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Autore: Marti Lestrange    28/08/2020    9 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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14.

CAPITOLO QUATTORDICI

 

 

«Avanti.»

La voce di Rose arrivò attutita, ma ben udibile. Teddy mise la mano sulla maniglia della porta e l’aprì.

Entrò, trovando le tre ragazze sole, come aveva sperato, e tutte e tre in piedi, forse in allarme. Fece loro un cenno del capo a mo’ di saluto. 

«Ragazze», iniziò, «scusate l’improvvisa intrusione, siamo qui per perquisire il vostro dormitorio.»

Vide Roxanne trattenere per un attimo il respiro, mentre Rose fece un passo avanti, raggiungendolo e fronteggiandolo. «Hai un mandato, vero?»

Teddy annuì, serissimo. «Certamente», e sfilò dalla tasca del montone un foglio, che poi le porse. 

Rose lo lesse attentamente, gli occhi che scorrevano rapidi sulla pergamena, e poi annuì con una smorfia. «Capisco.»

«Rose?» chiese Caitlin, la voce incerta. «Cosa…?»

«Hanno un mandato, Cait», rispose Rose girandosi a guardarla. Caitlin Finnigan sembrava quasi che si stesse sgretolando, aveva gli occhi rossi, come se avesse appena pianto, ed era sul punto di crollare a terra da quant’era pallida. Roxanne fece un passo avanti, affiancandola, e cingendole le spalle con un braccio. 

«Posso vedere anche io il mandato, per favore?» Teddy sapeva cosa stavano facendo, volevano temporeggiare, ma allo stesso tempo sapevano anche che non sarebbe servito a niente. Glielo poteva leggere in faccia.

Rose le porse quindi la pergamena, mentre Teddy cominciava a mostrarsi impaziente e contrariato. Desiderava solo iniziare quanto prima, per poi dedicarsi al dormitorio di Serpeverde. Le due amiche si scambiarono uno sguardo, ma non dissero nulla, e alla fine Roxanne porse il foglio a Teddy, che a sua volta lo passò a Roger, che era rimasto dietro di lui, nelle retrovie. «Occupati tu del dormitorio maschile, per favore.» L’altro annuì e uscì.

In quel momento, sopraggiunse un trafelato Neville Paciock, il mantello leggermente storto sulle spalle. 

«Oh, professor Paciock», lo salutò Teddy, formale. «La preside McGranitt ci ha autorizzato a procedere, ha detto che lei sarebbe arrivato a momenti dalle serre.»

«Sì, sì», rispose l’altro, con un leggero fiatone. «Ho terminato la lezione con quelli del terzo anno leggermente in ritardo, ma ci sono.» Poi buttò il petto in fuori e si guardò intorno, nella stanza circolare, per incontrare infine lo sguardo delle sue allieve. «Sapete già tutto, vero, ragazze?»

Rose, che sembrava aver preso in mano la situazione rappresentando tutte loro, annuì. «Abbiamo visto il permesso, sì, ma non ne capiamo il motivo, professor Paciock.»

Rose era sempre stata la preferita di Neville, insieme a James, forse perché erano i primogeniti dei suoi migliori amici e, visto che Neville e Hannah non avevano avuto figli loro, li avevano sempre considerati un po’ come dei figliocci. Sta di fatto che Rose cercava sempre di approfittarsi di Neville e sfruttare la situazione a suo vantaggio, lo sapeva persino Teddy. 

«Mh, credo che questo ve lo debba dire il signor Lupin, io non credo di averne l’autorità…» E Neville si rivolse a lui, guardandolo, speranzoso che lo cavasse da quell’impiccio. 

«Sei citata, insieme alle qui presenti Roxanne Weasley e Caitlin Finnigan, come persona informata dei fatti nell’inchiesta seguita alla morte di Karl Jenkins, miss Granger-Weasley», spiegò quindi. Dopo la faccenda del Magi-Avvocato, aveva deciso di comportarsi come faceva sempre, in modo formale, e avrebbe evitato i nomi di battesimo, d’ora in poi. Questo gli permetteva di mantenersi lucido e imparziale. «Onde per cui, ho ricevuto l’autorizzazione dalla mia diretta superiore di effettuare la perquisizione del vostro dormitorio, inclusi i vostri effetti personali.»

Rose annuì, le labbra ridotte a due fessure. «Persona informata dei fatti, eh?»

«Non credi di star esagerando?» intervenne Roxanne scostandosi dal fianco di Cait e raggiungendo Rose per fronteggiarlo. «Vi state accanendo su di noi.»

