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Autore: Deruchette    13/07/2020    2 recensioni
[La storia segue lo svolgersi degli eventi dall'epilogo di "Hunger Games" all'epilogo di "Mockingjay"]
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Katniss e Peeta, gli Innamorati Sventurati del Distretto 12, i vincitori della 74esima edizione degli Hunger Games.
La loro storia è sotto gli occhi di tutti ma solo in pochi sanno che, in realtà, si tratta solo di finzione. La mossa strategica che li ha portati via dall'arena è costretta a continuare anche adesso che il sipario inizia a calare sull'ultima edizione dei giochi.
E se ad un certo punto la finzione si trasformasse in realtà?
Cosa succederebbe se gli Innamorati Sventurati fossero realmente innamorati?
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Dal capitolo 6:
"È evidente, chiaro come il sole, che è tutto cambiato. Che il ragazzo che all’inizio di quest'avventura consideravo un semplice amico, un alleato, adesso è diventato qualcos’altro. Per settimane mi sono chiesta se non fosse sbagliato nei suoi confronti recitare la parte della brava fidanzatina conoscendo la reale portata dei suoi sentimenti, sapendo che io non provavo la stessa cosa. Non sarebbe tutto più semplice se ti amassi?, la domanda che ronzava costantemente nella mia testa.
Ora lo so. Non solo è più semplice, più normale. È diventato anche necessario. Necessario come l’aria che respiro."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In The Still Of The Night - 9

In the still of the night

 

 

 

 

 

 

 

 

9.

 

Non so come, ma finalmente il giro dei Distretti finisce. Ci lasciamo alle spalle i cancelli e le recinzioni dei Distretti 1 e 2 ed attendiamo che il treno ci conduca, con la sua solita velocità forsennata, verso la capitale di Panem.
L’ultima tappa è anche la più lunga di tutto il viaggio: resteremo per tre giorni, tre giorni infiniti pieni di incontri ed interviste, che avverranno tutte sotto l’occhio attento delle telecamere. Ne ho abbastanza di telecamere. In onore dei vincitori, come ogni anno d’altronde, è prevista la suntuosa festa organizzata dal presidente Snow nella sua enorme ed elegante residenza presidenziale: ricca di musica, danze e cibo, vi prenderà parte tutta l’élite di Capitol City. È l’evento dell’anno che nessuno vorrebbe perdere e a cui tutti vorrebbero partecipare. Io ne farei volentieri a meno… ma immagino di non essere nella posizione più adatta per poter rifiutare.
Ancora pochi giorni prima di tornare a casa. Ce la posso fare. Ancora pochi giorni prima della festa del raccolto del Distretto 12. Di solito, il nostro è il primo luogo che i vincitori visitano durante il Tour – il fatto di perdere sempre agli Hunger Games e di essere il Distretto più misero e povero di Panem, oltre al fatto che le nostre feste sono sempre le più noiose, ha portato gli organizzatori ad inserirlo come scoglio iniziale. Come si dice sempre: via il dente, via il dolore. Ma quest’anno i vincitori siamo io e Peeta, e questo fa sì che il 12 sia l’ultimo Distretto ad “ospitarci” per il Tour, ed in più la festa quest’anno viene interamente pagata da Capitol City.
Grandi festeggiamenti, stavolta!
Per il momento, lo scoglio da affrontare è la festa nella tenuta del presidente. Immagino che saprò durante l’evento se gli sforzi miei e di Peeta di placare gli animi, ed evitare di conseguenza la possibile insorgenza di una rivolta, siano andati a buon fine. Ma abbiamo ancora tre giorni a disposizione per migliorare, o peggiorare, il risultato.
Dimostrare il nostro amore al pubblico di Capitol non è per nulla difficile: loro ci adorano da pazzi. Affollano le strade e urlano i nostri nomi, saltano sul posto e si sbracciano nel tentativo di attirare la nostra attenzione, lanciano e regalano fiori. Simili scene si ripetono lungo tutto il percorso della parata che, lentamente, ci guida fino al centro di addestramento, dove riprendiamo possesso dei nostri vecchi alloggi, all’ultimo piano.
Dopo cena, suntuosa e sostanziosa come al solito, pensavo che avremmo avuto la serata libera, ma a quanto pare c’è stato un cambio di programma improvviso e sono, quindi, costretta a seguire Cinna in camera mia per delle modifiche che deve fare al mio abito, quello che devo indossare per l’intervista di domani con Caesar; Peeta fa la stessa cosa con Portia nella sua, di camera.
Mi chiedo a cosa sia dovuto questo cambiamento: ad un’attenta occhiata il vestito, di un morbido e brillante velluto rosso, non sembra avere chissà che problemi. Evito di fare domande, anche perché se dietro a tutto questo si nascondesse un problema ben più grave di un vestito che mi va largo, Cinna mi avrebbe già informata.
Quando arriva l’ora di andare a dormire, Peeta mi raggiunge nella mia stanza. Dormiamo e basta, nessuno dei due vuole rischiare di nuovo com’è successo l’altra mattina. Haymitch in qualche modo deve averci coperto, perché Effie non sembrava gran che scocciata dal nostro voler continuare a trascorrere la notte insieme. Ne ho avuto la conferma a colazione, quando ho raggiunto tutti gli altri – Peeta mi aveva anticipato di diversi minuti: lo sguardo silenzioso di Haymitch mi ha seguita per tutto il tempo che ho impiegato nel sedermi a tavola, mentre Effie cominciava ad illustrarci tranquillamente il programma della giornata. Se non fosse stato per il suo sguardo arcigno, che mi aveva fatta sentire molto a disagio, sarebbe potuta sembrare a tutti gli effetti una normale colazione in compagnia, ma così non era. La silenziosa lezione a suon di occhiatacce che il nostro mentore stava rivolgendo non solo a me, ma anche a Peeta, poteva voler dire solo una cosa.

