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Autore: Marti Lestrange    03/07/2020    10 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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6.

CAPITOLO SEI


 

Quella mattina, Teddy Lupin bevve più caffè del solito. Aveva dormito poco e male, sia perché il letto non era il suo, e il cuscino nemmeno, e perché gli mancava Victoire; sia perché non era riuscito a zittire la sua mente, presa com’era dall’indagine che stava conducendo e che si stava rivelando ben più complessa di quanto avesse immaginato solo cinque giorni prima. Ora sedeva alla sua scrivania, al castello, il bicchierone di caffè che gli aveva preparato Prudence che ancora fumava poggiato lì accanto, vicino ai verbali degli interrogatori, tutti spiegazzati per tutte le volte in cui Teddy li aveva riletti, cercando di cavarci fuori qualcosa di utile. 

L’idea che si era fatto era molto semplice: Jenkins era uscito dal suo dormitorio, ancora non sapeva per quale motivo, e, durante la sua peregrinazione notturna, aveva incontrato qualcuno, e lui e quel qualcuno si erano aggrediti - da lì l’incidente del ritorno di fiamma; l’altra persona doveva aver Trasfigurato il corpo senza vita del Serpeverde per poi buttarlo dentro il Lago Nero, sperando così di occultarne il ritrovamento. La Trasfigurazione doveva essere stata effettuata da uno studente del settimo anno, la McGranitt gli aveva confermato che nessuno studente più piccolo ne sarebbe stato capace, come già lui stesso aveva preventivato. 

A detta degli amici, la vittima era un ragazzo tranquillo e ligio al dovere, soprattutto considerando la sua carica di Prefetto, e studioso; a detta di altri, Jenkins era solo uno spocchioso pallone gonfiato bravo solo a fare la spia e a denunciare i suoi stessi compagni - e ad insultare pesantemente le altrui madri. Teddy propendeva per un compromesso, ché si sa, la verità sta nel mezzo, nonostante la conoscenza che pensava di avere di Albus Potter e, seppur in misura minore, di Scorpius Malfoy. 

Teddy poggiò il mento sul palmo della mano, il gomito puntellato sulla scrivania, e si guardò intorno, soffermandosi su alcuni appunti affissi alla lavagna. Nei due giorni precedenti, quando non era impegnato con qualche interrogatorio, aveva bazzicato in giro per la scuola a raccogliere dichiarazioni e impressioni degli studenti (di ogni studente che avrebbe potuto essere legato, direttamente o indirettamente, a Jenkins), solo per cercare di capire come giravano le cose tra i corridoi e nelle Sale Comuni, e qualcuno gli aveva fatto una confidenza interessante citando “il gruppetto di Albus Potter”. Davanti alla faccia interrogativa di Teddy, e alla sua richiesta di ulteriori spiegazioni, questo gli aveva raccontato ciò che sapeva sulla “cricca” di Potter, sul gruppetto, appunto, formato da lui, Scorpius, Rose e Roxanne Weasley, e Caitlin Finnigan - quest’ultima era una Grifondoro del sesto che però Teddy non conosceva. Si era quindi appuntato gli altri nomi, deciso a sentire cos’avessero da dirgli le tre ragazze. Aveva già intenzione di parlare con Rose, e infatti si erano dati appuntamento per quella mattina, durante un’ora buca della Grifondoro. Come aveva accennato ad Albus, l’aveva trovata strana, ed evasiva, e voleva andare a fondo e fare chiarezza. Ma soprattutto, voleva capire come mai né Albus né Scorpius gli avessero raccontato del loro gruppo, asserendo anzi di essere abituati a stare tra loro. Solo il giorno prima, Albus gli aveva risposto che sì, erano sempre stati loro due, lui e Scorpius, e non c’era mai stato nessun altro - a parte Rose, ma Rose era la fidanzata di Malfoy, e il ragazzo gli aveva fatto capire che era una sorta di extra, un’appendice. Le versioni dei due amici combaciavano, senza alcuna sbavatura, e ovviamente Teddy si era chiesto se non ci fosse sotto qualcosa, un piano preventivamente ordito per dire la stessa cosa e non fare così scappare nulla che avrebbe potuto comprometterli - nonostante Albus, e Scorpius in misura minore, non avesse fatto nulla per nascondere la sua avversione per Jenkins. 

Teddy, ora, si chiese, non senza un’allarmante urgenza e quasi un sottile disagio, se avrebbe dovuto sospettare di loro. Gli elementi di sospetto c’erano, visti i rapporti tra i due amici e la vittima, ma il dettaglio della Trasfigurazione ovviamente lo portava fuori strada, e lontano da loro.
 
Sentì bussare e girò il viso. Rose Weasley era inquadrata nel vano della porta, indossava la divisa ma era senza mantello, e a tracolla portava una borsa di pelle color cuoio, che sembrava molto pesante e che doveva contenere grossi volumi scolastici. Aveva legato i lunghi capelli rossi in una coda alta e gli sorrideva timidamente. 

