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Autore: littlegiulyy    27/07/2020    1 recensioni
Bra Brief. Da sempre poco avvezza alla lotta, alle battaglie ed alle avventure della squadra Z, con il passare del tempo si renderà conto di quanto le stia stretta la sua vita sulla Terra. Proprio quando quando capirà di aver bisogno di dare un cambio di direzione alla strada che le è sempre stata disegnata davanti, finirà per un caso fortuito nell'avventura che le cambierà la vita. Conoscerà lo spazio, lo stesso in cui suo padre ha vissuto per trent'anni, comprendendo finalmente l'altro lato della medaglia, un altro lato di sé.
Dal Capitolo 1:
"Quando sei l’erede di una delle multinazionali più importanti del pianeta che altra scelta potresti avere?
Nessuna, se non fare quello che tutti si aspettano che tu faccia.
...
Era la figlia della donna più geniale dell’Universo e di uno dei guerrieri più forte di tutte le galassie, i suoi amici erano tutti straordinari con poteri fuori dal comune… e lei? Quella sensazione che ormai aveva appiccicata addosso, la sensazione di essere ordinaria non accennava a staccarsi da lei da qualche giorno.
Insoddisfazione. Questo era quello che provava."
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Pan/Trunks
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 5 "Foreign lands"

Pianeta Terra


Bulma mordicchiava ormai da ore l’unghia del pollice nervosamente, sorreggendosi stancamente il mento con l’altra mano.
Non poteva essere vero, non potevano aver rapito la sua Bra.
Ormai da mesi era sempre a casa, sempre.
Più volte aveva rinnovato il laboratorio della Cpasule Corporation, proprio per renderlo adatto al lavoro da casa, potendo così finalmente stare vicina ai suoi figli e non disertare il suo dovere di madre che molto spesso l'aveva tenuta lontana da loro tutto il giorno. 
Non che fosse mai stata una madre assente, anzi, ma dopotutto era una delle donne in carriera più impegnate del mondo e questo comportava un certo grado di responsabilità e di dovere nei confronti dei suoi dipendenti.
Da quando aveva lasciato la direzione dell’azienda a Trunks, aveva passato le sue giornate a dilettarsi in frivolezze in casa sua, gustandosi finalmente quei giorni di meritato riposo dopo anni passati a lavorare. Non aveva abbandonato il suo lavoro di scienziata, quello non avrebbe mai potuto farlo; ma adesso finalmente poteva dedicarsi totalmente ai progetti più interessanti e più folli partoriti dalla sua brillante mente, senza dover sottostare alle leggi implicite del mercato che richiedeva annualmente nuovi prodotti che le portassero un numero illimitato di vendite e delle entrate monetarie da paura.
Erano mesi ormai che stava a casa tutti i giorni, mesi.
E per qualche strano scherzo del destino, proprio l’unico giorno in cui si era assentata per qualche ora con Trunks e Vegeta, qualcuno era piombato in casa loro rapendo sua figlia. 
Sapeva bene quanto i suoi pensieri fossero irrazionali, ma i sensi di colpa non accennavano a scivolarle di dosso. 
Riportò lo sguardo sullo schermo del computer accesso davanti a lei, e come risvegliata improvvisamente, riprese a digitare codici identificativi con una velocità quasi sovrumana.
Era così intenta in ciò che stava facendo che non si accorse di una presenza silenziosa che si avvicinava sempre di più a lei alle sue spalle.
Solo quando fu abbastanza vicino, Vegeta ruppe il silenzio nella stanza.
“Ho trovato il punto, a nord di città dell’Ovest… sono arrivati con una navicella piuttosto grande, a giudicare dal cratere nel terreno che hanno creato nell’atterraggio… non era di certo una monoposto”
Bulma sussultò spaventata portandosi una mano al petto, poi si girò tirando un sospiro di sollievo quando vide il volto del marito.
“Vegeta… sei tornato finalmente” disse a bassa voce guardando il Saiyan.
Quando avevano scoperto del rapimento di Bra, Vegeta aveva dato di matto ed aveva setacciato tutta la Terra più volte nel giro di poche ore. L'aveva cercata in ogni posto, tutti loro avevano guardato in ogni singolo e remoto luogo sulla faccia della Terra, ma di Bra neanche l’ombra, ne tanto meno della sua aura.
C’era un’unica apiegazione logica a tutto quello, ma che la sua mente ripudiava… la loro secondogenita non si trovava più sulla Terra.
