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Autore: Lady_Eowyn    07/08/2020    1 recensioni
Questa è la storia di un tempo, neanche troppo lontano. Una storia che in pochi conoscono, una storia che, con l’andare del tempo è diventata mito e poi leggenda. Una storia che molti hanno dimenticato.
*
La prima guerra magica è ancora lontana, ma le pedine hanno iniziato a posizionarsi sulla scacchiera. Il fato ha iniziato a tessere la sua tela e, la marea del destino è pronta a travolgere le vite di tutti. Nel frattempo, la vita ad Hogwarts continua a svolgersi come sempre, nella più completa normalità.
O almeno, così sembra.
**
" - sento che qualcosa sta arrivando anche per me – disse – non ho nessun piano dinastico al varco, ma qualcosa è cambiato, in me, dopo quel…malore. Non so cosa sia, non so che cosa mi aspetti. Ma sento uno strano richiamo, come una melodia incantata. E’ come se suonasse per me. Come se stesse venendo a prendermi. E mi spaventa. A morte. - "
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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V.
 
THE WICKED SYMPHONY
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- Bene Signorina Halliwell, per me può uscire tranquillamente-  
L’infermiera le sorrise bonariamente e la osservò uscire con passo deciso. Isabel varcò la grande soglia di quella stanza con immenso piacere. La calma innaturale che regnava in quel luogo, la metteva a disagio. Forse si disse, esserci stata rinchiusa per più di un mese lontana da tutto e da tutti, non le aveva giovato.
Quando la pesante porta le sbatté alle spalle, istintivamente sussultò. Aveva imparato a nascondere bene i suoi sentimenti, ma troppe cose erano successe in quei giorni e le sue barriere iniziavano a cadere.  Sospirò, stringendosi nel mantello. Forse, si disse, era naturale. Era naturale per una ragazza di sedici anni avere paura. Che fosse una Gryffindor aveva poca importanza.
Chiuse gli occhi, appoggiandosi ad una delle grandi finestre dietro di lei. Cercò di mettere in pratica ciò che Silente le aveva insegnato l’anno precedente: rinchiudere rabbia e paura in un angolo remoto della sua mente. Scoprì che non era facile come aveva inizialmente pensato così aprì gli occhi, concentrandosi sulla luce del sole.
Aveva smesso di nevicare, constatò. Il cielo era limpido e terso, le acque del lago nero brillavano sotto i raggi del sole e gli studenti rimasti si concedevano un momento di pace. Aprì la finestra e sempre ad occhi chiusi, trasse un profondo respiro.
L’aria era fresca, pulita, si poteva sentire chiaramente il profumo degli alberi, mischiato a quello dei camini – perennemente accesi. Sorrise, pensando che dopo tutti quegli anni la sua mente collegava quel profumo ad una sensazione di pace. Di casa.
Più di una volta si era soffermata a pensare a come sarebbe stata la sua vita senza magia. Senza poteri. Senza Hogwarts. Non sapeva spiegarsi perché la sua mente di tanto in tanto si divertisse a molestarla con certi pensieri. Sembrava si divertisse a tormentarla. Ma lei sapeva che, per quanto a volte pensasse che quello non fosse il suo posto, che forse sarebbe stato tutto più semplice senza magia, non era così. C’era una ragione se il giorno in cui era nata, la piuma magica che ogni giorno scriveva su quella pergamena i nomi dei bambini che nascono con il dono, aveva scritto anche il suo.
Sentiva, dentro di sé, che quella era la sua casa. Lei, era li per una ragione. Che fosse nata in una famiglia di babbani, era solo uno scherzo del destino.
-Scherzo crudele, oserei dire –
Non lo aveva sentito avvicinarsi. Ma non si sorprese, aveva la straordinaria capacità di spuntare fuori dal nulla. Conosceva passaggi di cui neanche la mappa del malandrino era a conoscenza e sapeva, poiché lo aveva constatato lei stessa, che Lucius Malfoy non era persona alla quale poteva sfuggire qualcosa. O, in questo caso, qualcuno.
Era riuscito a trovarla in ogni occasione in cui il suo capriccio, od il suo bisogno, l’avevano portato da lei. In quel preciso istante, se ne stava appoggiato al muro le braccia incrociate sul petto, il pesante mantello nero faceva bella mostra dello stemma di Slytherin, ma non era quello della divisa. Sapeva bene che la stoffa era troppo soffice al tatto, probabilmente era fatto su misura. Ed era impregnato del suo profumo.
Quando lo vide sorridere, con quel suo solito sorriso sghembo, si pentì immediatamente di quel pensiero.
- Malfoy –
Non lo stava chiamando. Era piuttosto una semplice constatazione, mista ad un insulto. E lui rise.
Isabel istintivamente pensò che quella era la prima volta che udiva la sua risata. Quella vera, non quella di scherno che era solito riservare a chiunque non fosse nelle sue grazie.
-Lo hai sempre saputo, mia inopportuna NataBabbana –
Si. Sapeva chi era. Lo sapeva da sempre. E nonostante tutto in lei le dicesse che quella tregua non poteva durare per sempre, scoprì che dopotutto, non le importava.
Il suo essere una Gryffindor le imponeva di non fidarsi di chiunque portasse sul petto lo stemma della casata di Slytherin, ma, non c’erano Gryffindor quando si era ritrovata sola nelle cucine della scuola, la sera della vigilia di Natale. Non c’erano Gryffindor neanche il giorno prima.
C’era solo lui.
Così alla fine, sorrise, avvicinandosi a lui quel tanto che bastava da poter assaporare il suo profumo.
-Suppongo di si, caposcuola Malfoy –
 
