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Autore: Saeko_san    05/07/2020    1 recensioni
E' passato diverso tempo dalla conclusione di Bleach, ma ci sono attimi e concetti che difficilmente Tite Kubo ci ha fatto dimenticare. In questa raccolta di one-shot, la storia di Bleach verrà ripercorsa sotto diversi punti di vista, per poi arrivare ad un'unica, grande conclusione: "siete lupi, siamo lupi. E i lupi non ululano mai da soli".
| 16 os first published on EFP between 2012 and 2014 |
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin Ichimaru, Jaggerjack Grimmjow, Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Urahara Kisuke
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Vol. 14:
FRAGMENTS OF A STORY TOLD
It’s a repeat of a story told, it’s a repeat and it’s getting old
 
 
 
Sto morendo.
Sto veramente morendo.
 

L’ho guardata ansimante in mezzo alla strada di terra battuta, quel giorno. Faceva caldo, tanto caldo, io avevo fame e avevo con me della carne, l'unico mio pasto della giornata, mentre lei se ne stava ferma e immobile, sdraiata al sole, i capelli ramati appiccicati sul volto sudato. Era svenuta.
Sapevo che anche lei aveva fame, anche lei aveva potere spirituale, lo avvertivo raggiungermi e corrermi sulla pelle, facendomi rabbrividire, nonostante il caldo. Mi sono avvicinato e le ho messo l’unico pezzo di carne secca che avevo davanti alle narici; l’odore l’avrebbe fatta sicuramente rinvenire.
Infatti ha aperto gli occhi, con una lentezza infinita, e mi ha guardato con le sue grandi pupille cerulee.
 
-Ehi- le ho detto –Il fatto che tu sia svenuta per la fame significa che ce l’hai anche tu, vero?-.
 
Lei mi ha guardato interrogativa e ho completato la mia domanda:
 
-Il potere?-.
-Anche tu?- ha fatto lei, con una voce limpidissima e bella, quasi sollevata che ci fosse qualcuno come lei.
 
Era la più bella voce che io avessi mai ascoltato fino a quel momento.
 
-Sì, anch’io- ho risposto, sorridendo mesto.
 
Per due piccole anime di uno dei distretti più poveri di Rukongai era tanto un bene quanto una maledizione, il potere: un bene, perché permetteva di cavarsela in mezzo alle avversità; una maledizione, perché le avversità picchiavano a muso duro, se si trovavano davanti ad un bambino con poteri spirituali. Eravamo diversi da quei poveri morti di fame.
 
-Ichimaru Gin- mi sono presentato, mentre continuavo a porgerle il pezzo di carne, deciso a farglielo ingurgitare e a rimanere digiuno, quel giorno.
-Piacere di conoscerti- ho concluso.
 
Una nuvola adombrò per un attimo i nostri volti.
 
-Gin- disse lei –Strano nome-.
 
 
Aizen, non sono un pezzo di stoffa, sai?
Voglio dire, sento dolore, quando perfori il mio corpo
e non avevi bisogno di staccarmi il braccio, davvero.
Non ero abbastanza ferito, vero?
 
 
L’atmosfera si era rinfrescata. Io ero nascosto in un cespuglio e la luna notturna illuminava la piccola radura di fronte a me. Stavo osservando gli uomini che quella mattina avevano picchiato Rangiku poco lontano dal confine ovest del nostro distretto. Erano tutti shinigami, shinigami infami.
Un tipo alto, slanciato, coperto da un cappuccio nero si era avvicinato a loro e i bastardi si erano inginocchiati, disponendosi a cerchio intorno a lui. Uno di loro gli porgeva qualcosa, una pietra forse, tonda e perfetta, luminosa persino, mentre lui si toglieva il cappuccio.
Una luce violetta ha illuminato il suo volto: un uomo dai capelli castani, con degli occhiali neri e quadrati sul volto e un ghigno furbesco sulla bocca.
Un uomo malvagio.
 
-A voi, Aizen- ha detto l'uomo, passandogli l'ggetto misterioso, mentre lui sorrideva soddisfatto.
 
Aizen.
Eccolo, è lui. Lui è il capo.
Me lo sarei ricordato. Gli shinigami in combutta con lui avevano osato far del male all’unica persona che mi stava vicina da quando mi ero ritrovato a Rukongai.
Non sarebbe andato lontano.
 
 
Se non stessi morendo, riderei,
a causa dell’ironia della situazione:
sono Gin Ichimaru, sono il tuo vice-capitano,
sono il vice-re di Las Noches,
sono quello che ha tradito la Soul Society con te e Kaname Tousen;
sono un traditore senza coscienza.
 