«Posso? Sono in anticipo?»

«Rose!» esclamò Teddy alzandosi in piedi. «Vieni pure, entra e chiudi la porta, grazie.»

Rose obbedì e poi lo raggiunse alla scrivania, dove prese posto di fronte a lui senza essere invitata. Lasciò scivolare la borsa a terra e portò le mani in grembo, intrecciando le dita. Sedeva sulla punta della rigida sedia in legno, e sembrava sulle spine, un po’ come Benjamin Pucey seduto sui Knarl. 

«Il tuo collega non c’è? È da un po’ che ti vedo in giro tutto solo…»

Lui però non aveva visto Rose, e questo voleva dire che lei doveva averlo intravisto in giro per Hogwarts, ma aveva fatto finta di niente e si era defilata con prontezza. Rose dovette fare lo stesso pensiero, perché le sue guance si tinsero di rosa. Teddy era abituato a vedere Rose in un ambiente informale, alla Tana, dove si sentiva a suo agio, qui invece sembrava irrequieta, e vagamente agitata, proprio come quella sera a cena in Sala Grande. 

«Roger è tornato a Londra, doveva sbrigare alcune incombenze, e ha lasciato me qui a continuare le indagini.»

Roger era partito due giorni prima, quando Hestia Jones lo aveva richiamato al Dipartimento per compilare alcuni verbali, e montagne di scartoffie, e per recarsi al San Mungo a sbrigare alcune commissioni legate alla Magi-autopsia. 
Rose annuì e rimase in silenzio. Teddy sorseggiò il caffè e alzò il bicchiere in direzione della Grifondoro. «Scusa, ti dispiace se finisco il caffè mentre parliamo? È stata una lunga nottata…»

«No, no, nessun problema.» Rose gli sorrise e lui poggiò il bicchiere. Tirò fuori la Penna Prendiappunti e la sistemò su un foglio intonso. «Non preoccuparti della Penna», la precedette prima che avesse il tempo di notare qualche strana impressione. «È la prassi.» Rose annuì senza parlare, e lui diede un’ultima scorsa ai verbali di Scorpius e Albus, come a voler raccogliere le idee. Poi guardò nuovamente Rose negli occhi e la ragazza distolse in fretta i suoi dalle pergamene, quasi come se Teddy l’avesse beccata in flagrante a spiare dal buco della serratura.

«Sono i verbali di Albus e Scorpius», disse agitando i fogli. La ragazza lo guardò senza rispondere. «Dalle loro parole è emerso qualcosa di interessante», continuò grattandosi il mento. Doveva proprio farsi la barba. «Vuoi sapere cosa?»

Rose inclinò la testa. «Be’… sì…?»

Teddy incrociò le braccia sulla scrivania. «Tutti e due mi hanno fatto capire che non ci sono altri amici, che stanno tra loro, e poi ci sei tu, ma tu… com’è che ha detto tuo cugino?…» così dicendo prese in mano un foglio e lo scorse rapido, «… ah, ecco qui…: “mia cugina sta più con Scorpius, se capisci cosa intendo”», concluse abbassando la pergamena. «Io capisco cosa intendeva Albus, la vostra relazione è alla luce del sole, e capisco bene quali siano le dinamiche all’interno di un’amicizia quando uno dei due si fidanza… Le occasioni per stare insieme diminuiscono… niente più gite a Hogsmeade a fare i malandrini… molte volte ti tocca fare la candela…»

«Albus non si è mai lamentato della cosa», intervenne Rose.

«Oh, no, certamente, non davanti a te.» Teddy voleva cercare di provocare in Rose una reazione, ché magari sarebbe esplosa e gli avrebbe detto qualcosa di più sul cugino. «Ma ieri Albus sembrava infastidito, diciamo così.»

«Be’, certo gli sarà scocciato dividere Scorpius con me, ma non ha mai detto niente. Neanche a Scorpius, o lui me lo avrebbe detto», aggiunse in fretta, e quasi trionfalmente.

«Mh», rifletté Teddy. «D’accordo, mettiamo che sia così.» Fece una pausa e guardò per un attimo il soffitto dell’aula, come a voler raccogliere i pensieri. «Quello che è ancora più interessante è che ieri mi è stato raccontato della famosa cricca di Albus Potter, questo fantomatico e noto gruppetto di amici scavezzacollo che si diverte a gironzolare e fare malefatte e infrangere le regole. Tu ne sai qualcosa?»

Ora Rose si torceva le dita, che erano diventate rossissime. Si mise meglio a sedere e, dopo aver fatto vagare lo sguardo tutt’intorno a sé, tornò a guardarlo. «Chi te l’ha detto? Albus o Scorpius?»

Ah-ah, pensò Teddy. Ti ho presa nel sacco.
«Singolare», commentò. «Nessuno dei due.»