«Non c’è nessun accanimento, miss Weasley», esclamò Teddy, visibilmente spazientito. «Ma voglio ricordare a voi tutte che una persona è morta, e che il suo cadavere è finito in fondo al Lago Nero trasfigurato in una pietra. Una pietra

Come facevano a non capire, per Merlino? Come facevano a non rendersi conto che era morto un ragazzo, della loro età, per giunta, in circostanze misteriose, e che qualcuno si era voluto sbarazzare del suo corpo, e che c’erano due genitori, a casa, che attendevano una spiegazione e pretendevano risposte?

Nella stanza calò un silenzio carico e spesso, che sembrava aleggiare tra i presenti come un gas letale. Fu Neville il primo a romperlo, schiarendosi la gola. 

«Credo sia meglio che il signor Lupin proceda, ragazze», disse sussurrando, quasi temendo che qualcuno gli si sarebbe rivoltato contro. «Uscite, forza, vi accompagno di sotto.»

Rose continuava a fissare Teddy e sembrava quasi che tutti i suoi precedenti timori fossero scomparsi, volatilizzandosi come fantasmi o spettri. Era rimasta solo Rose, la Rose che lui conosceva, accesa come sempre, combattiva, determinata. Aprì la bocca per parlare, ma Teddy la precedette. «Le consiglio di non dire nulla davanti a me, tutto ciò che dirà potrebbe costituire una prova.» Rose inghiottì e Roxanne cinse le sue, di spalle, questa volta. Poi si voltò verso Caitlin e le tese la mano, e la sua amica l’afferrò, stringendola saldamente, come per evitare di andare in mille pezzi.

«Teddy ha ragione», la sentì sussurrare verso Rose. «Non dire niente, è meglio così…»

Lanciandogli un ultimo sguardo di fuoco, Rose seguì le ragazze di sotto, e l’ultima cosa che Teddy vide prima di chiudere la porta fu il suo volto - arrabbiato, confuso, ferito.

 

 

«Niente?»

«Niente di niente, di niente», rispose Teddy girandosi verso Roger, le mani appuntate sui fianchi. Lanciò la bacchetta su quello che doveva essere il letto di Albus e si sedette per un secondo, stropicciandosi gli occhi e passandosi una mano tra i capelli. «Ero sicuro che avrei trovato qui la bacchetta di Jenkins», aggiunse.  

«Com’eri sicuro che l’avresti trovata da James?» commentò il suo amico, e Teddy lo guardò malissimo. A volte faticava a capire da che parte stesse Roger: per quanto fosse la sua famiglia quella coinvolta, e lui cercasse di mantenere una certa distanza, e di essere oggettivo e imparziale, il suo collega invece trovava ogni occasione buona per mettere in dubbio la loro indagine e invalidare i suoi sospetti, quasi come se trovasse gustoso e succulento dimostrargli quanto si sbagliasse sui suoi cugini. Il fatto è che Teddy desiderava sbagliarsi, dentro di sé lo desiderava più di qualunque altra cosa, ché avrebbe dato tutto pur di alzare le mani e affermare che si era sbagliato, e per non dover leggere la delusione negli occhi di Harry, negli occhi di Ron, Hermione, Ginny, e tutti i Weasley, negli occhi di Victoire. Avrebbe coinciso con un suo fallimento, molto probabilmente, ma a volte arrivava a voler fallire, arrivava quasi a sperarlo, pur di andare a dormire e svegliarsi da uomo libero da quel caso maledetto che lo stava facendo impazzire, pur di addormentarsi accanto alla donna che amava sapendo di non averla delusa. 

Si alzò di scatto dal letto e ripose la bacchetta nella tasca della giacca. «Non credo che sia il caso di infierire, non trovi?»

«Non volevo farlo», si difese l’altro infilando le mani in tasca. «Ma abbiamo rovistato in tre dormitori, Teddy, abbiamo letteralmente rovesciato tutto, senza risultati. Credo che sia arrivato il momento di abbandonare l’idea che ce l’abbia qualcuno di loro.»

Si sentì bussare e dalla porta sbucò la testa di capelli scuri della professoressa Simson. «Scusate l’interruzione, mi stavo chiedendo a che punto foste.»

«Prego, professoressa Simson, entri pure», rispose Teddy facendole cenno di avanzare. 

Lei si girò e poi spalancò la porta. Entrò nel dormitorio, e Albus e Scorpius la seguirono a ruota. Il primo era una maschera, ma il viso pallido aveva assunto una strana colorazione violacea proprio sotto gli occhi, segno di inquietudine e preoccupazione; il secondo invece non tradiva nessuna emozione, nessun turbamento di sorta, niente di niente.

