In the
still of the night
7.
Devo
avvertire Peeta ed Haymitch. Devo avvertire Peeta ed Haymitch.
Con
la scusa di aver dimenticato di svegliare Haymitch prima dell’arrivo delle
telecamere, lascio mia madre alle prese con l’acqua per il mio bagno e
sgattaiolo fuori di casa. Cerco di mantenere un’andatura normale, ma alla fine
comincio a correre. Sono pochi metri, ci arriverei lo stesso in fretta anche senza
correre, ma sono terrorizzata, e devo assolutamente parlare agli altri.
Il
presidente Snow è appena stato a casa mia. Non è per nulla contento di me e di
quello che ho inconsapevolmente scatenato con il mio gesto delle bacche
velenose nell’arena. Ha parlato di rivolte e agitazioni negli altri Distretti,
teme il possibile inizio di una guerra. E tutto questo a causa mia.
Io
non ho mai voluto causare una rivolta: ho soltanto agito d’istinto, nel
disperato tentativo di salvare la mia vita e quella di Peeta. Non ho mai voluto
che qualcuno mi prendesse ad esempio per i suoi scopi.
Spalanco
la porta d’ingresso, mi precipito nella cucina di Haymitch e li trovo ancora lì
dove li ho lasciati meno di un quarto d’ora fa: Peeta che mescola qualcosa in
un tegame, Haymitch che beve da una delle bottiglie di liquore che gli ho
portato dal Forno.
-
Bentornata, dolcezza. Sei venuta a chiedermi scusa? – Haymitch si riferisce al
bagno gelato che gli ho riservato per svegliarlo. No, non sono venuta per
questo.
Magari
fosse così.
-
Il presidente… Snow era a casa mia – dico, ansimando.
-
Che diavolo vai blaterando? – Haymitch non sembra troppo convinto; Peeta,
invece, lascia perdere quello che sta facendo e mi viene incontro. – Che stai
dicendo?
Riprendo
fiato e, dopo essermi lasciata cadere su una sedia libera, racconto loro tutto.
Delle rivolte, di me che nei Distretti sono stata presa come simbolo della
ribellione; della mia storia con Peeta, che a Capitol City va ancora a gonfie
vele ma che nel resto di Panem non ha mai convinto del tutto nessuno. Delle
minacce e della punizione che il presidente ha intenzione di rivolgere alla mia
famiglia, se non riesco a convincere l’intera popolazione che le mie azioni
sono state guidate solamente dall’amore, e non dalla semplice attrazione per la
ribellione, come tutti invece pensano.
Haymitch
ha posato la bottiglia. Questo la dice lunga sul mare di merda in cui mi trovo.
In cui tutti ci troviamo a causa mia.
-
Non mi sorprende, te l’avevo detto che non era felice di quel che avevi
combinato – commenta Haymitch.
-
Alla fine dei giochi, Haymitch! Lui ha parlato di sommosse che stanno accadendo
adesso, in questo preciso momento! – esclamo. – I giochi adesso non c’entrano un
accidente!
-
Oh, sì che c’entrano invece! Non lo hai ancora capito, ragazza? Siamo sempre all’interno
di un gioco! Non finiranno mai davvero.
-
Ha minacciato la mia famiglia! – sbraito, battendo i pugni sul tavolo. – Ha
minacciato Gale. Sa del nostro bacio.
-
Bacio? Quale bacio? – dalla sua reazione, capisco di aver detto troppo. – Ti
sembra il caso di andare a baciare altri ragazzi? Devo essere proprio io quello
che deve ricordarti che hai già un fidanzato?
-
No Haymitch, quella del bacio è una storia vecchia – Peeta, che è sempre stato
in piedi dietro di me, prende le mie difese. - È accaduto mesi fa.
-
E tu ne eri al corrente?
-
Me lo ha detto lei – sento le sue mani posarsi sulle mie spalle e stringerle
lievemente. Non so se lo fa per rassicurarmi o perché è semplicemente geloso al
ricordo di quel bacio. Gli afferro una mano.
