Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Bellamy    22/08/2020    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Perdonatemi il ritardo. Spero che questo capitolo vi piaccia. Vi auguro una buona lettura!
Bellamy.
 
 
 
Una falcata veloce, un umano non sarebbe riuscito a cogliere con lo sguardo il mio spostamento, e mi misi accanto a Andrew. I suoi occhi si erano spostati sui Cullen e li fissava interessato, con una strana ombra sul viso.
Io, d’altro canto, continuai a porgere loro le spalle. Non avrei mai potuto tollerare o reggere il peso dei loro sguardi, le reazioni impresse nei loro volti. Erano sbigottiti? Sgomenti? Furiosi? Delusi? Ero troppo debole per potermi girare e controllare da me stessa. Troppo vigliacca.
Sapevo che, se mi fossi girata verso la mia famiglia, sarei corsa verso di loro pregandoli di andare via, di mettersi al sicuro. Avrei continuato a promettere loro che sarei ritornata. Per sempre.
Ma non mi avrebbero ascoltato e si sarebbero messi in pericolo, inutilmente, e questo non lo avrei potuto accettare. Erano, eravamo, disarmati di fronte al dono di Andrew. Il vampiro poteva fare di noi ciò che voleva senza che noi potessimo opporre resistenza e precederlo. Nessuno era abbastanza forte fisicamente per poterlo fermare. La forza fisica non poteva battere la capacità di controllare la mente e la volontà altrui.
Strinsi la mano destra di Andrew, prendendolo alla sprovvista. Nello stesso momento dei ruggiti stavano nascendo dai petti di Jasper ed Emmett.  
“Fermali. Per favore.” Lo pregai. Guardai Andrew dritto negli occhi e lui ricambiò il mio sguardo: sembrava sorpreso della mia richiesta ma la sua espressione immediatamente si oscurò e nel suo viso spuntò un ghigno.
Si voltò verso la mia famiglia e con un sussurro, quasi inudibile, malizioso e subdolo ordinò: “Tornate indietro.”
Tremai a sentire il suono della sua voce, al modo in cui si era rivolto alla mia famiglia: c’era qualcosa di cattivo in lui, come se provasse piacere ad utilizzare il suo dono sapendo che le persone erano totalmente inermi ai suoi occhi. Forse gli era sempre piaciuto, gli era sempre piaciuto abusare del suo potere, probabilmente aizzato dai Volturi stessi.
Non passò neanche un secondo dall’ordine di Andrew che sentimmo il suono di tanti passi leggeri. Stavano arretrando.
Non mi voltai. Non ne avevo il coraggio, provavo troppa vergogna verso me stessa. Non volevo che vedessero il mio volto: il volto di una vigliacca, di una codarda. Non mi avevano educata in quel modo e questo non era il modo giusto per ripagarli.
Ma che potevo fare? Metterli a sicuro era l’unica, sensata soluzione.
Non curandomi di Andrew, iniziai a correre senza una direzione precisa. Ovviamente mi avrebbe raggiunta. Corsi sfiorando a malapena il terreno innevato e gli alberi ghiacciati. Mi chiesi dove fossero i Cullen in quel momento, se erano ancora sotto i sortilegi di Andrew e cosa avrebbero fatto dopo essersi ripresi.
Il panico arrivò come un meteorite caduto all’improvviso rallentando la mia corsa: cosa avrebbero fatto?
Sarebbero ritornati a Volterra? Si sarebbero arresi? Mi avrebbero aspettato in America? Di tutto ciò che io avevo chiesto di fare – proteggersi – i Cullen avevano fatto il contrario.
Sentii Andrew correre dietro di me e, un secondo dopo, mi mostrava la strada. Superandomi mi fece un sorriso sarcastico, lo ricambiai con uno sguardo glaciale e aumentai il passo per raggiungerlo.
Per tutto il tragitto, verso dove non sapevo precisamente, non gli parlai. Non avevo nulla da dirgli. Neanche lui, a dire il vero, prese parola. A volte si voltava verso di me, per studiare la mia espressione. Nel suo volto si trovava stampato un sorriso divertito. I suoi occhi continuavano a brillare, diabolici.