 
 
****
 
 
- “Gairm Falachd”, letteralmente “Richiamo del Sangue” o “Canto della Vendetta”-
Una profonda voce maschile giungeva dall’altro lato della stanza, insieme al crepitio delle fiamme ormai quasi spente.
-Non so dirti molto di più, non c’è molta documentazione al riguardo. So solo che è un potere molto antico e potente –
Non aggiunse altro, consapevole che comunque, l’altro sarebbe arrivato da solo all’ovvia conclusione.
Il vecchio preside sospirò, chiudendo gli occhi. In quel preciso istante, si disse la Professoressa McGrannit mostrava tutto il peso dei suoi anni.
-Erano anni che non sentivo parlare del Richiamo del Sangue. – disse infine – speravo che tutto questo potesse essere in qualche modo evitato –
Minerva McGrannit in quel momento tremò. Se persino Albus Silente non conosceva soluzione a quel problema, allora il destino di quella povera ragazza era veramente segnato. Ricordò con orrore ciò che era successo l’anno prima e ciò che aveva causato, ma era niente, paragonato a ciò che stava per accadere.
-Dunque non c’è veramente niente che si possa fare, Albus? –
Il preside sospirò, nascondendo la preoccupazione dietro una maschera di falsa calma.
-C’è sempre speranza Minerva – disse – fino a quando sarà al sicuro dentro i confini di Hogwarts, dubito che le sorelle possano arrivare a lei, ma, il Richiamo del Sangue è un potere molto forte. Se sono riuscite a percepirlo, sicuramente non tarderanno ad arrivare –
Con quelle parole, Albus Silente aveva decretato la conclusione della conversazione, Minerva lo sapeva bene. Qualunque fossero i suoi piani, li avrebbe tenuti per se, come faceva sempre.
-Grazie mille comunque, Alastor. –
L’Auror sorrise e salutò, poi scomparve tra le fiamme. Silente, non appena l’ultima fiamma si fu spenta chiuse gli occhi.
Una nuova partita a scacchi contro il destino era appena iniziata. E stavolta, non era sicuro di riuscire a cavarsela a poco prezzo.  
 
 
****
 
 
When doubts arise the game begins
The one we will never win, my baby
It always ends up in tears...