Il suo cervello si martoriava da ore riflettendo su quale sasso alieno si potesse trovare sua figlia, ma tutta quella storia sembrava essere senza soluzione; ogni loro ricerca, un buco nell’acqua.
Una morsa al cuore le provocò un dolore al petto; il solo pensiero della sua bambina nello spazio la terrorizzava a morte, ma avrebbe fatto ogni tentativo possibile per riportarla a casa e scoprire dove si trovasse.
Non l’avrebbe abbandonata, mai.
“Dove sei stato?” chiese preoccupata notando il volto livido di rabbia del marito davanti a lei.
Il silenzio riempì ancora una volta la stanza, ma l’aria intorno a loro iniziò a vibrare visibilmente. Gli oggetti sulla scrivania tentennarono impazziti improvvisamente, cadendo fuori dai bordi del tavolo ed impattando sul pavimento, finché un pugno secco di Vegeta non ruppe in mille pezzi il tavolo affianco a loro.
Guardò impaurita i pezzi frantumati di ciò che restava del tavolo che usava per costruire i suoi progetti, riportando poi lo sguardo sul Saiyan, ponendogli una richiesta implicita, alla quale seguì la risposta che la sua mente ed il suo cuore avevano desiderato sentire.
“Non mi fermerò Bulma, ti giuro che la riporterò a casa, andrò a cercarla anche in tutte le galassie se fosse necessario” disse risoluto, riacquistando la sua solita freddezza e calma apparente.
Ma Bulma conosceva bene Vegeta, e conosceva anche l’inferno che si stava scatenando dentro di lei.
L’idea di non essere riuscito a proteggere sua figlia lo stava divorando dentro, logorando i suoi nervi lentamente ogni ora. Ogni minuto che passava, la sua frustrazione incrementava sempre di più.
“Lo so Vegeta” disse solamente la donna, riportando poi lo sguardo stanco sulla luce blu dello schermo davanti a lei “sto cercando di rilevare qualsiasi movimento al di fuori dell’orbita terrestre… sto cercando di utilizzare i dati dei satelliti artificiali, in modo da individuare il punto preciso in cui hanno oltrepassato l’atmosfera terrestre per individuare almeno la direzione in cui sono andati…” spiegò a voce alta, dando finalmente voce ai suoi progetti che aveva tenuto nascosti a tutti.
Vegeta aveva setacciato tutta la Terra aiutato da Goku, Gohan, Trunks, Goten e la piccola Pan e tutti gli altri membri della squadra Z. Tutti si erano fiondati fuori alla sua ricerca, non appena avevano avvertito l’aura di Bra farsi più evidente ed estremamente vicina a tre presenze che di terrestre avevano ben poco, da quello che le aveva detto Junior. Chichi, Videl e 18 avevano cercato di starle accanto, ma lei si era rinchiusa nel suo laboratorio, elaborando immediatamente un suo pianto, rigorosamente basato sulla logica e la fisica.
Non se ne sarebbe rimasta con le mani in mano, sarebbe tornata di nuovo anche su Nameck per riportare sua figlia a casa.
Alzò lo sguardo incontrando gli occhi di suo marito, folli come non li vedeva da tanto tempo.
Come biasimarlo...
Si alzò lentamente sospirando, e si avvicinò a lui fronteggiandolo.
“Chi può essere stato Vegeta? Chi potrebbe volere qualcosa da nostra figlia?” chiese preoccupata cercando di trattenere le lacrime che non aveva versato fino a quel momento.
Aveva cercato di farsi vedere forte, sempre, da tutti.
Eppure adesso, davanti all’uomo con cui aveva condiviso ogni gioia ed ogni dolore negli ultimi venticinque anni, non riuscì più a trattenersi, scoppiando in un pianto disperato che non riuscì a bloccare. Si portò una mano sul viso per coprire il volto dalla vergogna, ma d’istinto Vegeta allungò le braccia e la strinse avvicinandola al suo petto, stringendola in un abbraccio che si riservavano solo in privato.
Bulma afferrò la battle suite del Saiyan per sorreggersi, aggrappandosi ancora una volta a lui ed affondando il viso nell’incavo del suo collo scossa dai tremiti del pianto.
“Giuro su dio che chiunque sia stato la pagherà cara, la riporterò a casa” disse sotto voce Vegeta, sentendo finalmente i singhiozzi della moglie farsi sempre più diradati. Abbracciare quella donna era da sempre stato il suo antistress, la sua valvola di sfogo, il suo acchiappasogni... eppure in quel momento niente dentro di lui sembrava essersi calmato.
