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Autore: GReina    01/07/2020    4 recensioni
[Jily + accenni di Romione; Timetravel, Maraunders' Era]
Harry, Ron ed Hermione si ritrovano "come per magia" nel 1976 davanti a quattro molto scettici Malandrini e Lily i quali stentano a fidarsi di tre ragazzi sconosciuti che sono riusciti ad aggirare tutte le protezioni di Hogwarts arrivando non visti nella Sala Comune Grifondoro.
Genere: Azione, Guerra, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, I Malandrini, Il trio protagonista, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quell'anno fu l'unico in cui James non fu felice di tornare ad Hogwarts. Non voleva lasciare i suoi genitori, intenti a lottare contro Voldemort. Quando era entrato a far parte dell'Ordine della Fenice – con sommo disappunto di sua madre – aveva anche accettato il fatto che ogni giorno avrebbe dovuto convivere con il tipico peso che si prova quando si ha un caro in pericolo. Eppure, in estate, quando lui e Sirius erano potuti rimanere al fianco dei genitori, aveva potuto vivere giorno dopo giorno con l'insana convinzione di poterli proteggere. Del fatto che poi fossero loro a proteggere i figli, James non aveva dubbi, ma continuando a ripeterlo a sé stesso il mago era riuscito a credere davvero che – fin quando fossero stati insieme – sarebbero tutti e quattro rimasti al sicuro.
Scesi dalle carrozze ed entrati in Sala Grande, James, Sirius e Peter furono quasi subito raggiunti da Remus e Lily, rimasti indietro rispetto al resto del gruppo per controllare che non ci fossero problemi e adempiere così al loro ruolo di Prefetti. Quando il Cappello Parlante finalmente finì con le sue noiosissime filastrocche, iniziò lo smistamento. I primini sembravano agitati; quell'anno l'aria era più pesante, tetra. I giovani maghi, infatti, erano sempre entusiasti e non vedevano l’ora di poter usare liberamente la magia, ma – quell’anno – negli undicenni non c'era la solita aria di gioia. D'altronde erano tempi duri ed Hogwarts non era più il magnifico castello dove tutti i giovani maghi potevano sentirsi a casa e al sicuro, quanto piuttosto il luogo in cui mezzosangue e natibabbani erano presi di mira dai Serpeverde, sempre più inclini ad unirsi al Signore Oscuro.
Come era loro solito fare da un anno a questa parte, mangiarono il più velocemente possibile e corsero in Sala Comune. Essendo il primo giorno avrebbero avuto il salotto tutto per loro per un bel po' tempo prima che qualcuno decidesse di salire: estrassero la Mappa che l'anno prima avevano creato e si misero a scrutarla. I nomi da tenere d'occhio erano ormai piantati nelle loro teste: Avery, Black, Piton, Carrow, Nott, Mulciber. Erano ancora tutti in Sala Grande, ma continuarono a fissare quei nomi con voracità, soprattutto Sirius, soprattutto un nome. Più volte il ragazzo aveva tentato di far ragionare Regulus. Era anche rimasto a Grimmauld Place per lui nonostante le suppliche del Potter che lo pregava di scappare via da quella casa di matti. Quando, al loro quarto anno, si era deciso a trasferirsi, i signori Potter avevano accolto Sirius come un figlio. Il suo migliore amico non ne parlava, ma erano ancora evidenti i segni di quelli che dovevano essere stati tentativi deludenti di portarlo dalla parte del male, e nonostante ciò che quei maledetti purosangue gli avevano fatto, lui continuava a puntare su Regulus.
“Sir, tutto bene?” si premurò James
“Sì.” non distolse lo sguardo dalla Mappa. Ci fu un momento di silenzio. Quando si parlava di Regulus, James non sapeva bene cosa dire. Lo odiava, lo odiava con tutto il cuore, non perché fosse geloso del vero legame di parentela che aveva con suo fratello, ma per come quel Black avesse trattato Sirius che dal canto suo provava ancora a salvarlo. Come poteva non rendersi conto che Sirius l'avrebbe aiutato, accolto, che la scelta migliore che potesse fare era accettare quella proposta che il fratello due anni prima gli aveva fatto? Perché non era scappato con lui? James aveva perfino proposto di ospitarlo in casa sua “Tuo fratello è anche il mio” gli aveva detto quando l'anno dopo aveva tentato di strapparlo ad Orion e Walburga Black, senza successo. “I Black gli hanno corrotto la mente” continuava a ripetere Sirius più a sé stesso che ad altri “non capisce cosa è giusto e cosa no perché gli hanno fatto il lavaggio del cervello, con tutti i loro bei discorsi”.