Rose lo guardò con un’espressione che sembrava voler dire “cazzo, mi aveva anche detto che tutti e due avevano negato l’esistenza di altri amici”, e Rose sapeva che lui sapeva. 

«Rose», cominciò quindi Teddy sporgendosi verso di lei. «Ti darò la possibilità di ricominciare da zero e di parlarmi del vostro gruppo. Preferisco sentirlo da te che da qualcun altro, capisci?»

Rose si toccò la coda di capelli, pensierosa. Poi annuì. «Non c’è molto da dire, in verità», iniziò. «Siamo amici, e facciamo cose. Cose tipo vederci e sparlare degli altri… bere qualche Burrobirra… e stare in compagnia. Niente di pericoloso o illegale, sia chiaro.» Teddy annuì, invitandola a proseguire. «Va avanti dall’inizio dell’anno scorso. Scorpius e io non stavamo ancora insieme, è successo dopo, quando mi ha chiesto di uscire e io ho accettato, quindi all’inizio ci frequentavamo da amici. Noi due e Albus. Poi si sono aggiunte anche Roxanne e Caitlin. Caitlin Finnigan», specificò. «Anche lei è del sesto Grifondoro.»

«Quindi vi limitate a stare tra voi, ho capito bene? E perché allora nessuno di quei due mi ha detto nulla? E, quando l’ho chiesto ad Albus, perché ha espressamente negato?»

Rose scosse la testa. «Non lo so, forse perché la loro posizione scomoda nei riguardi di Karl era già abbastanza…», tentennò, come a voler trovare il termine giusto, «… scomoda, non saprei come altro definirla… E quindi non volevano farti credere che avessimo un gruppo e che andassimo in giro a fare i bulli o cose così…»

«Andate in giro a fare i bulli?»

«NO!» esclamò con veemenza Rose. Poi si rese conto del suo tono e alzò una mano. «Scusa», aggiunse. «È che già mezza scuola pensa che lo siamo, e non mi importa, ma non mi va che sia tu a pensarlo.»

«Non lo penso», rispose Teddy, ripromettendosi però di tenerli d’occhio. «Però penso che appaia un po’ sospetta, tutta questa faccenda… Questo loro silenzio…»

Rose si alzò di scatto, e Teddy si allontanò per la sorpresa, andando a sbattere contro lo schienale della sua sedia. La ragazza si diresse ad una delle due finestre e guardò fuori. I vetri erano sporchi di polvere e appannati, ma si intravedevano il Lago Nero e la capanna di Hagrid. Ora lei gli dava le spalle e lui si limitò ad osservarla, in attesa.

«Noi non vogliamo attirare l’attenzione, okay?» disse infine la ragazza girandosi, le braccia incrociate sul petto. Sembrava giovanissima, ora. E lo è, pensò Teddy. «È solo che i nostri cognomi è come se fossero un’insegna luminosa appesa sopra le nostre teste, grande così», e spalancò le braccia per tutta la loro lunghezza. Poi le fece ricadere lungo i fianchi, stancamente. «E siamo stufi di venire additati, chi per una cosa, chi per l’altra, per questo teniamo un profilo basso, cerchiamo di vederci senza dare nell’occhio, ma immagino che le nostre interazioni non possano sfuggire ad un occhio attento.»

«Metà di voi è imparentata, è normale stare insieme. Avrei dato qualsiasi cosa per avere un gruppo di cugini così, ai miei tempi ad Hogwarts…»

Rose sorrise, ma era un sorriso amaro, il suo. «Non so, a volte penso che sia tutto troppo rumoroso, e affollato… A volte avresti solo bisogno di startene per conto tuo, ma non puoi.»

«Be’, sarà che andare a cena da Harry era il massimo del divertimento, per me… E passare alla Tana e stare con voi lo era ancora di più.» Inaspettatamente, Teddy si trovava bene, a parlare con Rose, e forse perché lei era capace di ascoltare, e a lui mancava così tanto Victoire che chiacchierare con sua cugina gli sembrava un po’ come chiacchierare con lei - trovava che quelle due si somigliassero più di quanto pensassero. «Ma non siamo qui per parlare di me, mi sembra», si affrettò però ad aggiungere. «Ora ti faccio una domanda che non ho fatto né ad Albus, né a Scorpius: dov’eri la sera del due gennaio?»

Rose distolse lo sguardo e si andò a risedere. «Dormivo.»

«E prima?»

«Prima… be’, dopo cena sono tornata in Sala Comune, e sono stata in compagnia di Rox e Cait… E poi siamo andate a dormire. Verso le dieci, mi sembra…»

Teddy annuì. «C’è qualcuno che può confermarlo?»

Ora Rose lo guardava e c’era qualcosa di duro al fondo dei suoi occhi, che Teddy non aveva ancora visto da quando era entrata in quell’aula e gli si era seduta di fronte. «Sono sospettata?»