 
La neve scendeva silenziosa e fredda sulla nostra casupola. Io avevo deciso. Avevo addosso la casacca che avevo preso ad uno shinigami morto lì vicino, dunque mi ero risolto ad uscire.
Mi ero incamminato da poco fuori, lasciando tracce di passi felpati sulla neve, quando una voce mi ha chiamato.
 
-Gin- ha detto Rangiku –Gin, dove vai?-.
 
Ho avuto un sussulto e per poco la veste che mi copriva le spalle non finiva nella neve.
 
-Ma quelli sono vestiti da shinigami- ha sussurrato, spaventata.
-Ho deciso, Rangiku- le ho detto io, senza voltarmi. L’ho sentita trattenere il respiro.
-Diventerò uno shinigami-.
-Ma..- ha sussurrato ancora.
 
Un piccolissimo spicchio di luna è stato d’improvviso scoperto dalle nuvole e io mi sono voltato appena di profilo per guardarla in volto.
 
-Così non dovrai piangere mai più, Rangiku-.
-Ma Gin!-.
 
Ho cominciato a camminare il più velocemente possibile; sapevo che sulla neve lei aveva difficoltà a muoversi decentemente.
 
-Gin- continuava a chiamarmi.
-Gin!- sembrava un grido.
-Gin!- sarei potuto morire in quel momento.
-Gin!- per lei, e solo per lei, lo facevo.
-Gin!- l’ultimo grido che ho sentito.
 
Mi sono addentrato nel freddo della foresta in direzione della Seiretei. Sapevo di averle dato uno dei dolori più grandi della sua vita, ma non potevo fare altro.
Lì, noi, non avremmo concluso nulla.
Il cuore mi diede una grande fitta di dolore, mentre l’odore delle foglie bagnate di neve mi entrava nelle narici e il buio m’avvolgeva.
Mi sentivo una serpe strisciante, pronta a mordere; anzi, avevo già morso. E i miei denti erano rimasti nella carne della mia Rangiku.
Avevo una goccia di sangue sulla guancia.
 
 
Sono quello che voleva ucciderti e cancellarti da questo dannato mondo.
E cosa ho ottenuto?
Una semplice morte. Ora che sto morendo,
mi pento di tante cose.
Ma il mio più grande rammarico è quello di non essere riuscito ad ucciderti,
ovviamente.
Alla fine, anche se sono un Capitano,
posso dire di essere debole.
Non ho salvato Rangiku, non sono stato in grado
di restituirle ciò che le era stato tolto:
la sua libertà e la sua sicurezza.
 
 
-Gin, finiscila tu- mi ha detto Aizen.
 
Infido bastardo.
Eppure, ho sorriso in maniera irritante, come solo io sapevo fare. Gli angoli della mia bocca, mentre crescevo e diventavo shinigami, sotto gli occhi attenti di Aizen, erano divenuti spigolosi, fastidiosi e soprattutto rigidi.
Il mio sorriso, che da bambino faceva in modo che mi si chiudessero leggermente gli occhi, era diventato il ghigno di un cobra dagli occhi perennemente stretti in una morsa mortale.
Ho alzato una mano, pronto a colpire.
Un’altra mano si è avvolta intorno al mio polso e lama di una spada mi è passata sul collo.
 
-Non muoverti-.
 
La sua voce, la sua bellissima voce.
Era stata una grande felicità e insieme un’enorme disdetta ritrovarsi Rangiku nel Gotei 13. Tanto più che era diventata luogotenente di Toshiro Hitsugaya, il Capitano della Decima Compagnia, a cui stavo più antipatico che ad altri, da quando mi trovavo lì, tra gli shinigami.
E ora lei mi teneva stretto per non lasciarmi sfuggire; ero un criminale, avevo tradito.
E, cosa più orribile di tutte, avevo tradito colei che tentavo di salvare.
Una luce dorata ci avvolse, mentre un grande flusso di reishi faceva pressione sulla pelle della shinigami perché mi lasciasse. E infatti venne respinta poco lontano da me, mentre la terra sotto i miei piedi si cominciava a staccare.
 
-Questa è una piccola sfortuna- ho detto, mentre avevo ancora il braccio alzato per colpire qualcosa che non era il mio obiettivo.
 
Lentamente l'ho abbassato, mentre avvertivo la reiatsu di lei che si alzava di paura, tensione, sorpresa.
 
-Se solo mi avessi trattenuto un poco di più…- ho sospirato, in maniera tale che solo lei, che era appena dietro le mie spalle, potesse sentirmi.
 