James si accorse di stare fissando il fratello solo quando questi puntò i suoi intensi occhi grigi su quelli nocciola del Potter
“Guarda chi si sta muovendo.” indicò la Mappa alzando e abbassando ripetutamente le sopracciglia. Lily Evans aveva appena lasciato la Sala, finalmente James era riuscito ad arrivare a un tacito accordo con lei: lui non l’avrebbe più invitata ad uscire, non le avrebbe neanche fatto delle avance e lei fingeva che tutti i comportamenti dei Malandrini le andassero a genio. Grazie al rapporto che si era creato con Remus – collega Prefetto – il suo affetto si era esteso in poco tempo al resto del gruppo; James adesso per lei era un “buon amico” e se quello era l'unico modo per starle accanto senza che lo guardasse male per come trattava Mocciosus o per gli scherzi innocenti che faceva ai docenti, allora gli stava bene.
“Smettila di fare così!” diede una gomitata a Sirius che non la smetteva di ghignare “Io e lei siamo solo amici.” gli ricordò con lingua amara
“Oh, non rifilarmi ancora quell'assurda storia che la cotta ti è passata, Ramoso!” sbuffò seccato
“Ma è così!” mentì deciso James
“Certo, come dici tu.” chiuse il discorso l'altro sospirando e scuotendo la testa. La rossa era quasi arrivata al ritratto della Donna Grassa, così si apprestarono a chiudere la Mappa. Si fidavano di Lily, ma era entrata a far parte del loro gruppo da poco meno di un anno e non volevano rischiare. L'anno prima il preside li aveva incaricati – quali membri onorari dell'Ordine – di indagare sulle nuove reclute di Voldemort all'interno di Hogwarts. Che non potessero per questo infrangere qualche regoluccia quale la creazione di un oggetto magico a discapito della privacy di compagni e professori non era specificato, ma se c’era una cosa di cui James poteva essere certo era che l’onesta Evans avrebbe avuto da ridire al riguardo.
“State tramando qualcosa.” disse ancor prima di entrare dal buco rivelato dal quadro
“Ma noi siamo degli angioletti, Evans, così mi ferisci.” si mise una mano sul cuore James
“Ci credo quanto-” non ebbe il tempo di finire che una tremenda scossa fece perdere a tutti l'equilibrio, facendo cadere quadri, tavolini, libri. Nelle orecchie un suono stridulo gli impediva di capire la situazione, Sirius al suo fianco muoveva le labbra, ma lui non sentiva. Suo fratello stava bene, era quello che importava. Si voltò verso Lily, anche lei stordita, ma illesa; Peter sembrava impaurito, ma non riportava ferite e anche Remus sembrava in buono stato. Riuscì ad alzarsi con l'aiuto di Felpato, il fischio alle orecchie andò diradandosi e presto recuperò l'equilibro
“State bene?” sentì chiedere. La scossa lo aveva intontito e l’udito faceva ancora un po’ cilecca, ma era abbastanza sicuro di non conoscere la voce appena sentita
Miseriaccia” ne sentì una seconda “che cosa è stato?” quando si voltò, James vide anche una terza figura, una ragazza che barcollava cercando di riprendere il controllo delle gambe. Quando ci riuscì i suoi occhi incrociarono quelli del Potter e stralunarono
“Ma cosa?-” non sembrava in grado di dire altro, continuava ad aprire e chiudere la bocca come in cerca delle parole giuste, poi – però – decise semplicemente di voltarsi verso quello che doveva aver parlato per primo. Lui, d'altro canto, sembrava ancora più traumatizzato di lei: gli occhi verde smeraldo erano spalancati, la mascella a un filo dal toccare terra e saettava lo sguardo da James a Sirius, per poi passare a Lily, Remus e Peter. Il rosso, invece, non faceva che porre domande “Dove sono finite le nostre cose?”, “Chi sono queste persone?” si voltò verso la ragazza “Hermione…?”
“Sta' zitto, Ronald!” scoppiò la ragazza tenendosi le tempie “Sto cercando di ragionare.”