Haymitch
sbuffa e si alza, prendendo la bottiglia di liquore bianco dal tavolo. Ne beve
un lungo sorso.
-
Devi aiutarmi, Haymitch. Devi dirmi se c’è qualcosa che possiamo fare per
calmare le acque – mormoro, seguendo la sua figura che ha cominciato a
camminare nervosamente per la stanza.
-
Sai già quello che devi fare, dolcezza. Sei una ragazza innamorata, fai la
ragazza innamorata. Comportati come se fossi la donna più felice della nazione.
Dimostra al presidente e al resto del mondo che il tuo amore per il ragazzo è
vero e sincero! – si interrompe per prendere un altro sorso di liquore, ma
prima di farlo aggiunge – Per fortuna avete fatto pratica in questi mesi.
Arrossisco
alla sua allusione, ma scuoto la testa. – Non voglio fare niente per le
telecamere. La mia vita privata deve rimanere un fatto privato.
-
Quante volte devo dirtelo? Non esiste più una vita privata! Devi imparare ad
accettarlo – dice. - Ma se non vuoi farlo, accomodati pure. Comportati come tuo
solito. Aspetteremo che Snow ci uccida tutti per la tua ostinazione.
Tutti?
Tutti.
Non
sono più da sola, ormai. Le mie azioni non metteranno a repentaglio solo la mia
famiglia, ma anche quelle di chi mi circonda. Peeta e i suoi familiari, quelli
di Gale, Haymitch stesso…
-
Katniss – Peeta si sposta lentamente fino ad inginocchiarsi davanti a me, per poter
essere alla mia stessa altezza. Mi stringe le mani e mi guarda negli occhi. – So
che hai paura, ma Haymitch ha ragione. Dobbiamo solo fare quello che abbiamo
fatto fino ad ora. Nulla di più, nulla di meno. Ci siamo già passati, no? – mi
sorride. – Insieme sarà tutto più facile, te lo prometto.
Annuisco,
abbassando gli occhi sulle nostre mani intrecciate. Non posso più fare a meno
di queste mani. Ci poso un bacio e me le porto al viso. Voglio credere con
tutta me stessa alla sua promessa, ma il mio cervello si rifiuta di farlo. Le
minacce di Snow vi si sono impresse come un marchio incandescente e non riesco
a cancellarle via. Rifiutano di andarsene.
-
Ecco, questo è un buon inizio. Se ci aggiungete anche uno di quei baci strappa
mutande che ho visto l’altro giorno siamo a cavallo!
Non
trovo il coraggio di ribattere.
Resta
calma. Resta calma. Sei sopravvissuta alla frivolezza di
Effie e all’assalto del tuo staff di preparatori. Sei sopravvissuta alla
ceretta. Puoi affrontare le telecamere. Sei pronta e controllata. Resta
calma.
Sono
in piedi davanti allo specchio ed osservo il mio riflesso. Mentre faccio mente
locale – Resta calma – seguo con scarsa attenzione gli ultimi ritocchi
che Cinna sta applicando al mio look prima della diretta televisiva. Il mio
stilista è, forse, l’unica persona della capitale con cui riesco a parlare
senza diventare un fascio di nervi. Mi è piaciuto subito, sin dal nostro primo
incontro alla sfilata dei tributi dell’anno scorso. Certo, non è stata la più
felice delle circostanze: rendermi carina per il pubblico e farmi piacere da
loro prima di essere spedita al macello in un’arena! Ma Cinna capiva cosa
provassi, mi ha capita da subito e mi ha fatta sentire a mio agio. Con lui
posso essere me stessa – ostinata e scorbutica – senza il peso e la paura di
poterlo costantemente offendere.
Con
lui posso parlare di tutto, ma non delle minacce di Snow. Non stavolta. Non
voglio coinvolgerlo così tanto. Per adesso è meglio che la cosa rimanga
circoscritta a tre persone, e basta.
Tre
persone sono anche troppe.
-
Nervosa? – la sua voce pacata raggiunge le mie orecchie. Guardo in basso, dove
lui sta armeggiando con l’orlo dei pantaloni per renderli un tutt’uno con gli
stivaletti di pelle.