A malapena mi curavo di dove stessimo dirigendo. I miei occhi guardavano davanti a loro o Andrew ma la mia attenzione era rivolta altrove, verso la mia famiglia. Lo stomaco si chiuse e una forte nausea mi spingeva a fermare la mia corsa ma sapevo fosse una questione più mentale che fisica.
Mi sentivo una criminale e il mio reato era il tradimento. Avevo tradito la mia famiglia. Li avevo abbandonati di nuovo. Il pensiero di ritornare da loro mi travolgeva di vergogna. L’emozione era come le sabbie mobili: mi sentivo affogare dalla sabbia, viscosa, man mano che sprofondavo giù, nelle viscere della terra, e qualsiasi mio intento per risalire in superficie si rivelava inutile.
Per un momento pregai che i Cullen mi rifiutassero, che decidessero di cacciarmi via dalla loro famiglia.
Corremmo per tutto il pomeriggio mentre il sole ci accompagnava nella sua quotidiana corsa. Presto avrebbe dato il posto alla luna. Ci muovemmo sempre inoltrati nei boschi che costeggiavano le autostrade. Nonostante fosse coperto da un cappotto e da una felpa, il corpo di Andrew continuava ad emanare dei fasci luminosi al contatto con i raggi del sole. Era troppo rischioso muoversi in mezzo agli umani e l’obbiettivo principale dei Volturi era quello di mantenere intatta la segretezza che intaccava i vampiri.
Il sole, per me, non era mai stato un problema. Il mio corpo non diventava di diamante a contatto con i raggi solari. La mia pelle emanava un febbrile e debole bagliore, facendola diventare ancora più diafana, quasi sfocata. L’effetto era praticamente invisibile agli occhi miopi degli umani e ciò mi permetteva di girare in mezzo a loro con tranquillità.
Al tramonto il nostro passo si fece più lento e la folta popolazione di alberi sempre più rada così come la neve. Ci stavamo avvicinando a grandi spazi vuoti con poca vegetazione o nulla, ricca di parcheggi ed auto.
Eravamo diretti verso l’aeroporto.
Ci fermammo in un parcheggio, il via vai di macchine e persone era costante così come il vocio. Molti ci passavano accanto, scrutandoci per qualche secondo, perplessi. Uno schermo segnava le otto di sera.
Andrew si tolse il cappuccio della felpa dalla testa e si guardò intorno. Era molto concentrato e posava gli occhi su ogni singola persona che entrava nel suo campo visivo. Inspirò in maniera pesante per tre volte e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, scuri e determinati, capii cosa aveva intenzione di fare. Conoscevo bene quello sguardo. Tutti avevano quello sguardo quando dovevano andare a caccia.
“Seguimi.” Mi ordinò e così feci. Le mie gambe si mossero da sole. Attraversammo le lunghe file di auto parcheggiate per raggiungere il termine del grande parcheggio. Molti posti a disposizione erano vuoti, solo poche macchine vi sostavano.
Ogni singola cellula del corpo di Andrew emanava minaccia. Il suo sguardo era affilato e pericoloso. Avrei voluto mettermi ad urlare. Urlare a tutti gli umani presenti di scappare, di allontanarsi dall’aeroporto. Ognuno di loro era una potenziale vittima e io non potevo tutelare, proteggere nessuno. Riuscivo solo a camminare, a seguire Andrew. Avevo perso la capacità di utilizzare la mia bocca, di parlare.
Al nostro passaggio, la gente si fermava permettendoci di superarli. Ci lanciavano sguardi spaventati ma allo stesso tempo strabiliati. Ringraziai, comunque, il loro istinto e il loro buonsenso: riuscivano a percepire il pericolo che irradiava Andrew – e il mio nervosismo? – e quindi capirono bene di non avvicinarsi a lui.
Ci fermammo sotto un porticato vuoto. Non c’era nessun’altro testimone se non io stessa. A centocinquanta metri da noi, c’era una famiglia composta da madre, padre e due bambini che stava scaricando i bagagli a terra. La loro auto era isolata dalle altre.