Ci aveva messo anni per dire addio allo spazio, ci aveva messo anni per compiere quel definitivo passaggio che aveva sancito sacrificandosi per la sua famiglia anni prima. Si era illuso di poter cancellare le sue azioni compiute in passato, ma il passato era tornato, prendendosi l'unica cosa che simboleggiasse il suo cambiamento.
Sua figlia, Bra.
L'unico simbolo del nuovo sentimento che albergava nel suo cuore, e che mai avrebbe detto fosse possibile, l'amore. 
Bra era la parte migliore di lui.
E lo spazio era tornato a reclamare un pezzo del suo cuore. 

Rimasero abbracciati per qualche minuto, in silenzio, finché non sciolsero l’abbraccio e tornarono a guardarsi negli occhi.
“Nostra figlia è da sola nello spazio Vegeta, in balia di chissà chi… sono terrorizzata” ammise sincera asciugandosi definitivamente le lacrime. Il volto dell’uomo si indurì vistosamente, e strinse i pugni fino a quasi farsi sanguinare le mani.
“Cosa possono volere da una ragazza di vent’anni?” chiese amareggiata la donna alzando lo sguardo al cielo.
Vegeta osservò meditabondo la donna, ma alla fine decise di dare voce ai suoi pensieri.
“Mi sono fatto molti nemici nello spazio negli anni… ho passato quasi trent’anni della mia vita girando per le galassie distruggendo pianeti e sterminando intere popolazioni… ero un mercenario Bulma, lo sai bene, ci sono molte persone che potrebbero voler vendicarsi” ammise sincero. La donna si morse il labbro inquieta, senza distogliere lo sguardo da quello scuro e cupo del marito.
“Pensi che lo stiano facendo per vendetta?”
“Dimentichi sempre una cosa… Bra è la principessa dei Sayan”
Bulma trattenne il fiato, riflettendo sulle parole dell’uomo.
Vegeta aveva ragione, molte persone ce l’avevano con lui e molti avrebbero potuto organizzare una vendetta colpendo la sua famiglia.
Ma perché dopo tutti questi anni?
Vegeta non girava più nello spazio da ormai più di venticinque anni, perché aspettare tutto questo tempo?
Pregò tacitamente che non le avessero fatto niente, senza rivelare i suoi timori al marito. Sapeva bene quanto poteva essere spietato il mondo alieno, lo aveva imparato a sue spese su Nameck; e l’idea che sua figlia adesso fosse in balia di chissà quale razza aliena ed in un pianeta magari a infiniti anni luce da loro la spaventava a morte. Bra era una ragazza forte, aveva ereditato buona parte di entrambi i loro caratteri, ma il cosmo sapeva essere crudele ed implacabile e lei adesso era da sola.
Nessuno di loro avrebbe potuto proteggerla.
“Mamma, papà…”
La voce di Trunks interruppe il loro dialogo, attirando la loro attenzione.
Il ragazzo scese rapido le scale del laboratorio, seguito fedelmente da Goten, e si avvicinò ai genitori accennando un debole sorriso. Distolse subito lo sguardo imbarazzato, notando la vicinanza tra i suoi genitori, ma si affrettò ad esprimere ciò che aveva da dire con così tanta urgenza.
“Goku ha avuto una splendida idea…” esclamò sorridente “recupereremo le sfere del drago e chiederemo di riportare Bra sulla Terra” sentenziò soddisfatto, ma il suo entusiasmo fu ben presto placato.
“Dimentichi una cosa Trunks…” disse Vegeta seriamente “la giurisdizione del Drago Shenron si limita alla Terra… se Bra si trova su un altro pianeta non potrà fare niente”
Il sorriso sul volto del ragazzo si spense all’istante, facendolo sprofondare in una terribile inquietudine.
Non ci aveva pensato, ma suo padre aveva ragione.
Se Bra si trovava su un altro pianeta, fatto quasi certo a questo punto, il Drago Shenronn non avrebbe potuto fare niente.
“Potremmo chiedergli di rivelarci la sua posizione allora” propose Goten, attirando l’attenzione di tutti.
Rimasero in silenzio meditabondi per qualche istante, finché la voce di Vegeta non spezzò l’aria.
