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Autore: Marti Lestrange    14/08/2020    8 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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12.

CAPITOLO DODICI

 

 

Teddy non aveva chiuso occhio, quella notte. Era rimasto a fissare il soffitto per delle ore, si era girato e rigirato, finché l’alba pallida non lo aveva colto impreparato. 

La sera prima era rientrato a casa in tutta fretta e si era buttato sotto la doccia, ché non voleva pensare, voleva solo staccare la mente per un istante. Roger non c’era, molto probabilmente era ancora da Prudence per cena, e lui si era buttato sul divano con un bicchiere di Firewhisky, perché c’erano volte in cui la Burrobirra non era abbastanza. Aveva frugato in mezzo ai suoi appunti, ai verbali, agli schemi, febbrile, sperando di trovare da qualche parte una risposta a ciò che invece una risposta già ce l’aveva: James e Rose erano coinvolti, la sua paura più grande aveva finalmente trovato una conferma, una prova, una testimonianza. Una legittimazione. 

Era andato a letto senza mettere in ordine, sperando che il sonno gli alleviasse il tormento, ma senza risultati. La mattina era giunta come una benedizione e una salvezza, e aveva scalciato via le coperte, si era vestito in tutta fretta ed era uscito. La porta della camera da letto di Roger era aperta e le coperte intonse, segno che il suo collega aveva dormito da Prudence. Meglio così: voleva evitare le sue domande allarmate, preferiva andare da lui con le idee chiare. 

Hogsmeade era ancora tranquilla, e quasi deserta. Ficcò le mani nelle tasche del montone e si diresse verso i boschi che delimitavano il villaggio. Camminò forse per delle ore - oppure erano minuti? Non lo sapeva. Sapeva solo che era incazzato nero, nero, con James, e si sentiva preso in giro, e uno stupido, per aver creduto alle sue parole di scusa, alla sua ammenda che ora suonava solo vuota e falsa, alle sue dichiarazioni quando gli aveva detto che era rimasto in Sala Comune a studiare fino a tardi e poi se n’era andato a letto - stupido stupido stupido. Forse si era come approfittato della sua buona fede, del buon Teddy Lupin, il cugino “bonaccione” che gli voleva bene e lo viziava da quando era un bambinetto e si sbucciava le ginocchia dopo aver corso per tutto il giardino della Tana a rincorrere Fred - stupido stupido stupido.

Forse aveva creduto di convincerlo con le sue parole, la sua perfetta retorica da studente modello, quel sorriso sghembo che lo salvava in qualsiasi circostanza, lo sguardo limpido e quegli occhi caldi che non sembravano celare nulla - stupido stupido stupido.

Forse aveva anche riso alle sue spalle, magari insieme a Rose, o a suo fratello, o a chiunque altro, e si erano fatti beffe di lui, stupido babbeo credulone pronto a bersi qualsiasi cazzata uscisse dalle loro labbra, troppo cieco per vedere, troppo cieco per guardare - stupido stupido stupido.

No.

Si fermò di fronte ad una quercia dopo aver percorso non sapeva neanche bene quanti chilometri. 

No, non sarebbe finita lì. Non poteva essere finita lì. 

Forse avevano pensato di essere riusciti a cavarsela, ma no, lui non avrebbe chiuso nessun occhio per loro, basta, era arrivato il momento di assumersi ognuno le proprie responsabilità. Lui, loro, James. 

Ripensò ad Harry, al suo sorriso buono, alle sue parole al Paiolo Magico. No, Harry avrebbe capito. Avrebbe capito e avrebbe capito la sua posizione, avrebbe capito perché non avrebbe potuto fare altro che quello che stava per fare, avrebbe capito che era il suo lavoro, era il suo dovere, era ciò che lo rendeva un Auror. 

Fece dietrofront per tornare al villaggio, ma non si fermò, tirò invece dritto fino al castello. Trovò Roger nella loro aula, seduto alla scrivania, intento a massaggiarsi una tempia. Alzò la testa di scatto quando lo vide entrare.

«Teddy!» esclamò. «Si può sapere dov’eri finito?»