Andrew fece un ghigno: aveva trovato la sua cena. Prima di avvicinarsi e mettere fine alla vita di quella povera e innocente famiglia, Andrew staccò tutte le videocamere a circuito chiuso presenti nel perimetro in cui avrebbe attivato il suo piano. Questa operazione durò solo due secondi. Nessuno si sarebbe accorto di lui, troppo veloce, se non io. Le autorità se ne sarebbero accorte solo qualche minuto dopo.
Il padre stava ancora scaricando le cinque grandi valigie a terra mentre la madre stava cercando di calmare i figli, troppo su di giri per il viaggio che non si sarebbe mai compiuto.
“Non ti muovere.” Mi sussurrò all’orecchio ed io mi irrigidii, diventando una statua, inanimata. Gli occhi fissi sulla scena che sarebbe avvenuta davanti a me tra pochi secondi.
“No!” Avrei voluto urlare. “Scappate!” Ma non trovavo né le mie corde vocali né le mie labbra, erano sparite dalla mia anatomia. Ero costretta solo a guardare.
“Salve, scusate.” Disse Andrew con voce cordiale e dolce. I due adulti si voltarono verso il ragazzo e sgranarono gli occhi, sorpresi dalla bellezza non comune paratasi davanti a loro.
Visto che i due umani non gli risposero, Andrew continuò con la sua farsa, la voce dolce e gentile: “E’ la prima volta che prendo un aereo qui a Seattle…”, la sua voce si fece incerta, “… per il check-in si va in quella direzione?”
Andrew indicò un luogo che non riuscii a vedere a causa della posizione in cui mi trovavo. I lati della mia visuale erano coperti da imponenti colonne di cemento.
La donna rispose cordialmente, balbettando: “Proprio così! Se vuoi andiamo insieme…”
Andrew non le diede tempo di terminare la sua frase. Chiusi gli occhi, incapace di poter assistere a tale ingiustizia. La famiglia non riuscì neanche ad emettere un grido di aiuto.
 
 
 
Stavamo salendo le scalette di un aereo privato, le dimensioni erano quelle di uno di linea, pronto a decollare. I due piloti ci diedero il benvenuto. Ci informarono che la partenza era prevista fra mezz’ora. Delle assistenti di volo nessuna traccia.
Entrammo nell’abitacolo, uno dei due piloti si dileguò immediatamente. I lati erano occupati da lunghi divani scuri, in mezzo vi era un tavolo rettangolare con bevande e snack. In fondo due poltrone e un tavolino con altro cibo e vasi di fiori.
Andrew andò alla ricerca di un borsone nero. Notai solo in quel momento delle macchie di sangue sui suoi vestiti, confusi con il colore cupo dei suoi capi. Se i due piloti se ne fossero accorti, sarebbero andati fuori di testa. Gettò il cappotto e la felpa a terra e indossò una camicia nera.
Mi gettai nel divano a sinistra e mi coprii gli occhi con un braccio. Non mi sentivo stanca né provavo nulla in quel momento. Apatia totale.
Andrew fece la stessa cosa: sentii il tonfo sordo causato dallo scontro tra il suo corpo e il divano a destra. Lo spostò di qualche centimetro.  Di sottecchi guardai il secondo pilota chiudere il portellone e assicurarlo per poi dileguarsi velocemente come il collega.
Scese nuovamente il silenzio.
Dopo un tempo che mi sembrava interminabile, mi ricordai che avevo nella tasca degli jeans il cellulare. Mi misi comoda nel divano e guardai l’orologio sopra la tv di fronte: mancavano dieci minuti alla partenza.
Incurante delle reazioni di Andrew, chiamai Carlisle. “Al diavolo!”, mi dissi.
Non attesi molto. “Renesmee?” Domandò Carlisle. La sua voce era carica di apprensione e una nuova ondata di vergogna mi travolse come una onda improvvisa. Andrew si mise a sedere, in ascolto.
