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Autore: Kimando714    08/07/2020    2 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 53 - NOTTE DI MEZZA ESTATE (PT. 1)




 
Un inaspettato brivido di freddo lo fece svegliare in quella che era, a tutti gli effetti, la prima mattina lì a San Nicola.
Pietro tenne le palpebre abbassate, cercando con i piedi il lenzuolo del letto che aveva scostato durante la notte, quando si era ritrovato troppo accaldato in quella stanza minuscola dove c’era un unico misero ventilatore da soffitto che faticava a far girare costantemente le pale.
Si chiese, la mente ancora assopita per il brusco risveglio, perché diavolo stesse sentendo così tanto freddo: era metà agosto e c’erano stati almeno quasi quaranta gradi per tutto il giorno precedente. Doveva essersi malato durante la notte.
Si decise ad aprire gli occhi pigramente, incontrando subito il comodino al lato del suo letto; allungò un braccio a fatica verso il suo telefono, sbloccandone il display per controllare l’ora: erano passati pochi minuti dopo le nove, e ne mancavano ancora diversi al suono della sveglia.
Nella penombra della stanza, dovuta alla persiana della portafinestra quasi completamente abbassata, fu sicuro che nessun altro si fosse già svegliato oltre a lui: riusciva a percepire il respiro regolare di Alessio, all’altro lato del letto, così come quelli più distanti di Alberto e Gabriele.
Pensò di fare lo stesso: riaddormentarsi ancora per pochi minuti, prima di alzarsi, far colazione e prepararsi per andare alla spiaggia di San Domino.
Aveva già richiuso gli occhi, quando all’improvviso sentì la porta della stanza aprirsi di colpo, e dei passi di qualcuno farsi largo al centro dello spazio.
Aprì gli occhi di scatto, ma incapace di alzare il busto per essere ancora troppo intorpidito dal sonno si limitò a girarsi verso il nuovo arrivato, fermo in mezzo al letto matrimoniale e a quello a castello.
-Ma chi cazzo è l’idiota che fa tutto questo casino?- la voce biascicante di Alberto parve più seccata che allarmata.
-Io, per l’esattezza-.
Pietro riconobbe il timbro di Filippo all’istante, anche se aveva già qualche sospetto fosse lui dalla fisionomia a malapena distinguibile dalla luce fioca presente nella stanza. Lo sentì sbuffare ancora:
-State ancora dormendo … Ma a che ora avete puntato la sveglia, tanto per sapere?- sbottò con fare innervosito – E vi siete pure dimenticati di chiudere a chiave la porta della camera. Dove cazzo avete la testa? Poteva entrare chiunque!-.
Pietro non riuscì a non pensare che non avesse del tutto torto.
Filippo fece qualche passo in avanti, arrivando alla finestra e iniziando ad alzare la persiana. Qualche secondo dopo Pietro si ributtò con la testa sul cuscino, gli occhi serrati per non essersi ancora abituati alla luce. Accanto a lui sentì Alessio mugolare, forse sul punto di risvegliarsi.
-In realtà per stamattina cambierebbe poco il fatto che siete in ritardo- proseguì Filippo, ora decisamente più distinguibile – Dovremo rinunciare al mare-.
Gabriele sbadigliò sonoramente, evidentemente svegliatosi da pochissimo ed ancora disorientato:
-Perché? È successo qualcosa?- chiese, la voce impastata.
Filippo non rispose subito, ma si limitò ad indicare il vetro della finestra dietro di sé. Pietro lo seguì con lo sguardo, rendendosi conto che la risposta stava tutta nelle gocce di pioggia che adornavano il vetro.
-Ha piovuto. Non so quando ha iniziato, ma ha finito solo poco fa e non mi sorprenderei se ricominciasse tra poco- spiegò Filippo, sospirando a fondo – Fa pure piuttosto freddo fuori-.
-Quindi che si fa? Abbiamo un programma alternativo?- fece Alberto, dall’alto del suo letto. Ora che la persiana era alzata, Pietro riusciva a distinguere meglio anche gli altri: scorse le gambe nude di Alberto lasciate scoperte dal lenzuolo, in un’immagine totalmente distante dall’elegante figura di Gabriele, steso sul letto inferiore e avvolto nel suo pigiama estivo.
