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Autore: Kimando714    12/08/2020    1 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 55 - CAN YOU FEEL THE LOVE TONIGHT?



 
There's a calm surrender to the rush of day
When the heat of a rolling wind can be turned away
 
Lasciò scivolare dalle spalle lo zaino non appena aperta la porta della stanza. Giulia sospirò a fondo, la stanchezza accumulata durante la giornata che cominciava a farsi sentire.
-Finalmente- sentì mormorare Filippo, che la superò per andare a sciacquarsi il viso nel piccolo bagno della camera. L’avrebbe volentieri imitato anche Giulia, magari con una doccia tiepida e prolungata, ma fece appena in tempo a richiudere la porta dietro di sé prima di sentire qualcuno bussarvi.
Lasciò andare un secondo sospiro frustrato, prima di girarsi indietro ed aprire la porta di qualche centimetro, giusto per controllare chi fosse e nel caso liquidarlo con poche parole. Rimase sorpresa, e piuttosto impreparata, quando si accorse che davanti a lei c’era Valerio.
-Ciao- Giulia si affrettò ad aprire di più la porta – Pensavo fossi già andato a dormire-.
Ricordava che Valerio era stata il primo a lasciare la spiaggia, quella sera. Doveva aver preceduto lei e Filippo di almeno mezz’ora, ma evidentemente non aveva approfittato del vantaggio temporale per andare a riposare.
-Lo stavo per fare, ma mi sono ricordato di una cosa- le rispose l’altro, tirando fuori da una tasca dei pantaloncini corti uno specchietto da borsa - Ricordi qual è la stanza di Caterina? Dovrei ridarle indietro questo-.
Giulia cercò di non dare a vedere il proprio nervosismo: immaginava che chi aveva lasciato la spiaggia subito non avesse idea di chi fosse già rientrato o meno. Valerio doveva totalmente ignorare che Caterina e Nicola non sarebbero rientrati ancora per un po’, e tantomeno poteva immaginarne la ragione. Cercò di pensare velocemente: dubitava che Caterina, conoscendola, avrebbe parlato volentieri di cosa la stava trattenendo in spiaggia in quel momento a più di qualche persona.
Doveva inventarsi una scusa che stesse in piedi.
-È la stanza accanto a questa- replicò, sporgendosi un po’ fuori dalla stanza per indicare la porta della camera subito successiva – Ma credo farai prima a ridarglielo domani mattina-.
Valerio la guardò perplesso:
-Perché?-.
Giulia si sentì sudare, non ancora certa di quale giustificazione usare:
-Non è ancora rientrata- mormorò infine, piuttosto consapevole che non sarebbero bastate quelle parole per fermare la curiosità di Valerio. Lo vide sgranare gli occhi, animati di sorpresa:
-Sul serio? Manca ancora qualcuno?-.
Giulia annuì:
-Lei, Nicola … -. Rifletté velocemente: se Valerio le aveva appena posto quella domanda, doveva ignorare chi fosse già rientrato in ostello e chi no. Aggiungere una piccola bugia alla verità già detta non avrebbe cambiato le cose.
-Probabilmente anche Alessio e Pietro. Saranno con loro- aggiunse subito, con aria vaga.
Valerio roteò gli occhi al cielo, lasciandosi sfuggire uno sbuffo annoiato:
-Se Bagliore evitasse direttamente di rientrare, farebbe un favore a tutti-.
Per un attimo Giulia rischiò di scoppiare a ridere, ma visto la serietà e convinzione con cui Valerio aveva parlato, preferì trattenersi.
-Non scorre buon sangue, eh?- domandò retoricamente.
Valerio la guardò con ancor più gravità:
-L’unico sangue che vorrei vedere scorrere è il suo-.
-Sapevo che l’avresti detto- stavolta Giulia non riuscì ad evitare di lasciarsi andare ad una leggera risata, seriamente divertita da quell’antagonismo – per non chiamarlo in altra maniera- che sembrava essere nato tra loro due. Era decisamente esilarante.
Le servì qualche secondo per riprendere la propria compostezza, sperando di non scoppiare a ridere di nuovo.
-In ogni caso, non vale la pena che tu rimanga sveglio- si schiarì la voce, cercando di sembrare quanto più convincente – Vai a dormire e glielo ridarai a Caterina direttamente quando ci svegliamo. Sono sicura che non se la prenderà-.
Le sue parole sembrarono sortire l’effetto sperato perché, dopo qualche altro secondo d’indecisione, Valerio rimise in tasca lo specchietto, annuendo tra sé e sé.
-Va bene- borbottò infine, quasi sul punto di andarsene – Allora … Buonanotte-.
-‘Notte- Giulia salutò con la mano, prima di rientrare dentro la stanza e chiudersi alle spalle la porta, tirando un sospiro di sollievo.
“Allarme rientrato”.
-Certo che in questa vacanza non ci facciamo mancare niente, nemmeno le rivalità-.
Giulia quasi sobbalzò nell’accorgersi di Filippo. Era seduto sul bordo del letto, a pochi metri da lei, e sembrava appena aver trattenuto una risata. Doveva aver ascoltato la conversazione con Valerio, o non si sarebbe spiegata né l’aria particolarmente divertita né quel riferimento specifico a ciò che si erano detti un minuto prima.
-Chiamala rivalità- replicò Giulia, mentre avanzava stancamente verso il letto – È già tanto se non si sono già messi le mani al collo-.
-Fanno ancora in tempo-.
Giulia lo guardò malamente, sedendoglisi di fianco e rimanendo per qualche secondo totalmente commossa dalla morbidezza del materasso – su cui non vedeva l’ora di stendersi e non alzarsi per molte ore.
-Non portare sfiga- lo rimbrottò, dandogli un leggero colpetto sulla coscia. In tutta risposta, Filippo le si stese di fianco, ridendo sotto i baffi.
Si girò a guardarlo: sebbene desiderasse ardentemente copiarlo lei stessa, aveva in mente qualcos’altro prima di mettersi a dormire.
Lanciò a Filippo un sorriso malizioso:
-Stai già per addormentarti?-.
-Era un’idea- le rispose lui – Perché?-.
Giulia era sicura avesse notato la sua espressione ambigua, ma sembrava voler aspettare che gli dicesse lei stessa cosa stava sottintendendo. Non si fece attendere: lanciò un cenno al bagno della camera, prima di tornare su di lui con lo sguardo:
-Ti va di venire a farti una doccia con me?-.
L’occhiata piuttosto intrigata con cui Filippo ricambiò la sua proposta le fece intuire subito quale sarebbe stata la risposta.
-Quest’idea mi piace decisamente di più-.
 