“Tutto bene, amico?” era stato Sirius a parlare sebbene con i nervi all'erta e in posizione di difesa. Il ragazzo corvino e con gli occhiali era impallidito, bocca e occhi ancora spalancati
“È impossibile.” furono le uniche parole che riuscì a formulare in un sussurro
“Li conosci, Harry?” l'ennesima, confusa domanda di Pel di Carota
“Io...” non sembrava sentirsi molto bene “li ho visti in un ricordo.”
“Ma si può sapere chi siete?” tutti si voltarono verso James che nel frattempo aveva portato la mano alla bacchetta. I nuovi arrivati sembrarono stupiti dal gesto
“Dursley” rispose il ragazzo con gli occhiali dopo una prima esitazione “mi chiamo Harry Dursley. Loro sono Hermione Granger e Ron Finnigan. Natibabbani.”
“Come avete fatto a smaterializzarvi dentro Hogwarts?” anche Lily con la bacchetta pronta “Credevo ci fossero degli incantesimi che non lo permettessero.”
“È così, infatti.” le rispose l'altra ragazza “Non ho idea d-” fu un attimo: Harry Dursley fece un movimento improvviso verso la cintura e incantesimi schizzarono da tutte le parti, i tre sconosciuti non ebbero tempo di reagire, Lily pietrificò il rosso; Sirius legò la ragazza; Remus disarmò l'ultimo mentre James lo face levitare a due metri da terra per la caviglia
“Stiamo tutti calmi.” la voce di Lunastorta era tranquilla, ma il corpo tutt'altro, la bacchetta ora puntata al soffitto dalla quale pendeva il ragazzo
“I nomi non bastano per rispondere alla domanda di James.” si aggiunse Sirius
“Non vogliamo farvi del male.” detta da un ragazzo a testa in giù quella frase risultava comica
“Non ci riuscireste in ogni caso.” rise James “Non abbiamo paura, siamo solo irritati. Diteci perché siete nella nostra Sala Comune e come avete fatto ad entrare.” il colorito del Dursley stava raggiungendo la stessa tonalità dei capelli di Lily
“Mettilo giù, James.” dovette essersene accorto anche Remus “Non ci serve a nulla se sviene.”
***
Lato positivo: suo padre, sua madre, il suo padrino e Remus erano davvero potenti come gli avevano raccontato. Harry non si era accorto di essere stato attaccato se non quando ormai era troppo tardi. Lato negativo: finora non parevano esserci molti punti in favore per James Potter. Dopo che Harry ebbe visto il ricordo di Piton, Sirius gli aveva assicurato che suo padre non era il tipico bullo prepotente. Quell'interrogatorio non aiutava a credere alle parole del padrino, però.
“Vuoi che te lo ripeta?” il sangue andatogli al cervello poco prima lo intontiva ancora, la bacchetta al collo non migliorava le cose
“Cosa?” gli girava la testa
“Come siete entrati.” non suonava molto come una domanda
“Non lo so.”
“Non ti conviene far arrabbiare mio fratello, amico.” Sirius era accanto a lui “Quando a questa testa dura sfugge qualcosa si innervosisce.” ghignò
“Non ho intenzione di aspettare tutta la notte una risposta.” disse quasi in conferma l'altro. Le corde che legavano Harry alla sedia presero a stringere e in poco tempo arrivarono a far male
“Abbiamo sentito un terremoto e ci siamo ritrovati qui.” sputò. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, dovevano aver sentito la stessa scossa
“Non è una risposta.” dietro di loro Lily teneva d'occhio Hermione, ma seguiva attenta la conversazione
“È la verità.”
“Dove vi trovavate prima di ritrovarvi qui?” Remus era sospettoso, come tutti, ma decise di dar loro una possibilità
“Diagon Alley.” inventò Hermione
“Tre ragazzi, probabilmente studenti, natibabbani giravano per Diagon Alley come se niente fosse.” 
“Cos'hai contro i natibabbani?” si alterò Harry, James rise
“Pensi che io abbia qualcosa contro i natibabbani?” gettò uno sguardo fugace a Lily “Devi avermi frainteso.” continuò con un luccichio sadico nello sguardo “Io ho qualcosa contro di voi.
“Non abbiamo fatto niente.”
“A parte entrare nella nostra Sala Comune all'interno del luogo più inviolabile del mondo.”