“Ed una volta scoperta la sua posizione partirò immediatamente per andare a prenderla” sentenziò approvando indirettamente la proposta del giovane Son.
Bulma lo guardò preoccupata “mettiamo insieme tutte le sfere allora…” disse flebilmente dando una lieve carezza sulla guancia del figlio “vieni Trunks, vi do il radar”
Mentre la donna si avvicinava ad un cassetto, estraendone il radar cerca sfere, Vegeta si concentrò su Goten, attirando la sua attenzione.
“Avvisa tuo padre che a breve dovremo fare un giro nello spazio” disse risoluto.
Goten annuì, ma prima che potesse dire qualcosa la voce di Trunks si intromise nel discorso.
“Verrò anche io papà… chi ha rapito Bra la pagherà cara”
“Ovviamente ci sarò anche io… dove va Trunks vado io, questa volta non intendo svignarmela” disse Goten guadagnandosi un cenno di assenso dal migliore amico “e penso proprio che anche mia nipote vorrà venire con noi”
“Più siamo meglio è” disse con un sorriso il lilla, ringraziando mentalmente la famiglia Son.
Trunks sapeva bene quanto Goten ci tenesse a sua sorella, anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma per lei avrebbe fatto di tutto. Si scambiarono un’occhiata d'intesa, e Trunks si ripromise di mettere in chiaro qualche questione appena usciti da quella stanza. Il suo migliore amico da quando sua sorella era sprita sembrava fuori di sé, e per la gioia di Goku, finalmente volenteroso di battersi e lottare. Non aveva mai capito che sentimenti legassero Goten e Bra, ma lo avrebbe scoperto.  
“Andiamo allora… raduniamo le sfere e andiamo a riprenderci Bra”

Pianeta Darkans 

Erano già passate un paio d’ore da quando il generale Bardack le aveva fatto visita, e nessuno si era ancora fatto vedere.
Continuava a fissare incessantemente la porta a pochi metri da lei, estremamente tentata di aprirla ed uscire da quella stanza metallica e gelida in cui stava per marcire.
Non aveva idea di cosa ci fosse fuori, ne tantomeno di chi avrebbe potuto incontrare, eppure la sua voce interiore non faceva altro che ricordarle che avrebbe potuto trovare la libertà fuori da lì.
Se fosse stata abbastanza veloce, sarebbe riuscita a raggiungere una navicella ed a scappare, o almeno avrebbe capito cosa ci faceva lì e chi erano tutte quelle persone che aveva visto.
Non aveva idea del perché fosse su quel pianeta, ne in quale dannata galassia si trovasse, il suo unico pensiero adesso era fuggire da lì.
Si alzò in piedi lentamente, verificando se le sue gambe riuscissero a sorreggere il suo peso oppure no.
Non sembrò esserci alcun problema, i suoi muscoli erano flessibili e le gambe solide e ferme, come se niente fosse mai successo. Si rese conto improvvisamente di sentirsi decisamente meglio e più in forze, rispetto a solo qualche ora prima, riuscendo addirittura a camminare senza problemi. Consapevole di dover ringraziare il sangue trasmessole da suo padre, trattenne un sorriso. 
Era come se non fosse mai successo niente.
Si guardò intorno svelta alla ricerca di qualcosa da indossare per uscire da lì. Di sicuro se fosse uscita solo con un lenzuolo addosso avrebbe attirato l’attenzione, e lei in quel momento doveva cercare di mimetizzarsi il più possibile. Doveva passare inosservata.  
Girò intorno alla stanza un paio di volte, guardando all’interno di tutti gli armadietti ed i cassetti; trovò svariati oggetti della quale non conosceva l’utilizzo, ma non aveva tempo adesso di mettersi a studiare oggettistica aliena.
Doveva uscire da lì.
Improvvisamente i suoi occhi catturarono un camice bianco appeso ad un gancio, proprio dietro alla scrivania nell’angolo della stanza.
Sorrise soddisfatta dirigendosi veloce verso il camice; con quello sarebbe probabilmente potuta passare abbastanza inosservata, o almeno così sperava. Lo tolse dall’appendino e lo indossò subito, chiudendo tutti i bottoni fino in fondo, in modo che il suo corpo e le sue linee sinuose si vedessero il meno possibile. Non aveva idea di dove andare, ma una volta fuori da lì avrebbe improvvisato, pregando che il suo Kami l'assistesse. 