«Rispondi alla domanda, Rose.»

La ragazza incrociò le braccia al petto, come a volersi difendere da lui e da ogni attacco le volesse sferrare. «Può confermartelo mezzo dormitorio di Grifondoro. Chiedi pure in giro.»

«Molto bene, allora», concluse Teddy. Tolse la Penna dal foglio e la poggiò sul ripiano in legno. Si stropicciò gli occhi e sospirò. «C’è qualcosa che vuoi dirmi, Rose? Come vedi, non verrà verbalizzato…»

Rose lo guardò, seria, silenziosa. Pensierosa. Poi scosse la testa con decisione. «No, ti ho detto tutto quello che sapevo.»

«D’accordo.» Si alzò in piedi, e la ragazza fece altrettanto. «Dovesse venirti in mente qualcosa…», aggiunse. «Qualche dettaglio, qualche idea… O dovessi sentire delle voci… Mi raccomando, fammelo sapere, okay?»

Rose annuì, nonostante a Teddy non sembrasse particolarmente collaborativa. Forse dentro di lei dubitava di potersi fidare di lui al cento per cento. E aveva ragione: Teddy faceva il suo lavoro, e aveva intenzione di portare a termine quell’indagine. 

«Teddy», iniziò Rose sulla porta, e lui alzò il viso a guardarla, e le ricordò James, quando quel mattino a colazione il ragazzo lo aveva richiamato e lo aveva fermato. Rose ora lo guardava con gli stessi occhi nocciola del cugino. «Anche noi eravamo contenti quando venivi a trovarci.»

Teddy non potè fare a meno di sorriderle, e lei uscì. 

 

 
Roxanne si richiuse la porta alle spalle e si incamminò a passo svelto lungo il corridoio, diretta allo scalone di marmo. Salutò alcuni compagni del Grifondoro che conosceva di vista, il sorriso tirato e l’andatura spiccia di chi ha fretta. La borsa dei libri le sbatteva contro il fianco, ma non se ne curò. Voleva solo raggiungere la vecchia aula al quinto piano e chiudere un’altra porta e tirare un profondo sospiro.

Teddy Lupin aveva voluto parlare con lei di Karl Jenkins e l’aveva riempita di domande riguardo il “gruppetto” di amici di cui faceva parte, e che comprendeva i suoi cugini Albus e Rose, più Caitlin e Scorpius. Roxanne non ne era rimasta sorpresa, Rose l’aveva avvertita e messa in guardia, e lei era riuscita a mantenere una certa disinvolta scioltezza per tutta la durata dell’interrogatorio, ma ora, una volta fuori, all’altezza dello stomaco le si era come formato un nodo, un intrico di budella stretto stretto che cominciava a pesare, mentre un bruciore insolito le risaliva lungo lo sterno e su su in gola, minacciando di farle vomitare anche l’anima. 

Raggiunse il primo bagno disponibile e si precipitò dentro un cubicolo giusto in tempo per sentire tutto il pranzo risalirle dallo stomaco per poi uscirle dalla gola in fiamme e riversarsi nel gabinetto, al quale si aggrappava come un’àncora in mezzo ad un mare in tempesta. Dopo che si fu svuotata, si accasciò sul pavimento, incurante dello sporco che le si sarebbe appiccicato alla divisa, e appoggiò la testa alla parete in legno che divideva gli ambienti, chiudendo gli occhi e cercando di regolarizzare il respiro. Si sentiva uno schifo.

Non era insolito, per lei, vomitare per colpa del nervosismo e dello stress, le succedeva piuttosto spesso, soprattutto il primo anno, prima di una lezione, o in vista degli esami finali; l’anno prima, in occasione dei G.U.F.O., era scappata in bagno prima dell’esame di Difesa Contro le Arti Oscure e il professor Thomas era stato gentilissimo nel darle la possibilità di partecipare nonostante il ritardo. Ricordava come fosse ieri quanto era stata male la vigilia della sua prima partita di Quidditch…: era al secondo anno, e allora il capitano era Connor
Finnigan1, il fratello di Caitlin, che l’aveva scelta ai provini ad inizio anno in mezzo a ben quindici aspiranti Cacciatori, e Roxanne, quel weekend di novembre, davanti alla prospettiva di giocare per la prima volta davanti a tutta la scuola e, per giunta, di dover affrontare i Serpeverde, aveva trascorso la notte prima dell’incontro in infermeria, perché era disidratata e quasi febbricitante, e meno male che Connor era riuscito a convincere Hannah Paciock2, l’infermiera (anche grazie all’intervento di Neville, il marito, direttore di Grifondoro e primo fan della squadra di Quidditch del suo dormitorio), a farla dimettere e permetterle così di giocare. Il Grifondoro aveva vinto, e quello era stato uno dei giorni più belli e felici della sua vita.