“Non abbiamo cattive intenzioni.” gli venne in aiuto Hermione
“Questo lo stabiliremo noi.” ancora James
“Ramoso,” lo chiamò Remus “dovremmo spostarli in dormitorio. I nostri compagni arriveranno a momenti.”
“Sì.” il ragazzo si allontanò per permettere a Sirius di far levitare Harry, che ebbe appena il tempo di vedere Remus sussurrare qualcosa a quello che un giorno sarebbe stato suo padre, prima di essere voltato contro la propria volontà verso le scale.
***
Il piano di Remus faceva schifo. Lasciare Lily con quei tre mentre i Malandrini andavano da Silente? Fuori discussione.
Mentre lui e Sirius si dirigevano verso l'ufficio del preside, James non era affatto tranquillo. Remus e Peter erano rimasti in dormitorio con Lily a sorvegliare gli intrusi, in più James non aveva dubbi che anche in due o persino solo Lily o Remus se la sarebbero cavata benissimo contro quei novellini, ma a quanto pareva non struggersi per lei almeno dieci volte al giorno gli era impossibile.
“Come hanno fatto ad entrare, secondo te?” Sirius lo distolse dai suoi pensieri
“Sicuramente non si sono smaterializzati. Ricordi tutti i nostri tentativi?”
“Non me ne parlare, mi viene da vomitare al solo pensiero. Una passaporta?”
“Anche quelle sono bloccate.”
“Un passaggio segreto!”
“Li conosciamo tutti, Felpato!”
“Proponi tu, allora.” James sbuffò
“Proprio non lo so. Forse l'incantesimo che impedisce la smaterializzazione è stato aggirato.” propose
“Be’, non sarò certo io a testarlo.” alzò le mani Sirius
“Vuoi farlo fare a me?” spalancò gli occhi l'altro
“Idea tua...” il Potter scosse la testa
“Brutto cane randagio” disse fermandosi. Si concentrò sull'ufficio del preside: i colori, l'odore, i mobili, si immaginò persino Silente che andava su e giù per la stanza come faceva spesso e fece il salto mentale. Si sentì come sulle montagne russe, quelle giostre babbane sulle quali i suoi genitori gli avevano fatto fare un giro diversi anni prima, ma – invece di durare un attimo – continuò a ruotare e ruotare senza smettere fin quando, finalmente, i suoi piedi non toccarono di nuovo terra
“Non funziona.” disse a Sirius che lo guardava barcollare divertito
“Direi che per trovare delle risposte dovremo aspettare.” continuò a ghignare mentre riprendeva a camminare “Non vomitarmi addosso.”
“Pensi che abbiano a che fare con Voldemort?”
“Ma li hai visti? Persino Mocciosus avrebbe i riflessi più pronti di loro.”
“Ora non esageriamo.” risero
“È vero, abbiamo appurato che idioti come Avery e Mulciber sono suoi scagnozzi, ma quei tre...”
“Nascondono qualcosa.” lo anticipò James “Di questi tempi non si è mai troppo prudenti. L'Ordine deve sapere che tre ragazzi sono riusciti ad infiltrarsi dentro Hogwarts. Senza contare la loro storia! Tre natibabbani, il 1° settembre, con i sostenitori di Voldemort che aumentano, che si trovano spensieratamente a Diagon Alley?” erano arrivati al gargoyle “Cioccolato alla banana.” la statua prese a girare. Quella sarebbe stata una tra le più assurde conversazioni con il preside. Il che era tutto dire.
***
Il dormitorio del sesto anno era così familiare da far credere ad Harry che quelli ad essere nella linea temporale sbagliata non fossero loro.