Sospirò avvicinandosi alla porta e, aprendola lentamente, infilò fuori il naso per assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Il corridoio bianco sembrava essere deserto, solo qualche rumore proveniva da due sale poco distanti dalla sua, ma dovevano essere abbastanza lontani da permetterle di uscire da lì. Uscì cautamente dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle e stando attenta a non far rumore. Se avesse trovato qualcuno, era certa che il suo palco sarebbe caduto.
Non aveva idea di che lingua parlassero su quel pianeta, non aveva idea di che aspetto avessero ne tanto meno di che usanze avessero. Sarebbe stata scoperta subito, all’istante, e allora sì che quel Saiyan fuori di testa gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Rabbrividii all’idea di subire ancora una volta quel genere di punizione e ripromise a sé stessa che non avrebbe più permesso a nessuno di toccarla, neanche con un dito. Non c’erano più suo fratello e suo padre a coprirle le spalle, se la sarebbe dovuta vedere da sola adesso…
Un rumore infondo al corridoio attirò la sua attenzione, costringendola ad incamminarsi verso la parte opposta.
Camminò svelta, guardandosi intorno lesta, mentre dentro di lei pregava di non trovare nessuno. Continuò a camminare per svariati metri, cercando di capire dove fosse diretta e cercando di seminare quei passi che sentiva ritmicamente dietro di lei.
Sembrava tutto uguale lì dentro, sembrava un labirinto.
Si fermò per un istante, cercando di capire dove fosse finita, ma intorno a lei c’era sempre lo stesso metallo bianco che vedeva ormai da svariati minuti, senza alcuna differenza.
Che fosse stato creato appositamente quel labirinto per non permettere ai prigionieri di scappare?
Alzò gli occhi al cielo imprecando contro qualsiasi divinità esistesse su quel pianeta e, quando sentì i passi farsi sempre più vicini a lei, istintivamente fece la prima cosa che le venne in mente ed aprì una porta poco distante. Si infilò rapida dentro al locale, senza neanche premurarsi di controllare se ci fosse qualcuno, e richiuse subito la porta alle spalle, calando nel buio totale della stanza. Appoggiò la schiena contro il muro, trattenendo il respiro per non farsi sentire in attesa che i passi nel corridoio diventassero più lontani.
Continuava a chiedersi come avesse fatto a finire in una cosa del genere lei, proprio lei che era sempre stata tagliata fuori da tutto, adesso si ritrovava in un casino più grande di lei.
Quando finalmente i passi furono distintamente più lontani da quella stanza, sospirò rassegnata e fece un passo in avanti per staccarsi dalla porta, quando improvvisamente si accesero tutte le luci. Sobbalzò dallo spavento e si guardò intorno preoccupata per capire chi l’avesse scoperta, ma si rese conto subito di essere da sola nella stanza.
Non c’era nessuno.
Avanzò ulteriormente guardandosi intorno e cercando di capire dove fosse finita. Probabilmente, dei sensori regolavano l’accensione delle luci e con il suo movimento aveva azionato l’illuminazione. Intorno a lei, una serie di scaffali raccoglievano numerosissimi libri e volumi di ogni genere ed, al centro della stanza, un tavolo molto lungo ricoperto da carte riempiva l’ambiente.
Si avvicinò cauta ad uno scaffale, cercando di capire di che libri si trattassero.
Nessuno di quei caratteri le sembrò conosciuto, doveva trattarsi di un’altra lingua, una lingua aliena.
Senza pensarci, prese tra le sue mani un libro ingiallito dal tempo e, soffiandoci sopra, lo spolverò dalla polvere che si era depositata sopra ad esso con gli anni. Sfogliò rapida le pagine, percorrendo con gli occhi quelle righe scritte in caratteri sconosciuti.
Un brivido di emozione l’attraversò quando si rese conto che stava sfogliando un libro alieno, scritto in una lingua che nessun terrestre poteva aver mai visto probabilmente. Continuò ad osservare le pagine macchiate dall’inchiostro incantata, come se avesse trovato il più prezioso dei tesori.
Rimise a posto il libro, avvicinandosi rapida al tavolo al centro della stanza e curiosa gettò subito lo sguardo sulle carte appoggiate disordinatamente sulla tavola, riconoscendo immediatamente delle cartine intergalattiche.
Afferrò con rapidità la prima che le capitò sotto tiro e l’analizzò attentamente.
Non riconobbe nessuno dei pianeti di cui riuscì a leggere il nome, ma uno tra tutti spiccò attirando la sua attenzione immediatamente.