                                
                                    HIM, Pretending
 
 
Dicembre volò via veloce com’era arrivato, ed in men che non si dica Hogwarts tornò ad essere invasa dal solito cicaleccio di studenti ben poco inclini al ritorno ai banchi di scuola.
Isabel osservava il via vai di carrozze dall’alto dei corridoi vicini alla Sala Grande. Con la fine delle vacanze di Natale sarebbe finita anche quella tregua silenziosa che aveva stipulato con LUI? E che cosa avrebbero detto gli altri se lo avessero scoperto?
Sospirò, chiudendo gli occhi e beandosi degli ultimi istanti di pace che il silenzio di quei corridoi poteva regalarle. Poi, nascondendo il suo turbamento e le sue preoccupazioni dietro la solita maschera di finta calma, riprese a camminare.
Fingere
Era il prezzo che pagava chi non aveva il coraggio di affrontare le proprie paure. Poco importava che così facendo facesse del male a se stessa.
Abbozzò un mezzo sorriso, dandosi mentalmente della stupida per quella considerazione maldestra. Poi il suo passo tornò a risuonare sicuro e deciso lungo il corridoio. C’era qualcosa di innaturale nel suo incedere come se non ci fosse nessun’altro intorno a lei.
Il sole era tornato a far capolino tra la spessa coltre di nubi, effimero preludio di una primavera ancora lontana. Aveva lo stesso colore dei suoi capelli.
Stupida
A metà del primo piano incrociò una piccola combriccola di Slytherin del secondo anno, registrò con noncuranza i loro sorrisi sarcastici. Macabra consolazione che almeno quello fosse ancora normale, ed ancora più irrilevante che al suo primo sguardo abbassassero la testa con la coda tra le gambe.
A quel pensiero istintivamente rise, gettando indietro la testa. Per la prima volta da giorni, poteva dirsi finalmente serena, così accelerò il passo sperando di poter accorciare anche il tempo che la separava dal ritorno di Lily.
Poco lontano dalla sua metà, capì perché correre per i corridoi era caldamente sconsigliato.
-Maledizione! – ringhiò – bada a dove metti i piedi! –
Non aveva neanche degnato di uno sguardo il povero malcapitato che le era andato a sbattere contro, ed era già pronta a sfidare a duello chiunque si fosse azzardato a proferir parola, poi realizzò di chi si trattasse e dubitò fortemente della sua poco nobile intenzione.
Ancora sdraiato ai suoi piedi se ne stava un ragazzo piuttosto gracilino, dai capelli neri e perennemente unticci. Si ricordava perfettamente la prima volta che lo aveva visto e dell’impressione che ne aveva avuto.
Solitudine
Questa era la parola che da sempre, lei associava all’immagine di Severus Piton.
-Halliwell – Severus ignorò bellamente lo sguardo di sfida che l’altra gli stava rivolgendo, alzandosi con tutta la calma che lo contraddistingueva – vedo che, alla fine l’influenza di Potter e compagnia ha dato i suoi frutti –
Isabel sorrise, tra lei e Mocciosus era stata stipulata una tacita tregua anni orsono per amore della loro comune amica. Ciò non toglieva però che ogni occasione fosse buona per ristabilire l’ordine primordiale delle cose, che voleva che Gryffindor e Slytherin provassero a scannarsi ad ogni occasione utile.
-Piton – disse lei con una flemma sorprendentemente strascicata - le tue brillanti deduzioni hanno sempre il potere di sorprendermi. –
-Finitela voi due –
Calda, piena, ricca e cristallina la voce di Lily Evans li raggiunse alle loro spalle.
-E’ mai possibile che io non possa lasciarvi soli due minuti, che subito cercate di ammazzarvi a vicenda?-
Severus cercò di borbottare qualcosa, nascondendosi dietro un piglio a metà tra il contrariato e l’imbarazzato.
Sebbene cercasse di nasconderlo (probabilmente anche a sé stesso), odiava essere preso in giro da lei.
-Avessi voluto ammazzarla, lo avrei fatto anni fa – celiò – stanne certa –
Lily rise, prendendo sotto braccio entrambi.
-Oh, ne sono certa Severus –
La sua risata era contagiosa. Isabel lo aveva pensato sin dal primo momento in cui si erano incontrate, sei anni prima. Lily Evans era una ragazza particolare, dalle mille sfaccettature e dai mille segreti. Difficilmente avrebbe mai scoperto il perché di quella strana relazione con Severus Piton, ma non avrebbe fatto domande.
Questo era il tacito accordo tra le due.
Lily non faceva domande su quanto accaduto con i suoi, lei non chiedeva di Piton.
-Grazie della fiducia, Evans – ribatté contrariata - mi fa piacere sapere che approvi i piani omicidi di Piton –
La rossa rise di gusto, strappando un mezzo sorriso anche agli altri due. Severus tuttavia fu lesto a nascondere quel sorriso non appena altri Slytherin si affacciarono all’orizzonte.
-Bene, dato che il siparietto di rito è finito, io me ne vado  – 
-No, Sev -  disse Lily – resta, andiamo a prenderci un caffè in sala grande –
Gli occhi dello Slytherin si soffermarono sui compagni. Forse, un giorno, avrebbe trovato il coraggio di lottare davvero per le cose (persone) alle quali teneva.
-No, meglio che vada. – Disse, cupo – Ci si vede in giro, Evans –
Isabel vide l’amica incupirsi e scuotere mestamente la testa.
Il rapporto con Piton non era mai stato semplice, ed aveva visto le cose complicarsi ancora di più da quando un certo prefetto Gryffindor aveva iniziato a girarle intorno.
-Prima o poi capirà, Lil – le disse
-No, Isa – rispose per l’altra - purtroppo non credo lo farà mai –
Per un istante l’allegria dell’amica parve scomparire, vide un velo di tristezza coprire il verde intenso dei suoi occhi. Le spalle irrigidirsi mentre si appoggiava alla balaustra delle scale.
Sospirò, appoggiandosi accanto all’amica. Il suo sguardo indugiò per un istante sul via vai di gente che affollava il corridoio più popolare di Hogwarts, si appoggiò sui gomiti e cercò di ignorare il battito perso quando i suoi occhi incrociarono quelli di Lucius.
-Hai notizie di Potter e compagni? – chiese, voltandosi verso l’amica
-Sono già arrivati – le rispose – Sirius è corso in sala comune e poi si è chiuso in dormitorio –
Isabel si irrigidì istintivamente. L’idea di rivederlo non la rendeva per niente tranquilla. E se si fosse arrabbiata? Se avesse perso il controllo come giorni prima?
-Hai saputo? – chiese, cercando di ignorare la sensazione di sconforto e disagio che la stava attraversando
-Che cosa? – Chiese la rossa – dell’enorme cavolata che ha fatto? Si – continuò – so tutto. James e Remus mi hanno mandato un gufo qualche giorno dopo il fattaccio –
Mhm-
-Che cosa ne pensi? Ci hai parlato? –
Sul volto di Isabel si dipinse un sorriso sarcastico. Sogghignò, sibilando – No – staccò le mani dalla balaustra. Invitando l’amica a seguirla.
Un gruppo di Slytherin capeggiato da Bellatrix Lestrange si stava dirigendo verso di loro.
-Meglio cambiare aria – Continuò – Andiamocene al Club –
 