«Scusami se sono sparito», rispose fermandosi davanti a lui. «Dovevo pensare.»

Roger annuì. «D’accordo… E ci sei riuscito?»

«Ah-ah.»

Il suo collega lo guardava e, in silenzio, gli chiedeva spiegazioni. 

«Ti devo raccontare una cosa.»

 

 

«No no no, fammi capire bene», iniziò Roger aggrottando le sopracciglia. «James e Rose

Teddy gli aveva raccontato tutto, a partire dalle scuse di James, passando ovviamente per la rivelazione di Polly Chapman, arrivando alle sue riflessioni mattutine. Annuì alla domanda dell’amico. 

«Hai sentito bene.»

«Ascolta, io capisco che tu abbia bisogno di risposte, ma insomma, non avevi detto che quella Polly non era affidabile? Perché è figlia di sua madre, e sembrava che ti detestasse e sembrava detestare anche James?»

«Tu non ci hai parlato, Roger, era spaventata e nervosa, quasi terrorizzata da ciò che mi stava dicendo. Ripeto che se l’è tenuto per sé per troppo tempo e quando si è finalmente decisa a parlarmene era logicamente turbata. Tu come staresti?»

«Be’, c’è da dire che avendo fatto due più due sugli eventi di quella sera… Sicuramente capisco il suo turbamento, ecco.»

«Appunto. Ricordiamoci che ha solo sedici anni, è giovane.»

«Sono tutti giovani, Teddy.»

Tra loro scese il silenzio e Teddy fermò lo sguardo sul paesaggio che si intravedeva fuori dai vetri sporchi.

«Polly diceva la verità, Roger.»

Roger alzò le mani in segno di resa. «D’accordo, tu eri presente, non io, e mi fido di te. Ti sei fatto un’idea di cosa potrebbe essere successo? E come?»

«Ci ho pensato», rispose Teddy grattandosi la barba che quella mattina non si era fatto. «Penso che qualcuno, forse Albus o Scorpius, abbia combinato un qualche casino con Jenkins, e che Rose sia corsa a chiamare James per sistemare la faccenda.»

«Albus e Scorpius, eh? E che ci facevano fuori con la vittima?»

«Non andavano d’accordo, no? Magari si sono incontrati per caso, ne è nato un alterco e le cose sono degenerate… Sai come succede, in questi casi. Da cosa nasce cosa.»

«E come ti spieghi il ritorno di fiamma?»

Teddy scrollò le spalle. «Sarà successo durante lo scontro, no?»

«Okay…» rispose Roger, cauto. «Quindi Albus o Scorpius cosa c’entrano con la morte di Jenkins?»

«Non sappiamo cosa potrebbero o non potrebbero aver scagliato addosso a Jenkins prima del ritorno di fiamma… Potrebbe essere successo di tutto.»

«Quindi pensi che Rose fosse presente…»

Teddy annuì. «Questo spiega il suo correre a chiamare James. Gli altri due non avrebbero potuto, sai com’è, essendo dei Serpeverde… Rose ha chiamato James, lui le ha detto che sarebbe andato a prendere il mantello e sono quindi scesi al Lago, dove James ha Trasfigurato Jenkins e ha infine buttato il suo corpo in acqua. E questo spiega la Trasfigurazione Umana meravigliosamente eseguita.»

Tra loro scese un altro silenzio, durante il quale Roger si grattò il mento, pensieroso, mentre Teddy lo guardava, quasi senza fiato. 

«Non hai nessuna prova a sostegno della tua teoria, lo sai, vero?»

«Non ancora, vuoi dire», affermò Teddy, «ma le otterrò non appena avrò interrogato nuovamente James e Rose, e grazie ai mandati di perquisizione. Sono intenzionato a trovare la bacchetta di Jenkins, che ricordiamoci si è come volatilizzata.»

«D’accordo, capo», si arrese Roger annuendo. 

«Prendi due pergamene», concluse Teddy. «Scriviamo due convocazioni.»

«Convocazioni ufficiali? Non pensi di esagerare?»