Non ci feci caso. “Sì”, risposi con un sussurro,  “sto prendendo un aereo. Non seguitemi. Non mettetevi in pericolo per me.”
“Renesmee”, la voce di Carlisle si fece seria, “sai che faremo di tutto per proteggerti. Qualsiasi cosa.”
Il mio respiro si smorzò. Lo sapevo. Sapevo che avrebbero fatto di tutto pur di proteggermi, per tenermi al sicuro. Ma questa volta non l’avrei permesso. Il presentimento sinistro, paranoia o meno, che covavo da molto tempo era troppo grande per permettermi di mettere in pericolo la mia famiglia.
Ero tornata dai Cullen. Sì.
Bella, l’ombra di Aro.
Era stata lei stessa ad aiutarci a pianificare la mia fuga da Volterra. Cos’altro avremmo dovuto fare prima di scatenare la furia di Aro? Lui e i Volturi erano troppo pericolosi. Loro erano quelli che facevano rispettare la legge. Per quale motivo avrei dovuto permettere alla mia famiglia di infastidirli? Il rischio era troppo grande. La Guardia contava vampiri dotati di poteri pericolosi e dolorosi. Primi tra tutti Alec e Jane. Andrew.
Noi eravamo in sette: troppo pochi per potersi confrontare contro i Volturi.  
Non ne valeva la pena rischiare la propria vita per me.
“Sì”, risposi alla fine, “lo so.” Sapevo che non mi avrebbero ascoltata. Sapevo che non sarebbero rimasti a Willinston. Sapevo sarebbero stati aggrappati a qualsiasi visione di Alice, speranzosi di poter vedere il mio futuro.
“Aspettate una mia chiamata.” Dissi alla fine. “Vi chiamerò e tornerò a casa. Non mettetevi in pericolo. Per favore. Mi dispiace.”
Terminai la chiamata. E mi gettai di nuovo nel divano e chiusi gli occhi. Sentivo quelli di Andrew fissi su di me.
L’aereo iniziò a muoversi. Stavamo partendo.
Aprii gli occhi e incontrai quelli di Andrew. Il suo volto era concentrato ma, allo stesso tempo, perplesso. Sembrava aver già dimenticato lo spuntino di qualche minuto prima.
“Sono sempre stati così?” Domandò.
“Così come?” Borbottai.
“Così protettivi nei tuoi confronti?”
“Sì.” Risposi. “Tengono molto a me ed io a loro. I nostri rapporti sono molto diversi da quelli tra gli altri vampiri.” Andrew era un neonato. Quanto poteva sapere delle dinamiche del suo mondo? Forse quello era il suo primo viaggio al di fuori dall’Italia.
“Ci consideriamo una famiglia.” Conclusi.
“Siete in tanti.” Considerò Andrew. Non capii se era ammirato o se la sua era una semplice constatazione.
“Te l’ho detto: siamo diversi da tutti gli altri clan. Siamo il più grande dopo quello vostro.” Gli lanciai una occhiata per controllare la sua reazione ma lui non reagì. Aveva notato una punta di orgoglio nella mia voce?
Si limitò a fare spallucce. “Io mi trovo bene con Aro… Ha il suo fascino. Forse sono di parte perché io ero destinato a far parte della Guardia, in qualche modo.”
Rimasi di stucco. “Cosa?” Domandai. Personalmente non trovavo i Volturi affascinanti. Né i racconti di Carlisle né l’esperienze vissute con loro mi diedero motivo per apprezzarli. Forse Bella. Lei sembrava l’unica persona normale… nella maggior parte dei casi.
Riconoscevo l’autorità nei Volturi. Tutto qui. Per me, erano dei vampiri che tramavano nel buio, immobilizzati dal tempo e della torre campanaria che li proteggeva.
Il volto di Andrew era sereno quando mi rispose: “Sapevano, quando ero umano, che avevo del potenziale. Girano il mondo alla ricerca di vampiri con doti che fanno girare la testa ad Aro, Caius e Marcus. Hanno pagato i miei genitori affinché io andassi con loro. A quanto pare con gli umani fanno così. Dopo avermi trasformato li hanno uccisi. Nonostante il breve incontro sapevano già troppo. Alla fine mi sono assicurato che il denaro rimanesse alle mie sorelle.”