Mi sono girato, stavolta mi sono girato, e l'ho guardata.
 
-Addio, Rangiku-.
 
I suoi occhi azzurri mi hanno fissato pieni di rimpianto. Il rame dei suoi capelli svolazzava impazzito intorno al suo volto.
 
-Scusami- ho saputo solo dire.
 
Poi la terra si è staccata e mi ha portato, insieme a Kaname Tosen, verso il vero traditore, Sosuke Aizen.
 

 
Sento qualcuno gridare.
È la sua voce, è la voce di Rangiku, posso riconoscerla
nei miei ultimi momenti di lucidità.
Sta piangendo di nuovo.
Sono veramente un uomo pessimo.
Perché la faccio sempre piangere?
 

Qualcosa ha fermato lo strano bastone del tipo coi rasta, che pensava di poter uccidere il Capitano con così poco, che illuso.
Un reiatsu conosciuto, dalla fragranza fresca, mi è arrivato alle narici.
Rangiku era lì.
 
-Aizen, Gin- ha detto la sua voce affaticata.
 
Il sudore le imperlava la fronte, rendendola lucente come un diamante, lì, tra le rovine di Karakura Town.

-Sono arrivata in tempo- ha detto.
 
In tempo per cosa?
 
-Rangiku- ho sussurrato.
 
Ero in preda la panico. Cosa dovevo fare? Perché si presentava lì?
Ritardava il mio omicidio e mi costringeva a ucciderla.
No.
Lei ha scambiato delle battute con i tipi che io e Aizen abbiamo fermato ed è riuscita a mandarli via. Ancora mi stupivo di come il mio nemico non avesse fatto nulla, in quel frangente.
Il suo sguardo azzurro ha incrociato quello di Aizen. Forse c’era una possibilità, una sola. Avevo in mente qualcosa, dunque mi sono calmato.
 
-Qualcosa non va?- ha sussurrato il traditore –Non ti piace parlare con me?-.
 
Dovevo agire.
 
-Capitano Aizen- ho detto –Le chiedo scusa per l’intromissione della mia vecchia amica. Mi occuperò io di lei-.
 
Lo slancio non mi ha fatto perdere di vista l’obiettivo finale: la sua morte e la distruzione dell’Hogyoku.
 
-Bene- mi ha fatto lui, guardandomi di sottecchi e con un sorriso appena accennato –Non importa, abbiamo molto tempo. Va’ e dille quello che vuoi-.
 
Infame.
 
-Sarà una scocciatura, non è vero?-.
-Neanche un po’- mi ha risposto lui, beffardo.
 
Ho fatto un balzo, e l’ho trascinata via di lì.
 
 
E poi, qualcun altro è ritornato.
È Ichigo, giuro di poterlo vedere dall’asfalto su cui sono adagiato.
Il suo sguardo è fermo, sicuro. Non sento alcuna energia spirituale
provenire da lui.
Ha raggiunto un livello più alto di te, Aizen.
Posso lasciargli tutto il resto.
Ti ucciderà, senza spendere una parola di più,
ne sono sicuro.
 

-Lasciami andare- ha gridato lei.
 
L’ho lasciata, come voleva. È atterrata sul tetto di un palazzo sotto di noi; il cielo azzurro ci avvolgeva.
Ansimava, ansimava pesantemente, come il giorno del nostro primo incontro, quando stava sdraiata per terra, svenuta per la fame.
 
-Non ti reggi in piedi. Cosa sei venuta a fare?- le ho chiesto con un ghigno, anche se mi preoccupava da morire il suo stato.
 
Ha cominciato a parlarmi delle sue supposizioni riguardo il senkai, che si erano rivelate giuste.
Non capiva.
 
-Non ti ho chiesto di dirmi come sei arrivata qui-.
 
Il suo sguardo è diventato di fuoco, come i suoi capelli.
 
-Ti ho chiesto il motivo per cui sei venuta qui in quelle condizioni-.
-Non è ovvio?-.
 
Ovvio cosa? Che ha detto?
 
-Perché tu sei qui-.
 
Oddio.
Stavo aprendo gli occhi.
 
-Finalmente te lo chiederò apertamente- ha continuato.
-Perché lavori per Aizen?-.
 
Boom, silenzio. Non potevo credere che avesse rischiato così tanto per venirmi a chiedere questo. Poteva morire sul serio e mandare a monte qualsiasi cosa.
 
-Perché hai tradito Kira, nonostante credesse così tanto in te?-.
 
E continuava.
 
-Mi stai davvero chiedendo questo?-.
-“Io credevo in lui, eppure mi ha tradito”- un sorriso si è allargato sul mio volto –Izuru ha davvero detto questo?-.
 