State attenti, disgraziati.
Così adesso lasciamo sempre socchiusa la porta, e non abbiamo più provato a fare, o a scambiarci, nulla di più spinto di un bacio.
La mattina dell’intervista il mio staff di preparatori mi sveglia alle sette: devono di nuovo sottopormi a un sacco di trattamenti inutili, come fanno quasi ogni giorno da quasi due settimane. Stavolta dicono che è per le telecamere: tutto deve essere impeccabile, Katniss deve risplendere dalla testa ai piedi, niente deve andare storto. Vorrei lamentarmi, ma ho troppo sonno anche solo all’idea di provarci. Mi addormento, a causa delle mani di Flavius che massaggia i miei capelli con una crema che odora di mandarino.
Dopo qualche ora, sono finalmente sveglia, pronta e libera di andare, con una cascata di boccoli luminosi a circondare il mio viso leggermente truccato e che ricadono, morbidi, sulla mia schiena scoperta: è stata questa la modifica che Cinna ha dato al vestito. Ha le maniche lunghe fino ai polsi e fascia il mio corpo come una seconda pelle fino ai polpacci, ma ha una scollatura che prosegue fino a metà schiena. Per fortuna che ci sono i riscaldamenti accesi al massimo, qui al centro di addestramento: non sarebbe stato facile stare al freddo con questo vestito, anche perché piccoli fiocchi di neve hanno iniziato a cadere dal cielo.
Effie mi fa i complimenti per le scarpe, che sono dello stesso tessuto e colore del vestito, e mi guida fino al luogo dell’intervista, lo stesso che ci aveva ospitati pochi mesi prima, alla fine dei giochi. Peeta è già arrivato e sembra leggermente nervoso nel suo completo nero; oggi, noto, non siamo abbinati.
Il mio cervello registra questo in una piccola parte; il resto dello spazio, invece, viene catturato dalla stanza, che a parte una poltrona e un divanetto è decorata con centinaia e centinaia di rose bianche, rosa e rosse, che riempiono ed impregnano l’aria con il loro intenso profumo. Non devo chiedere per sapere che queste rose sono state una richiesta esclusiva del presidente, per noi. Per me. Affinché non dimentichi il mio compito.
Come dimenticarlo?
- Eccoli, i miei vincitori preferiti! – Caesar, con i capelli e le sopracciglia ancora tinti di azzurro polvere, ci raggiunge nella stanza entusiasta come al solito. Ci saluta con un sacco di baci e un sacco di strette di mano. – Pronti ad iniziare?
Mentre io e Peeta prendiamo posto sul divanetto e seguiamo le indicazioni dei cameramen, Caesar siede sulla poltrona di fronte a noi e ci illustra il modo in cui procederà l’intervista, che non è poi così dissimile dall’ultima che abbiamo affrontato con lui, inframmezzata tra le altre cose dalle riprese che sono state effettuate durante il nostro Tour negli undici Distretti.
Nel giro di pochi minuti, siamo in onda in tutta Panem.
Tutto sommato, l’intervista procede bene: cerco di mostrarmi solare e di rispondere sinceramente alle domande che Caesar mi pone. Peeta è, come al solito, più bravo di me con le parole e catalizza spesso l’attenzione del presentatore, con cui riesce a scherzare in maniera piacevole. Tiro un sospiro di sollievo ogni volta che termina uno spezzone su noi due nei Distretti. Quando l’argomento si sposta sulla nostra relazione, mi ritrovo a nascondere spesso il viso per l’imbarazzo. In questo, nel mostrarmi imbarazzata, sono molto più brava di Peeta. Mi nascondo dietro la sua schiena quando lo sento descrivere le cose che più gli piacciono di me: il mio sorriso, i miei occhi, le mie battute… ma quando mai? Ovviamente se lo sta inventando! Non sono per niente simpatica, lo sanno tutti…
- Ma allora, diteci di più! – ci incalza Caesar, bramoso di pettegolezzi. – Raccontateci di più! Cosa sperate che vi riservi il futuro?
Non poteva rivolgerci una domanda peggiore di questa. Sorrido, quando invece vorrei soltanto urlare. – Non ho mai pensato con attenzione al futuro, Caesar. Spero in qualcosa di felice – rispondo, alla fine.
- E invece tu, Peeta? Pensi mai al futuro?
- Costantemente. In effetti, c’è qualcosa… – interrompendosi a metà della frase, Peeta mi stringe forte la mano e mi guarda intensamente prima di alzarsi. Senza aggiungere altro, senza preoccuparsi di rivolgere le spalle a Caesar, si inginocchia ai miei piedi e apre una scatolina nera che contiene un fiore luccicante. Sono paralizzata, seduta sul divanetto, e osservo il ragazzo inginocchiato che ho di fronte. Ci metto un po' a capire che il fiore luccicante, in realtà, non è un vero fiore.
Sono diamanti su un anello d’oro.1
Peeta mi sta facendo una proposta di matrimonio.