An enchanted moment, and it sees me through
It's enough for this restless warrior just to be with you
 
*
 
There's a rhyme and reason to the wild outdoors
When the heart of this star-crossed voyager beats in time with yours
 
Era quasi l’una quando, camminando adagio, erano arrivati all’entrata dell’ostello. Pietro trattenne a stento uno sbadiglio, mentre lui ed Alessio abbandonavano definitivamente le strade deserte del paese per inoltrarsi nel corridoio che li avrebbe condotti alla loro stanza. Sentiva ancora un po’ la testa girargli a causa dell’alcool bevuto, ma la passeggiata notturna aveva fatto passare quasi del tutto l’offuscamento dell’ubriacatura leggera.
Avanzarono in silenzio per non disturbare gli altri inquilini delle stanze attigue, l’unico rumore percepito quello dei loro passi e del bussare alla porta che fece Alessio quando, dopo poco, arrivarono a destinazione ed essersi accertati che stavolta la porta fosse davvero chiusa a chiave.
Pietro si accoccolò al muro, aspettando che uno tra Gabriele e Alberto li aprisse. La chiave per entrare l’avevano presa loro quando se ne erano andati dalla spiaggia, e l’unica speranza per lui ed Alessio di rientrare era che uno di loro fosse ancora sveglio – o si svegliasse- per poterli aprire.
-E se dormono già e non ci sentono?- spezzò il silenzio Pietro, dando voce ai propri pensieri.
Alessio sospirò con nonchalance:
-Ce ne restiamo chiusi fuori tutta la notte-.
-Potrebbe rivelarsi interessante- commentò Pietro, chiedendosi per davvero cosa sarebbe successo in un’eventualità simile. Probabilmente lui sarebbe finito addormentato seduto a terra, perché standosene lì, accostato alla parete senza fare nulla in particolare oltre che aspettare, stava sentendo la stanchezza farsi sempre più strada in lui, e la pesantezza che l’assaliva come se fosse una belva feroce.
Prima che Alessio potesse aggiungere altro, o fare un secondo tentativo nel bussare, Pietro sentì la serratura della porta scattare: dopo pochi secondi la vide aprirsi, rivelando un Gabriele alquanto arruffato ed assonnato sulla soglia.
-Finalmente siete arrivati- li accolse con fare severo, scostandosi dalla soglia per lasciarli entrare – Dove eravate finiti?-.
-La spiaggia è dall’altra parte dell’isola, e siamo partiti dopo di voi- sbottò Pietro, buttando a terra la sacca da mare accanto alla parete della stanza, e percorrendo velocemente lo spazio che lo separava dal letto matrimoniale, seguito da Alessio e Gabriele.
Lanciò un’occhiata al letto di Alberto, completamente vuoto, e poi alla luce accesa visibile dalla fessura tra la porta del bagno e il pavimento: segno inequivocabile che Alberto doveva essere lì, se non altrove.
Pietro sbuffò tra sé e sé: non aveva previsto di dover persino attendere del tempo prima di potersi fare una doccia veloce prima di andare a dormire.
-Certo che potevate tornare un po’ prima, io stavo per addormentarmi- protestò Gabriele, stendendosi sul proprio letto, di fronte a quello di Pietro e Alessio, e le cui lenzuola sembravano già sfatte e in pessimo stato.
-È solo l’una e siamo in vacanza. Non è così strano fare tardi, per una volta- esclamò ironico Alessio, che dopo aver lasciato a sua volta il suo zaino accanto alla porta, era rimasto nei pressi del letto a castello. Pietro lo vide assumere un sorriso astuto, che rivolse direttamente a lui un secondo dopo. Anche senza alcuna parola, Pietro credette di capire quasi immediatamente quali erano le intenzioni del biondo.
-Il nostro Gabriele non ha mai avuto un’anima troppo spensierata- dette corda ad Alessio, avvicinandosi pian piano a Gabriele, steso tranquillamente e ignaro delle loro intenzioni – E nemmeno troppo notturna-
In un attimo Pietro lo raggiunse, portando le proprie mani ai fianchi dell’altro e cominciando a fargli il solletico: sapeva perfettamente che Gabriele ne era particolarmente sensibile.
Alessio si unì subito dopo, non lasciandogli alcuno scampo – e nemmeno molto fiato.
-No! State …. Fermi!- Gabriele si dimenava, piuttosto inutilmente, cercando di sfilarsi dalle mani di Alessio che Pietro.
Per almeno cinque minuti la stanza si riempì delle loro risate, almeno fino a quando Pietro – mosso un po’ da pietà, un po’ dalla stanchezza- si lasciò cadere sul proprio letto, mentre Alessio si appoggiò con la schiena al muro, lasciando un Gabriele ancora più scompigliato e senza fiato lungo disteso sul materasso.
-Siete … Due … Coglioni!- farfugliò subito, cercando di riprendere fiato.
-Coraggio, ora ti lasciamo dormire. Contento?- Alessio trattenne a stento un’altra risata, guadagnandosi un’altra occhiata fulminante da Gabriele.
Anche Pietro rise appena, prima di alzarsi di nuovo dal letto e dirigersi verso la porta a finestra che dava sulla larga terrazza dell’appartamento. Se doveva aspettare che Alberto finisse in bagno, voleva perlomeno dover aspettare all’aria aperta, ammirare la nottata estiva seduto ad una delle due sdraie che vi erano lì.