 
Il Club dei duellanti in quei giorni era il rifugio perfetto per chiunque desiderasse trovare un po’ di pace. Le riunioni ufficiali erano sospese fino a metà Gennaio e nessuno si sarebbe mai sognato di presentarsi prima delle 11 di sera, per quelle meno ufficiali ma decisamente più alcoliche.
Non c’era da stupirsi quindi, se il custode della porta fu molto sorpreso di vederle arrivare.
-Dividi Et Impera – disse decisa, ignorando le rimostranze del malcapitato quadro
-Hanno cambiato parola d’ordine? – Chiese Lily
-Idea di Malfoy – rispose distratta Isabel. Ma dove aveva nascosto gli alcolici?
-Idiota –
Isabel sbuffò, ignorando volutamente l’insulto.  – Eccoli! –
-Ma che stai facendo? –
-Se dobbiamo parlare di Black, sappi che non posso farlo da sobria –
Lily alzò gli occhi al cielo – ma sono solo le 2 di pomeriggio! –
-A quanto so, non c’è una legge che vieta di bere prima delle 6 –   prese due bicchieri e fece cenno all’amica di sedersi con lei.  Quanto voleva raccontarle? Tutto? Oppure quanto bastava?
Poteva raccontarle della sera della vigilia? Di Lucius? Di quanto le era successo dopo la lettera di Sirius?
Scoprì di non avere una risposta certa a quelle domande e la cosa non le piacque.
Forse era meglio andarci piano con il Gin.
Poggiò le labbra al bicchiere e lasciò che il primo sorso le bruciasse la gola. Assaporò quella piacevole sensazione di torpore e sorrise.
-Sirius è uno stronzo – Esordì.  – Idiota, borioso, arrogante, stronzo –
Lily si sedette, si sistemò i capelli poi si avvicinò alla bottiglia di Gin, non guardò neanche il bicchiere che l’amica le stava porgendo.
Se quello era l’inizio, si disse, i bicchieri erano del tutto superflui.
-Questo non è una novità, Isa –
La mora annuì, nascondendo lo sdegno dietro il bicchiere – Oh, è vero – continuò – ma questa volta ha davvero passato il limite -
Complice il Gin, le parole le rotolarono fuori più facilmente di quanto non avesse pensato. Ad ogni parola che pronunciava sentiva la rabbia trasformarsi prima in sconcerto e poi in rassegnazione. Sapeva che le cose non sarebbero state più le stesse.  La sua lettera, sebbene adesso la vedesse per quella che era in realtà: lo sfogo di un adolescente ferito nell’orgoglio, aveva creato una crepa che difficilmente sarebbe riuscita a sanarsi.
Per quanto tenesse a Sirius, per quanto i suoi sentimenti fossero vicini all’amore, non sarebbe riuscita a perdonare del tutto il suo gesto.
Con accurata e minuziosa attenzione era riuscita ad omettere dal racconto anche Lucius ed il suo soggiorno in infermeria. Non sapeva che cosa le fosse accaduto, non sapeva quanto potesse essere grave la cosa e fino a che non avesse ottenuto le risposte che cercava, preferiva tenere fuori da quella storia l’amica.
Lily Evans aveva già i suoi problemi. Non c’era bisogno che si caricasse anche dei suoi.
-Dimmi che è uno scherzo –
Le chiese, una volta finito il resoconto dei “Mille ed Uno motivi per i quali Sirius Black è un Idiota”
-Magari lo fosse - Rispose lei inghiottendo un altro shot – ma no, è tutto vero –
Lily si scolò d’un fiato il contenuto del suo bicchiere, scuotendo mestamente la testa
-E’ un idiota, questo si sapeva – continuò – ma fino a questo punto non avrei creduto. –
Isabel si strinse nelle spalle
-Ho perso definitivamente le speranze di recuperare la sua sanità mentale, Spero almeno di riuscire a non ucciderlo in sala comune  -
-Isa –
-Mhm –
-Mi dispiace –
-Passerà – sosprirò – passano sempre, dopotutto  -
 
 
 
****
 
 
 
Troubled times
Caught between confusions and pain, pain, pain
Distant eyes
 
                        Journey, Separate Ways
 
 
 