Teddy scosse la testa. «Voglio andare fino in fondo, Roger. Non importa se sono la mia famiglia. Voglio andare fino in fondo perché ho fatto un giuramento. E i giuramenti non si infrangono.»

 

 

James era al campo da Quidditch quando ricevette la lettera. Era seduto alla scrivania nell’Ufficio del Capitano, una piccola stanza messa a disposizione dei capitani delle squadre, dove fare piccole riunioni, mettere ordine negli schemi di gioco, scrivere i verbali delle partite e altre formalità. Stava compilando i nuovi permessi di allenamento per il mese di febbraio, da presentare poi al professor Paciock per la controfirma. 

La porta si spalancò di foga e James sobbalzò. Era immerso nel silenzio e l’unico rumore era quello del suo respiro, della piuma che scivolava sulla pergamena e degli uccellini fuori. Lorcan Scamandro irruppe nell’ufficio come un tornado, il fiato corto. 

«Lorcan?» esclamò James. «Che ci fai qui? Tutto bene?»

Si alzò e fece il giro della scrivania per osservare da vicino il ragazzo del terzo anno, che però era già alto quasi quanto lui. Ricordò nitidamente il suo provino dell’anno prima, quando si era presentato per giocare come Battitore. Louis aveva riso sotto i baffi per tutto il tempo, davanti alle sue «braccia secche» mentre cercava di rimpallare i Bolidi in giro per il campo. Alla fine il posto era andato a Michael McLaggen, che era il doppio di Lorcan, ma James lo aveva incoraggiato a continuare ad allenarsi e a lavorare sodo, se voleva avere una possibilità l’anno successivo. Quell’anno Lorcan non si era presentato, e aveva raccontato a James che non aveva senso provare a sfidare Michael e Louis per un ruolo che non avrebbe ottenuto, ma gli aveva detto che ci avrebbe provato l’anno ancora dopo, quando sarebbe rimasto libero il posto di Louis. Negli ultimi mesi, Lorcan aveva messo su peso e massa muscolare e James l’osservò brevemente, constatando che non era più lo “scricciolo” di un tempo. 

«Ti ho cercato dappertutto», spiegò Lorcan dopo aver ripreso fiato. «Sono corso in giro per il castello, sono stato in biblioteca, alla voliera, ovunque. Poi per fortuna ho beccato Michael in giro e mi ha detto che sicuramente ti avrei trovato qui al campo.»

«È successo qualcosa?»

Lorcan sollevò una mano, nella quale, James notò solo ora, stringeva una lettera. «È per te. Teddy Lupin mi ha chiesto di consegnartela personalmente.»

James inarcò le sopracciglia. Cosa voleva Teddy da lui? Un brivido gli percorse la spina dorsale, ma cercò di non mostrarsi incerto di fronte a Lorcan. Prese la lettera che il ragazzo gli porgeva e si sforzò si sorridergli.

«Grazie, Lorcan, mi spiace che tu abbia corso in giro per colpa mia…»

Lorcan scrollò le spalle. «Non preoccuparti. Ora posso andare? Devo finire un tema per il professor Vitious.»

«Certo, certo, vai pure. E grazie», aggiunse James. 

Lorcan lo salutò brevemente e uscì, richiudendosi la porta alle spalle. James abbassò lo sguardo sulla lettera e sospirò. Poi riprese posto alla scrivania e la aprì, tagliandola ordinatamente lungo il bordo. 
 

Hogwarts, 25 gennaio 2023

 

Caro signor Potter, 
con l’autorità a Noi conferita dal Ministro della Magia, La esortiamo a presentarsi per un interrogatorio ufficiale, presso l’Aula numero 11, piano terra, a Hogwarts, il giorno (giovedì) 26 gennaio 2023, alle ore 17:001.

 

Cordiali saluti,
Edward Remus Lupin e Roger Davies
Dipartimento Investigativo, Ufficio Auror
Ministero della Magia

 

James lasciò cadere la lettera sulla scrivania. Interrogatorio ufficiale. Allora Teddy aveva qualcosa contro di lui. Aveva delle prove.  