Legati come salami, erano stati disarmati e fatti sedere uno accanto all'altro con la schiena poggiata ai piedi del letto più vicino alla porta, mentre “i carcerieri” erano seduti guardinghi di fronte a loro. Da quando erano entrati, nessuno aveva aperto bocca: Hermione sembrava in cerca di una qualche spiegazione logica alla loro situazione, ma quando sei nel mondo magico non sempre ce n'è una; a Ron pareva stesse per scoppiare la testa, cercava di capire cosa stesse succedendo, ma – come gli altri, se non di più – brancolava nel buio più totale; Harry, invece, non poteva che fissare con astio quello che, una volta cresciuto, sarebbe stato la causa di tutta la sua infelicità. Minus se ne stava lì, a tremare come il viscido ratto che era sotto lo sguardo omicida del ragazzo e a cercare l'appoggio dell'amico seduto accanto a lui che passava lo sguardo da Codaliscia ad Harry con fare preoccupato. I tre maghi erano di nuovo stati coinvolti in qualcosa più grosso di loro: viaggiare nel tempo era pericoloso, Hermione gliel’aveva ripetuto fino alla nausea al loro terzo anno, ma perfino quell’assurda situazione non riusciva a distrarlo dal traditore che si ritrovava davanti; sapere che una frase detta a Sirius sarebbe bastata a risparmiare la vita ai futuri coniugi Potter, e sapere ancora meglio di non poter intervenire, lo uccideva dentro. “Non fidarti di Peter”. Sarebbe stato così facile… e invece continuava a fissare Minus e a risentire quell’urlo agghiacciante che i Dissenatori ebbero tanta cura di ricordargli anni prima.
Fu Lily a rompere il silenzio riportando il corvino alla realtà
“James c'è andato giù pesante,” sussurrò all'indirizzo di Remus “non credi?” accennò al leggero rossore lasciato sui polsi di Harry dalle corde
“Ne abbiamo già parlato, Lils.”
“Già, cionondimeno poteva evitare di usare la tattica prima colpisci, poi chiedi. Lui e quel maledetto incantesimo...”
“Aveva portato la mano alla bacchetta!” lo difese l’altro “Non dirmi che sei ancora arrabbiata per l'anno scorso.” fece una pausa “Ti abbiamo già spiegato che-”
“Lo so. Non sono arrabbiata.” un attimo di silenzio “O forse sì.” si corresse “Non lo so.” sbuffò “Se abbassasse un po' la cresta magari-” si bloccò quando si rese conto delle tre paia di occhi fissi su di lei, poi continuò a parlare in un sussurro, così che solo Remus potesse sentirla.
Adesso che aveva le pupille puntate sulla rossa, Harry si dimenticò di Minus potendosi finalmente concentrare sui fatti: per quanto ne sapeva era impossibile andare nel passato senza giratempo, eppure avrebbe scommesso qualsiasi cosa che quei ragazzi erano sua madre e i Malandrini. Ad eccezione del padre (che fino all’anno scorso credeva un eroe, e che adesso rischiava di essere declassato a detestabile bullo) anche i caratteri di tutti erano come si aspettava. Non poteva credere ai propri occhi, eppure eccoli là. Si era quasi istintivamente presentato come Dursley, forse perché essere Harry Potter l’aveva abituato al fatto che in certe occasioni è meglio non essere il famoso Prescelto. Una rapida occhiata ad Hermione era bastata a fargli capire che era nella strada giusta, così aveva deciso di cambiare anche il nome da purosangue di Ron in uno da natobabbano come Finnigan.
Mentre continuava a rimuginare su cosa fosse successo, non riusciva a smettere di fissare la madre con i suoi fluenti capelli rosso fuoco che le cadevano sulle spalle e gli occhi verdi così simili a quelli che vedeva ogni giorno allo specchio. Solo i sospetti movimenti di Ron poterono distoglierlo da quella visione paradisiaca: si muoveva quasi impercettibilmente, quando nessuno guardava, verso quella che sembrava una scheggia di vetro che spuntava da sotto il letto al quale erano appoggiati. Harry la riconobbe subito: era un frammento dello specchio con il quale Sirius e suo padre si tenevano in contatto quando erano lontani, ma in quel momento era solo uno strumento per tagliare le funi con le quali erano tenuti legati. Harry cercò di non fissare troppo l’amico in modo da non attirare l’attenzione, eppure aveva come l’impressione che tentare di fuggire non avrebbe aiutato i carcerieri a credere alla loro innocenza. Si stava ancora domandando se fermare o no Ron quando la porta prese ad aprirsi.
***
Spiegare dettagliatamente gli ultimi avvenimenti risulta difficile quando non si ha idea di cosa si ha appena visto.