Roxanne si tirò in piedi e uscì dal cubicolo. Si avvicinò ad un lavandino e poggiò le mani sul bordo bianco e fresco, inspirando dal naso. Si riavviò i capelli sudati dalla fronte e si guardò nello specchio, leggermente arrugginito sui bordi e sbeccato qua e là. Si bagnò il viso con l’acqua fredda, e si chinò per bere dal rubinetto, sciacquandosi la bocca e la fronte. Sentì il cuore tornare alle sue normali pulsazioni mentre infilava i polsi sotto l’acqua corrente e il gelo la faceva tornare se stessa, come quando giocava a Quidditch in pieno inverno e l’aria ghiacciata la faceva concentrare e lei filava via veloce sulla sua scopa, verso le porte avversarie. 

Recuperò dalla borsa alcune Gomme 
Fredde3 (una delle invenzioni di suo padre, erano gomme da masticare che sprigionavano menta ghiacciata e il cui effetto durava fino a otto ore) e se ne ficcò un paio in bocca e chiuse gli occhi quando le ruppe e il liquido ne fuoriuscì, ma non poteva permettersi di incontrare Elena4 senza prima mangiare una Gomma Fredda. Il pensiero di Elena la fece subito star meglio, e si diede un’ultima occhiata nello specchio prima di uscire dal bagno, pettinandosi alla bell’e meglio con le mani i capelli ricci e scuri e dando una sistemata veloce alla gonna dell’uniforme. 

Raggiunse in breve tempo il quinto piano, e trovò Elena che l’aspettava nella loro aula vuota preferita, e nella quale erano solite vedersi quando volevano stare un po’ da sole. La Corvonero sedeva a gambe incrociate su un banco e leggeva un libro bello grosso e antico chinata leggermente in avanti, i capelli neri appuntati dietro un orecchio e la camicia dell’uniforme leggermente sbottonata, la cravatta bronzo e blu allentata. Il cuore di Roxanne perse un battito, come tutte le volte in cui la vedeva - come da quella prima volta in cui, tre anni prima, era caduta dalla scopa per colpa di un Bolide scagliatole addosso da un Battitore di Corvonero ed Elena era stata la prima a raggiungerla a terra, ed era venuta a trovarla in infermeria, e da quel giorno Roxanne non aveva mai smesso di pensare a lei. 

Elena Ridley alzò lo sguardo e le sorrise. «Oh, eccoti.»

«Scusa, sono andata un attimo in bagno», disse Roxanne chiudendo la porta. Mentre le si avvicinava, Elena richiuse il libro. La Grifondoro poggiò le mani sulle ginocchia dell’altra e le sorrise. «Cosa leggi?»

«Un libro di approfondimento che mi ha prestato il professor Vitious.»

«È per questo che sei andata nel suo ufficio?»

Elena annuì, i begli occhi scuri accesi di entusiasmo. «È interessantissimo, sai?»

«Immagino, guarda», rispose Roxanne con una risatina. «Magari me lo presti, quando lo finisci? Sai, per leggere qualcosa di leggero prima di dormire…»

Elena le pizzicò una spalla e Roxanne cacciò un urlo, per poi toglierle il libro di dosso e sporgersi verso di lei per baciarla. Elena rispose al bacio, afferrando le mani con cui Roxanne le aveva cinto le guance e mettendosele sui fianchi, mentre le loro lingue si cercavano voraci. 

«Aspetta, aspetta…» la fermò Elena, proprio mentre una delle mani di Roxanne stava risalendo verso il suo seno. «Gomma Fredda? Roxanne…»

Quest’ultima si staccò da Elena e la guardò in viso. «E allora?»

«E allora? Sei stata male di nuovo? Perché non me lo hai detto?»

«Certo, secondo te la prima cosa che ti dico quando ci vediamo è: “sai, Elena, ho appena vomitato l’anima in un bagno di sotto”?»

«Stiamo insieme, Roxanne», protestò Elena, ma Roxanne pensava che lei non capisse, ché lei non voleva appesantirla con i suoi problemi, non voleva angustiarla con le sue preoccupazioni, ché c’erano cose che proprio non poteva dirle, e che avrebbe dovuto custodire fino alla fine dei suoi giorni, un fardello che la faceva sentire marcia dentro, e che forse non le avrebbe mai dato tregua, mai, e non voleva, nel modo più assoluto, rovinare quei loro momenti insieme. Non voleva rovinare loro due, e tutto ciò che avevano. 

«Hei», continuò Elena scendendo dal banco in un balzo e afferrandole le mani. Cercò i suoi occhi, ma Roxanne non voleva farsi trovare, teneva i suoi bassi sul pavimento polveroso, le sopracciglia contratte. «Cosa c’è, eh? Sai che puoi dirmi tutto.»

«Non c’è niente, cosa dovrebbe esserci?» sbottò, la voce roca.