Quanto può essere difficile vivere nel solito dormitorio, frequentare le solite lezioni e non incontrarsi mai?
Non si era presentato ai corsi dei due giorni precedenti.  Due bottiglie di FireWhiskey perse con Lil.
James, Remus e Peter, da bravi sostenitori del genere maschile, in quel frangente non erano assolutamente d’aiuto.
Aveva sperato di riuscire a beccarlo almeno durante la loro solita scorribanda notturna, si era detta che almeno sotto forma di cane sarebbe stato ragionevole, ma aveva saltato anche quella.
-Prima o poi dovrà uscire da quella cazzo di stanza! – sbottò la mattina del sesto giorno
James quasi si strozzò con il porridge  - Linguaggio ragazzina! –
Per tutta risposta lei lo ricambiò con una gomitata
-Non me ne frega niente del Linguaggio, James – rispose, lapidaria – voglio la testa di Sirius Black su di un piatto d’argento –
-Isa, cerca di capirlo – intervenne Remus – non è un gran periodo questo per lui, sta solo cercando di metabolizzare quello che è successo –
Lei alzò gli occhi al cielo. Ma perché dovevano essere tutti così comprensivi con Sirius Black? Perché erano sempre tutti pronti a giustificarlo e difenderlo?
-Moony, con tutto rispetto – doveva aver usato un tono poco amichevole, perché vide Lily irrigidirsi e sgranare gli occhi – so che avete fondato l’associazione per la salvaguardia degli imbecilli. Ma questo non cambia le cose – sospirò – Pad è un idiota. Voglio avere la soddisfazione di dirglielo in faccia. Almeno questo me lo deve, visto che “ la sua vita non è affar mio” –
Silenzi imbarazzati, per i tre malandrini improvvisamente il porridge era diventato estremamente interessante.
-Non è così Isa – si azzardò a commentare in un momento di ritrovato coraggio Peter – Vedi, Siriu –
-Fatti gli affari tuoi, Peter –
Cupa e profonda, la sua voce era spuntata fuori dal nulla.
Non indossava la divisa, né il suo solito profumo. Forse era per questo che non lo aveva sentito arrivare, si disse.
Ed ora era lì davanti a lei.  I capelli spettinati, lo sguardo spento. Gli occhi solcati da profonde occhiaie.
Il Sirius Black che si era appena palesato in sala grande era l’ombra del ragazzo che ricordava. Restò in silenzio, osservandolo mangiare distrattamente.
Non le disse una parola, a stento le rivolse un’occhiata distratta. Lei fece finta di non accorgersene, continuando a parlare con Lily.
Fu solo quando vide James e Remus alzarsi, che decise di rompere quel silenzio innaturale
-Dobbiamo parlare –
Sebbene fossero distanti e non lo stesse neanche guardando, sentì la tensione salire. Percepì le sue spalle irrigidirsi ed il suo sguardo posarsi su di lei.
-Quindi? – continuò, incurante
Lui si alzò, guardandola dall’alto in basso – se vuoi parlare – disse – parliamo –
Isabel si alzò, si sistemò il mantello della divisa sulle spalle. Senza dire una parola si diresse verso l’ingresso della sala grande. Non si voltò, ma sapeva che la stava seguendo.
Sentiva gli occhi di metà del corpo studentesco su di se e, sapeva che anche lui la stava guardando. Non avrebbe saputo spiegarsi il perché, ma questa consapevolezza le dava forza.  Con la coda dell’occhio lo vide bloccare Regulus e Bellatrix, che contrariati, si misero nuovamente a sedere.
Varcato il portone della Sala Grande sentì chiaramente il brusio delle voci, le gemelle di Ravenclaw le dovevano almeno 40 galeoni per quella scena. Avevano di che spettegolare per il prossimo mese.
Cielo, come odiava tutta quella situazione.
Chiuse gli occhi, l’aria di gennaio era fredda e pungente. Le solleticava la pelle del volto, arrosandola. Inconsciamente sperò che servisse anche da anestetico.
-Allora? –
-Come sarebbe a dire “allora”? –
-Sei tu che hai voluto trascinarmi qui, per “parlare” -  nervosa ed infantile la voce di Sirius ebbe il potere di farla tremare di rabbia.  Strinse convulsamente i pugni, così tanto da conficcarsi le unghie nei palmi, ferendosi. Ringraziò mentalmente di avere il mantello con se, così da poterle nascondere.
- oh, certamente – sibilò sollevando gli occhi al cielo – il grande Sirius Black non da mai spiegazioni -
 Lo osservò distogliere lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli corvini. Gli occhi cerulei carichi di stanchezza.
Sapeva che sarebbe bastata una sua parola per rendere tutto meno…doloroso. Ma Isabel rimase in silenzio, in attesa.