Perché lo stai facendo?, vorrei chiedergli. Perché proprio adesso?, vorrei aggiungere. Vedo Caesar che, alle spalle di Peeta, si sbraccia verso le telecamere mimando una serie di “Oh mio Dio!” al pubblico a casa.
- Katniss, tesoro, non prendermi per pazzo per quello che sto per dire. So che siamo giovani e che stiamo insieme solo da pochi mesi, ma non ho bisogno di altro tempo per capire che sei la donna che vorrei al mio fianco per il resto dei miei giorni. Non sei solo la mia ragazza, la mia amante… – alla parola “amante” mi viene voglia di ucciderlo seduta stante - …la mia confidente, la mia amica più cara. Sei il raggio di sole che scaccia il buio della notte ed illumina il mio mondo con il suo sorriso. Ed io, davvero, mi sentirei l’uomo più fortunato e privilegiato della terra con quel raggio di sole al mio fianco, ogni giorno della mia vita.
Mi sorride e, posando le dita sulla mia guancia, asciuga quelle lacrime che non mi sono resa conto di aver versato. Osservo i suoi occhi mentre conclude il discorso nel più classico dei modi, usando quelle parole che milioni di persone prima di lui hanno detto e ripetuto. Quelle parole che sono insieme meravigliose e terrificanti, che sono in grado di stravolgere lo scorrere di una vita intera.
- Vuoi sposarmi?
È sbagliato, non posso sposarlo.