Si passò una mano davanti al viso, mentre cercava rapidamente di pensare a cosa fare. Aveva solo fino al pomeriggio successivo per inventarsi qualcosa. Intanto però doveva trovare Albus. Sì, doveva cercare suo fratello per fargli vedere la lettera e insieme avrebbero pensato al da farsi. 

La accartocciò malamente e se la infilò nella tasca della divisa da Quidditch, che aveva già indossato in previsione dell’allenamento di quella sera, e uscì. Salì fino al castello a passo di marcia, tormentandosi i capelli. Sul parco stava calando la sera. 

In giro non beccò nessun Serpeverde che gli potesse dire dove si trovava Albus, o che avesse almeno un’idea dei suoi orari. Decise quindi per prima cosa di salire nella sua Sala Comune, per cercare Louis e dirgli di iniziare l’allenamento anche senza di lui, se non fosse arrivato, e di guidare la squadra in sua assenza. Ma Louis non era da nessuna parte, e James pensò che in quei giorni il cugino era introvabile, come se si fosse trasformato in un fantasma. C’era però Alexander Baston, seduto su uno dei divani, intento a scribacchiare su una pergamena, da solo. James gli si avvicinò.

«James», lo salutò Alex sorridendogli. «Già pronto per l’allenamento di stasera?»

«Alex, devo chiederti un favore», esordì lui senza tanti preamboli. L’altro annuì, serio. «Molto probabilmente farò tardi al campo, ho bisogno che iniziate ad allenarvi anche senza di me. Puoi per favore dirlo a Louis, non appena lo vedi? Digli di riprovare i soliti schemi, okay?»

Alexander aggrottò le sopracciglia. «Tutto bene, capitano? Sembri strano…»

«Tutto bene, Alex, devo solo sistemare una cosa, e non so quanto ci metterò, ma voi iniziate, d’accordo? Dobbiamo stracciarli, i Tassi.»

Alex sorrise. «Li stracceremo sicuro, James. E non preoccuparti, appena vedo Lou glielo dico.»

«Grazie, amico», concluse James dandogli una pacca sulla spalla. 

«Hei, James», lo richiamò Alexander mentre lui si dirigeva al buco nel ritratto. Si girò al suo richiamo. «Sicuro di star bene?»

«Tranquillo, Alex.» Gli diede le spalle e uscì. Ora le mani gli tremavano e si appoggiò al muro di pietra per riprendere fiato. Non poteva crollare, prima doveva trovare suo fratello. 

Scese nuovamente al piano terra e questa volta ebbe fortuna. Incontrò Cassandra Zabini ai piedi dello scalone di marmo. La ragazza stringeva tra le braccia dei libri e si dirigeva all’ingresso dei sotterranei, probabilmente diretta nella sua Sala Comune.

«Cassandra!» la chiamò James ad alta voce. Lei si girò mentre lui scendeva l’ultima manciata di scalini e la raggiungeva.

«James», lo salutò educatamente, sorridendogli.

«Cassandra, scusa, hai visto mio fratello in giro?» 

Sapeva che tra il Prefetto di Serpeverde e suo fratello era “in corso qualcosa”, li aveva visti camminare per mano e scambiarsi un bacio poco prima di entrare in Sala Grande, una sera prima di cena. Con tutto quello che stava succedendo in quegli ultimi tempi si era dimenticato di sfotterlo per bene, ma si ripromise di farlo non appena le acque si fossero calmate: Albus-cuore di pietra-Potter innamorato era una notizia da prima pagina. 

«Sì, l’ho appena lasciato in biblioteca, in effetti», rispose Cassandra annuendo. «Abbiamo finito di studiare e lui si è trattenuto insieme a Scorpius e Rose.»

«Okay, perfetto, ti ringrazio tanto», rispose James, già con un piede verso le scale. 

«James, è successo qualcosa?» gli chiese lei, preoccupata.

«No, Cassandra, tutto bene, devo solo chiedere una roba ad Albus…» James si chiese se Cassandra sapesse, e quanto sapesse, ma poi accantonò l’idea: suo fratello non avrebbe mai raccontato niente a nessuno di ciò che era successo. 