- Che cosa vuoi che ti dica, eh? -  sputò quelle parole con più violenza di quanto in realtà non avesse voluto – vuoi delle scuse? Vuoi che mi prostri ai piedi della regina di Hogwarts ed implori il tuo perdono? –
Lei alzò nuovamente gli occhi al cielo, restando in silenzio. Sperò con tutto il cuore che l’altro non si accorgesse del tremolio che la stava attraversando. Cercò di calmarsi, tentando di riacquistare la sua consueta freddezza. 
Avrebbe voluto parlare con dolcezza melliflua, ma tutto quello che uscì fuori dalla sua bocca fu una risata stridula ed arrogante
-No certo – disse – sia mai che Sirius Black si abbassi a tanto – lo guardò carica di disprezzo – Sirius Black non si scusa. Sirius Black, lo stregone non deve chiedere mai –
Lo vide irrigidirsi e guardarla in cagnesco
-Tu, il primo Gryffindor della tua famiglia, l’erede della fortuna Black, il ragazzo più invidiato di Hogwarts. Ottieni le cose semplicemente schioccando le dita, non hai neanche bisogno di impegnarti. Che cosa puoi saperne, tu, dell’umiltà? –
-Smettila –
-No, Sirius, non smetto. E non smetterò. – disse lapidaria – So che pensi di essere il centro dell’universo, beh, notizia flash: non è così –
Lui restò in silenzio, sapeva che se avesse aperto bocca adesso non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.
Così, vedendolo tacere, lei continuò.
-Cosa vuoi sentirti dire, eh? – gli urlò contro – che hai fatto una vita schifosa? Che la tua famiglia fa schifo?  Che la tua famiglia non ti capisce, ti odia, ti rende la vita impossibile e che hai tutto il diritto di calpestare gli altri ed i loro sentimenti perché tu, poverino, hai vissuto una vita di merda? –
Aveva pronunciato quelle parole con un tono così freddo da risultare più dura e cattiva di quanto in realtà non volesse.
-Oh, Finiscila Isa – rispose Sirius – sappiamo entrambi che tutta questa sceneggiata non ha a che fare con me –
-Cosa vorresti insinuare? –
Lui scoppiò a ridere, crudele
-Sei tu, il problema –
Una folata improvvisa le attraversò il mantello, facendola rabbrividire. Si, disse a se stessa, senz’altro è colpa del vento.
-Il problema sei tu. Ed il tuo orgoglio ferito- continuò lui lapidario – Non ti è mai piaciuto sentirti messa da parte. Non hai mai capito che non voglio tu ti intrometta nei miei affari. Far parte del nostro gruppo non ti da il diritto di venire a sentenziare sulla mia vita, sulle mie scelte. Quello che provo per te, non ha nulla a che fare con tutto il resto –
Tipico di Sirius Black. Feriva, per evitare i suoi problemi. Ma lei era stanca di tutto quello. Stanca delle sue sceneggiate, stanca dei suoi modi. Stanca del suo voler essere per forza al centro del mondo. Stanca dei suoi modi. Stanca di quella situazione indefinita che si era creata tra loro.
Nell’ultimo anno lei era cambiata. Le erano successe troppe cose e non aveva più la pazienza per poter gestire anche lui.
-Perfetto  – disse lei – allora ti facilito le cose come al solito, Black. –
Vide l’altro irrigidirsi e lei sorrise, sorniona
D’ora in avanti non dovrai più preoccuparti delle mie intromissioni
-Cosa intendi dire? –
- Hai capito perfettamente – gli rispose – non ho intenzione di avere a che fare con un bambino viziato, perciò tolgo il disturbo. Non dovrai più preoccuparti di quello che c’è, o non c’è tra noi –
Sirius provò ad avvicinarsi, adesso il suo sguardo non era più duro e fiero. Vide un lampo di sconcerto attraversare i suoi occhi, incredulo.
- Halliwell, io non intendevo dire …-
Lei accennò un sorriso sarcastico
- Si invece, intendevi dire esattamente quello che hai detto –
Provò a toccarle una mano, borbottando sommariamente delle scuse, ma lei si scansò in fretta
-  so che probabilmente nella tua testa questo discorso ti era uscito decisamente meglio, ma le cose una volta dette non possono essere cambiate – commentò lapidaria – ti do un ultimo consiglio, da amica: cerca di crescere in fretta, Sirius. O finirai con il restare solo. Oggi hai perso me, spero tu non faccia lo stesso anche con gli altri –
-Isabel –
- Hai bisogno di sentirtelo dire? – disse voltandogli le spalle- E’ finita, Sirius –
- Isabel, ti prego…-
Sapeva che cosa voleva dirle. Sapeva che quel suo supplicare nascondeva molto altro. Mesi prima l’istinto le avrebbe detto di voltarsi ed abbracciarlo. In quel preciso istante ringraziò di gli Dei di essersi voltata. Strinse i pugni, cercando di parlare con un tono calmo.
- E’ stata una tua scelta, Sirius. Mi dispiace –
Non si voltò, ma avrebbe giurato di sentirlo piangere, prima di andarsene.
 