Quando si voltò invece verso Alessio, rimase un po’ sbigottito dal ritrovarselo molto più vicino di quel che si era immaginato. Anche se ora doveva essere sveglio, teneva ostinatamente gli occhi chiusi, la fronte corrugata e i capelli biondi completamente scomposti sul cuscino.
-Ero venuto qui a sentire anche la vostra opinione, ma visto che state praticamente ancora dormendo … - gli rispose Filippo, lasciando indovinare il suo tono ancora contrariato per la loro pigrizia.
Pietro si fece forza: puntellò i gomiti contro il materasso, alzando il busto e finalmente parlando:
-Buongiorno anche a te, Pippo- iniziò a dire, con ironia – Sei un po’ isterico stamattina, o sbaglio?-.
Filippo non gli rispose nemmeno, limitandosi a girarsi verso di lui e lanciargli un’occhiata torva. Pietro rise sommessamente, e fu proprio in quel momento che, accanto a sé, notò con la coda dell’occhio Alessio mettersi a sedere. Aveva ancora i capelli completamente scompigliati, e quando si passò una mano in mezzo alle ciocche bionde non fece altro che peggiorare la situazione.
-Possiamo anche rimanere qua e vedere se il tempo migliora- borbottò, prima di sbadigliare rumorosamente.
Filippo rimase a pensare per alcuni attimi, lo sguardo perso nel vuoto in riflessione:
-In ogni caso non mi allontanerei dall’isola. Andare in traghetto con questo tempo non credo sia proprio l’idea migliore- disse infine, le braccia incrociate contro il petto – Se avete proposte … -.
Pietro ignorò il resto di quel che stava dicendo Filippo. Distolse lo sguardo, per puntarlo sul comodino accanto sé: l’unica cosa che avrebbe potuto svegliarlo davvero da quel torpore, e consolarlo dalla delusione di non poter andare al mare, era una sana sigaretta.
Allungò la mano verso il pacchetto nuovo posato lì sopra, proprio accanto all’accendino. Fece appena in tempo ad afferrare entrambi e a muoversi appena per alzarsi, quando un grido di Gabriele interruppe persino la parlantina di Filippo.
Quando Pietro si voltò verso di lui piuttosto allarmato, lo vide puntare un dito nella sua direzione:
-Non ci provare!- gli gridò, con voce acuta – Alessio, fermalo, prima che faccia scattare l’allarme!-.
Pietro roteò gli occhi al cielo:
-Stavo andando alla finestra- spiegò con fare seccato – Non sono così idiota-.
Si girò comunque verso Alessio, curioso di vedere cosa avrebbe fatto dopo essere stato chiamato in causa da Gabriele. Si accorse che lo stava già guardando, lanciandogli uno sguardo tutt’altro che conciliante.
-Mettile via, va’- mormorò, prima di reprimere un altro sbadiglio – Non è che ti facciano proprio bene. E poi è ancora mattina presto-.
Pietro non riuscì a non lanciargli uno sguardo di sfida:
-E se non lo faccio che mi fai?-.
Tenne ancora il pacchetto di sigarette saldamente in mano, mentre continuava a tenere gli occhi fissi sull’altro.
-Mi stai provocando?- Alessio avvicinò il viso a quello dell’altro, con aria minacciosa – Sei stato tu a volerlo, allora-.
Nel momento stesso in cui Filippo ricominciò a discutere su cosa avrebbero potuto fare quella mattina con Alberto e Gabriele, Pietro venne colto di sorpresa: fece appena in tempo a scorgere Alessio avventarsi su di lui, del tutto deciso a togliergli di mano le maledette sigarette. Provò a girarsi di schiena, ma Alessio gli arrivò comunque addosso, il braccio proteso verso il pacchetto di sigarette che Pietro stava cercando di tenere il più possibile fuori dalla sua portata.
Era così impegnato a proteggersi da Alessio che non fece nemmeno caso all’aprirsi una seconda volta della porta della stanza, rendendosene conto solo quando avvertì una voce femminile piuttosto famigliare tirare un’esclamazione meravigliata.
-Oddio, Alessio ha preso finalmente l’iniziativa!-.
Pietro sentì il sangue raggelarsi nelle vene, e lo stesso dovette valere per Alessio, perché si era immobilizzato nell’istante stesso in cui Giulia aveva parlato.
Si girarono entrambi all’unisono verso il centro della stanza, dove di fronte a Filippo ora c’era anche lei, un guizzo malizioso negli occhi e rivolto tutto a loro. Pietro masticò un paio di imprecazioni, e fu in quell’esatto istante di distrazione che Alessio, sovrastandolo, riuscì finalmente ad allungarsi a sufficienza per strappargli il pacchetto di sigarette e l’accendino dalle dita.
Lanciandogli un sorriso di vittoria, tornò a sedersi nella sua metà del materasso, rivolgendo subito dopo un’occhiata annoiata a Giulia:
-Ma perché hai sempre un tempismo così tremendo?- borbottò, premurandosi di rinchiudere le sigarette e l’accendino che teneva ancora in mano in un cassetto del suo comodino. Pietro non ebbe nemmeno la forza di protestare contro quell’appropriazione.
Giulia schioccò le labbra:
-Colpa di Filippo. Lo stavo cercando- disse, indicandolo e facendogli roteare gli occhi al cielo – E ora l’ho trovato. Proprio mentre stavate facendo cose-.
-Non stavamo facendo niente- la corresse subito Pietro, consapevole di star arrossendo.
Filippo interruppe subito quell’alterco, sbuffando sonoramente:
-La vogliamo piantare tutti e … -.
-Sicuro che non stavate facendo nulla?- Giulia lo interruppe subito, continuando a rivolgere a Pietro lo stesso ghigno divertito – Visto come eravate attorcigliati non sembrava fosse proprio nulla. E poi tu sei praticamente nudo-.
Scoppiò a subito a ridere nel notare il suo viso tirato, seguita a ruota da Alberto. Pietro fu di nuovo sul punto di imprecare: non si era fatto problemi nell’essere l’unico ad aver dormito in soli boxer, senza alcuna canotta, al contrario degli altri tre. O perlomeno, non se ne era fatti fino a quel momento, quando Giulia glielo aveva fatto notare e quando ricordò la vicinanza di Alessio di poco prima.
-Non ha tutti i torti- sghignazzò Alberto, a corto di fiato per il troppo ridere – Non che abbia nulla in contrario nel caso, eh, ma almeno aspettate di avere camera libera per divertirvi-.
Alessio si limitò ad uno sbuffo sonoro, sarcastico, senza però ribattere nulla; Pietro si ritrovò quasi ad invidiare la sua calma stoica che stava mostrando, perché al contrario suo si alzò pochi secondi dopo, con tutta l’intenzione di raggiungere il bagno della camera e rinchiudervisi dentro.
Filippo si era appena seduto accanto a Gabriele, cominciando a parlare sottovoce all’amico, quando Pietro aveva accennato a qualche passo verso il bagno; con la coda dell’occhio notò il ghigno non troppo trattenuto di Giulia, voltata proprio verso di lui.
-Stai battendo in ritirata?- gli chiese subito dopo.
Raggiunta la porta del bagno, Pietro si voltò verso di lei lanciandole un sorriso esagerato quanto falso:
-Esattamente- disse, con finto entusiasmo – Mi raccomando, quando avete deciso qualcosa e, soprattutto, quando tu te ne sei andata, fatemi un fischio-.
Il bagno della camera, piccolo e stretto quasi in maniera claustrofobica, non gli sembrò essere mai stato così accogliente come in quel momento.
 
*
 
Nonostante durante quella mattina il cielo continuasse a risultare piuttosto nuvoloso, non aveva ancora ricominciato a piovere. Giulia cominciava a sentirsi piuttosto soddisfatta della sua idea di uscire comunque dal B&B, rischiare la pioggia e andare a fare una semplice passeggiata per il centro abitato dell’isola; lei e Filippo erano in giro da poco quando erano incappati in un mercatino, non molto affollato.
Non ricordava da quanto erano lì, troppo intenta ad osservare le diverse bancarelle: vi erano mille cianfrusaglie, sui banchi del mercato, di qualsiasi tipo e da usare per i più diversi scopi. Camminarono ancora per un po’, prima di finire davanti ad un banco di vestiti: alzò gli occhi su un vestito bianco, dal taglio semplicissimo, appeso ad uno dei manichini in mostra.
Non riuscì nemmeno a capire come mai, a prima vista, fu Caterina a venirle in mente. Cercò di immaginarsela fasciata dal tessuto candido, leggero per essere adatto alle nottate calde dell’estate. Riusciva a figurarsela fin troppo bene, e per un attimo si chiese quale sarebbe stata la sua reazione nel vederselo regalato, senza un reale motivo dietro.
“Magari aiuterebbe a farla sorridere almeno una volta”.
Era dalla sera prima che continuava a chiedersi se stesse bene. Aveva avuto la chiara impressione che ci fosse qualcosa che non andava da quando Alessio l’aveva accompagnata per la spesa, e i suoi dubbi erano risultati più che fondati proprio durante la sera passata in spiaggia.
Era sicura di aver visto Caterina e Nicola parlare, isolati dagli altri, per un tempo interminabile. Quando alla fine erano tornati insieme al gruppo, Giulia non aveva potuto fare a meno di notare un certo nervosismo in entrambi. Aveva preferito non chiedere nulla, non subito, per paura di una reazione troppo tesa da parte loro.
C’era qualcosa che non quadrava, e non aveva alcuna buona sensazione a riguardo.
Forse, si ritrovò a pensare di nuovo, tenendo ancora gli occhi fissi sull’abito bianco, mentre invece Filippo continuava a rovistare tra le magliette ripiegate sul banco, avrebbe dovuto chiedere direttamente a Caterina. Non era sicura che volesse confidarsi con lei, ma un tentativo credeva andasse fatto.
Al limite, immaginava, si sarebbe ritrovata di fronte ad un muro di silenzio che non avrebbe fatto altro che confermarle una seconda volta tutti i suoi sospetti.

 



Sentì bussare alla porta diverse volte, e solo dopo almeno un paio si decise ad avviarsi ad aprire. Non si stupì di ritrovarsi di fronte Giulia, quanto di vederla con un pacchetto in mano.
-Sorpresa!- fece subito lei, con sorriso vispo – Non dirmi che ti sei appena svegliata, è quasi mezzogiorno-.
Caterina la guardò confusa, mentre si faceva da parte per farla entrare, richiudendo subito la porta della stanza.
-Stavo leggendo sul letto- spiegò, indicando il libro aperto con le pagine rivolte contro le lenzuola – Non c’è molto altro da fare oggi-.
Non era del tutto una bugia: anche se ora c’era solo un cielo piuttosto nuvoloso e niente pioggia, faceva troppo freddo per andare in spiaggia. Ed era lì da sola, inevitabilmente dopo che Nicola se ne era uscito di buonora, borbottandole solo che probabilmente se ne sarebbe andato a fare un giro per il paese.
-Come mai sei qui?- chiese a Giulia, che si era già accomodata sul bordo del letto, in attesa che anche lei la imitasse – E soprattutto: che hai dentro quel pacco?-.
Giulia le sorrise di nuovo, quando le si sedette di fianco:
-Ho comprato qualcosa che potrebbe fare al caso tuo. Consideralo un regalo spassionato-.
L’occhiata stupita di Caterina la fece ridere, ma solo per qualche istante: dopo alcuni secondi Giulia si era fatta più seria di quanto Caterina si sarebbe aspettata.
-Ma prima vorrei chiederti una cosa-.
Caterina la guardò aggrottando la fronte, guardinga e sulla difensiva:
-Cosa?-.
Giulia fece un profondo respiro, prima di parlare:
-Cosa ti sta succedendo. Non sono del tutto sicura c’entri con Nicola, ma nel caso … - si interruppe un attimo, mordendosi lievemente il labbro inferiore – Non so cosa ti stia passando per la mente in questi ultimi giorni. Ma sono qui comunque, se ne vuoi parlare-.
Caterina si irrigidì, presa contropiede. Non si era svegliata con l’idea di voler parlare con Giulia di Nicola: la sola idea di dover affrontare un’altra volta quell’argomento la innervosiva, oltre che lasciarla con ancora più dubbi di prima.
E poi c’erano i ricordi della sera prima in spiaggia, di quel che lei e Nicola si erano detti: non era poi così entusiasta all’idea di ripotarli di nuovo alla mente, dopo che ci aveva riflettuto per tutta la nottata.
Lo sguardo di Giulia, però, sembrava comprensivo ed in attesa, ed in fin dei conti se da una parte Alessio era stato d’aiuto per spingerla a sbloccare la situazione, in quel momento sapeva che il secondo aiuto non sarebbe potuto provenire da nessun altro al di fuori di Giulia.
 Caterina abbassò gli occhi, scuotendo il capo, esausta e combattuta.

 
Alessio, in un modo o nell’altro, era riuscito davvero a convincerla.
Durante la cena non avevano più fatto parola della loro conversazione avvenuta nel negozio di alimentari, ma alla spiaggia di San Nicola, quella sera stessa, Caterina non aveva potuto fare a meno di notare le occhiate incalzanti che Alessio le aveva lanciato per tutto il tempo.
Aveva deciso di ignorarle, prendendosi il tempo necessario per raccogliere le idee – e il coraggio necessario- per arrivare pronta al primo momento utile per prendere in disparte Nicola e parlargli.
Si ritrovò ad essere stupita quando, in realtà, era stato Nicola a venire da lei, e non il contrario.
Si era allontanata da pochi minuti dal resto del gruppo, rimasta a fissare le acque del mare nel tramonto estivo seduta vicino ad una delle tante barche ancorate sulla sabbia.
Si era accorta del suo avvicinamento solo quando Nicola le era praticamente ad un metro di distanza, pronto a sedersi a sua volta accanto a lei, senza dire ancora nulla.
Caterina cercò di ricambiare il sorriso che le stava rivolgendo, osservandolo brevemente mentre si sedeva a sua volta. Con la coda dell’occhio vide in lontananza Alessio, in mezzo al resto degli altri, che le lanciava occhiate d’ansia, quasi fosse lui a dover parlare a Nicola al posto suo. Caterina si ritrovò quasi a ridere di quel particolare.
-Come mai sei qui da sola?-.
La domanda di Nicola arrivò totalmente prevista. Per quella prima sera, visto il bel tempo e il caldo un po’ meno soffocante rispetto al resto della giornata, avevano deciso di mangiare qualcosa per cena direttamente nella striscia di spiaggia vicino al molo di San Nicola. Il sole non era ancora del tutto tramontato nel momento in cui avevano praticamente finito, e Caterina aveva deciso di allontanarsi un po’ alla ricerca di silenzio, un po’ per poter ammirare al meglio il tramonto.
Decise che sarebbe stato meglio puntare su quel secondo motivo nel rispondere a Nicola, piuttosto che sul primo, che avrebbe lasciato spazio a fin troppe domande.
-È bello guardare il mare in silenzio- mormorò, continuando a tenere gli occhi davanti a sé, e non verso Nicola – È rilassante-.
 Per qualche secondo lui non le rispose nulla. Anche se non si azzardò a voltarsi verso Nicola, Caterina lo immaginava guardare le acque del mare a sua volta, aranciate per le sfumature di colore del sole che vi si riflettevano.
-Non hai quasi mangiato- riprese a parlare lui poco dopo, a mezza voce – Sicura che non hai ancora un po’ fame?-.
Caterina scosse il capo nell’immediato:
-Sono a posto. Non ho molta fame-.
Aveva lo stomaco chiuso da tutto il giorno, e la conversazione con Alessio non aveva fatto altro che peggiorare le cose. L’ansia che si sentiva addosso stava oscurando qualsiasi altra sensazione.
Si sentì addosso gli occhi di Nicola, ma anche in quel momento, nonostante tutto, continuò ad evitarne lo sguardo. Lo sentì sospirare, vagamente apprensivo:
-Tutto ok?-.
Caterina alzò le spalle, con indifferenza:
-È il caldo a farmela passare, lo sai- mormorò.
Era una mezza verità, ed era piuttosto sicura che Nicola se ne fosse reso conto dal modo distaccato con cui gli stava parlando. Caterina trattenne a stento uno sbuffo scocciato: non si era immaginata così l’inizio di quella loro conversazione. Di certo non l’aveva previsto particolarmente calmo e rilassato, ma nemmeno così tragicamente difficile.
-Non fa così tanto caldo adesso- obiettò Nicola, con voce tranquilla – Si sta bene qui. Sento che saranno belle giornate quelle che passeremo-.
Caterina cercò di nascondere l’incertezza che la percorse in quel momento, al suono di quell’augurio.
-Lo spero- si ritrovò a mormorare, di colpo l’ansia calata e che lasciava strada ad un sentimento più simile all’amarezza.
Fu in quel momento che si girò verso Nicola per la prima volta da quando l’aveva raggiunta: si mise seduta di fronte a lui, guardandolo dritto in faccia, ignorando del tutto la paura che giaceva ancora come ultimo freno a ciò che stava per dire.
Non si era preparata alcun discorso, consapevole che non sarebbe servito a nulla provare a simularne uno senza aver Nicola davanti: in quel momento poteva affidarsi solo all’impulsività di quell’attimo, la stessa che l’aveva spinta a decidersi a parlargli chiaramente.
Sospirò a fondo, tremando impercettibilmente.
-Sai bene che attendevo questi giorni da tanto, e che adoro questo posto. E spero davvero che andrà tutto bene- iniziò a dire, schiarendosi la gola e sperando di non fare tremare anche la voce – Ma è come se ci fosse qualcosa … Qualcosa che non mi torna. È come se in tutto questo ci fosse qualcosa che non riesco a comprendere, a capire fino in fondo-.
Sospirò un’altra volta, prima di aggiungere le ultime parole:
-E riguarda te- mormorò, lottando contro l’istinto di distogliere lo sguardo da Nicola – Te e me, o almeno credo-.
Nicola la guardò totalmente confuso, anche in parte timoroso:
-Di che parli?-.
Era evidente che ora fosse agitato anche lui, anche se lo dava meno a vedere di lei: Caterina riusciva a notare le rughe della fronte, ora aggrottata, ed anche la tensione del corpo sotto la canotta leggera. Non era calmo ed in controllo come al solito, ma al limite del disorientamento.
Si morse il labbro inferiore, consapevole che ormai non sarebbe più potuta tornare indietro, né inventarsi qualcos’altro per nascondere ciò che invece voleva dirgli. Non le rimaneva altro che rischiare.
-Non so neanche come chiedertelo- sbuffò leggermente, con amara ironia – Mi sento un’idiota al solo pensiero-.
Nicola le si avvicinò, lo sguardo un po’ più rilassato rispetto a prima:
-Non sei un’idiota- mormorò dolcemente, allungando una mano per accarezzare il dorso della sua con i polpastrelli – Dillo e basta-.
Caterina si sentì il cuore in gola, il respiro accelerato per non saper nemmeno come e cosa chiedergli di preciso, lo sguardo di Nicola che si sentiva addosso e che non le stava facilitando le cose.
-Ho l’impressione che tu … - scosse il capo chiudendo gli occhi, prima di decidersi a buttarsi tutto d’un fiato e velocemente – Che tu voglia andare oltre. Lo sai che intendo-.
Caterina pronunciò talmente in fretta quella frase che non fu nemmeno sicura di averla detta davvero, così come non credette, per i primi attimi, che Nicola avesse davvero capito. Si sentì rossa in viso, e l’insicurezza tornò a farsi viva: al contrario di quel che le aveva detto Nicola, si sentiva davvero un’idiota.