«Albus non me ne parla, e io non voglio forzarlo, ma non sta bene, James», continuò la ragazza. «Ha avuto una brutta crisi di panico, ad Hogsmeade… Mi sono spaventata tanto. Per favore, tienilo d’occhio, okay? Magari a te lo dice, che cos’ha che non va…»

James tornò sui suoi passi e le si avvicinò. «Non preoccuparti, ci parlo io. Sono sicuro che sia solo un po’ di stress…»

Cassandra annuì. «Lo spero.»

«Ora devo andare, grazie ancora, Cassandra.»

Lei gli sorrise. «Figurati.»

James le diede le spalle e corse su per le scale, ma sentì su di sé lo sguardo della ragazza. In quel momento non poteva preoccuparsi anche di Cassandra Zabini, doveva trovare Albus, subito. E se c’erano anche Rose e Scorpius, tanto meglio.

Raggiunta la biblioteca, entrò quasi volando. Un’occhiataccia di Miss Martin lo dissuase dal correre in mezzo ai tavoli e agli scaffali, ma fortunatamente individuò quasi subito il gruppo formato da suo fratello, sua cugina e Scorpius Malfoy. Sedevano ad un tavolo al fondo, sulla sinistra, accanto ad una finestrona impolverata. Alzarono lo sguardo tutti e tre quando lo videro avvicinarsi. James notò subito che anche Rose stringeva una lettera. Il cuore gli balzò in gola.

«James?» esclamò Albus.

James si fermò di fronte al tavolo e abbassò lo sguardo. Rose teneva tra le mani una lettera identica alla sua. Rialzò lo sguardo su di lei e notò che era terrorizzata. Scorpius le teneva un braccio sulle spalle, come a volerla confortare e proteggere. «Rose…» cominciò. «Rose ha ricevuto una lettera, poco fa.»

«Gliel’ha portata Lysander Scamandro», aggiunse Albus grugnendo. «Avrei voluto affatturarlo.»

«Gufo non porta pena, no?» commentò Rose con voce flebile.

James annuì. «A me l’ha portata Lorcan.»

Rose sbarrò gli occhi e Albus si alzò in piedi di scatto. I due fratelli si guardarono. James tirò fuori dalla tasca la sua lettera e la poggiò sul tavolo. 

 

 

«… questa credo che sia la costellazione della rosa.» Scorpius passò un dito sull’avambraccio di Rose, lentamente, insinuandosi poi sotto la manica della camicia della divisa, che la ragazza aveva arrotolato fino al gomito. 

«Non esiste la costellazione della rosa, scemo», rise Rose, occhieggiando il punto in cui sarebbe potuta comparire Miss Martin per sgridarli. Erano seduti ad un tavolo appartato in una saletta in fondo (a poca distanza da quello occupato da Albus e Cassandra, seduti vicinissimi e intenti a parlare fittamente), ma la bibliotecaria era sempre all’erta per scovare e ammonire studenti indisciplinati. 

«… vedi, qui ci sono i petali», proseguì Scorpius ignorandola, accovacciato addosso a lei, le labbra vicinissime al suo orecchio. Indicò un intrico di nei sulla pelle diafana di Rose, che formavano come un disegno, e che tante volte si era ritrovato a baciare. Poi spostò una mano a toccarle una gamba attraverso le spesse calze della divisa. «… invece qui c’è il gambo, spinoso ma perfetto», concluse allungando una mano e infilandogliela sotto la gonna. Rose sobbalzò sulla sedia e mise una mano sulla sua per fermarlo. 

«Scorpius, basta», protestò ridendo, e sforzandosi di non fare rumore. «Siamo in un luogo pubblico…»

«Ah-ah», rispose lui allungandosi per baciarle il collo. «Che ci vedano…»

«C’è mio cugino seduto a pochi metri…» rise lei cercando di allontanarlo e scuotendo la testa. 