-
Cerco di restare calma – ammetto.
I
suoi occhi, contornati dalla semplice e onnipresente linea di eyeliner dorato,
mi guardano tramite il riflesso dello specchio. – Andrà tutto bene. Sii te
stessa e vedrai che in un lampo sarà tutto finito. Ricordi l’intervista?
Annuisco,
senza aggiungere una parola.
Come
dimenticarla? L’intervista che ha preceduto l’inizio dei giochi. Quella in cui
tutta Panem è venuta a conoscenza dei sentimenti che Peeta, che all’epoca consideravo
ancora semplicemente come “il ragazzo del pane”, provava da anni nei miei
confronti. Provo ancora colpa e rimorso per il modo in cui ho reagito una volta
tornati ai nostri alloggi, soprattutto se ripenso alle ferite delle sue mani.
Alla vigilia degli Hunger Games.
Peeta
avrebbe potuto lasciarmi perdere in qualsiasi momento ed invece è ancora qui, al
mio fianco. Se fossi stata al suo posto, avrei gettato la spugna già da tempo. Cosa
ci trova in me? Haymitch non fa che ricordarmi costantemente che non piaccio a
nessuno… piaccio solo a Peeta.
La
vita è strana, alle volte.
-
Ecco, sei perfetta. Andiamo a mostrare il tuo talento! – dopo essersi rimesso
in piedi, Cinna spazza via con le mani la polvere – quale polvere? – dalle
maniche della camicetta che indosso.
Sghignazzo.
– Adoro il mio talento! Vero che sono molto promettente?
-
Essere spregevole – mi riprende allegramente. Insieme usciamo dalla mia
camera.
Alla
fine, dopo aver cercato di venirne a capo in tutti i modi, Cinna mi ha
contattata per telefono ed ha proposto come possibile talento per me il disegno
di moda. Io e la moda siamo agli antipodi: se non avessi lui come stilista
fisso, che mi ricopre di tessuti meravigliosi ed ha riempito i miei armadi di
abiti spettacolari, andrei perennemente in giro in giacca di pelle e scarponi
da caccia. Visto che è qualcosa di estremamente lontano da me, ho accettato il
salvagente che mi ha fornito. Inutile dire che il grosso del lavoro lo ha fatto
Cinna: il massimo del mio talento nel disegnare è un omino fatto di stecchi con
un triangolo per vestito.
I
bozzetti di Cinna sono stupendi, ma non troppo: in qualche modo deve pur
trapelare il mio tocco da negata/alle prime armi. I cameramen sono elettrizzati
da me che spiego – o provo a spiegare – quello che avevo per la testa mentre
creavo quel bozzetto in particolare, per un’occasione in particolare. Tutti
pendono dalle mie labbra, anche se alle mie orecchie sembrano solo cavolate.
In
un angolo della stanza c’è Effie, che in occasione del Tour della Vittoria
sfoggia una nuova parrucca color zucca; mi mordo le labbra nel tentativo di
rimanere seria e concentrata, non devo ridere della parrucca della mia
accompagnatrice. Però, è difficile cercare di non pensare che il colore
preferito di Peeta è in bella mostra sulla sua testa.
Mi
chiedo come stiano procedendo le riprese a casa sua: starà mostrando i suoi
dipinti al pubblico a casa? Anche quelli riguardanti gli Hunger Games? Immagino
le facce scioccate degli spettatori mentre notano i soggetti dei dipinti del
mio compagno; dovrebbero essere abituati alla violenza, dato il programma di
punta che attendono con ansia ogni anno. Immagino la faccia del presidente Snow
mentre vede il dipinto di Rue circondata dai fiori.
No.
Sto correndo troppo. Peeta è più razionale di me e ci pensa sempre due volte
prima di agire: sono sicura che sta evitando di mostrare le tele che potrebbero
metterci nei guai. Sono sicura che sta già cercando il modo giusto per
sistemare la situazione.