No, è questa la risposta giusta da dare. “No” è la parola che rimbomba nella mia testa. “No” è la parola che la mia coscienza vorrebbe che io dica.
Ma è un “Sì” tremolante che le mie labbra pronunciano, mettendo a tacere il buon senso. È un “Sì” quello che Peeta, Caesar e praticamente tutta Panem mi sentono dire.
- – ripeto più e più volte.
Raggiante, Peeta infila l’anello al mio anulare sinistro e mi abbraccia, seppellendo il viso tra i miei capelli. Io nascondo il mio nella sua giacca. Siamo ancora abbracciati quando la voce entusiasta di Caesar ci annuncia come i “futuri sposi del Distretto 12”.

 

In camera, nel buio quasi totale, osservo e traccio con le dita i contorni dell’anello: le pietre preziose formano un elaborato fiore dai petali luminosi, in grado di scintillare anche adesso che non c’è della luce a produrne i riflessi. L’oro che mi circonda l’anulare va a creare un delicato intreccio di quelli che sembrerebbero rampicanti. Non è un anello piccolo, è quasi massiccio, ma è leggero come una nuvola. Il peso che sento proviene dal significato che esso trascina con sé.
Io e Peeta ci siamo appena fidanzati ufficialmente.
Questa svolta non ci voleva. In sala, a pochi metri di distanza, sento un vociare di persone: Cinna, Portia, i nostri preparatori… stanno tutti aspettando il nostro arrivo per festeggiare l’evento. Effie già non vede l’ora di avviare i preparativi per le nozze. Io, invece, vorrei fuggire. Voglio solo fuggire lontano.
Finita l’intervista, siamo risaliti al nostro piano ed ho finto di voler stare da sola prima di cena per elaborare meglio la novità. In realtà non sto elaborando un bel niente, sto solo cercando di capire come siamo arrivati a questo punto. Cerco di ricordare il momento preciso, un possibile indizio che possa aiutarmi a chiarire la situazione, ma invano.

Deve esserci stato qualcosa che ha scatenato in Peeta il desiderio di volermi in moglie!, penso. Deve esserci, eppure non capisco cosa possa essere stato. Ricordo i nostri discorsi sulla famiglia, sul volere o meno bambini, sul matrimonio, ma sono discorsi avvenuti mesi fa. Il nostro rapporto non era neanche così intimo come lo è adesso, eravamo poco più che amici… e poi, ricordo benissimo di avergli spiegato le mie intenzioni riguardo al matrimonio e ai figli. Intenzioni che, nel frattempo, non sono cambiate di una virgola.
Non voglio sposarmi.

Allora perché hai detto di sì?
Non lo so.

