutto l’entusiasmo e l’interesse, sono immensamente felice che questa storia vi stia piacendo, continuerò a ribadirlo. Tra l'altro, a breve potrebbe arrivare una breve oneshot su Lucius e Narcissa, che finirebbe inclusa in un'ipotetica serie insieme a "Death in the Night", quindi, se siete amanti del pairing o comunque vi piace la Old Generation, vi invito a rimanere sintonizzati sul mio profilo. Alla prossima settimana, Marti.

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange