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Autore: Jordan Hemingway    01/08/2020    0 recensioni
(Cassandra/Apollo, Sci-fi&MagicAU)
Cassandra è un soldato, allevata per unirsi alle schiere delle onnipotenti Dominazioni Olimpiche, fino a quando non osa alzare la mano verso la magia contenuta nel cuore delle stelle. Qual è il prezzo da pagare per un potere tanto grande da cambiare l'universo?
Prima classificata al contest "Favole di Oggi" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Cassandra
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Guardatevi dall’alto delle stelle




Simili a formiche andiamo dentro a ogni fuoco. Ogni acqua. Ogni fiume di sangue. Solo per non dover vedere. Che cosa? Noi.
Christa Wolf, Cassandra

 


Ovviamente non erano dèi.
Erano stati i primi coloni a ribattezzarli così, dopo averli visti per la prima volta: gli unici esseri a vivere in quella remota galassia. Corpi che potevano mutare da uno stato all’altro, assumendo le sembianze che preferivano ed estraendo energia direttamente dalle stelle con processi di sintesi che la neo-scienza non era mai riuscita a spiegare perché non si trattava né di sintesi né di scienza.
Per loro era qualcosa di naturale: il simbolo della loro origine sovrannaturale, il legame con il cuore delle stelle e dell’universo stesso.
Magia, pura e semplice.
Questo spiegava perché i primi coloni, invece di iniziare le solite guerre di conquista, avessero gettato le armi a terra e si fossero arresi, sottomettendosi alla Dominazione Olimpica e diventando parte del loro esercito. Un’armata invincibile di cui anche Cassandra avrebbe fatto parte alla fine del suo addestramento.
Continuava a vedere quei serpenti di luce, forse un effetto collaterale di quello che aveva fatto all’arena.
Sapeva che avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, prima o dopo: non si aspettava però di essere convocata appena rientrata dagli esami.
“Che vorrà da te il Comandante?” Fece in tempo a sibilarle Eleno all’orecchio, prima che un Capitano la scortasse via.
Forse dopotutto si erano accorti di quel che aveva fatto. Finalmente.
Non la portarono nei quartieri degli ufficiali: il Capitano si fermò davanti alle stanze personali del Comandante e bussò alla porta.
Quando Cassandra entrò, vide un uomo che non conosceva e che non portava la divisa dell’esercito.
“E’ lei,” disse l’uomo con tono calmo e distaccato, innaturale. Fu dalla voce che comprese di fronte a chi si trovava: le gambe le tremavano, ma si mantenne dritta con la schiena mentre portava entrambe le mani al petto nel saluto riservato ai capi della Dominazione Olimpica.
“Possa la luce splendere in eterno.”
Il viso di Apollo era senza espressione. “Ti ho visto combattere.” Le sue labbra non si mossero mentre si avvicinava a lei, eppure ogni parola risuonava nella sua mente. “E ti ho visto vincere.”
Lei rimase in silenzio.
“Sai quello che hai fatto?” Le chiese Apollo.
“Ho sconfitto il mio avversario,” replicò lei. Espirò lentamente: “Con un aiuto,” aggiunse.
“Hai usato la magia del nexus.” Poteva sentire la presenza dell’alieno farsi strada ai margini della propria consapevolezza come un’onda di emozioni che la sua forma umana non riusciva a riprodurre: curiosità, turbamento e aspettativa. “Non molti della tua specie ne sono capaci.”
Cassandra si domandò se lui l’avrebbe punita oppure se l’avrebbe legata a un tavolo dei Laboratori per aprirla e cercare di capire che cosa in lei le aveva permesso di fare quel che aveva fatto.
Immaginò le mani del dio sfiorarla con la lama sottile del bisturi, dall’incavo del collo e sempre più in basso, senza poter fare nulla per fermarlo.
Si chiese se avrebbe urlato.
“Hai paura.”
“Ho motivo di non averne?”
“Forse.” Le porse una mano, immacolata e perfetta. “Dipende da quello che sceglierai.”
Il contatto tra Dominazione Olimpica e uomini era raro: avveniva solo in determinate circostanze e con persone in grado di sopportare la natura aliena abbastanza da non rimanerne succubi. Era uno dei grandi divieti della società coloniale: Cassandra esitò, consapevole che Apollo stava assistendo allo scontro tra quello che le era stato insegnato e quello che le veniva ordinato.
Alzò gli occhi e incrociò lo sguardo del dio: lentamente allungò le proprie dita per toccare le sue.
Fu come essere catapultati nello spazio profondo: attorno a lei tutto divenne oscuro, un brusio assordante le riempì la testa eliminando ogni altro pensiero. A tratti, lampi di immagini sfocate le passavano davanti, troppo distanti perché lei potesse capirne il senso, e andavano a unirsi ai serpenti di luce che strisciavano nei suoi occhi chiusi.
L’unica certezza erano le dita di Apollo, il calore intenso che sprigionavano contro la sua pelle: si aggrappò a quella sensazione mentre il resto di lei precipitava nel vuoto.
Questo è quel che si prova usando la magia?
Il contatto si interruppe.
Cassandra si ritrovò sul pavimento, tremante e con lo stomaco contratto. Riuscì a voltare la testa prima di vomitare.
Sentiva ancora la presenza di Apollo nella sua mente ma molto più fioca, come se anche il dio avesse compiuto uno sforzo notevole. Quando ebbe il coraggio di guardarlo di nuovo vide che lui la fissava senza emozioni come sempre. Qualcosa però era cambiato nel modo in cui lui la stava percependo: soddisfazione.
“Che cos’era?” Riuscì a chiedergli, con voce roca dalla bile. “Che cosa mi hai fatto?”
“Ti ho mostrato delle strade.” Questa volta lui le rispose con la sua voce umana e distaccata. “Le possibilità che esse si realizzino. E tu sei stata capace di vederle.”
“Ma non di capirle.”
“Questo verrà con il tempo.” La domanda implicita era chiara, le conseguenze della sua risposta lo erano altrettanto.
Apollo parlò ancora. “Il potere che acquisterai sarà immenso: sarai la mia allieva e un giorno comanderai eserciti in mio nome. Con le tue visioni potremo cambiare il corso dell’universo.”
Ansimando, Cassandra si rialzò: “Insegnami.”


Erano nel cuore della tempesta: la navetta si lasciò alle spalle il muro di sabbia e vento per entrare in un’area circolare dove anche il tempo sembrava immobile.
L’aria era calda, stantia senza i filtri dell’elmetto. La luce non riusciva a penetrare del tutto la massa di nuvole: la semi oscurità era la stessa di quando, una vita prima, si era immersa nell’oceano del suo pianeta natale e aveva osservato il sole da sott’acqua, domandandosi come fosse possibile la vita nelle grandi profondità.
Il lato positivo era che non avrebbe avuto bisogno di raggi schermanti: i dati indicavano che quel muro di nubi sembrava funzionare come uno scudo anti-radiazioni.
Un’altra magia, un altro atto di fede.
“La Prova inizierà non appena entrerai nel cerchio del Proskénion.” La voce di Apollo risuonava in lei forte e sicura. “Io sarò assieme agli altri della mia specie provenienti da ogni angolo di questa galassia. Non mi è permesso di aiutarti in alcun modo.”
Lo sapeva già. Avevano passato notti a studiare i possibili contenuti della Prova: durante il suo apprendistato Cassandra aveva imparato a risolvere enigmi e a distruggere ostacoli lasciando che la luce le scorresse nelle vene per combattere e vedere più in là di ogni nemico. Questa volta però Apollo non sarebbe stato con lei: la sua presenza non l’avrebbe salvata se avesse fatto un passo falso e la sua mente avesse ceduto.
Era il rischio da affrontare per ricevere il pieno controllo sul suo nexus.
Apollo svanì – non c’erano altri modi per descrivere il modo in cui gli dèi si spostavano piegando lo spazio – e lei rimase sola.
Inspirò profondamente.
L’oscurità della tempesta era indispensabile per far emergere il pieno potere della magia che le ribolliva nel sangue. Se la sua mente fosse stata giudicata adatta gli dèi l’avrebbero resa in grado di raccogliere enormi quantità di energia solare e trasformarle in un sentiero che le avrebbe permesso di vedere dipanate ai suoi piedi tutte le strade del futuro, ascendendo più in alto delle stelle.
Sarebbe stata in grado di portare un esercito alla vittoria semplicemente chiudendo gli occhi.
Ma in cambio avrebbe dovuto cedere ad Apollo la sua volontà.
Coloro che portavano il marchio del nexus dovevano essere vincolati a una delle divinità per sopravvivere a quel potere.
Posò una mano sul pannello di controllo della navetta: la porta si aprì sibilando sul paesaggio immobile nel ventre della tempesta. A poca distanza, una serie di colonne metalliche dall’aria antica indicavano la posizione del Proskénion.
Un passo dopo l’altro, Cassandra si avviò in quella direzione.


Erano passate solo poche settimane ma già desiderava che Apollo prendesse se stesso e tutta la sua luminosità e andasse a gettarsi in una catena solare.
Possibilmente lasciando un messaggio di scuse.
Sentì la presenza dell’alieno – del dio – stringersi attorno alla propria coscienza, in parte severo, in parte quasi divertito da quei pensieri.
“La luce è magia, è potere.” Eppure, mentre continuava a parlarle, la sua espressione restava immota, come quella di una maschera. “A un livello elementare il portatore di nexus la può incanalare e usare come farebbe un qualsiasi strumento meccanico.” Che cosa si provava a non poterla mai togliere? “A un livello più alto dona la possibilità di vedere quello che potrebbe essere.”
“Chiaroveggenza.”
“Una parola del vostro linguaggio che è simile ma non uguale a quello che noi intendiamo. La luce rende il portatore in grado di vedere tutte le infinite possibilità e di scegliere tra di esse quelle più adatte.”
Cassandra rallentò il passo. Si trovavano negli appartamenti privati riservati ai membri della Dominazione Olimpica in visita ufficiale: gli scudi solari erano ridotti, le finestre più ampie e cortili fiancheggiati da giardini di rocce collegavano una stanza all’altra. La ragazza indossava la propria tuta schermante tutto il giorno come una seconda pelle tanto che la sera, quando tornava nella nuova stanza che le avevano assegnato – non più camerate rumorose per lei, a volte dimenticava di toglierla e crollava sul letto esausta.
“Se le possibilità sono infinite come è possibile scegliere?” Domandò fissando una roccia che le tempeste di Lykaios avevano cesellato fino a formare un arco irregolare. Le ricordava un pesce.
“La luce ti guiderà, se glielo permetterai.”
“Significa che chi controlla il nexus può influenzare il futuro?”
“Solo nei limiti di quel che permette la luce: ci sono futuri tra cui è possibile scegliere e altri che sono punti fissi nel tempo. Un animale feroce e affamato attaccherà in qualunque scenario.”
“Però… potrei decidere che un animale è pericoloso e sparare per costringerlo ad attaccare, provando che è pericoloso.” Si fermò, confusa per non essere riuscita a spiegarsi meglio.
Questa volta la presenza di Apollo in lei rideva. “Un esempio rozzo ma appropriato” concordò. Accanto a lei, l’alieno - il dio - dal viso di pietra sembrava parte del giardino. “Serve una dimostrazione.” Raccolse una roccia appuntita da terra. “Sto per colpirti?” La domanda era priva di inflessione. “Sto per ucciderti o la lascerò cadere  a terra? La getterò contro la finestra?”
Il suo sguardo era limpido e imperscrutabile.
Cassandra rabbrividì: “Come posso deciderlo?”
“Non sta a te farlo. Chiudi gli occhi e guarda.”
La ragazza alzò la testa verso l’alto: il sole splendeva allo zenit, poteva sentire il calore dei suoi raggi sopra la tuta. Lentamente, ma con meno fatica rispetto alle prime volte, ne assorbì la luce fino a quando non le sembrò che tutto il proprio corpo ne fosse intriso.
Serrò le palpebre e incanalò l’energia in un punto preciso della fronte.
Di nuovo quei serpenti luminosi che strisciavano a velocità folle. Li seguì fino a quando rallentarono per dividersi in figure su figure, immagini dell’Accademia e del cortile, di una tempesta che si abbatteva sulla parte esterna dell’edificio, di Apollo che scagliava la pietra contro di lei uccidendola, di lei che si opponeva al lancio con la forza della luce che aveva assorbito.
Come poteva scegliere? Che cosa rendeva un futuro più plausibile di un altro?
Avvertì la frustrazione crescere: Apollo era con lei – era sempre con lei quando usava la Vista – ma non interveniva.
I serpenti si intrecciarono di nuovo, immaginando altre possibilità. Uno di loro però le strisciò accanto, ai piedi della sua coscienza: sembrava indicarle un’altra immagine, una conseguenza che avrebbe richiesto una determinata azione che ora le sembrava chiarissima.
“Che cosa si prova a essere condannati a esprimere solo la verità?” Chiese con voce calma mentre riapriva gli occhi. “Che cosa significa vedere esseri come me capaci di mentire quando voi non ne siete in grado?”
Sentì il dio in lei, pur consapevole di quel che stava per succedere, irrigidire le proprie emozioni. La roccia, che prima puntava contro la testa di Cassandra, finì contro la finestra alle sue spalle, frantumando il cristallo in una cascata di schegge taglienti.
Lei si era spostata prima che questo accadesse.
Apollo la scrutò a lungo. “Hai imparato velocemente.”
“Sono la migliore allieva di questa Accademia.”
“Avresti potuto scegliere il futuro in cui ti spostavi. O quello in cui io lasciavo cadere la pietra. Ma la luce ti ha consigliato di provocarmi.”
“Era la scelta sbagliata?” Ora Cassandra era preoccupata, ma Apollo scosse la testa. “Non esattamente… Ma a volte mi chiedo se non sia meglio temere la luce…” Si interruppe. La sua presenza in Cassandra si affievolì e scomparve. “Per oggi abbiamo finito con la teoria: torna ai tuoi allenamenti.”


Erano tutti lì: gli dèi, i capi della Dominazione Olimpica, la stavano aspettando nel semicerchio di roccia spezzata nel cuore della tempesta.
Cassandra riconobbe il profilo aquilino di Zeus, gli occhi penetranti di Athena: accanto a loro il viso di Apollo sembrava più immutabile del solito.
Espirò lentamente.
Alzando la testa parlò con voce chiara: “Io, Cassandra, figlia di carne umana, membro della Flotta Imperiale, discepola di Apollo, chiedo di tentare la Prova per essere accettata come figlia di Lykaios.”
Fu Athena a risponderle: “Figlia della carne, sei consapevole di quello che comporta la tua richiesta? Sei disposta a cambiare il sangue in fuoco e la carne in luce?”
“Ne sono consapevole.”
“Sai anche che, se sarai giudicata non adatta, il prezzo sarà la tua vita?”
“Sono pronta a rischiare.”
Athena annuì, fissandola con occhi che le leggevano fino nel fondo dell’anima. Tutti gli dèi alzarono le braccia verso il cielo coperto: Cassandra guardò verso Apollo, ma il dio non ricambiò lo sguardo.
“Che inizi la Prova.”

  
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