Sospiro, tirandomi i capelli. Non ne verrò mai a capo da sola. Ho bisogno di parlargli: solo lui può aiutarmi a comprendere.
Afferro il primo cappotto che mi capita sottomano e lo infilo, uscendo dalla stanza. Busso alla sua porta e Peeta la apre dopo neanche un secondo, come se fosse sempre stato lì dietro e stesse aspettando solo il mio segnale per poterla aprire. Come me, non si è ancora cambiato: ha solo tolto la giaccia.
- Possiamo parlare? – chiedo. Annuisce con un cenno della testa e si sposta per farmi entrare, ma lo fermo subito. – Non qui, non voglio che ci sentano. Andiamo di sopra – non aspetto che prenda il cappotto anche lui, ma mi allontano in fretta e vado dritta alle scale che portano al tetto.
Il tetto del centro di addestramento, dove possiamo godere della migliore visuale possibile per osservare la meravigliosa ed accecante Capitol City dall’alto: a quanto pare, essere del Distretto 12 ti dà questo vantaggio. Fuori, all’aria gelida, raggiungo l’angolo più lontano, accanto ad una ventola che fa un baccano infernale e che, in teoria, dovrebbe riuscire a coprire le nostre parole da orecchie indiscrete.
Ricordo di essere salita qui la sera prima di entrare nell’arena: non riuscivo a dormire ed il letto aveva cominciato ad assomigliare ad una prigione insopportabile, così ho pensato di salire quassù per una boccata d’aria. C’era già Peeta sul tetto, seduto ad osservare le luci e gli abitanti in festa che attendevano l’inizio della carneficina. Mi ha mostrato il campo di forza invisibile che circondava tutto il tetto, come un recinto invisibile.
Allungo la mano oltre il cornicione ed eccolo lì, il campo di forza: respinge la mia mano, simile ad una morbida superficie che fa rimbalzare qualsiasi cosa gli si scagli contro. Continuano ad aver paura di eventuali suicidi?
Il rumore dei passi di Peeta, alle mie spalle, mi avverte del suo arrivo; mi volto, osservandolo mentre si sistema meglio il cappotto addosso e mi si ferma davanti. – Che succede?
Alzo la mano sinistra, quella su cui l’anello fa bella mostra di sé. – Quand’è che hai deciso di volermi sposare? – domando: il mio tono di voce è più duro di quanto volessi, o mi aspettassi.
Sul viso di Peeta appare un sorriso mesto. – Non ti ho convinto? Eppure, pensavo di esserci riuscito…
- Che vuoi dire?
Il mio fidanzato sospira, infila le mani nelle tasche dei pantaloni e comincia a strisciare un piede sulle mattonelle, evitando il mio sguardo. - È stata un’idea di Haymitch, quella di farti la proposta. Per placare gli animi degli insorti. Ha detto che prima o poi sarebbe comunque dovuto accadere, quindi… perché aspettare?