Si sedette su quella più vicina, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, godendosi a pieni polmoni l’odore del mare. Da dove si trovava il loro ostello, era facile osservare dalla terrazza le onde del mare, poco distante. Era una vista rilassante, a tratti mistica: amava guardare la spiaggia e il mare calmo di notte, inspirando profondamente quell’aria salina, in un momento che sembrava perfetto per restare seduto su quella sdraio, in completa pace e nel silenzio della notte.
La tranquillità in cui si era appena immerso durò molto meno di quel che aveva previsto: sentì la porta finestra aprirsi nuovamente e richiudersi poco dopo, e dei passi appena percepibili avvicinarsi sempre di più. Quando finalmente si decise a riaprire gli occhi, vide Alessio seduto sull’altra sdraio, lo sguardo puntato verso il mare, ed i capelli biondi e lisci che ondeggiavano piano alla brezza marittima. Si era portato dietro la chitarra, si accorse Pietro: l’aveva posata sul tavolino che divideva le due sdraio, quasi avesse deciso all’ultimo di lasciarla lì dopo aver pensato di suonare ancora un po’ lì fuori.
-È passato anche a te il sonno?- gli chiese Alessio, voltandosi verso di lui, prima che Pietro potesse anche solo pensare di chiedergli come mai l’aveva raggiunto.
Alzò le spalle, con nonchalance:
-In realtà volevo aspettare qui che Alberto finisse in bagno- mormorò a mezza voce, quasi a non voler spezzare il silenzio rilassato che li circondava – Non vedo l’ora di farmi una doccia-.
-In effetti potrei dire lo stesso- convenne l’altro, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi.
Finirono per non dire altro, almeno momentaneamente, Alessio che aveva spostato lo sguardo oltre il parapetto del terrazzo verso il mare in lontananza. Anche Pietro non aggiunse nulla: la sua domanda sul come mai Alessio l’avesse raggiunto aveva trovato risposta, in un certo senso, nel suo accennare alla stanchezza passata dopo lo scherzo fatto a Gabriele. Avrebbe voluto dire lo stesso per sé: si sentiva le membra ormai sul punto di distruggersi da quanto gli dolevano.
Si girò appena verso l’altro, osservandolo di sottecchi, lo sguardo che scivolava dalle ciocche bionde, un po’ più lunghe di come erano quando l’aveva conosciuto, le ciglia folte degli occhi, i lineamenti morbidi del viso, la barba ormai troppo lunga che ricopriva le guance. Si costrinse a distogliere gli occhi giusto qualche secondo prima che fosse Alessio, stavolta, a voltarsi verso di lui, la fronte corrugata come se qualche pensiero lo stesse particolarmente affliggendo.
-Posso farti una domanda?- la sua voce ruppe infine il silenzio, con una sorta di esitazione intrinseca che a Pietro non sfuggì.
Si girò meglio verso di lui, annuendo subito:
-Sì, certo. Spara pure-.
Alessio prese a mordersi il labbro inferiore, come se fosse ancora indeciso. Passarono alcuni secondi prima che si decidesse a parlare:
-Mi domandavo solamente … - si schiarì la voce, gesticolando appena – Non ci hai ripensato per Venezia, vero? Per cercare un appartamento insieme, intendo-.
Pietro non si sentì più di tanto sorpreso dalla domanda: si era del tutto aspettato che, prima o poi durante quei giorni, Alessio avrebbe tirato fuori l’argomento. E non poteva fare a meno di sentirsene sollevato, perché lui stesso si era ritrovato a domandarsi se ci avesse ripensato per primo, visto quanto poco si erano riferiti alla ricerca di un posto in cui vivere nelle ultime due settimane.
-È che ne abbiamo parlato poco finora, e non rimane più moltissimo tempo- continuò Alessio, ora con più sicurezza – Quindi meglio sapere subito se ci sono stati ripensamenti-.
-Non ho cambiato idea- Pietro rispose all’istante, quasi spaventato dal far passare l’idea di aver riveduto le proprie decisioni quando non lo aveva fatto – Se ci va male possiamo cercare qualcosa con Nicola e Filippo, ma mi va bene anche il piano originale. Non ci ho ripensato-.
Era la verità, e si sentì tremendamente più rassicurato quando vide Alessio annuire in risposta. Era una verità che però taceva anche una piccola parte di dubbio, l’unico che non riusciva a togliersi di dosso nemmeno pensando a tutti i lati positivi che la proposta di Alessio aveva.
Non riusciva ad immaginarsi come avrebbe potuto essere vivere sotto lo stesso tetto, da soli o con qualche altro coinquilino. Sapeva solo che la sola idea lo intrigava e lo confondeva allo stesso tempo, lasciandogli quell’unica incertezza che continuava a confonderlo.
Cercò di non pensarci, un po’ come faceva ogni volta che gli capitava di riflettere sulla cosa: in fin dei conti sarebbe stato stupido far saltare tutto solo per le sue insicurezze.
Si schiarì la voce a sua volta, tornando a guardare Alessio: era rimasto di nuovo in silenzio, lo sguardo perso davanti a sé, come se la promessa di Pietro di non aver cambiato idea lo avesse rassicurato solo in parte. Tentò di farsi venire in mente qualcosa da dire, ma non gli venne in mente nulla che potesse permettergli di cambiare del tutto argomento. Si inumidì le labbra, puntando a sua volta gli occhi in direzione del mare, quasi a non voler osservare la reazione di Alessio nel momento in cui riprese a parlare:
-Non ti fa un po’ strano?-.
Vide con la coda dell’occhio Alessio girarsi verso di lui con espressione confusa.
-L’idea di andare a vivere altrove- spiegò Pietro, con un filo di voce.
Stavolta lo vide sorridere divertito, decisamente quanto inaspettatamente più rilassato di prima:
-Venezia non è poi così distante da dove viviamo ora- puntualizzò Alessio, un sopracciglio alzato.
-Lo so, ma … - Pietro si bloccò per qualche secondo, cercando di metter ordine tra le parole che voleva dire – È comunque un nuovo inizio, no? Una nuova vita. Fa un po’ strano pensarci. Pensare che d’ora in avanti non ci sarà più il liceo, una corriera da prendere ogni santo giorno per tornare a casa, vedere le solite facce di sempre. E fa ancora più strano pensare di dover cercare perfino un appartamento dove vivere, diverso dal posto in cui siamo vissuti finora-.
Si interruppe di nuovo, in imbarazzo: non era partito con l’idea di sfogarsi così, di lasciarsi andare a tutti i timori che gli erano ronzati in testa per mesi, ormai.
-La cosa mi fa sentire un po’ … -.
-Vulnerabile?- suggerì Alessio.
Pietro si lasciò andare ad un lungo e pesante sospiro.
-Sì, proprio quello-.
Lanciò un veloce sguardo verso l’altro: sembrava in attesa di sentirlo parlare ancora, come se avesse perfettamente intuito che ci fosse ancora altro.
-Però nonostante tutto, comincio ad abituarmi all’idea, e non è così male- mormorò Pietro, a mezza voce.
Con l’oscurità della notte, sperò solamente che non si vedesse davvero quanto fosse arrossito nel pronunciare quelle parole.
Alessio non rispose subito. Aveva l’aria pensierosa, come se stesse riflettendo profondamente su ciò che Pietro aveva appena detto; forse stava cercando la maniera migliore per rincuorarlo, o per esporre il proprio punto di vista, o forse stava semplicemente pensando a se e quanto quelle stesse parole potessero applicarsi a lui stesso.
-Andrà bene, Pietro-.
Le prime parole di Alessio, a malapena mormorate, erano arrivate dopo diversi minuti di nulla. Pietro aveva cominciato a pensare che non avrebbero più ripreso a parlare per il resto del tempo che si sarebbero trovati lì sulla terrazza.
-Non dico che sarà facile trovare un posto decente e che non costi troppo, senza contare che dovremo trovare qualche lavoretto part-time, e in tutto ciò seguire i corsi, studiare per gli esami ed abituarci alla vita universitaria … - proseguì, forse non del tutto consapevole dello sguardo attonito con cui Pietro lo stava guardando – Ma ho una buona sensazione a riguardo. E poi mi fa stare più tranquillo sapere che avrò comunque qualcuno su cui contare-.
Le ultime parole, del tutto inaspettate, fecero sentire Pietro un po’ meno in ansia di quanto si era sentito solo pochi secondi prima, quando Alessio aveva preso ad elencare tutto ciò che sarebbe cambiato di lì a un mese.
Pietro si voltò verso di lui: riusciva a specchiarsi in quegli occhi azzurri che lo scrutavano, e che sembravano penetrarlo fin dentro l’anima. Non riuscì a sostenere quello sguardo troppo a lungo, abbassando il viso con un sorriso vagamente imbarazzato:
-Oh, quindi sono qualcuno su cui conti?-.
Non aveva nemmeno idea del perché sentisse il particolare bisogno di sentirsi dire che sì, in effetti lo era. Alzò di nuovo lo sguardo solo per incrociare il ghigno divertito che Alessio gli stava rivolgendo:
-Magari stavo parlando solo di Nicola e Filippo-.
Pietro si ritrovò comunque a ridere, nonostante una punta di delusione che cercò di ignorare:
-Il tuo affetto mi commuove sempre- borbottò con sarcasmo, accompagnato dalla risata allegra e cristallina di Alessio.
Sapeva che Alessio, in fondo, l’aveva compreso eccome in quelle parole – tra le persone su cui poteva contare-, e lo sconforto se ne andò dopo poco. Gli era servito ascoltare quelle parole: anche se non l’aveva detto a voce, sapeva che anche per lui valeva la stessa cosa. Aveva delle persone su cui poter contare, con cui poter vivere quel cambiamento così grande.
Forse, si ritrovò a pensare Pietro, per quanto difficile sarebbe stato ad abituarsi a qualcosa di così nuovo, qualche lato positivo ci sarebbe stato. Forse crescere era esattamente quello, in fondo: abbracciare il cambiamento, esserne consapevole, e non tirarsi indietro per evitarlo. Doverlo farlo con qualcuno accanto era solo qualcosa che poteva non essere così scontato, e di cui poteva ritenersi fortunato.
-Certe volte ripenso ancora alla sera di Capodanno in cui ci siamo conosciuti-.
Pietro quasi si sorprese di averlo detto davvero, e di non averlo unicamente pensato. Vide con la coda dell’occhio Alessio girarsi maggiormente verso di lui, in un muto assenso a continuare a parlare.
A quel punto, pur lievemente pentito, a Pietro non rimase altra opzione:
-Non riesco ancora a capire fino in fondo se la mia prima impressione su di te fosse giusta o meno-.
-In che senso? Che impressione ti avevo dato?- replicò subito Alessio, accigliato.