Finite
le riprese, Cinna mi fa indossare un cappotto di pelliccia, la sciarpa e un
paio di paraorecchie. Non ho nemmeno il tempo di protestare per questa sua
scelta che Effie, quasi spintonandomi, mi butta fuori di casa. Stiamo passando
alla fase due dell’evento prima di dirigerci alla stazione per la partenza.
-
Ricorda, Katniss, mento in alto e un bel sorriso! – sussurra Effie in modo
stridulo, dandomi una leggera spinta per farmi capire che devo iniziare a muovermi.
Scendo le scale quasi barcollando, e vedo Peeta fare la stessa cosa fuori dalla
sua abitazione. Ha un sorriso enorme stampato in faccia. Solo per me.
Sulla
mia sento nascere lo stesso identico sorriso. Non ho bisogno che Effie mi
ricordi di sorridere se c’è Peeta nei paraggi. Nell’ultimo periodo le mie
labbra lo fanno in automatico ogni volta che incontro il suo viso. È
impossibile, d’altronde, non lasciarsi contagiare dal suo sorriso.
Inizio
a correre verso di lui, che mi prende al volo tra le braccia e mi fa
volteggiare, e nel giro di un secondo ci ritroviamo immersi nella neve. Sto già
cominciando a preoccuparmi per lui, cercando di capire se si sia fatto male o
meno, ma non ce n’è bisogno: ride e mi fa l’occhiolino.
L’ha
fatto apposta! Proprio come l’altra volta, nel bosco,
quando fingeva di non riuscire a rialzarsi e con uno strattone mi ha fatta
cadere su di lui. Reggendogli il gioco, mi esibisco in una risata e mi chino
sul suo viso: le nostre labbra si trovano subito, felici di ricongiungersi.
Almeno una cosa positiva di questa situazione c’è: posso baciare Peeta tutto il
tempo che voglio con la scusa dell’idillio amoroso. Che poi, non era quello che
voleva il presidente? Non devo, per caso, dimostrargli che sono una ragazza
innamorata?
La
posizione non è delle migliori, credo di avere un gomito che preme sullo
stomaco di Peeta, ma nessuno dei due interrompe il bacio. Se non fosse per una
serie di colpi di tosse e un fischio che, ne sono certa, ha emesso Haymitch,
continueremmo a baciarci e a rotolarci tra la neve, estraniandoci da tutto
quello che ci circonda.
I
cameramen annunciano la fine delle riprese mentre io e Peeta ci rimettiamo in
piedi e ci togliamo a vicenda la neve dai vestiti. Effie ci raggiunge subito,
indignata che i suoi due pupilli si siano comportati davanti a tutta Panem come
adolescenti alle prese con i primi pruriti sessuali.
-
Lasciali fare, zuccherino, stanno andando alla grande! Il pubblico li adora
– la sbeffeggia Haymitch.
-
Devi smetterla di dar loro corda, non devi incoraggiarli! Non ho perso tutto
questo tempo nell’insegnare loro le buone maniere solo per vederli impegnati in
atteggiamenti sconvenienti!
-
Quanto la fai lunga, ragazza! Sei stata un’adolescente anche tu, no? Non dirmi
che non hai mai fatto le cosacce!
Io
e Peeta, in silenzio, osserviamo la nostra accompagnatrice e il nostro mentore
battibeccare durante tutto il tragitto che ci porta alla stazione. Loro sì, che
sembrano una vecchia coppia di sposi! Parlano di noi due come se non fossimo nella
stessa automobile insieme a loro. Sollevata di avere finalmente davanti un po'
di pace, abbandono la testa sulla spalla di Peeta. Lo sento posare un bacio sui
miei capelli.