Ero senza parole. Sentii la mia bocca aprirsi in due, incapace di proferire parole o realizzare un pensiero.
E trovava i Volturi affascinanti?
“Non provi nemmeno un po’ di ira nei loro confronti?” Gli domandai. Alle mie orecchie sembrava tutto così assurdo. Non avrei mai immaginato che, per il potere, i Volturi sarebbero andati così lontano.
Andrew si ristese sul divano, le mani dietro la testa. “No. Possono uccidermi da un momento all’altro.” Continuò, ancora più tranquillo: “Basta chiamare Bella o Renata. Loro bloccano il mio dono … e mi uccidono. Manipolare qualcuno protetto dagli scudi più potenti in circolazione non è molto utile.” Mi lanciò uno sguardo divertito. Spiegò tutto come se fosse qualcosa di ovvio, logico, matematico.
“Ma… i tuoi genitori…” farfugliai.
Andrew sbuffò: “Hanno preferito i soldi a me. Se dovessi essere arrabbiato con qualcuno, lo sarei con loro.”
Ammutolii. Non potevo dargli torto. I vampiri, con il loro fascino, potevano fare degli umani ciò che più desideravano.
Ero visibilmente sotto shock ma Andrew fece finta di niente. Forse lui si era rassegnato. D’altronde aveva ragione: cosa poteva fare per rimediare? Nulla.
L’aereo era già decollato e aveva preso quota. Mi misi comoda sul divano e acchiappai un pacco di qualche snack salato. Non mi piaceva molto il cibo salato degli umani. Preferivo i dolci. Decisi di mangiare perché non sapevo quando sarebbe stata la prossima volta in cui avrei potuto nutrirmi di sangue.
“Quindi”, iniziai mentre sgranocchiavo, “quanto tempo avete impiegato per capire dove mi trovavo?”
Andrew mi guardò e il suo volto ritornò perplesso.
“Cosa?” Domandai mentre finivo il primo pacchetto e prendevo l’altro.
Aggrottò la fronte. “Nessuna lamentela? Nessun piagnisteo?” Domandò .
Capii quello che intendeva e se non fossi stata così arrendevole mi sarei offesa, cadendo nella trappola della sua ironia. Avrei urlato, elencando tutti i futili motivi per cui mi ero ritrovata, ad un certo punto della mia vita, a Volterra.
Era stato del tutto inutile piangere, pregare di poter tornare a casa. Ero a tornata a casa. Ed ora mi trovavo in un aereo di ritorno verso coloro da cui volevo tanto essere lontana. Di nuovo.
Perciò era inutile opporre resistenza. Non volevo scatenare la furia di Aro e mettere in pericolo la mia famiglia inutilmente, non quando non sapevo come aveva reagito Aro stesso alla mia fuga.
“Nessuna lamentala.” Affermai.
“Bene”, fece Andrew guardando il mio volto che presumevo essere tranquillo, “perché a Volterra eri costantemente terrorizzata.”
Feci una smorfia ma rimasi in silenzio. Aspettavo che rispondesse alla mia domanda.
Mi lanciò una occhiata veloce e poi guardò davanti a sé. “Che stavi scappando via l’avevamo scoperto subito. Edward ha fatto la spia.”
“Ovvio!” Sbottai e la rabbia che quel vampiro provava, senza una valida giustificazione, nei miei confronti mi fece ribollire il sangue. C’era da aspettarselo. A differenza di Bella, Edward non aveva mai mostrato simpatia nei miei confronti. Anzi, tutto il contrario. Non che io cercassi le sue simpatie, certamente. Era ovvio che avrebbe fatto di tutto per mettere i bastoni fra le ruote a Bella. 
Andrew rise ma io non trovai nulla di così divertente. Ero sconcertata.
“E’ incredibile quanto tu gli asso-“.
“E’ incredibile il suo comportamento.” Lo interruppi. “Non sembrano neanche sposati.” Continuai.