Scorpius la guardò assottigliando gli occhi e lanciando un’occhiata di sbieco ad Albus, che però al momento era troppo impegnato a infilare le sue mani sotto la gonna di Cassandra, mentre i due si baciavano senza curarsi di loro. O di Miss Martin.

«Credo proprio che Albus al momento sia piuttosto impegnato», sghignazzò. 

Rose lanciò un’occhiata al cugino e poi si rigirò, alzando gli occhi al cielo. «Non credo che Albus sia un esempio da seguire.»

«Da quando sei diventata così prudente, eh?» disse lui intrecciando le loro dita. 

«Da quando? Da sempre, amore. Sei tu che fai finta di essertelo dimenticato.»

Fu il turno di Scorpius di alzare gli occhi al cielo, e si limitò quindi ad osservarla, il gomito puntellato sul tavolo, la testa mollemente poggiata sulla mano. 

«Non mi guardare così, okay?» protestò Rose tornando al suo “Affrontare l’Informe”. 

«Perché, come ti guardo?» Allungò un dito per farle il solletico dietro un orecchio, e Rose si scostò ridendo. 

«Come se volessi fare sesso», rispose lei, cercando di fare la seria. «Non possiamo, adesso, d’accordo? Muoviti a finire di leggere», e indicò il libro, che Scorpius neanche aveva aperto. 

«Non possiamo adesso? Allora dopo?» scherzò lui facendo il finto serio e facendo scorrere un dito lungo la sua schiena. 

«Quando vuoi e come vuoi, basta che mi fai finire di leggere questa roba, va bene?» Rose lo guardò sorridendo furbescamente e lui annuì.

«Va bene, allora.»

Rose aveva il potere di mandargli il cervello letteralmente in tilt. Nonostante stessero insieme da anni, l’effetto che produceva su di lui era rimasto inalterato e, come quando era un ragazzino e si ritrovava a seguire la sua chioma rossa ovunque, come ipnotizzato, anche ora lei aveva il potere di ammaliarlo e incatenarlo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, per lei, perché l’amava, e non avrebbe mai amato nessun’altra. 

Quelli erano stati giorni strani, per tutti loro. Ciò che era successo li aveva cambiati, aveva scoperto nervi tesi e amplificato paure e tormenti. La presenza di Teddy Lupin a scuola non faceva che acuire i loro dubbi e i loro timori, ma Albus sembrava avere la situazione sotto controllo, nonostante non avesse voluto dirgli - a lui come a nessun altro di loro - dove avesse nascosto la bacchetta di Karl («meno persone sanno, meglio è», aveva spiegato). Gli aveva solo assicurato di essersene occupato e che nessuno l’avrebbe trovata. James invece aveva avuto un momento di cedimento, come gli aveva raccontato Rose, che lo aveva saputo da Lily: aveva fatto una scenata a Teddy riguardo l’interrogatorio di Caitlin e Lily aveva sentito tutto, per poi finire per litigare con lo stesso James. Rose l’aveva trovata turbata e scossa e aveva cercato di consolarla. Scorpius avrebbe voluto parlarne con Albus, ma allo stesso tempo non voleva turbare i suoi equilibri: in quei giorni lo vedeva sereno, insieme a Cassandra, ma sapeva che rischiava di essere solo una pezza, che il suo amico aveva momentaneamente messo sopra le sue paure, e che presto sarebbe caduta e allora tutto sarebbe tornato a galla. 

Proprio Albus interruppe il flusso dei suoi caotici pensieri. Era in piedi di fronte al loro tavolo, con Cassandra accanto. 

«Posso?» disse indicando una sedia vuota accanto a Rose. 

Scorpius annuì, e così fece anche Rose. 

«Ci vediamo a cena, allora?» chiese quindi Albus a Cassandra. Lei annuì e gli sorrise teneramente. Gli carezzò una guancia e lo baciò e poi sorrise al loro indirizzo.

«Ci vediamo dopo, ragazzi.»

«A dopo, Cass», replicò Scorpius. Rose agitò una mano e tutti e tre osservarono la ragazza avviarsi verso l’uscita e scomparire dietro alcuni scaffali. 