Il preside ascoltò i ragazzi con pazienza, senza fare una piega. Se James non avesse conosciuto il carattere sempre calmo e composto dell’uomo avrebbe creduto che sapesse già tutto. Quando ebbe finito di esporre tutti i fatti, un silenzio innaturale irradiò tutto lo studio, rotto solo dalle suole dei Malandrini che non potevano evitare di spostare il peso da un piede all’altro. Silente, dal canto suo, si limitava ad allisciarsi la barba senza proferire parola. Dopo un tempo imprecisato – ore, dal punto di vista di James – il leader dell’Ordine si decise a parlare
“Sono arrivati in anticipo.” constatò solo. James non riuscì a credere alle proprie orecchie
“C’è qualcosa che lei non sa!?” disse quasi irritato Sirius. L’uomo rise
“Spero li abbiate trattati con gentilezza,” continuò divertito, forse immaginando la reazione dei Malandrini all’arrivo degli estranei “perché li affido a voi.”
“Li affida a noi.” ripeté James con voce monotona “Cosa sono venuti a fare qui? Da dove vengono?”
“Ogni cosa a suo tempo, signor Potter.” l’altro sbuffò, stanco delle solite, criptiche e non proprio risposte del preside
“Quindi dovremmo imboccarli, cambiargli il pannolino e magari farli giocare?” si alterò
“Sì,” rispose pacato il vecchio “e cosa più importante dovete addestrarli: renderli forti in battaglia, ma iniziate pure portandoli qui, domani, così che si possano ufficialmente iscrivere ai corsi.” James e Sirius continuarono a fissare il preside, sperando che aggiungesse qualcosa che li aiutasse a capire meglio la situazione, ma quello si limitò a congedarli “Ora potete andare.” fece cenno verso la porta “A domani” aggiunse poco prima che Sirius si chiudesse la porta dietro. Lasciarono la stanza non risparmiando qualche occhiataccia al pensiero che un nuovo compito gli era stato infisso sulle spalle: tenere d’occhio i tre natibabbani (se davvero lo erano); controllare ogni mossa dei Serpeverde più sospetti; capitanare la squadra di Quidditch (e farla vincere se il suo capitano non voleva un’insufficienza da parte della McGranitt); mantenere la media alta e – ovviamente – continuare a fare i malandrini come sempre per non insospettire nessuno.
Una volta in corridoio uscirono la Mappa e diedero una rapida occhiata: nei paraggi dell’ufficio del preside non c’era anima viva o morta, quindi decisero di fare a meno del mantello e rientrare con calma verso la Sala Comune mentre pensavano a cosa dire una volta arrivati al dormitorio.
***
Gli occhi di Sirius corsero subito verso Ron che si pietrificò all’istante ed Harry iniziò a pensare che quella generazione di maghi fosse in realtà un gruppo di alieni con sembianze da adolescenti. Bastò quello sguardo per far capire a tutti e tre che la fuga non era da prendere in considerazione e dal canto suo Sirius capì di averli in pugno.
Quando entrò anche James, il padrino di Harry si fece da parte per lasciare che l’altro andasse verso Hermione. Pur sapendo che sarebbe stato inutile, Harry era già pronto a scattare, convinto che suo padre stesse per iniziare un altro dei suoi inutili interrogatori e che alla sua amica sarebbe stato riservato il suo stesso trattamento. Invece, suo padre afferrò la bacchetta e con un rapido gesto sciolse le funi che la legavano; raccolse le loro e gliele consegnò. La strega non sapeva bene cosa fare, ma – esitando – si convinse a liberare i suoi compagni sotto gli sguardi attenti degli altri. Tutti – eccezion fatta per Sirius – studiavano James cercando di capire a che gioco stesse giocando, ma la sua espressione era indecifrabile
“Che significa?” decise di tentare Harry, James non rispose. Gli occhi nocciola saettavano per la stanza come se stessero leggendo dati invisibili, come cercando qualcosa da dire. Alla fine, però, il Potter sbuffò
“È inutile mentirvi.” si girò verso Sirius che gli rispose con un’alzata di spalle “Il preside vi stava aspettando. Ha detto di portavi da lui, domani, così che possiate iscrivervi all’anno accademico.”
Harry si rilassò visibilmente; predire un viaggio nel tempo era proprio da Silente.
“Quindi adesso che si fa?” intervenne Ron
“Questo.” disse Sirius per poi agitare la bacchetta e far apparire due letti in più nel dormitorio del sesto anno
“La ragazza tocca a te, Evans.” disse James prima di lasciare la stanza chiudendosi la porta del dormitorio alle spalle.
   
 
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