Sul
treno, il resto della serata trascorre normalmente. Dopo esserci lasciati alle
spalle il Distretto 12 ed il piccolo corteo di accompagnatori venuto a
salutarci, ci riuniamo nella carrozza ristorante e ceniamo tutti quanti insieme:
io e Peeta, Effie e Haymitch, Cinna e Portia, la stilista di Peeta. La cena è
piacevole, e potrebbe esserlo ancora di più se non fosse troppo simile a quelle
che abbiamo trascorso nel nostro alloggio al centro di addestramento, nelle
giornate precedenti all’arena. Pensare all’arena fa tornare a galla tutta la
preoccupazione per il Tour della Vittoria, insieme a quella più recente che il
presidente Snow ha instillato in me. Di conseguenza, non riesco a mangiare
quasi nulla dei cibi prelibati di cui è piena la tavola.
Dopo
cena, ci spostiamo davanti al televisore ad osservare il riepilogo del
programma che annuncia l’inizio del nostro viaggio. I conduttori commentano
entusiasticamente le scene di me e Peeta nella neve. Effie sbuffa, sconvolta
che qualcuno possa gradire simili scene; Haymitch le fa il verso e mostra il
suo pollice rivolto verso l’alto, in segno di approvazione. Si diverte sempre
un mondo a punzecchiarla.
Alla
fine, veniamo mandati tutti nelle nostre camere a riposare per la notte, visto
che quella che ci aspetta l’indomani sarà un’altra “grande, grande, grande
giornata”, come tanto adora chiamarle Effie.
Domani
il treno si fermerà al Distretto 11, che rappresenta la prima tappa del nostro
tour. Agricoltura. Era il Distretto di Rue e Thresh. Sono terrorizzata alla sola
idea di ritrovarmi, tra pochissime ore, davanti alle loro famiglie: famiglie
che stanno ancora piangendo i figli che hanno così ingiustamente perduto,
mentre io sono riuscita ad uscirne viva e sono lì con il solo scopo di
ricordarglielo, per mettere del sale su una ferita esposta e sanguinante.
Davanti
allo specchio, sciolgo l’acconciatura che la mamma ha fatto per me – la stessa
della mia mietitura. Ciocche ondulate mi ricadono davanti al viso. Quando anche
l’ultima forcina è tolta, resto seduta davanti alla toeletta senza trovare il
coraggio di spostarmi per andare sotto le coperte.
L’ultima
volta che ho dormito su un treno, ho avuto il primo incubo. Non lo ricordo più
con esattezza: nel corso dei mesi ne ho avuti talmente tanti che ricordarli
tutti sarebbe una vera impresa. Prima degli Hunger Games non facevo quasi mai
caso a quello che sognavo, e invece adesso mi ritrovo spesso a desiderare di
tornare indietro nel tempo, solamente per poter sentire cosa si prova a
trascorrere una notte senza sogni.
La
stanchezza ha la meglio su tutto; per quanto io cerchi di essere forte, non
riesco a vincerla. Mi siedo sul letto, accarezzando il morbido copriletto
dorato simile ad una pelliccia. Disegno linee astratte sul tessuto con la punta
delle dita.
La
porta del mio scompartimento privato si apre di colpo: Peeta entra velocemente
ed altrettanto velocemente se la richiude alle spalle.
-
Hey! Che succede? – sembra quasi che stia cercando di seminare qualcuno che lo
insegue.
-
Evito Effie – mi spiega. – Prima è passata in camera a dirmi che non devo
cercare di importunarti quando siamo da soli – i miei sospetti erano, in
qualche modo, fondati. Ma il fatto che Peeta si trovi nella mia stanza e
l’espressione da furbetto che ha stampato sul viso mi suggeriscono che Effie
non è riuscita ad ottenere il risultato che sperava.
Faccio
una smorfia. – Davvero? Da me è passata solo per darmi la buonanotte…
-
Ah sì? Beh, forse pensa che, da brava signorina quale sei, non ti verrebbe mai
in mente di importunarmi.
-
Oppure, voleva semplicemente controllare che tu non mi avessi già importunata
in qualche modo! – ridacchio.
-
Questa spiegazione mi sembra più sensata, in effetti. – nel frattempo, Peeta ha
azzerato la distanza che ci divideva e si è seduto accanto a me, sul letto. Mi
lascia un piccolo bacio sulle labbra. – E poi volevo darti il bacio della
buonanotte.