Era rimasta pietrificata.
 
-Davvero, perché sei venuta qui?-.
 
Mi sono avvicinato a lei, come se dovessi abbracciarla. Quanto avrei voluto, anche solo per sfogare ogni mia tensione e affrontare l’ultima prova della mia vita, consacrata alla sua salvezza, a testa alta, invece che strisciando come una biscia.
Ma non potevo.
L’ho sentita sospirare, mentre le ponevo una mano sopra il ciondolo che portava all’altezza del seno.
Se fosse andato storto qualcosa, non avrei più potuto toccare la sua pelle, così liscia e levigata.
 
-Andiamo, Rangiku-.

Ho sfoderato Shinso, pronto a usare la tecnica dell’Hakufuku, e lei nemmeno se ne è accorta.

-Mi sei nei piedi-.
 
Non ha fatto nemmeno un gemito, quando l’ho pugnalata.
Meglio così; quando si fosse risvegliata e tutto fosse finito, non avrebbe sentito alcun dolore.

 
 
“Perdonami, Rangiku”.
“Addio”.
Ricordo quelle parole, Rangiku.
Ora tu sei sopra di me, stai piangendo per me
e io so che non potrò stare con te ancora a lungo.
Ma il mio cuore, e solo il mio cuore, resterà con te.
Sì, per sempre.
Non sto veramente morendo,
se posso rimanere con te ancora per un po’.
Sono contento di essermi scusato.
Ti amo, Rangiku.
 
 
“Io sono un serpente. Con la pelle fredda, senza alcun sentimento, che striscia attorno, cercando le sue prede con la lingua, inghiottendo quelle che sembrano saporite. Questo è il tipo di creatura che sono”.
Le mie parole ad Aizen furono queste, il giorno del nostro primo incontro.
Eppure, questo serpente ha il sangue che ribolle nelle vene, anche nella sua ultima morte.
 
-Gin!- quel grido mi risuona nella mente.
 
L'ho vista scendere dal cielo. Esistono davvero gli angeli professati dagli uomini occidentali, dunque?
Aveva le lacrime agli occhi, che sembravano confondersi con il colore del cielo, i suoi capelli mi avvolgevano in una stretta protettiva.
Rangiku.
Non ha funzionato.
Non sono riuscito a restituirti quello che ti era stato tolto.
Lo sapevo.
Sono felice di essermi scusato con te, quel giorno.
Addio, di nuovo.
L’ultima cosa che ho visto è stato l’azzurro.
Poi il buio.
 






 

If you were to turn into a snake tomorrow,
and began devouring humans,
and, from the same mouth that had devoured humans,
you cried out to me
“I love you”,
will I be still able to say “I love you”
the same way I do today?[1]





 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 47: END OF THE CHRYSALIS AGE, Gin Ichimaru



























Note di Saeko:
questa domenica sta passando in un lampo e mi sembra tardissimo per pubblicare un aggiornamento (disse quella che per la sua long, pubblicava alle 22 di domenica sera ma ok); eppure eccomi qui, con una storia trita e ritrita su Gin, sulla sua morte e su Rangiku; sono consapevole che già la prima one-shot di questa raccolta è stata dedicata a questi argomenti, eppure qui ho fatto qualcosa di diverso, ovvero l'introspezione totale su Gin; la one-shot è stata pubblicata per la prima volta il 21/08/2013 qui su Efp e non è stata minimamente modificata; ho però aggiunto una parte in più, ovvero quella in corsivo al centro del testo, che altro non è che una mia traduzione di una introspettiva sempre dedicata a Gin che scrissi una vita fa su tumblr, direttamente inglese - questa stessa one-shot, ricorretta e pubblicata sempre in inglese è stata postata quest'anno, il 20/04/2020, sul mio account di Ao3 e la potete trovare qui.
La frase riportata dal tankobon n. 47 di Bleach questa volta è in inglese perché lessi quel volume quando ero in Inghilterra, d'estate e la frase mi si stampò a fuoco nella mente; come dice una mia carissima amica, io sono una persona da "frasi stampate a fuoco nella mente" e a tutt'oggi non sono in grado di leggere la versione italiana senza provare del cringe, perché alle mie orecchie suona comunque meglio nella versione inglese (questo per farvi capire il mio grado di apprezzamento per Gin, che è pari a quello di Grimmjow).
E dunque, ragazzi miei, io me ne vo e ringrazio tutti i miei lettori silenziosi e non per avermi sopportata sino a qui.
A venerdì!

Saeko's out!
  
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