Pietro rise tra sé e sé, sentendosi arrossire ancor di più:
-Sembravi un tipo intimidatorio. Anche un po’ saccente- ammise, a mezza voce. Vide Alessio guardarlo totalmente scioccato, gli occhi azzurri spalancati per l’incredulità.
-Non vorrei dire, ma ancor prima di sapere chi fossi mi hai dato dell’idiota per non aver buttato un mozzicone di sigaretta nel cestino- Pietro si giustificò subito, alzando le mani.
-Allora ho fatto bene a darti dell’idiota- Alessio alzò un sopracciglio, con soddisfazione – Te lo meritavi-.
“Di bene in meglio” si ritrovò a pensare Pietro, con una punta di amara ironia, nonostante fosse intuibile il tono scherzoso con cui Alessio gliel’aveva detto.
Rise imbarazzato per qualche secondo, fermandosi solo quando udì la voce di Alessio articolare altre parole:
-Però, in effetti, posso capire come mai mi consideravi così- mormorò, lo sguardo distante, come assorto in qualche ricordo lontano – Forse non ti sbagliavi del tutto-.
-No, ma c’è anche tanto altro in te- Pietro si costrinse a fatica a non abbassare lo sguardo, nonostante la tentazione fosse forte e l’imbarazzo ancor di più – Non sei poi così male come compagnia-.
Alessio si voltò verso di lui con sguardo fintamente offeso, la fronte corrugata:
-Cercherò di prenderlo come un complimento-.
“Dovresti proprio”.
Pietro si morse la lingua, sul punto di dire a voce quel pensiero. Ci rinunciò qualche secondo dopo, preferendo tacerlo e scostare lo sguardo a disagio.
Si era lasciato troppo andare ai ricordi? Alle confidenze che forse avrebbe dovuto tenere per sé? Nonostante quel dubbio, Alessio non sembrava a disagio. Era rimasto nuovamente in silenzio, assorto, ma non in un modo che poteva far supporre qualcosa di più di semplice distrazione.
Pietro cercò di usare quel particolare per tranquillizzarsi, anche se la tentazione di alzarsi da lì era ancora presente. Forse sarebbe potuto sempre scappare in bagno con la scusa del doversi fare una doccia, ma qualcosa gli diceva che Alberto, perennemente lentissimo nel lavarsi, stava ancora indulgendo nel fiotto caldo dell’acqua della doccia.
Rimase immobile, convintosi di rimanere lì ancora qualche minuto, l’unico rumore udibile quello delle onde del mare, illuminate dalla luna piena che troneggiava nel cielo scuro. In quel luogo reso quasi irreale sembrava quasi che il tempo si fosse fermato, cristallizzato all’infinito.
Passò quel che a Pietro sembrò un lungo minuto quando, che oltre allo sciabordio lontano dell’acqua, udì un lieve intonare, appena udibile, proveniente da accanto a lui.
Si voltò verso Alessio, mentre quello continuava a canticchiare chissà quale canzone, con aria distratta, forse perso in chissà quali pensieri.
-Che stai cantando?- gli chiese, incapace di trattenere la propria curiosità.
Alessio si interruppe per voltarsi ancora una volta verso di lui, e lanciargli un ghigno furbo:
-Una canzone-.
Per qualche secondo Pietro rimase in silenzio, guardandolo malamente:
-Che illuminazione mi hai appena dato, da solo non ci sarei mai arrivato-.
La risata spontanea alla quale Alessio si lasciò andare fece passare del tutto in secondo piano la mezza presa in giro con cui gli aveva risposto poco prima. Pietro preferì lasciar perdere e scegliere un altro approccio: sapeva già che se ne sarebbe pentito, ma ora come ora la tentazione era troppa per poter rinunciare.
-Perché non la suoni?- gli chiese innocentemente, facendo cenno con il capo verso la chitarra, abbandonata ancora sopra al tavolino che li divideva.
-Che?- ripeté Alessio, preso totalmente in contropiede, guardandolo con gli occhi di nuovo spalancati.
-Invece che canticchiare sottovoce per conto tuo, canta decentemente accompagnandoti con la chitarra-.
Si sentì arrossire in viso ancor di più, talmente tanto che temette che persino con la poca visibilità della notte Alessio se ne sarebbe potuto accorgere.
Si trattenne dall’insistere oltre, già troppo in imbarazzo per i suoi gusti, rimanendo unicamente in attesa di quel che sarebbe stata la decisione dell’altro. Osservò l’espressione esitante di Alessio, che per alcuni secondi non disse e non fece alcunché: teneva lo sguardo fisso sulla chitarra, ora, come se si stesse davvero domandando cosa fare.
Forse perché alla fine si era convinto, per qualche motivo oscuro a Pietro, si sedette più compostamente sulla sdraio, allungando le mani verso il tavolino su cui era poggiata la sua chitarra. Se la sistemò in grembo, dopo aver recuperato un plettro dall’insolito colore fosforescente che teneva nella tasca dei pantaloncini che indossava – probabilmente rimasto lì quando aveva smesso di suonare in spiaggia quella sera.
Pietro quasi rise all’espressione estremamente corrugata di Alessio, la fronte solcata da mille rughe di concentrazione: doveva star cercando di ricordare le note per la base, forse un po’ in soggezione per essere osservato così da vicino.
Fece passare il plettro quasi timidamente sulle corde, iniziando ad intonare le prime parole quasi sottovoce, probabilmente per non svegliare l’intero B&B.[1]
 