Già: perché aspettare?
Pensavo che scoprire la verità mi avrebbe fatta stare meglio, e invece non è così. È peggio. Rispetto a un minuto fa, sento altra rabbia riempire le mie vene. Sto rivivendo le stesse sensazioni dell’anno scorso, quando ho saputo dell’esistenza dei sentimenti di Peeta nei miei confronti. Mi sento vulnerabile come allora. Mi sento sciocca.
- Voi due… voi due dovete smetterla di nascondermi le cose! – urlo. Sono sul punto di gettarmi su di lui per spingerlo via, ma mi fermo in tempo: non voglio fargli del male. Se è stata davvero un’idea di Haymitch, Peeta non ha nessuna vera colpa: è solo una vittima degli eventi, esattamente come me. – Perché non mi avete detto niente?
- Perché la tua reazione doveva sembrare vera. Avresti rovinato tutto, sapendo che faceva parte di un piano – mi spiega Peeta. Stavolta, però, mi sta guardando. – Mi dispiace, Katniss.
Sospiro. - Lo so, Peeta.
- No, non lo sai – dice, accorato. - So che non vuoi sentir parlare neanche per scherzo di matrimonio ed ho provato a spiegarlo anche ad Haymitch, ma non ha voluto saperne. Per lui, volersi o non volersi sposare sono solo scuse dietro cui nascondersi, da usare per non affrontare l’inevitabile. Io non sono come lui: non ti avrei mai spinto a fare qualcosa contro la tua volontà.
Annuisco, amareggiata. La rabbia è andata via: ora dentro di me c’è solo frustrazione. Tanta, tanta frustrazione. Incurante del freddo e della poca neve che si è depositata a terra, mi siedo sulle mattonelle gelate e incrocio le braccia contro il petto. Inizio ad avere i primi sentori di quello che accadrà nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. Per quanto tempo andranno avanti i preparativi per le nozze? E quando si terranno, prima di tutto? In estate? In inverno?
Avremo mai un po' di pace?
Peeta si siede di fronte a me e, presa la mia mano sinistra, inizia ad accarezzare l’anello con il pollice. Adesso che siamo fidanzati ufficialmente, immagino che nessuno possa più richiamarci per quello che facciamo: siamo prossimi alle nozze… e poi, arriva il senso di colpa. Accade sempre, ogni volta che i miei pensieri vagano su quello che devo o non devo fare, su quello che posso o non posso fare. Ogni volta che penso a me stessa, solo a me stessa, e metto da parte Peeta.
Non gli ho chiesto se è felice per tutto questo.
- Mi vuoi davvero sposare? – bisbiglio.
- Immagino di sì, ma avrei preferito diversamente. Volevo che fosse vero – dice. – Un giorno, forse, io e te saremo andati insieme al Palazzo di Giustizia e, una volta tornati a casa, avremo tostato il pane insieme. Magari, con il tempo, sarei persino riuscito a convincerti che il matrimonio non è così brutto come pensi – conclude.
Riesco quasi ad immaginare la scena che mi ha appena descritto nella mia mente… e sembra bellissima. Sembra normale. La normale vita di due persone innamorate che scelgono di condividere insieme il futuro. Due persone che non vogliono aspettare per trascorrere insieme il resto delle loro vite.
Mi getto su di lui, stringendolo forte. I nostri abbracci sono diventati automatici, le nostre braccia sanno subito dove posarsi, dove premere. Conoscono ogni minima parte del corpo dell’altro. – Mi dispiace – mormoro.
- Almeno l’anello l’hanno lasciato scegliere a me! – commenta con una risatina.
Sorrido, baciando la pelle delicata dietro il suo orecchio. - È bellissimo, Peeta.

 