«A cosa dobbiamo l’onore?» chiese Rose richiudendo il libro. Probabilmente aveva capito che ormai non sarebbe più riuscita a studiare.

Albus sedette e scrollò le spalle, come faceva sempre. «Ho parlato con Lily, ieri. Come mi avevi detto, Rose», aggiunse.

«Quindi presumo tu abbia parlato anche con James?»

Albus scosse la testa. «No, ancora no. Vorrei beccarlo da solo, ma ultimamente sembra che lui e Cait siano incollati per le labbra…»

«Senti chi parla», commentò quindi Scorpius.

«Cassandra e io non siamo incollati per le labbra», replicò l’altro, serio.

«Sì, va bene, vai avanti», si intromise Rose, pratica.

«Ho parlato con Lily e le ho detto di aver saputo del suo litigio con James e di non preoccuparsi perché James aveva discusso anche con me, che è nervoso per via dei M.A.G.O. e per tutto il carico di lavoro che ha, per via della squadra e bla bla bla, un sacco di altre cazzate.»

«Cazzate? Non era il caso di rifilarle delle cazzate, Al.»

Quando Rose chiamava suo cugino “Al”, lo faceva specificatamente per farlo incazzare. 

«Albus, Rose, Albus, te lo dico da sedici anni.»

«Torniamo alle cazzate, allora. Albus

«Ma sì, certo, cos’avrei potuto dirle, scusa? James è nervoso perché sai, è stato nostro complice nella morte di quel coglione di Jenkins, e allora capisci, no?» aggiunse abbassando ulteriormente il tono di voce. 

Rose scosse la testa. «Certo che no, stupido che non sei altro, ma magari—»

Scorpius le assestò una gomitata che non aveva l’intenzione di farle male, ma notò che Rose stava per mandarlo a quel paese, se solo davanti a loro non fosse comparso Lysander Scamandro, la divisa perfettamente in ordine (a differenza loro), il ciuffo di capelli scuri pettinato di lato e una lettera stretta in mano. 

«Ciao, Rose, Albus, Scorpius», li salutò uno ad uno. Scorpius lo aveva sempre trovato strano, da quella volta in cui, durante una festa tra parenti e amici alla Tana, gli aveva chiesto cosa ne pensasse dei Ricciocorni Schiattosi. Scorpius aveva cortesemente bevuto dal suo bicchiere per non ridere e si era scusato ma Rose lo stava chiamando dal giardino e si era prontamente defilato. Giocava nella squadra di Quidditch di Corvonero ma non aveva l’aspetto del giocatore di Quidditch.  Era serio ma strano, Lysander. «Ho qui una missiva per te, Rose, Edward Lupin mi ha personalmente incaricato di consegnartela personalmente.»

Scorpius si chiese se la ripetizione di “personalmente” fosse voluta o meno, ma non ebbe modo di interrogarsi oltre perché Rose prese la lettera che Lysander le porgeva con mano tremante. E poi, pensandoci: Edward Lupin? Seriamente? Nessuno lo chiamava Edward

«Gr-grazie, Lysander», rispose Rose senza guardarlo.

«Di nulla, graziosa Rose, è stato un piacere farle un servizio, io—»

«Okay, Lys, smamma», intervenne Albus, perentorio, la mascella contratta. 

Lysander non si scompose minimamente e si limitò ad annuire.

«Grazie, Lysander», aggiunse Scorpius mentre questo si allontanava. Lo guardò sparire e poi si concentrò su Rose, che continuava a fissare la lettera a bocca aperta. 

«Rose, aprila», la invitò lui.

Ci pensò Albus a risolvere la situazione. Afferrò la lettera dalle mani di Rose e, tra le proteste di lei, stracciò la busta e si mise a leggere. La passò rapidamente alla cugina, scuotendo la testa. 

Scorpius si chinò su Rose per leggere con lei. 

 

Hogwarts, 25 gennaio 2023

 

Cara signorina Granger-Weasley, 
con l’autorità a Noi conferita dal Ministro della Magia, La esortiamo a presentarsi per un interrogatorio ufficiale, presso l’Aula numero 11, piano terra, a Hogwarts, il giorno (giovedì) 26 gennaio 2023, alle ore 17:001.