«Non prendermi in giro, mierda!» esclamò Elena cominciando a misurare l’aula a grandi passi, i capelli lunghi e scuri che le ricoprivano la schiena come un mantello lucente. «Capisco quando c’è qualcosa che non va, e sei troppo strana, ultimamente, Roxanne… Cosa ti succede?»

Roxanne sbuffò, e si sedette nel posto vuoto lasciato da Elena sul banco scricchiolante. Come faceva a dirglielo? Come? “Allora, l’altra sera sono uscita dal castello con Albus, Rose, Cait e Scorpius, ci siamo ubriacati e poi è spuntato Jenkins, sai, quel Prefetto coglione di Serpeverde, ha attaccato Albus e poi è successo che è morto, allora Rose è andata a chiamare James, James ha trasfigurato il cadavere in una pietra e poi Albus lo ha gettato nel Lago Nero. Ora hanno ritrovato il corpo e capisci che siamo tutti in paranoia, perché Teddy Lupin, che è un Auror, sta facendo domande, e ha voluto proprio parlare con me, prima. E ho dovuto dirgli un sacco di cazzate. E sono stata male proprio per questo motivo. Ecco, è tutto”. 

Elena era al corrente delle loro uscite “clandestine” dal castello, e sapeva che Teddy aveva voluto parlare con lei riguardo il loro “gruppetto”, ma niente di più. Non sapeva del FireWhisky e non sapeva della Mappa della Malandrino, e non avrebbe saputo mai e poi mai quanto era successo quella notte. Elena era un Prefetto, e Roxanne non voleva metterla nella posizione di scegliere tra lei e le regole.

«Un po’ di stress, penso», rispose quindi scrollando le spalle. «Sai, gli allenamenti ricominciano questo fine settimana, James ci vuole mettere sotto in previsione dei Tassorosso e ci mette un sacco di pressione addosso… E poi ci sono le lezioni, e—»

«Ma se i Tassi quest’anno fanno schifo», la interruppe Elena. Ora il suo tono di voce era stanco, e parlava lentamente, e non era da lei. «Me lo hai detto tu. Sarà un gioco da ragazzi per voi batterli. E segui pochissime lezioni, Rox… Non prendermi in giro.»

Roxanne sapeva bene con chi aveva a che fare. Elena Ridley era una delle persone più sveglie e intelligenti che conoscesse. Era nata in una famiglia di Babbani di origini spagnole, il padre lavorava come medico e la madre aveva un negozio da parrucchiera, dove lavava e acconciava i capelli alle signore Babbane, e una volta Elena l’aveva anche portata lì e la signora Ridley le aveva stirato i capelli solo con l’utilizzo sapiente di una spazzola e di un aggeggio dalla forma strana chiamato “phon”, dal quale usciva aria calda se solo lo si attaccava ad una presa
eclettica5 - o elettrica, non si ricordava mai bene. I signori Ridley erano brava gente, ridanciani e solari, sempre pronti a versarti un bicchiere di sangria fatta in casa e ad invitarti a cena. Elena aveva una sorellina più piccola, Monica, in trepidante attesa di sapere se anche lei avrebbe ricevuto la lettera da Hogwarts. La magia non si era ancora palesata in nessun modo, ma era possibile che fosse in ritardo, e lei non demordeva. Era sicura che sarebbe venuta ad Hogwarts, e sarebbe finita a Corvonero come sua sorella. Elena era incredibilmente dotata, una studentessa modello, la prima della sua classe, Prefetto (e molto probabilmente sarebbe diventata Caposcuola, l’anno successivo), e aveva ottenuto ben dodici G.U.F.O., un risultato raro e più che sorprendente. Era una delle persone più belle e gentili che Roxanne avesse mai conosciuto - ed era la sua ragazza, e in quel momento era lì, in piedi, e la stava guardando, e le chiedeva di dirle la verità, ma lei proprio non poteva. Non poteva e basta. 

Elena dovette capire, o almeno dovette capire la parte in cui Roxanne non le avrebbe detto niente, perché si riavvicinò al banco e ficcò il librone di Incantesimi nella sua borsa, stipato in mezzo ad altri sei o sette volumi e innumerevoli fogli di pergamena fittamente scritti. 

«Dove vai?» le chiese Roxanne, allarmata dall’espressione del suo viso.

«Me ne vado, devo finire un tema per il professor Bones, mi mancano ancora dodici centimetri, e mi devo preparare per il test propedeutico di Erbologia per lunedì», rispose, tesa, senza girarsi a guardarla.

«Non te ne andare, resta ancora un po’… Per favore», la pregò Roxanne. Sentiva le lacrime premerle agli angoli degli occhi: non avevano mai litigato, loro due, da quando si erano messe insieme, al termine della finale Grifondoro contro Corvonero dell’anno prima. “Abbiamo perso la coppa, ma io ho vinto te”, le aveva detto Elena dopo averla baciata. Quello era stato un altro dei giorni più felici della vita di Roxanne.