 
 
****
 
 
 
 
You'll be running out of miracles
Like I'm running out of dreams
Madness lurking to my left
Angels faint in front of me
 
                        Avantasia, The Wicked Symphony
 
 
 
Lily Evans illustrò la sua opinione a Sirius Black qualche giorno dopo, nel bel mezzo della sala grande. All’ora di cena.
Per la verità, i tre quarti del corpo studentesco la videro entrare con un passo così militaresco e furioso da far tremare anche le orde infernali. Non proferì parola, quando si avvicinò al ragazzo. E, sorprendentemente, sorrise.
Lui, interdetto, abbozzò un sorriso a sua volta. E lei lo schiaffeggiò, scaraventandolo giù dalla panca.
Poi girò sui tacchi e se ne andò, così come era arrivata.
Dall’ingresso della sala grande, Isabel aveva assistito all’ultima parte della scena. Tra se e se, pensò che quella sera tanto valeva andare a letto senza cena.
Non aveva voglia di subire né gli sguardi né gli interrogatori degli altri studenti. Né tanto meno di sorbirsi le prediche di Remus e James, che sicuramente la stavano aspettando al varco. Stringendosi nel pesante mantello di lana, sospirò e prese a camminare senza una meta precisa.
Lascio che le scale ed i corridoi scegliessero la sua destinazione, sicura che qualsiasi posto sarebbe stato più piacevole della sala grande o della torre Gryffindor.
Strano, si disse, come la vita e le situazioni possono cambiare nel giro di poco tempo. Soltanto un mese prima quelle persone e quei luoghi le trasmettevano sicurezza e pace, adesso invece fuggiva da loro e da quei sentimenti, da quei pensieri era lontana almeno due lustri. La vita intorno a lei cambiava vorticosamente, portandole via sogni e speranze. Sentiva su di lei incombere una nube oscura e questa cosa la terrorizzava.
Persa nel flusso incessante dei suoi pensieri, non si era accorta di essere quasi arrivata ai sotterranei. Non conosceva quei corridoi, labirinto intricato di trappole mortali e passaggi segreti. Si dette della stupida, avrebbe potuto prendere in prestito la mappa, almeno non si sarebbe trovata a dover vagare in eterno in quella parte di castello. 
Pareti grigie, spoglie ed illuminate soltanto dalla luce soffusa e perenne delle torce. Un corridoio infinito, apparentemente senza uscita. Non era quello che portava alle cucine, ed era abbastanza sicura che non fosse neanche quello che conduceva all’alloggio di Gazza.
- se svolti a destra, poco più avanti, ti ritroverai dritta alle stanze del Prof. Slughorn –
Le era arrivato alle spalle senza che lei se accorgesse. E come avrebbe potuto?
Lucius Malfoy aveva, oltre all’innata capacità di sorprenderla ed irritarla, un talento unico per palesarsi davanti a lei al momento più opportuno.
- ti sei persa? – Le chiese, avvicinandosi
Isabel non riuscì a proferire parola. Così si limitò a scuotere leggermente la testa, sperando che lui non si accorgesse del suo disagio.
Lucius per tutta risposta sospirò profondamente.  – Hai mangiato? -  senza aspettare una sua risposta le prese gentilmente una mano, invitandola a seguirlo – vieni, ti accompagno alle cucine –
Lui sapeva. Ne era certa. Quella consapevolezza ebbe il potere di farla tremare.
- Si, so tutto – disse con voce tagliente – voi focosi Gryffindor non sapreste nascondere un segreto neanche sotto incanto Fidelio –
- finiscila, Malfoy –
- Oh, allora sai ancora parlare –
Maledetto Malfoy, c’era cascata con tutte le gambe. Se qualcun altro si fosse azzardato a leggerle la mente e poi prenderla in giro, probabilmente lo avrebbe impiccato al platano picchiatore. Perché con lui non ci riusciva?
- aspettami qui –
- perché? –
Lui non si degnò neanche di risponderle, chiudendosi alle spalle la porta delle cucine. Lo vide tornare cinque minuti più tardi, con due buste ricolme di cibo.
- andiamo – le disse – Gazza uscirà tra poco, ed è meglio non ci trovi in giro –
Isabel scrollò le spalle e si decise a seguirlo in silenzio, godendosi la calma e la pace che quel ragazzo le regalava. Teneva gli occhi puntati sulla schiena di lui, così, senza sapere come ci fosse arrivata, minuti o forse ore più tardi, si ritrovò davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo.
- Come siamo arrivati al settimo piano? – chiese sorpresa
- camminando –
Lo guardò accigliata e lui rise, fece per rispondere qualcosa ma si bloccò. Una porta era appena apparsa davanti a loro.
Sciocca, si disse. Era ovvio che Lucius Malfoy conoscesse la stanza delle necessità.
Lucius aveva desiderato un posto tranquillo dove poter stare in pace. La stanza delle necessità lo aveva accontentato trasformandosi in un piccolo salotto in stile ottocentesco, con pareti in legno, un camino, una grande vetrata angolare che si affacciava direttamente sul lago nero. Ed un mobile bar rifornito di ogni alcolico conosciuto.
- Quindi, è questo che fai quando non ti si vede in giro? – chiese lei scherzosamente – salvi ragazze in difficoltà e le porti qui? –
Lui scosse la testa, sorseggiando del Whiskey.
- solo il martedì ed il giovedì - si sedette sul tappeto di fronte a lei, appoggiando la schiena alla poltrona. Allentò il nodo della cravatta e la guardò – allora, ne vuoi parlare? –
- Non avevi detto di sapere già tutto? –
- oh, io so quanto basta e quanto è arrivato alle orecchie Slytherin. Quello che vorrei sentire è la tua versione dei fatti –
Isabel irrigidì le spalle e cercò di dipingersi sul volto la sua solita espressione altera. Sapeva che fingere con lui era inutile, ma l’idea di non sembrare una patetica adolescente ferita la rassicurava.
- c’è poco da aggiungere alla versione ufficiale – disse poi in tono pungente - Sirius Black è un idiota immaturo. Io mi sono semplicemente stancata di stargli dietro –
- tutto qui? –
Lei annuì, portò le gambe sul divano e si appoggiò su di un gomito.  – se vuoi sapere qualcosa in più sul motivo della sua fuga, purtroppo non posso accontentarti. Sono argomenti top secret, per me-