Sorrido,
scostando una ciocca di capelli, ancora umida a causa della doccia che deve
aver fatto poco fa, dalla sua fronte. – Mi piacciono i baci della buonanotte…
-
Allora devo rimediare.
Questo
bacio non ha nulla che lo accomuni ad un classico bacio della buonanotte; è
quel genere di bacio compromettente e sconveniente che Effie cercherebbe in
tutti i modi di cancellare. È, per usare l’espressione coniata da Haymitch, un
bacio strappa mutande.
Peeta
cade di schiena sul materasso e mi trascina con sé senza nemmeno provare ad
interrompere il bacio. Le sue mani vagano sulla mia schiena, le mie invece sono
incollate ai suoi capelli e li stringo tra le dita, incurante del fastidio che
potrei provocargli. Ma sembra che gli provochi piacere, più che fastidio…
Interrompo
il bacio in cerca d’aria, ma lo faccio anche per evitare di spingerci troppo in
là; l’ultima cosa che voglio è farmi beccare nel bel mezzo di un rapporto
sessuale con Peeta… non solo da Effie, ma da chiunque. I pochi treni che ho
preso non mi hanno mai dato l’impressione di fornire il massimo della privacy.
Così mi lascio scivolare al suo fianco, con una mano sul suo petto ed il
braccio di Peeta che mi circonda le spalle, facendomi da cuscino.
I
suoi occhi mi scrutano attentamente. – Sei stata molto silenziosa durante la
cena.
-
Non è difficile capirne il motivo… - mormoro.
-
No, hai ragione. Non lo è – ammette Peeta. Con il pollice cerca di distendere
le rughe che si sono formate tra le mie sopracciglia. – E se restassi a dormire
qui?
So
che il suo è un tentativo per farmi stare tranquilla, ma l’idea è allettante.
Non abbiamo più dormito insieme dalla notte di Capodanno ed il suo ricordo mi
ha fatto molta compagnia nelle notti seguenti, soprattutto quelle più
difficili. E poi, se devo essere sincera, l’unica cosa che mi ha aiutata ad
affrontare la prospettiva del Tour della Vittoria era la possibilità che
potesse ripetersi. Non per fare chissà che cosa, solo per dormire insieme.
-
E se vengono a controllarci? – tra tutte le domande sensate che potevo fargli,
ho scelto proprio la più stupida. Brava, Katniss.
-
Possiamo chiudere a chiave la porta – propone Peeta.
-
Anche la tua?
-
Non serve. Ho fatto un fantoccio con le coperte e l’ho messo a letto: se Effie
non accende la luce, penserà che stia dormendo… - fa una smorfia quando vede
che le sue parole hanno scatenato in me una scarica di risate. – Che c’è?
-
Tu sei pazzo! – esclamo tra una risata e l’altra. Copro la bocca con le mani
per cercare di smettere, ma è tutto inutile. È peggio di una barzelletta.
-
Se ci casca, la pazza è lei! – Peeta si unisce alle mie risate, poi mi bacia e
mi rimprovera per via di tutto il baccano che sto facendo. Se ci beccano non
sarà a causa del suo fantoccio, ma delle mie risate.
Resta
a dormire insieme a me per tutto il resto della notte. Quando la luce del
mattino colpisce i nostri visi, svegliandoci, ci rendiamo conto di una cosa.
È
stata una notte senza incubi.
______________________________
Salve a tutti!
Oggi aggiorno di
martedì, così dal prossimo capitolo possiamo tornare al consueto appuntamento
del lunedì.
L’altra volta ho
dimenticato di avvertirvi che la storia, da questo capitolo in avanti, avrebbe
cominciato a seguire le vicende di Catching Fire; ma poco male, alla fine. Una piccola
nota di precisazione devo inserirla comunque: cercherò di seguire il tutto così
com’è accaduto nel libro, ma ho voluto metterci del mio – ovvio! – e mischiare alcune
cose che sono state mostrate nel film.
Catching Fire
(libro e film) è la mia parte preferita della serie! La vostra, invece?
A lunedì prossimo!
D.