Yes I understand that every life must end
As we sit alone, I know someday we must go
 
Il ritmo leggero e a tratti malinconico si mescolava perfettamente alla voce intonata e armoniosa di Alessio, non lasciando altra scelta a Pietro se non quella di ascoltare di silenzio, facendo attenzione a non perdere nemmeno una parola della canzone.
 
Yeah, I'm a lucky man
To count on both hands
The ones I love

Some folks just have one
Others they got none
 
Per alcuni secondi Alessio si fermò, lasciando Pietro, in quegli attimi di suspense, desideroso di sentirlo continuare a cantare.
Ci vollero alcuni secondi, per Pietro interminabili, prima che toccasse di nuovo le corde della chitarra con i polpastrelli, facendole vibrare e facendo nascere altre note, la sua voce che risuonava nuovamente.

 
Stay with me
Let's just breathe

Alessio ripeté per un’ultima volta il ritornello della canzone, prima di rallentare il ritmo sempre più, fino a quando, con un’ultima nota, restò con le mani immobili, in silenzio nella notte.
“Breve, ma intenso” si ritrovò a pensare Pietro, vagamente deluso dal fatto che Alessio si fosse limitato a suonare per poco, forse troppo timoroso di rischiare di disturbare il resto degli ospiti dell’ostello.
-Soddisfatto, ora?- gli chiese l’altro, compiaciuto.
Pietro annuì, prima ancora di rispondere a voce:
-Sì, direi di sì- mormorò, incrociando le braccia al petto e cercando di dimenticare il bisogno che aveva provato nel sentirgli cantare per intero quella canzone – Probabilmente non te l’ho mai detto prima di adesso, ma devo ammettere che suoni piuttosto bene-.
-Ho imparato da bambino- spiegò Alessio, leggermente in imbarazzo – Ai tempi delle medie e dei primi anni di superiori davo lezioni ad altri ragazzi che volevano imparare almeno le basi-.
Pietro si sforzò di non scoppiare a ridere nel sentire quelle parole: non riusciva ad immaginarsi troppo un Alessio più giovane di quel momento, quando era ancora un ragazzino, intento ad insegnare a qualcun altro come suonare una chitarra senza rischiare di perdere la propria pazienza troppo in fretta. Doveva decisamente aver sfiorato più volte l’isteria, durante la sua breve carriera da insegnante.
-Sarei disposto a prendere lezioni da te solo per vedere quanto resisteresti senza tirarmi la chitarra in testa in uno scatto d’ira- Pietro aveva pronunciato quelle parole senza pensarci troppo, ridendo sotto i baffi, tenendo osservato il viso di Alessio: lo vide rivolgergli un sorriso ambiguo, quasi sadico e a tratti astuto, presente a piegargli le labbra.
-Tu a suonare la chitarra?- Alessio lo guardò con aria esageratamente disgustata, come se la sola idea fosse ridicola – Non diciamo idiozie, le tue mani hanno una pessima coordinazione-.
Pietro ponderò a lungo se rispondergli o no – magari accennando al fatto che poteva sempre provargli che le sue mani, al contrario di quanto era convinto, avevano un’ottima coordinazione-, ma lasciò perdere, mordendosi forte il labbro inferiore per non scoppiare istericamente a ridere.
“Ci manca solo gli faccia anche proposte ambigue”.
Alessio lo guardò con aria trionfante, prima di muoversi sullo sdraio per riuscire a posare di nuovo la chitarra sul tavolino senza doversi alzare. Pietro lo osservò di sottecchi, mentre tornava a sedersi comodamente con la schiena aderente allo schienale dello sdraio, tenendo tra le dita il plettro fosforescente, giocherellando e muovendolo tra i polpastrelli, tastandone la superficie liscia e dal colore improbabile. Era un gesto che faceva spesso: Pietro lo aveva notato farlo tutte le volte che Alessio aveva suonato davanti a lui, subito dopo aver riposto la chitarra. Gli faceva sempre tenerezza, vederlo in quei momenti: gli ricordava un bambino contento di poter avere tra le mani il suo giocattolo preferito.
Il silenzio che stava durando da quando Alessio l’aveva preso in giro fu interrotto unicamente dal tonfo improvviso ed a malapena udibile del plettro che raggiungeva il pavimento; Pietro udì Alessio imprecare sottovoce, subito dopo il momento in cui l’oggetto gli era caduto di mano, scivolatogli via dalle dita.
-Aspetta, ci penso io- Pietro borbottò quelle parole senza troppa foga, ignorando il “Tranquillo, lascia stare” che Alessio gli aveva rivolto, quasi interrompendolo, nemmeno un secondo dopo.
Si era già piegato in avanti, ma non fece in tempo a posare le dita sul plettro: Alessio lo aveva preceduto, piegato anche lui in avanti, la mano a sfiorare impercettibilmente il plettro e la mano protesa dell’altro.
Pietro non ne era sicuro – non aveva nemmeno la forza di alzare appena lo sguardo per capire quanto vicino fosse realmente il viso di Alessio al suo-, ma poteva intuire la loro vicinanza ridotta al minimo dai capelli di Alessio che sfioravano i suoi, dal percepire così nitidamente il profumo dell’altro, dal respiro ben più udibile, e, inevitabilmente, dalla mano che era finita quasi sulla sua.