 

Cordiali saluti,
Edward Remus Lupin e Roger Davies
Dipartimento Investigativo, Ufficio Auror
Ministero della Magia

 

Scorpius rialzò gli occhi su Rose, che invece continuava a fissare il foglio. Nessuno parlava, si sentiva solo il leggero brusio di sottofondo che contraddistingueva la biblioteca. 

«Ha scoperto qualcosa», disse quindi Rose. «Teddy… Ha scoperto qualcosa su quella sera e mi vuole interrogare…»

«Se avesse scoperto veramente qualcosa, allora avremmo ricevuto una convocazione ufficiale tutti quanti, no?» intervenne Scorpius per cercare di consolarla. Non sapeva bene cosa pensare nemmeno lui, in quel momento. Lanciò un’occhiata vuota ad Albus, e questo gliela rimandò indietro, altrettanto vuota. 

«Non ha nulla contro di te, Rose», disse quindi l’amico. «Altrimenti, come ha detto Scorpius, avrebbe convocato tutti quanti. Sta solo iniziando una guerra psicologica, vuole provare a farci crollare.»

«Vedi? Lo dice anche Albus», disse lui ancora, cingendole le spalle. 

In quel momento, un trafelato James Potter fece irruzione nella piccola saletta e si avvicinò al loro tavolo. 

«James?» esclamò Albus.

James si fermò di fronte a loro e abbassò lo sguardo sulla lettera che Rose stringeva tra le mani.

«Rose…» cominciò Scorpius, convenendo che fosse giusto metterlo al corrente di ciò che era appena accaduto. «Rose ha ricevuto una lettera, poco fa.»

«Gliel’ha portata Lysander Scamandro», aggiunse Albus grugnendo. «Avrei voluto affatturarlo.»

«Gufo non porta pena, no?» commentò Rose con voce flebile.

James, di fronte a loro, annuì. Sembrava stralunato. «A me l’ha portata Lorcan.»

Scorpius lasciò cadere il braccio dalle spalle di Rose e Albus si alzò in piedi di scatto. I due fratelli ora si fronteggiavano. James tirò fuori dalla tasca la sua lettera e la poggiò sul tavolo.


 


 

Note:

1. Ho preferito lasciare il formato ora a noi famigliare, invece di utilizzare la formula inglese, quindi 5 pm.

 

Eccoci qui, nuova settimana, nuovo aggiornamento! In questo capitolo, Teddy tira un po’ le somme di ciò che è successo nello scorso, e alla luce della rivelazione di Polly decide di convocare James e Rose per un interrogatorio, ufficiale, questa volta. Ora Teddy sembra essersi deciso a fare davvero sul serio e di andare fino in fondo a questa faccenda. Ho voluto descrivere intenzionalmente i due differenti momenti in cui i due cugini ricevono le loro convocazioni, e possiamo leggere così le loro differenti reazioni. Le lettere vengono recapitate loro da due “gufi postini in formato umano” (XD): i gemelli Scamandro, e ho voluto riproporre una mia “vecchia versione” di loro, cioè Lorcan lo scavezzacollo-movimentato, e Lysander l’intellettuale-tranquillo, sono entrambi al terzo anno e hanno un ruolo marginale, ma pensavo potesse risultare carino introdurli. 

 

Ormai, come sapete, la storia giunge al termine e abbiamo gli ultimi scossoni e le ultime rivelazioni prima del gran finale, per cui vi consiglio di non perdervi i prossimi capitoli, a partire da quello della prossima settimana, e non aggiungo altro 👀

 

Vi ringrazio come sempre per l’entusiasmo che state dimostrando e per l’accoglienza che mi avete riservato con il mio ritorno alla Nuova Generazione (e al fandom), grazie di cuore ♥︎ Per chi volesse leggermi in altri contesti, vi lascio qui In nome dei quattro, nuova raccolta (completa) sui Lestrange e Barty Crouch Jr.


Alla prossima settimana, Marti

   
 
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