Il silenzio di Nicola, la cui espressione enigmatica lasciava ben poco spazio alle interpretazioni, si protrasse ancora per qualche momento; solo dopo altri secondi, interminabili all’apparenza, si arrischiò ad aprire bocca:
-Non mi aspettavo che saremmo arrivati a questa conversazione in questo modo-.
Caterina lo guardò in attesa che aggiungesse altro, quasi sul punto di incalzarlo a voce.
-Però … - Nicola si bloccò di nuovo, anche lui un po’ arrossito in viso – Effettivamente non è solo una tua impressione. È ovvio che lo vorrei, lo voglio da molto-.
Caterina rimase stordita per qualche attimo, anche se non poteva definirsi sorpresa. C’erano stati troppi segnali in quella direzione per non leggerli correttamente; così tanti segnali a cui, in ogni caso, era toccato a lei cercare di dare una spiegazione, senza alcuna parola proveniente da Nicola. Non le aveva mai detto nulla, lasciando che fosse lei a farsene un’idea. Forse, se a lei non fosse venuto alcun dubbio, non le avrebbe detto nulla ancora per chissà quanto tempo.
Quanto oltre avrebbe dovuto attendere, se non fosse stata lei stessa a chiedergli quella conferma? Quanto ancora avrebbe dovuto aspettare per sentirsi dire di essere voluta anche in quel modo da Nicola?
Fu quella consapevolezza che, inevitabilmente, la stizzì: la consapevolezza di aver dovuta essere lei stessa a tirargli fuori una sincerità che avrebbe voluto vedere più spontanea, ed arrivata direttamente da lui.
Scostò lo sguardo da Nicola insieme alla mano, sottraendola al suo tocco e trattenendo a stento uno sbuffo: sentire ora le sue mani su di sé, in quel momento, sembrava più una forzatura, piuttosto che una cosa che avrebbe voluto lei stessa.
-Perché non me l’hai detto?- mormorò, cercando di trattenere almeno in parte il nervosismo che si sentiva addosso – Pensavi che l’avrei presa male?-.
La tentazione di girarsi verso di lui fu più forte: lo osservò rabbuiarsi, abbassare a sua volta il viso.
-Non mi sembra tu la stia prendendo bene ora-.
Stavolta Caterina non trattenne affatto lo sbuffo che aveva evitato prima:
-Non la sto prendendo bene perché non sei stato sincero con me!- replicò, alzando a stento al voce, ormai fregandosene di mantenere la calma almeno in apparenza.
Nicola rimase a guardarla frastornato, con espressione colpevole:
-Te ne avrei parlato, prima o poi-.
“Prima o poi”.
Probabilmente, pensò Caterina, non si era nemmeno posto seriamente il problema di provare a comunicare con lei.
“Forse crede davvero che possa leggergli la mente per sapere cosa vuole”.
-E intanto hai preferito lasciarmi in balia di mille dubbi- reiterò, alzandosi finalmente in piedi – Avresti potuto dirmelo, e avresti anche scoperto che lo volevo anche io. invece hai preferito far finta di niente e farmi solo sentire a disagio-.
Seppe che le sue parole erano state totalmente inaspettate nel momento in cui Nicola la guardò ad occhi sgranati, con espressione incredula. Cercò di rimettersi in piedi a sua volta, ma fu troppo lento: Caterina gli aveva già voltato le spalle, già pronta a tornare con il resto del gruppo.
-Aspetta un attimo, io … -.
Nicola non proseguì, e Caterina non si premurò di fermarsi. Voleva solo allontanarsi da quel posto, da quella spiaggia, e da Nicola.

 
-Dimmi che poi vi siete detti qualcos’altro quando siete tornati in camera-.
La voce di Giulia arrivò a Caterina più come una speranza già sfumata, come se in realtà sapesse già benissimo la risposta pur non credendoci.
Caterina lasciò andare un sospiro sconfitto:
-Non ci siamo detti nulla- disse con fare sconfortato – Neanche una parola-.