«Per cosa, Rox? Per finire a baciarci e fare l’amore per terra come al solito? Mentre ti guardo negli occhi e fingo che tu non mi stia dicendo cazzate? Non ce la faccio, mi dispiace», rispose Elena scuotendo la testa. «No puedo hacerlo, simplemente no
puedo6» Quando parlava spagnolo non era mai un buon segno, e Roxanne le afferrò una mano, in un ultimo, disperato tentativo. Elena alzò lo sguardo su di lei.

«Se riguardasse solo me, te lo direi, ma non posso, Elena. Non posso. E non voglio metterti in mezzo a questo casino, non te lo meriti.»

«Non dirlo come se lo stessi facendo per proteggermi, non ho bisogno di essere protetta. Stai proteggendo solo te stessa.»

Roxanne scosse la testa. «Elena, te lo chiedo per favore…»

Elena sfilò la mano da sotto quella di Roxanne e la guardò un’ultima volta negli occhi. «Quando vorrai parlare, sai dove trovarmi. Lo
siento6», aggiunse sussurrando prima di voltarle le spalle e lasciare l’aula. 

La mano di Roxanne ricadde sul banco, spenta e inerme. 

 

 
Hogwarts, maggio 2022

«Potter contro 
Scamandro7: è ormai un testa a testa, questo!»

Roxanne si immobilizzò, e con lei entrambe le squadre di Grifondoro e Corvonero. Tutti si voltarono verso i due Cercatori: il primo, vestito di rosso, era alto e muscoloso ma magro e scattante, l’altro sembrava invece ancora più piccolo di quanto già non fosse, nella sua uniforme blu, il corpo appiattito sulla scopa nello sforzo di stare al passo. Era un testa a testa, proprio come aveva detto suo cugino 
Hugo8, il cronista. 

«Il piccolo Scamandro è stato un ottimo acquisto, per la squadra di Corvonero», sbraitò Hugo. «Veloce e rapido, ha dato del filo da torcere a Cercatori molto più esperti di lui, quest’anno. Ci aspettiamo grandi cose… E intanto la battaglia per il Boccino continua, e James Sirius Potter guadagna sempre più terreno… Si allunga sulla sua scopa…  Una Firebolt 3000, signore e signori… Allunga una mano… Ancora un po’, James… E PRENDE IL BOCCINO! GRIFONDORO VINCE! BATTE IL CORVONERO CON UN PUNTEGGIO DI 200 A 20! GRIFONDORO VINCE LA COPPA DEL QUIDDITCH!»

Hugo non aveva quasi ripreso fiato, ed esplose in un boato, e lo stadio con lui, quando James afferrò il piccolo Boccino d’oro e risalì dalla sua picchiata con il braccio alzato, il pugno chiuso, e un sorriso di pura estasi e felicità dipinto sul viso. Roxanne e il resto della squadra di Grifondoro gli volò incontro e gli si accalcò addosso, in un intrico di gambe, braccia e manici di scopa. Quello era il primo anno senza il leggendario capitano - e Cacciatore - Connor Finnigan, che tante volte aveva portato Grifondoro alla vittoria; quello era il primo anno di James da leader della squadra, e aveva vinto. Loro avevano vinto.

Scesero tutti a terra, dove il dormitorio di Grifondoro al completo li travolse per festeggiarli e portarli in trionfo. Roxanne non capiva più nulla. Riuscì a cogliere Caitlin Finnigan che correva incontro a James e lo abbracciava, prima che il Capitano venisse trascinato via: Alexander 
Baston9 (il portiere), Michael McLaggen9 (uno dei Battitori che aveva preso il posto di suo fratello Fred) e Rose, che giocava come Cacciatrice, lo circondarono e, coadiuvati da alcuni compagni, lo presero in braccio per portarlo in giro per il campo, alto sopra le loro teste, in un tripudio di urla, festeggiamenti, e cori di «perché Potter è il nostro re!10» 

Prima di essere investita a sua volta, Roxanne intravide suo cugino Louis, l’altro Battitore, baciare con veemenza sulle labbra una sorpresa Lynn 
Collins11, la minuta Cacciatrice che era subentrata a Connor Finnigan proprio quell’anno e che aveva dato loro numerose soddisfazioni.
 

Intanto, Elena Ridley le aveva gettato le braccia al collo, e Roxanne si ritrovò ad abbracciarla tenendola per i fianchi, mentre il cuore le batteva all’impazzata. Cosa ci faceva lì, Elena? Era una Corvonero, sarebbe dovuta rimanere con la sua Casa, a leccarsi le ferite per la sconfitta…

«Che ci fai qui? Nella tana del leone?» le chiese quindi.

Elena le scostò i capelli sudati dalla fronte e le sorrise, con quel suo sorriso bellissimo che a Roxanne faceva girare la testa. «Non potevo non venire a congratularmi con te…»

«Avete perso la coppa, Elena», le ricordò. 