Non riuscì a tener cognizione del tempo esatto che rimasero bloccati in quell’assurda posizione – protesi entrambi in avanti, con le mani a contatto ed i visi fin troppo vicini-, ma capì benissimo dal bruciore della pelle del proprio viso quanto quella situazione lo stesse facendo imbarazzare. Di certo, se si fosse trovato di fronte l’immagine di qualcuno così vicino ad Alessio non avrebbe potuto fare a meno di pensare in parte maliziosamente.
-Sto interrompendo qualcosa?-.
Pietro si sentì raggelare il sangue, quando distinse la voce di Alberto interrompere il silenzio teso che era calato su di loro. Si rimise composto, seppur meno veloce di Alessio, con la testa che gli girava: riuscì a fatica a girarsi verso la direzione dal quale proveniva la voce, solo per scorgere Alberto fermo sulla soglia della porta finestra, visibilmente imbarazzato e attonito.
-Gabriele mi ha detto che eravate arrivati, ma non riuscivo a capire dove foste finiti- parlò ancora, quasi a volersi giustificare per la sua improvvisa apparizione. Pietro soffocò un’imprecazione: ci aveva decisamente messo meno del solito a lavarsi, e di certo era uscito con il tempismo peggiore possibile. Non si era nemmeno fatto sentire nell’aprire la porta finestra per uscire in terrazza.
-Mi era solamente caduto per terra il plettro- Alessio si affrettò a spiegare – Non hai interrotto niente-.
Nonostante fosse buio Pietro fu quasi del tutto sicuro di vedergli le gote arrossite.
-Oh, beh … - Alberto sembrò essere stato preso in contropiede in un primo momento, mentre pian piano tornava a rilassarsi, spostando lo sguardo da Pietro ad Alessio – Effettivamente mi sarebbe parso un po’ impossibile che voi due … Ma eravate talmente vicini che se vi foste girati vi sareste tranquillamente potuti baciare-.
Pietro cercò di deglutire senza destare troppi sospetti, mentre con la coda dell’occhio notava Alessio alzarsi dalla sdraio, recuperando la propria chitarra. Si rendeva conto che tutto quel silenzio da parte di entrambi non stava giocando a loro favore: Alberto stava riacquistando l’aria confusa e disorientata di quando si era ritrovato ad essere il terzo incomodo giusto poco prima, come se qualcosa non gli tornasse nonostante la spiegazione che Alessio gli aveva dato.
Pietro si alzò a sua volta, seguendo Alessio: aveva già percorso qualche metro in direzione di Alberto, ma gli fu facile raggiungerlo in pochi passi.
-Non dire idiozie, Gabbani- Pietro ridacchiò, sperando di non far trapelare troppo il proprio nervosismo.
Alberto sembrava ancora non essersi convinto del tutto di non averli colti in un qualche momento intimo. Anche se aveva lasciato perdere l’esprimere a voce la sua perplessità, Pietro riusciva a leggerglielo in faccia.
Non riuscì a farsi venire in mente qualcosa che potesse funzionare sicuramente per allontanare i suoi sospetti; sapeva solo che, continuare ad essere così rigido e in palese disagio, non avrebbe fatto altro che acuire l’impressione che lui ed Alessio stessero effettivamente nascondendo qualcosa. Forse, si ritrovò a pensare, l’unica soluzione era mostrarsi il più rilassato e sicuro di sé possibile.
Fu quasi istintivamente che passò un braccio attorno ai fianchi di Alessio, ignorando deliberatamente l’occhiata stralunata che gli rivolse subito lui, ed avvicinandolo a sé senza troppa fatica strattonandolo appena. Baciare la guancia ispida e dal forte odore maschile di Alessio fu, inaspettatamente, prima di tutto strano: non si era mai ritrovato a posare le labbra in quel modo sul viso di un uomo, ad inspirare così da vicino l’essenza maschile di qualcun altro. E poi, la barba di Alessio era piacevole al contatto: aveva una certa morbidezza, ben diversa da come sarebbe stata se fosse stata più corta ed ispida.
Approfittò del momento in cui Alessio si divincolò da lui, rivolgendogli un’occhiata del tutto spaesata, per allontanarsi e tornare a guardare Alberto, con un ghigno fintamente divertito stampato in viso:
-Questo è decisamente l’unico bacio che gli darei-.
Vide Alberto finalmente sciogliersi in una risata; si sentì il cuore più leggero, ma fu una sensazione che durò solo fino a quando, con la coda dell’occhio, non notò l’espressione ancora confusa e a tratti diffidente di Alessio. Da lui non arrivò alcuna replica, ma bastò vederlo allontanarsi da solo, rientrando in camera, per far capire che qualcosa non doveva essergli andato a genio.
Pietro rimase fermo nello stesso punto in cui si trovava, osservandolo inerte rientrare nella stanza, superando velocemente Alberto, e non voltandosi indietro. Il senso di vuoto che sentì all’altezza dello stomaco gli fece pensare, per un breve secondo, che forse la sua non era stata l’idea migliore.
-Forse è meglio se rientriamo anche noi- la voce di Alberto lo riportò alla realtà, distraendolo dai suoi pensieri – Comincia a fare un po’ freddo qui fuori-.
Pietro annuì, anche se per qualche secondo ebbe la tentazione di rimanere ancora fermo lì. Forse gli ci sarebbe voluto più tempo prima di riuscire ad incrociare di nuovo Alessio, e condividere con lui lo stesso letto, dopo quel bacio che, seppur breve, gli era bastato per fargli girare la testa
 