“Darkans…” sussurrò sottovoce sfiorando con l’unghia laccata di nero il piccolo puntino segnato al centro della cartina.
Quello era il pianeta su cui si trovava, il centro di una galassia che non aveva neanche mai sentito nominare, in chissà quale punto remoto del cosmo.
Riappoggiò la cartina sospirando ed  analizzò le altre carte presenti sul tavolo.
Sembravano essere burocrazia di qualche organo di quel pianeta; doveva essere finita in qualche ufficio o sede di ritrovo.  Nessuno di quei fogli era scritto nella sua lingua, quindi non riusciva a comprendere cosa ci fosse scritto. Improvvisamente però, un foglio tra tutti attirò la sua attenzione, riconoscendo una formula che aveva studiato più volte.
“Tu devi essere Bra…”
Una voce la destò dai suoi pensieri, facendola sobbalzare per lo spavento.
Si voltò terrorizzata, rendendosi conto di essere stata scoperta, ma non appena si voltò rimase spiazzata osservando la figura in piedi sulla soglia della porta. Una ragazza decisamente molto bella la stava fissando attentamente, con un sorriso divertito stampato in faccia. R
imase muta in attesa che la sconosciuta le dicesse qualcosa, mentre il suo cuore minacciò di uscirle dal petto per l’agitazione.
Cosa le avrebbe fatto? E come faceva a conoscerla?
“Allora? Sei Bra?” le chiese nuovamente ridacchiando appena ed incrociando le braccia al petto. La fissò in attesa di una risposta, ma gli occhi di Bra vagarono sulla sua figura studiandola.
La sua pelle più scura del normale ed i capelli bianchi come la neve le lasciarono intendere che doveva appartenere alla stessa razza di Yoshi, il ragazzo che l’aveva rapita in casa sua. Tuttavia, a differenza degli altri alieni, non indossava ne armatura ne camice bianco, ma un leggero vestito in seta bianca lungo fino ai piedi. Le sue forme abbondati messe in risalto dal vestito scollato la rendevano ancora più bella; non sembrava pericolosa, ma qualcosa le diceva di non fidarsi di lei.
Dopotutto… non aveva idea di chi fosse.
“Si, sono io… come fai a sapere chi sono?” chiese seria la turchina, cercando di nascondere la sua tensione.
Una risatina scappò dalla ragazza davanti a lei “ci sono poche ragazze con i tuoi colori su Darknas…” disse semplicemente. Sciolse le braccia e fece un passo verso di lei, ma Bra arretrò istintivamente.
“Calmati, voi Saiyan siete sempre tutti sulla difensiva…” commentò divertita guardandola, poi riprese ad avvicinarsi a lei “io sono Alyne” aggiunse poi guardandola meglio senza smettere di sorridere.
Bra si sentì infastidita dal suo sguardo di ghiaccio puntato sul suo corpo, sembrava quasi la stesse analizzano, e probabilmente era proprio così, ma cercò di non darci peso.
“Ah sei tu quindi quella di cui parlava Bardack” disse incrociando le braccia al petto. Gli occhi dell’aliena volarono nei suoi ed un ghigno furbo si dipinse sul suo volto.
“Bardack…” ripeté divertita “il generale non si fa chiamare da tutti per nome…” aggiunse poi sorridendole maliziosa.
Bra alzò gli occhi al cielo “beh non gli ho di certo chiesto come chiamarlo… e se si aspetta che lo chiami ‘generale’ od in qualsiasi altro modo lo chiamiate su questo pianeta… beh può stare fresco” rispose stizzita.
Alyne rise divertita “hai un bel caratterino… sei focosa, come quasi tutti i Saiyan” disse guardandola “allora chiamalo come vuoi, ma stai attenta a farlo in sua presenza”
“Se ne può andare al diavolo anche lui per quanto mi riguarda” sentenziò acida, riportando poi lo sguardo sui fogli sul tavolo, intenzionata a chiudere il discorso. L’aliena la guardò sorpresa, ma prima che potesse aprire bocca, Bra parlò nuovamente.
“Cosa sono questi?” chiese prendendo in mano i fogli sul tavolo “non conosco la vostra lingua, ma queste sono formule per calcolare la trazione richiesta, la velocità di stallo, la massima efficienza di un motore e… il cono di mach!” esclamò sorpresa continuando a leggere.
Alyne la guardò sorpresa, avvicinandosi a lei per guardare le carte che stava decifrando.