«Noi abbiamo terminato», annunciò Roger, mentre Teddy continuava a scrutare i due ragazzi, interessato alle loro reazioni. 

«Bene, bene, così i ragazzi potranno tornare alle loro occupazioni», annuì la donna, la lunga veste da strega di velluto verde che le svolazzava intorno ai piedi. 

«Trovato niente, eh?» commentò Scorpius, le braccia ora incrociate sul petto, l’espressione di sfida. Albus lo guardò, spiazzato e stupito. Forse spaventato? Forse temeva che il suo amico si sarebbe scoperto e avesse deciso di sfidarlo, mandando quindi tutto a rotoli? E allora perché diamine non interveniva, proprio lui che era sempre sembrato quello più bravo a mantenere il sangue freddo, sin dall’inizio? 

«Chi le dice che non abbiamo trovato qualcosa?» replicò quindi Teddy. «Certo non ve lo verremmo a dire, no?»

Scorpius ora lo guardava e lo studiava, e Teddy fece altrettanto. Sembrava che stessero combattendo una battaglia non verbale, loro due, ed era la prima volta che leggeva della seria ostilità nello sguardo del Serpeverde. Pur essendo parenti, aveva sempre considerato più di famiglia i Potter-Weasley che il giovane rampollo di Draco Malfoy, nonostante dei Malfoy avesse pochissimo, tranne che in quella precisa occasione, durante la quale una strana luce di imperturbabilità e freddezza gli attraversava lo sguardo. 

«Lo so che non ce lo verreste a dire, ma sono sicuro che non abbiate trovato niente, non avete la faccia di chi ha trovato qualcosa di compromettente sul fondo di un baule, mi sembra.»

Albus, lì vicino, si mosse impercettibilmente, come se avesse reagito, in modo del tutto istintivo e inconsapevole, alle parole dell’amico, come se li legasse un unico baricentro e questo si fosse irrimediabilmente spostato e allora Albus rispondesse al semplice impulso che lo spingeva a cercare Scorpius, a cercarlo sempre, e a tenerlo in piedi - un po’ come Scorpius teneva in piedi lui. Teddy ora lo guardava e aspettava che lui a sua volta lo guardasse. L’aria era tesa e se improvvisamente avessero preso a volare coltelli, non se ne sarebbe stupito affatto.

«Le vorrei ricordare che sta parlando con due Auror, signor Malfoy», intervenne quindi Roger, e Teddy si riscosse, e distolse lo sguardo da Albus per spostarlo sul collega. «Noi rappresentiamo l’autorità, rappresentiamo il Ministero della Magia. Io starei attento con le parole, se fossi in lei.»

«Lo sta minacciando?» intervenne quindi Albus, ma fu un intervento talmente scialbo, e posto a voce talmente bassa, che per un momento Teddy pensò di esserselo immaginato, o di non aver sentito bene. Dov’era finito il caro, vecchio Albus? L’Albus sbruffone e sicuro di sé, l’Albus che sapeva sempre tutto e che non si faceva mai cogliere impreparato? Chi era la persona che aveva davanti, ora? 

«Il prossimo passo quale sarà, portarci ad Azkaban in catene?» esclamò Scorpius, riprendendo in mano la conversazione, come se le parole di Albus nemmeno le avesse udite. 

Roger si limitò a guardarlo, forse soppesando ciò che voleva dirgli, e sospirò. «Se dovrò portarvi ad Azkaban in catene, lo farò.»

«Va bene, signori, basta così», esclamò la Simson frapponendosi tra i suoi studenti e gli Auror. «Comprendo che siamo tutti quanti un po’ tesi e un po’ preoccupati, io per prima. Non vedo l’ora che questa storia finisca e che il responsabile venga assicurato alla giustizia, ma credo che discutere tra noi non sia la giusta strada. Dovremmo collaborare. Tutti quanti.» Spostò lo sguardo su Scorpius, che la guardava, anche lui le braccia incrociate sul petto, il cipiglio serio e torvo. 

«Naturalmente ha ragione, professoressa Simson», intervenne Teddy, che ritenne giunto il momento di dire la sua. Aveva osservato abbastanza. «Credo che i ragazzi abbiano un attimo superato i limiti e alzato i toni, ma li possiamo giustificare e capire, certo. Abbiamo appena perquisito il loro dormitorio e non è una cosa facile da digerire. Detto ciò, il mio partner e io leviamo le tende e la ringraziamo per la disponibilità e l’aiuto.»