And can you feel the love tonight
It is where we are
It's enough for this wide-eyed wanderer
That we got this far*





 

[1] Pearl Jam - "Just Breathe"
* il copyright della canzone (Elton John - "Can you feel the love tonight?") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Giusto in tempo prima del 15 agosto di quest'anno, scopriamo con questo capitolo
 come, effettivamente, sta andando la nottata di Ferragosto 2013 per il resto della banda, ormai rientrata in ostello: se Caterina e Nicola sono impegnati alla spiaggia, a un po' di distanza ne stanno succedendo di tutti i colori. Tra chi rimanda i propri progetti di dormita per interruzioni varie, un po' come succede a Giulia a cui tocca sorbirsi l'ennesima dimostrazione d'amore profondo di Vale per Alessio, per qualcun altro si prospetta forse una conversazione più lunga ... Tipo per Pietro ed Alessio, con una conversazione incentrata sul loro futuro. I due, infatti, iniziano a pensare alla loro vita universitaria e al conseguente trasloco. Riusciranno i nostri beniamini a trovare un appartamento in tempo? E come sarà la loro eventuale convivenza?
Ma
 sulle note della chitarra e della voce di Alessio, siamo però giunti anche alla fine di questo capitolo. Che si è concluso con una specie di dubbio, ovvero: che sarà passato per la testa di Alessio dopo il bacio di Pietro, per reagire così? Chissà, magari lo scopriremo prossimamente!
E tenetevi pronti, perchè nel prossimo capitolo, con il proseguimento della vacanza, ci sarà una vera e propria bomba ... Ormai è dietro l'angolo 🤫
A mercoledì 26 agosto per scoprire di cosa si tratta!

Kiara & Greyjoy

 

 
 
 
   
 
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