“Il cono di mach?” ripeté confusa gettando un’occhiata alle carte.
“Il rapporto tra la velocità di un oggetto in moto in un fluido e la velocità del suono nel fluido considerato!” esclamò la turchina, come se fosse ovvio conoscere ciò di cui stava parlando. Spostò lo sguardo sull’aliena, comprendendo all’istante la sua confusione.
“Non sai di cosa sto parlando?” le chiese riportando lo sguardo sulle carte sotto le loro mani.
Alyne scosse la testa “no… non me ne intendo di aerodinamica…” disse alzando lo sguardo su Bra “ma tu evidentemente sì… conosci queste cose?”
Bra la guardò per un istante, indecisa se dirle la verità, ma alla fine si lasciò andare. Non avrebbe cambiato poi molto la sua situazione se avesse detto qualcosa su di lei ad una sconosciuta.
“Studio questo sulla Terra, mia madre è una delle scienziate più geniali del pianeta…” disse a bassa voce richiudendo i fogli sotto le sue mani “presumo siano progetti per nuove navicelle…”
“Esatto, da quello che so stanno progettando una navicella con velocità supersonica per una spedizione, la più veloce che sia mai stata costruita… ma i fondi devono arrivare da Kapthos”
“Quindi è per questo che Bardack vuole barattarmi con il sovrano di Kapthos… una Principessa per del denaro…” commentò alzando lo sguardo, collegando finalmente i pezzi di un puzzle che la vedevano come protagonista.
L’aliena annuì e, prima che potesse dire qualcosa, Bra parlò nuovamente.
“Quindi scambierà la mia vita per avere un motore più veloce sotto al culo?” sbottò scuotendo la testa incredula.
Erano alieni, era certa che non potessero avere i suoi stessi principi etici, ma una vita era sempre una vita, e barattarla per avere del denaro le sembrava davvero squallido e deontologicamente sbagliato.
“E una donna” disse improvvisamente Alyne, catturando la sua attenzione completamente.
“Cosa?” chiese confusa, notando come il sorriso di Alyne si fosse fatto più malizioso ma al tempo stesso teso. Probabilmente era consapevole di aver parlato troppo, e Bra non le avrebbe mai permesso di tirarsi fuori indenne da quel discorso finché non avrebbe saputo ogni particolare.
“Lady Kale” disse a bassa voce “si trova su Kapthos, l’unica donna che il generale Bardack abbia mai amato” le rivelò cercando di trattenere un sorriso.
Come un lampo a ciel sereno, improvvisamente la mente si Bra si illuminò, comprendendo all’istante perché il ragazzo ci tenesse così tanto a compiere quello scambio.
“E lei… chi è?” indagò falsamente disinteressata.
La curiosità di conoscere l’identità della ragazza che valeva la sua vita era molto alta, ma non voleva mostrare troppo interesse in un affare che di fatto non avrebbe dovuto importarle. Ciò che importava a lei era che sarebbe stata consegnata al sovrano di un pianeta di cui non aveva neanche idea di come fosse fatto. Era totalmente all’oscuro di come si sarebbe evoluta la sua vita e di quello che sarebbe successo e solo una parola continuava a ruotarle nella testa ininterrottamente…
Fuga.
Sarebbe scappata non appena ne avrebbe avuto la possibilità. 

“Kale…” disse l’aliena attirando la sua attenzione “anche lei è una guerriera, ed anche piuttosto forte…” spiegò sedendosi su una delle sedie intorno al tavolo. Bra prese posto al suo fianco, appoggiando il mento sulla mano in attesa che proseguisse il racconto.
“E’ stata presa dal sovrano di Kapthos durante una spedizione di conquista… il generale ed i membri della sua squadra non pensavano che i Kaphosiani fossero così forti, quindi li hanno colti di sorpresa…” raccontò.
“Quindi questa Kale è stata rapita? E quanto tempo fa?” indagò curiosa Bra.
“Circa sette mesi fa…” disse visibilmente amareggiata Alyne e, notando lo sguardo stranito della turchina, si affrettò a parlare “Kale è una ragazza molto timida e mite, ma in guerra sa essere implacabile… eppure è una ragazza gentile e sempre molto rispettosa nei confronti di tutti… il generale deve riportarla a casa”
Bra osservò l’aliena pensierosa.