La Simson annuì e gli sorrise, ma gli sembrò improvvisamente fredda, freddissima, come se li considerasse solo due intrusi, qualcuno che era entrato nel loro sancta sanctorum e aveva invaso la loro intimità, che si era insinuato nella loro vita e ne aveva stravolto gli equilibri. Forse, difendeva i suoi studenti a spada tratta, da qualsiasi cosa e da chiunque avesse provato a toccarglieli. 

«Molto bene», commentò.

Teddy fece un cenno del capo a Roger e, dirigendosi alla porta, rivolse un’ultima occhiata ai due ragazzi: Scorpius distolse lo sguardo, puntando gli occhi sulla stanza tutt’intorno, mentre Albus lo guardò fino all’ultimo, ed era un volto infinitamente stanco e distrutto l’ultima cosa che Teddy vide uscendo. 

 

 

«Ricapitoliamo ancora una volta.»

Teddy alzò la testa e si passò una mano sul viso. Non era mai stato tanto stanco, quella giornata minacciava di non finire più e lui e Roger avevano passato l’ora precedente a ricapitolare e revisionare tutti i dettagli sul caso in loro possesso. Aveva già detto che era stanco?

Si ficcò in bocca un pezzo di pollo che gli era sfuggito e si lasciò consolare dal sapore gustoso e leggermente piccante e speziato della carne. La preside McGranitt li aveva invitati a cena, ma loro avevano gentilmente declinato: non se la sentivano di cenare con sotto gli occhi il triste spettacolo costituito dai Potter-Weasley (più Malfoy), e davanti agli sguardi dell’intera scuola. Desideravano solo un po’ di tranquillità e di silenzio, poi sarebbero tornati a Hogsmeade e forse avrebbero consumato una cena frugale ai Tre Manici di Scopa prima di buttarsi a letto e dormire fino al mattino. Invece, mezzora dopo il loro ritorno nell’aula, la preside aveva mandato loro alcuni succulenti piatti per cena. Tre incerti ma efficienti elfi domestici avevano fatto capolino dalla porta, carichi di pietanze e brocche di succo di zucca. A quella vista, Roger aveva capitolato, e quasi pianto dalla gioia. Ora stavano finendo di mangiare, circondati da piatti vuoti, altri ancora mezzi pieni, e fogli di pergamena, alcuni dei quali schizzati di succo di zucca. 

Erano leggermente allo sbando, Teddy doveva riconoscerlo. Il fallimento delle perquisizioni li aveva ficcati in uno stato di profonda depressione e scoraggiamento e ritrovarsi da soli aveva significato affrontare tutto il non-detto che avevano taciuto mentre erano ancora nei dormitori e, lì in mezzo, la questione più grande e ingombrante rimaneva l’ubicazione della bacchetta di Karl Jenkins. Quella sarebbe stata una prova decisiva, il turning point che stavano aspettando. Ma dov’era? Dov’era finita? O dov’era stata nascosta?  E da chi? 

Ormai, era quasi sicuro che fossero tutti coinvolti, dal primo all’ultimo: James, Albus, Rose, Scorpius, ma anche Caitlin e Roxanne. Qualcuno aveva forse più colpe di altri, ma la sostanza dei fatti non mutava. 

«Sinceramente non so più cosa ci resta, da ricapitolare», rispose quindi Teddy sorseggiando dal suo bicchiere. «Abbiamo esaurito le opzioni disponibili, li abbiamo interrogati, abbiamo convocato James e Rose, abbiamo perquisito i loro dormitori, ma niente. Non è emerso nulla di così assolutamente schiacciante che possa permetterci di formulare un’accusa.»

Roger scosse la testa, mentre finiva di svuotare il suo piatto di pasticcio. «Ci resterebbe ancora una cosa, da tentare…» iniziò. «Non so se Hestia ci darebbe il permesso, non so nemmeno se potrebbe, forse dovremmo doverlo chiedere alla Chapman…»

Teddy sapeva esattamente dove Roger volesse andare a parare. Aveva saltato a piè pari la convocazione al Ministero: in mancanza di prove decisive, si perdeva il presupposto legale per un’azione del genere, e l’altra soluzione era forse più invasiva, certo, ma avrebbe potuto dissipare i loro dubbi una volta per tutte. 

«So a cosa stai pensando», commentò. «Credi che la Chapman ci direbbe di sì?»

«Se glielo chiedi tu, abbiamo buone probabilità che lo faccia, secondo me.»

Teddy alzò gli occhi al cielo. Non se la sentiva di fare dell’ironia, in quel momento. 

«Non credi che sia… diciamo… eccessivo

«Non hai detto di voler risolvere questo caso una volta per tutte, Teddy?» argomentò Roger agitando la sua forchetta. 