Andrew aggrottò la fronte: “Sono sposati? Lui e Bella?”
Feci spallucce: “A quanto pare.” Più che sposati, sembravano nemici.
“Quando Bella si è scontrata contro Felix e Demetri, Edward non si è precipitato subito a proteggerla.”
Rimasi di nuovo esterrefatta. Era ingiusto. Nel mia mente passarono le immagini di Carlisle ed Esme, Alice e Jasper, Rosalie ed Emmett. Non era mai capitato che ci dovessimo scontrare con qualcuno, ma ero sicura che il nonno e gli zii avrebbero protetto le rispettive compagne.
Chiusi gli occhi e poi li riaprii.  Feci un respiro profondo. “Perché Bella ha combattuto contro Felix e Demetri?”
“Minacciava Aro.” Rispose Andrew. Cercai di leggere il suo volto ma era indecifrabile.
“Gli urlava che doveva starti lontano… e che non avrebbe mai detto dove ti stavi dirigendo con il tuo clan.” Fece una pausa. “Cosa strana perché Edward aveva sentito dalle menti della tua famigliola dove eri diretta.” La sua voce vibrava ilarità.
Mi portai le mani al volto e un sibilo uscì dal profondo della mia gola. Lo sapevo. L’avevo avvertita. Tutti i suoi sforzi per liberarmi l’avrebbero solo messa nei guai.
“Sei arrabbiata?” Domandò.  
Allontanai le mani dal mio viso e le strinsi in pugno “Sì! Le avevo detto che non doveva mettersi nei guai!” Urlai in un unico respiro. Mi domandai quanto stavano captando i piloti dalla cabina di pilotaggio.
Andrew sbuffò:  “Questa donna è strana con te. Nessuno della Guardia si è mai curata di te e invece lei ha con te un approccio… strano.”
Non prestai molta attenzione alla prima parte del suo discorso. “E’ solo molto… buona.” Dissi alla fine, in sua difesa.
“Secondo me è pazza.”  
Guardai l’oblò davanti a me: era calata la notte e la luna era coperta da nuvole scure. Eravamo stati inghiottiti dal buio. La mia mente ritornò alla mia famiglia ma, come un lampo, passò a Bella.
Cercai di immaginarmela: il suo volto sfigurato dalla furia mentre cercava di divincolarsi dalla presa di Felix e Demetri per attaccare Aro. O forse stavo esagerando?
Nonostante tutto mi sentivo riconoscente verso Bella. In quel momento non riuscii a non interpretare i suoi gesti se non come atti di amore. Un atteggiamento del genere potevo comprenderlo da parte dei Cullen. O dei Denali.
Ammettevo che, a volte, Bella era risultata strana anche ai miei occhi. Ma, riguardando indietro nel tempo, riuscivo solo a ricordare i momenti di gentilezza nei miei confronti. Bella mi faceva sentire amata.
Edward. Amava Bella? Non potevo dirlo ma sembrava di no. Non accettavo che Bella, che donava tante attenzioni ed amore, non ricevesse altrettanto amore in cambio. Strinsi i denti e un moto di ira mi mosse contro quel vampiro. 
Sospirai e portai la mia mente verso un altro argomento: “Non stiamo andando a Volterra, vero?” Domandai ad Andrew.
Il nero del cielo, le stelle erano le grandi assenti, che ci accompagnava nel nostro viaggio fece attivare il mio sesto senso. Qualcosa mi diceva che stavamo andando altrove, che non eravamo diretti in Italia. I due piloti non diedero indicazioni sul viaggio e tantomeno sulla destinazione.
La paranoia, dentro di me, aumentò.
Scosse la testa come svegliato da qualche strano sogno ad occhi aperti. “No.” Rispose alla fine.
In testa vorticarono i volti di Liev, il vampiro che procreava con le umane, e le sue due figlie. Due mezze vampire. Ricordai il giorno in cui le vidi. Come Liev mi scrutava, mi studiava. Gli occhi curiosi delle due ragazze. E, infine, ricordai il momento in cui Bella mi diceva che sarei andata in guerra.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Bellamy