La stavano usando come merce di scambio per riavere indietro una di loro, una del gruppo. E se questa Kale era davvero la compagna del generale Bardack, era ovvio che sarebbero scesi a qualsiasi compromesso per riportarla da loro. Avrebbe dovuto odiarli, avrebbe voluto provare rancore nei loro confronti per averla rapita e per aver deciso di usarla come merce di scambio…
Ma, adesso, tutta la rabbia provata fino a poco prima e la frustrazione erano scemate via, lasciando spazio soltanto ad un sentimento di comprensione e disagio per i suoi stessi pensieri. 
Finalmente aveva compreso.
I suoi rapitori stavano agendo nel giusto dal loro punto di vista, e come biasimarli?
Una di loro era stata presa in ostaggio su un altro pianeta e sapeva bene quanto le leggi dello spazio potessero essere  crudeli. Volevano solo riportarla a casa, riportarla da loro, proprio come i suoi amici avrebbero fatto e come probabilmente stavano cercando di fare. 
Chi non lo avrebbe fatto al loro posto?
“Adesso andiamo Principessa… ho parlato anche fin troppo, devo prepararla per l’incontro con il sovrano di Kapthos…” disse a bassa voce Alyne, alzandosi in piedi. Bra rimase immobile, con gli occhi ancora puntati sulle cartine sotto di lei aperte sul tavolo.
“Non chiamarmi Principessa” sussurrò scuotendo la testa.
“Ma è il suo titolo ed è ciò che le spetta”
Bra strinse i pugni, affondando le unghie lunghe nei palmi delle mani “non voglio un titolo se questo fa si che io possa essere usata come merce di scambio” disse a senti stretti. Si alzò di scatto, fronteggiando l’aliena che rimase in silenzio a guardarla attentamente.
“Adesso andiamo, fammi vedere questo maledetto vestito che dovrò indossare...” concluse amareggiata e rassegnata, consapevole di dover posticipare la sua fuga.
Alyne la condusse velocemente all’interno di una stanza decorata in modo elegante e decisamente regale. Le preparò la vasca da bagno, facendola immergere in un acqua bollente piena di profumi ed aromi speziati che non aveva mai sentito prima, ma che si avvicinavano molto alla vaniglia ed al pauchuli. Si lavò i capelli ed il corpo accuratamente, finalmente lavando via il sangue incrostato che sporcava la sua pelle e facendo risplendere i suoi capelli turchini.
Una volta uscita dalla vasca, l’aliena la aiutò ad indossare il vestito che era stato scelto per lei, le stese un velo di trucco sul volto e raccolse i suoi capelli con uno chignon basso fissato da una treccia. Le sistemò addosso dei gioielli visibilmente preziosi, toccandola delicatamente, quasi fosse una bambola.
Una bambola che stavano per regalare. 
“Questi orecchini sono diamanti che provengono dal pianeta Nyriois” le spiegò Alyne “sono tra le pietre più preziose di questa galassia… e la pietra blu che portate al collo viene da Yadrat” aggiunse.
Bra sospirò, continuando a fissare il vuoto davanti a lei e lasciandosi agghindare per il suo scambio.
La stavano vestendo e sistemando come una vera principessa, sistemando qualsiasi cosa senza che lei alzasse un dito. Indossava i gioielli più preziosi, uno dei vestiti più belli che avesse mai visto, e tutto sembrava essere a sua disposizione; improvvisamente, tutto ciò che aveva sempre sognato le sembrò assurdamente superficiale e di poca importanza adesso. Tutta quella riverenza le sembrava così falsa da farle venire la nausea e per tutto il tempo restò in silenzio, cercando di ingoiare quella rabbia che minacciava di esplodere dentro di lei. 
Tra qualche ora, la sua vita sarebbe cambiata e pregava dentro di lei che qualcuno venisse a salvarla.

Ciao a tutti! 
Tra qualche giorno partirò per le vacanze, quindi non so se riuscirò ad aggiornare prima con il sesto capitolo. 
Per questo quinto capitolo ho lavorato un po' di fantastia e, se tra di voi ci fosse qualche esperto di fisica e matematica, mi perdoni se ho scritto qualcosa di insensato o errato. L'ambito della fisica non è il mio, quindi potrei aver scritto grosse fesserie! Per il resto... ho deciso di assumere anche il punto di vista di altri personaggi, quindi vedere come si sviluppano anche le cose sulla Terra e per tutti gli altri personaggi, che ne pensate?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate! Aspetto una vostra recensione

 
  
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