Era stata una nottata dura, quella appena passata. Quando tutti loro avevano lasciato la spiaggia per tornare al B&B ormai era buio, ed erano tutti troppo stanchi per anche solo pensare di fare qualcos’altro prima di ritirarsi nelle loro camere.
Nicola se ne era andato a dormire – o almeno così aveva detto- poco dopo aver varcato la soglia della camera, senza aggiungere altro. Caterina non gli aveva nemmeno risposto, ancora arrabbiata per la loro conversazione di prima: si era limitata a starsene sul letto, sveglia, stando ben attenta a mantenere le distanze con lui. Il resto delle ore le aveva usate per pensare a quanto disastrosamente fosse iniziata quella vacanza.
Giulia annuì sconsolata:
-Ho l’impressione che però tu sappia già la soluzione per sbloccare la situazione-.
Caterina sbuffò con sarcasmo:
-Parlargli?- replicò, scettica. Era piuttosto logica come soluzione, nonché l’unica attuabile: passare il resto delle giornate in Puglia in quelle condizioni era del tutto impensabile.
In quel momento, però, la sola idea di affrontare di nuovo Nicola le faceva venire il mal di testa.
-Magari non te l’aveva detto per non farti sentire troppo pressione- ragionò Giulia – Solo che tu l’hai presa per una mancanza di comunicazione-.
Caterina la guardò con un sopracciglio alzato:
-Perché è una mancanza di comunicazione- obiettò, prima di passarsi una mano sul viso – Però sì, probabilmente l’ha fatto in buona fede … Ma ero troppo incazzata per pensarci sul momento-.
Giulia le dette una leggera pacca incoraggiante sulla spalla, stavolta guardandola fiduciosa:
-Vedrai che vi chiarirete. Non è una cosa così irreparabile- le disse, rincuorante – E almeno ora sa qual è la tua posizione in proposito-.
Caterina rimase in silenzio per lunghi istanti. Era vero, non era nulla di particolarmente irrisolvibile, ma non riusciva a non voler sentirsi cauta nel condividere l’ottimismo di Giulia.
Prima che potesse aggiungere altro, Giulia le mise tra le mani il pacchetto che aveva tenuto tra le sue fino a quel momento, con una sorta di ghigno vivace stampato in viso e totalmente contrapposto alla fronte aggrottata di Caterina.
-Apri questo- la incalzò, trepidante.
La curiosità, sebbene offuscata dalla preoccupazione che si sentiva addosso, c’era e Caterina non poteva negarlo nemmeno a se stessa: non aveva idea né del motivo né di cosa Giulia potesse averle comprato.
Strappò la carta colorata un secondo dopo, senza dir nulla, tirandone fuori un abito bianco. Si alzò in piedi tenendolo all’estremità superiore, in modo da poterlo osservare meglio e per intero. Era piuttosto semplice, ma ugualmente raffinato – forse per il tessuto candido o per le linee armoniose.
-Un vestito?- chiese, per un attimo confusa. Non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta che ne aveva comprato o indossato uno.
-Sono sicura che Nicola ti troverebbe splendida con quell’abito- disse Giulia, sorridendo raggiante – Perfetto da indossare quando vi parlerete di nuovo-.
Caterina la guardò malamente:
-Non è che devo sedurlo per parlargli-.
In tutta risposta, Giulia scrollò le spalle e rispose sbrigativa:
-Non importa. Visto che te l’ho regalato, mettitelo e basta-.


 




NOTE DELLE AUTRICI

Finalmente il mistero è stato svelato, e come abbiamo capito dal flashback Caterina e Nicola si sono effettivamente parlati ... Ma con risultati piuttosto scarsi!
Secondo voi riusciranno a risolvere la situazione? E in quel caso chi farà il primo passo tra di loro? Anche se non ci sarebbe da escludere il bisogno di aiuto di un qualche mediatore tra le due parti ...
(e Caterina indosserà davvero l'abito regalato da Giulia prima o poi? 
🤣👗 Chi lo sa!)
A venerdì prossimo per la conclusione di questo capitolo!

Kiara & Greyjoy

 


 
   
 
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