È stato tutto inutile. I baci, gli abbracci, il nostro legame, nato da una semplice amicizia, che col tempo si è rafforzato e trasformato in un sentimento puro, sincero, reale. Persino la proposta di matrimonio in diretta nazionale non è servita a dare man forte ai nostri sforzi.
Non ci siamo riusciti.
Durante la festa nella tenuta presidenziale, il nostro arrivo non è di certo passato inosservato: come non riconoscere tra la folla i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games?
Katniss Everdeen, la Ragazza di Fuoco, fasciata in un abito nero di Cinna, la cui firma è visibile su ogni centimetro di stoffa ricamata: le cuciture argentate, le trasparenze, le spalline che ricordano le piume di un uccello. Peeta Mellark, il Ragazzo Innamorato, affascinante nel completo nero e argento che fa pendant con l’abito della sua compagna.
Per gli ospiti della serata noi non siamo altro che questo. I nostri abiti vengono sfiorati, la nostra attenzione è costantemente richiamata dalle migliaia di voci che riempiono la sala padronale. Centinaia di congratulazioni raggiungono le nostre orecchie. Persino Plutarch Heavensbee, il nuovo Capo degli Strateghi, viene a presentarsi e a farci le sue felicitazioni più sincere. Tutti vogliono parlare con noi, tutti vogliono toccarci, tutti vogliono disturbarci: siamo dei fenomeni da baraccone in questa festa che sembra un enorme circo mediatico. Dei burattini, delle marionette.
Non riusciamo a stare da soli neanche per un secondo, per quanto ci proviamo. Le chiacchiere inutili e la musica a tutto volume mi danno alla testa. Riusciamo a stare tranquilli per un po' solo mentre mangiamo, ma c’è talmente tanto cibo, e noi abbiamo solo uno stomaco ciascuno. Penso a tutto il cibo che a fine serata andrà a finire nei rifiuti. Penso a tutto il cibo che ogni giorno viene sprecato, mentre nei Distretti più poveri ogni giorno la gente muore di fame. Chiedo a Peeta di ballare, orripilata, quando Octavia mi porge un cocktail trasparente che mi farà vomitare e che mi consentirà di continuare a rimpinzarmi.
Mi lascio condurre da Peeta durante le danze: non sono molto brava, e non lo è neanche lui. Abbiamo avuto così poco tempo per imparare i tanti balli che in questo periodo vanno di moda in città. Effie ci ha dato una mano, ovviamente, ma il risultato non è dei migliori. Durante un lento, in cui non facciamo altro che dondolare sul posto, poso il mento contro la sua spalla e la fronte contro il suo mento. Sento le sue labbra, delicate e dolci, che mi sfiorano la pelle. Ho gli occhi aperti e riesco a vedere i visi ammaliati di chi ci circonda, mi sembra quasi di riuscire a percepire i sospiri sognanti che escono dalle loro labbra. Se li chiudo, invece, riesco ad escludere tutto quanto. Riesco quasi a dimenticare il luogo in cui mi trovo. Sento il calore del mio compagno, sento le forti braccia che mi sorreggono. Sento il suo profumo.
Sento Peeta, sento il mio fidanzato, e tutto quanto svanisce.
Ma l’idillio dura pochissimo.
Intorno a mezzanotte, poco prima del nostro ritorno al treno, il presidente irrompe, elegantissimo ed impeccabile, nella sala tra gli applausi dei presenti. Ci viene incontro, si congratula con noi per il nostro fidanzamento, ci augura una lunga e felice vita insieme. Propone un brindisi in nostro onore.
Mentre sono tutti concentrati a bere, succede. I nostri occhi si incrociano, si scrutano. I miei gli porgono la domanda silenziosa che temo da settimane. I suoi rispondono con l’esito che speravo di non ricevere. Snow scuote in modo quasi impercettibile la testa, in segno di diniego.
Capisco che è finita.

Non ci siamo riusciti.
Sul treno, in viaggio verso casa, è notte fonda. Non dormo io, non dorme Peeta. Siamo nel salottino adiacente alla carrozza ristorante, ancora bardati con gli abiti della festa. Guardiamo il buio che scorre veloce oltre i finestrini.
- Cosa succede adesso? – è la domanda di Peeta.
- Non lo so – è la mia risposta.

 

 

 

 

 

 

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1You say you want/diamonds on a ring of gold… l’avete riconosciuta? È l’inizio della splendida All I want is you degli U2. Lo so, in italiano non è la stessa cosa. Perdonami, Bono, per averla dovuta tradurre.

 

Buon lunedì!
La scorsa settimana vi avevo promesso un capitolo importante, ed eccolo qui: l’annuncio del fidanzamento. È una mia libera interpretazione, naturalmente: nel libro Katniss ce la spiega in maniera molto sbrigativa e ci fa capire che è stata una sua idea, che Peeta accetta a malincuore. Anche qui non è felice dell’idea, ma perché sa che non è ciò che vorrebbe Katniss e decide comunque di procedere, spinto da Haymitch, con la speranza di pararsi il culo mettere a tacere i sollevamenti nei Distretti. Cosa che non funziona, come sappiamo ormai bene.
Avrete sicuramente notato le note *ahem! l’originalità* che vi sto lasciando ogni tanto prima dei saluti e delle spiegazioni di rito: mentre scrivo mi distraggo, ascolto musica, penso ad altro… faccio un macello, insomma. E nel macello trovo anche alcune cosine che mi ispirano e che inserisco nel discorso. Ce ne saranno altre, ve lo assicuro, quindi preparatevi! Siete stati avvisati ;)
Oggi ho la diarrea verbale. Me ne vado prima di far danni!
Vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato la mia diarrea fino a qui e vi do appuntamento a lunedì prossimo col nuovo capitolo!

D
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