Elena scosse la testa, senza smettere di guardarla, e Roxanne fece lo stesso, anche lei non riusciva a smettere di guardarla, e avrebbe voluto guardarla per tutta la vita, per sempre, senza smettere mai. Sentiva il seno di Elena premere contro il suo, e le sue mani erano poggiate sui suoi fianchi, e non erano mai state così vicine… così esposte…

E poi, in un attimo, Elena la baciò. Roxanne rispose prontamente a quel bacio, nonostante la sorpresa. Non aveva mai baciato nessuno, prima di quel momento e, quando la lingua di Elena le schiuse le labbra per insinuarsi nella sua bocca, Roxanne sentì un fuoco dirompente sbocciarle dappertutto, dalla testa fino alla punta dei piedi, e avrebbe tanto voluto toccare il corpo di Elena, toccarlo dappertutto, ma si ricordò di dov’erano e cercò di controllarsi. Elena, forse leggendole nel pensiero, o forse spinta da un’esigenza dettata dalla sua stessa cognizione, si ritrasse, e Roxanne tornò a respirare, sconvolta e con la testa che le girava. 

«Abbiamo perso la coppa, ma io ho vinto te», le sussurrò quindi la Corvonero sulle labbra prima di prenderla per mano.

Roxanne le sorrise e, fronte contro fronte, rimasero lì, in mezzo al campo e al caos dei festeggiamenti, almeno fino a quando Roxanne non venne richiamata per la consegna della coppa alla squadra di Grifondoro. Si divisero, ma fu solo per poco.

 


Note:
1. Connor Finnigan: ex Grifondoro, fratello maggiore di Caitlin Finnigan; personaggio di mia invenzione. 
2. Hannah Paciock: Hannah Abbott, che è diventata Paciock dopo il matrimonio con Neville; sulla Wiki dice che Hannah ha studiato come Guaritrice e si è candidata al posto che era stato di Madama Chips, ad Hogwarts; ora, non sappiamo se Hannah abbia effettivamente ottenuto il posto, ma io ho immaginato di sì.
3. Gomme Fredde: come spiego nel testo del capitolo, sono delle gomme da masticare alla menta il cui effetto però dura molto di più di quanto duri una gomma da masticare Babbana; sono di mia invenzione.
4. Elena Ridley: Corvonero del sesto anno; personaggio di mia invenzione.
5. Ecleticca: questo è ovviamente un omaggio a nonno Arthur.
6. “No puedo hacerlo, simplemente no puedo”/“Lo siento”: "non posso farlo, proprio non posso/mi dispiace"; con lo spagnolo sono parecchio arrugginita, perdonate eventuali imprecisioni.
7. Scamandro: Lysander Scamandro, Corvonero del terzo anno, gemello di Lorcan, figlio di Luna Lovegood e Rolf Scamandro. 
8. Hugo: Hugo Weasley-Granger, che ho pensato di impiegare nel ruolo di cronista delle partite di Quidditch. 
9. Alexander Baston/Michael McLaggen: Grifondoro del sesto anno; il primo è figlio di Oliver Baston, il secondo di Cormac McLaggen; personaggi di mia invenzione.
10. “Perché Potter è il nostro re!”: ovviamente, non c’è nemmeno da specificarne la provenienza.
11. Lynn Collins: Grifondoro del quinto anno; figlia di Cho Chang e James Collins (Babbano); personaggio di mia invenzione.


Buon pomeriggio e ben ritrovati con il solito aggiornamento settimanale del venerdì! Spero che questo capitolo sei vi sia piaciuto. Rose è stata interrogata da Teddy, e credo che questo sia l’ultimo interrogatorio che vi racconterò puntualmente. Cosa ne pensate di Rose? Fatemi sapere. Inoltre, conosciamo un nuovo personaggio, uno degli OC presenti in questa storia, oltre Caitlin Finnigan, che avete già conosciuto (ne manca uno, ma arriverà presto): sto parlando di Elena Ridley, Corvonero del sesto anno, fidanzata della nostra Roxanne. Personalmente, ho amato scrivere di Elena, e spero tanto che vi sia piaciuta tanto quanto piace a me - che però sono di parte, ovviamente XD


Il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti, e ritroveremo entrambi i fratelli Potter con alcuni colpi di scena particolarmente interessanti, quindi non mancate 😉 


Nelle note allo scorso capitolo vi avevo accennato ad una Lucius/Narcissa, purtroppo non sono riuscita a pubblicarla, credo che arriverà a metà settimana, a questo punto, ma ieri ho scribacchiato una piccola flashfic su Rabastan Lestrange, vi lascio il link qui, per chiunque sia interessato a dare una lettura e magari un parere.


Concludo questo papiro ringraziandovi come sempre per il tempo e l’entusiasmo che state dedicando a questa storia, mi fate davvero felice. Se volete mi trovate su instagram.

Alla prossima settimana, Marti.
   
 
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