Lucius la guardò ancora, lo sguardo stanco carico di malinconia. Era la prima volta che vedeva quell’espressione dipinta sul suo volto, questo pensiero la fece trasalire sebbene fu lesta a nasconderlo.
- Piani Dinastici – esclamò poi a denti stretti - ecco il motivo –
Isabel lo guardava interdetta. Non rispose, né fece domande. Restò in silenzio, consapevole che lui avrebbe parlato non appena avesse riacquistato abbastanza calma da poter affrontare quel discorso.
- Si, mia inopportuna NataBabbana – La sua voce adesso era neutra e distaccata – ogni casata ha il suo e Black ne fa parte. I nostri genitori tramano e tessono le tele delle nostre vite a loro piacimento, informandoci di tanto in tanto, quando lo ritengono opportuno. A Black il suo piano non andava a genio, così ha pensato bene di farsi diseredare e lasciare l’incombenza a quel disgraziato del fratello – bevve d’un fiato il contenuto del suo bicchiere, distogliendo lo sguardo da lei – chissà che in realtà, non sia stato il più furbo di tutti  -
Lei restò in silenzio. Anche senza le spiegazioni di Lucius, aveva capito che i problemi di Sirius riguardavano un argomento del genere. Ma potevano mai essere così terribili i piani della sua famiglia?
- I Black sono una famiglia antica – continuò Lucius – ed una famiglia antica ha sempre armadi pieni di scheletri –
- Anche tu hai un piano dinastico da rispettare? –
Lo vide irrigidirsi e stringere il bicchiere con forza eccessiva. Non si sarebbe stupita nel vederlo finire in frantumi. Un velo di rabbia gli attraversò lo sguardo, quando si posò su di lei.
- il mio piano dinastico, mia inopportuna NataBabbana, si chiama Narcissa Black –
Isabel trattenne il respiro. Perché poi? Che cosa poteva importarle?
- Il matrimonio è previsto subito dopo il suo diploma a Beauxbatons –
- da quanto tempo lo sai? –
- un mese – si avvicinò a lei quel tanto che bastava da portele toccare i lembi del mantello – mio padre mi ha spedito un gufo per informarmi, la sera in cui ti ho baciata –
Isabel tese una mano esitante e la poggiò sul suo braccio, ma lui parve non accorgersene.
- “preserveremo la purezza del sangue e la nobiltà delle nostre casate”. Tutte stronzate –
C’era rabbia repressa nella sua voce e questo la fece riflettere: aveva passato anni a coltivare il suo odio per i membri della casa Slytherin, odio alimentato dai racconti e dalle leggende della scuola e del mondo magico. E, pensò, se tutto quello che si diceva in giro degli Slytherin non fossero altro che leggende raccontate male? Poteva bastare semplicemente l’appartenenza ad una determinata casata, per determinare il grado di onestà di una persona?
Non aveva una risposta a tutte quelle domande, forse complice anche il troppo Gin e la scarsa quantità di cibo che aveva mangiato, ma, in quel particolare istante Lucius Malfoy non le sembrava il mostro che aveva sempre dipinto nella sua testa.
In quel momento, in quel preciso momento, davanti a se non aveva un mostro. Ma solo un ragazzo di diciassette anni, con troppo peso sulle spalle.
- non hai una via d’uscita, vero? – gli chiese
Lui si passò una mano tra i capelli e sospirò –questa volta no –
Non sapeva cosa dire. Non era mai stata una grande oratrice, così, fece l’unica cosa che sapeva avrebbe recato un po’ di conforto ad entrambi. Si allungò verso di lui, obbligandolo ad allargare le gambe, gli sfilò il bicchiere dalle mani e lo strinse a se lasciando che la sua testa affondasse sul suo petto.
Inizialmente lo sentì irrigidirsi per la sorpresa, poi, percepì il calore delle sue mani sulla schiena. La strinse a se talmente forte da farle male, ma non protestò.
Rimasero abbracciati in silenzio per un tempo indefinito. Isabel ebbe l’impressione che lui respirasse il più profondamente possibile, piano, così da non turbare quello strano equilibrio e poter assaporare il calore piacevole del suo corpo.
- Hai ancora fame? – gli domandò a bassa voce
- No, sono abbastanza sazio –
Alzò la testa per guardarla negli occhi e la vide arrossire, turbata.
- qualcosa non va? – la aiutò ad alzarsi, il pavimento iniziava a diventare scomodo.
La stanza delle Necessità, invadente e maliziosa, in risposta a quel suo pensiero fece apparire alla loro destra un grande letto a baldacchino.
- opera tua? – chiese Isabel con tono malizioso
Lucius annuì, alzando le mani in segno di resa – in mia difesa posso dire di aver solo pensato che il pavimento iniziasse ad essere scomodo –
Lei rise, ma non si arrabbiò. Era stanca e sicuramente la prospettiva di dormire sul pavimento non era allettante. Quella di tornare al dormitorio, ancora meno.
Si avvicinò al letto, togliendosi il mantello ed il cardigan della divisa, lui la raggiunse senza che ci fosse bisogno di parlare, si sdraiò ed attese che lei gli si avvicinasse.
- Halliwell –  sussurrò sui suoi capelli
Isabel alzò la testa, incontrando i suoi occhi – si? –
- cosa c’è che non va? – Sorrise vendendola sgranare gli occhi – non fingere. Qualcosa ti turba e Black è solo una parte del problema –
Lei affondò nuovamente la testa sul cuscino, avvicinandosi a lui. Sospirò.
- sento che qualcosa sta arrivando anche per me – disse – non ho nessun piano dinastico al varco, ma qualcosa è cambiato, in me, dopo quel…malore. Non so cosa sia, non so che cosa mi aspetti. Ma sento uno strano richiamo, come una melodia incantata. E’ come se suonasse per me. Come se stesse venendo a prendermi. E mi spaventa. A morte. - 




 
***** 
 
Dieci anni ci son voluti.
A chi ancora seguirà questo mio piccolo esperimento, chiedo umilmente scusa. Prometto che non ci vorranno altri dieci anni per il prossimo capitolo.
Nel frattempo, grazie a chi nonostante la mia latitanza ha continuato a seguire questa storia.
A presto,
Eowyn
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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