Teddy annuì e scrollò le spalle. «Sì, l’ho detto, ma…»

«… ma niente», lo interruppe l’altro. «Vuoi tornare a casa? Vuoi tornare dalla tua fidanzata, alla tua bella casetta e alla tua routine? Sì? Allora direi che ci dobbiamo almeno provare, Teddy. Tentare di ottenere un mandato non ci costa nulla, solo una lettera via gufo.»

Teddy ponderò la risposta dell’amico, pensando a tutto ciò che gli aveva detto, alla voglia matta e viscerale che sentiva nelle ossa e nelle membra di andarsene da lì, finalmente, e semplicemente di tornare a casa, a casa sua, e da Victoire - anche se avrebbe dovuto affrontare l’intera famiglia Potter-Weasley, prima o poi, nel bene e nel male. Per questo aveva bisogno di prove, prove talmente evidenti e schiaccianti che né Victoire, né nessun altro, avrebbe mai potuto metterlo in dubbio. Inizialmente aveva sperato in una confessione da parte dei ragazzi, ma quei giorni erano passati. 

«Va bene, quindi come pensi di procedere?» chiese alla fine appoggiandosi alla sua sedia e sospirando.

«Scriviamo a Hestia e le spieghiamo come stanno le cose», spiegò Roger poggiandosi alla scrivania e sporgendosi in avanti. «E le chiediamo un mandato per sottoporre le bacchette dei ragazzi a Incanto Reversus1

Ecco, lo aveva detto ad alta voce. Ora non era più possibile tornare indietro, neanche volendo. L’Incanto Reversus era efficacissimo per andare a scovare e rintracciare qualsiasi tipo di magia effettuata da un mago, con una specifica bacchetta, da che ne era entrato in possesso. E non c’era niente di meglio per scovare eventuali tracce di magia oscura e incantesimi illegali. Gli sembrava una misura estrema, ché solitamente veniva adottata solo in casi gravi, in quanto costituiva una pesante violazione della privacy del mago (o dei maghi) coinvolti; gli sembrava una misura straordinaria da applicare a dei maghi così giovani, ma sapeva che non avevano più opzioni, sapeva che stavano combattendo una battaglia difficile che li aveva condotti inevitabilmente lì, laddove non pensava che sarebbero mai giunti. 

«Mi sembri dubbioso…»

Teddy spostò lo sguardo su Roger e sospirò. Poi scosse la testa. «No, non proprio…» iniziò. «Forse leggermente», aggiunse poi vedendo come lo stava guardando il suo collega. «È che mi sembra… be’, eccessivo? L’ho già detto? Sì, forse l’ho già detto, ma non riesco a trovare un’altra definizione…»

«E io ti ripeto quello che ti ho detto qualche minuto fa», rispose Roger. «Vuoi risolvere questo caso, sì o no? Io lo so perché fai così», aggiunse grattandosi il mento, e guardandolo in modo strano. «Fai così perché hai effettivamente paura di scoprire qualcosa. Dentro di te, hai paura di avere ragione, e hai paura che i tuoi cugini ci siano dentro fino al collo, e hai paura delle conseguenze. Non è così?»

Teddy si alzò in piedi e prese a percorrere l’aula a grandi passi. 

«Forse è così, sì.»

«Io toglierei il “forse”.»

«Okay, e cosa c’è di sbagliato? È la mia famiglia, tu come ti sentiresti al mio posto?»

«Molto probabilmente mi sentirei al tuo stesso identico modo, Teddy. Forse addirittura peggio. Ma ciò non toglie che è il tuo lavoro, è il nostro lavoro, e per quanto mi dispiaccia per te e per la tua famiglia, sento di dover andare fino in fondo, e di  dover tentare il tutto e per tutto, se questo potrebbe voler dire scoprire la verità. Penso che Jenkins se lo meriti.»

«Era un coglione, Roger», commentò Teddy, e gli venne in mente Victoire e una fitta gli percorse il petto. Cazzo, quanto gli mancava. Sapeva di non essere professionale, ma in quel momento non gliene importava. 

«Su questo sono d’accordo, ma era un ragazzo di sedici anni, ed è morto, ed è tra i nostri compiti portare giustizia laddove la legge non sia stata rispettata.»

Tra loro calò il silenzio, ma Teddy annuì. Certo, Roger aveva ragione su tutta la linea. Si vergognò di aver messo in dubbio tutto quanto, si sentiva un ragazzino alle prime armi. 

«Naturalmente hai ragione», disse alla fine. «Scusa se mi sono comportato come una stupida recluta…»

«Non ti devi scusare, Teddy, io ti capisco. E ti conosco.»

Si sorrisero, per un momento in cui tutto sembrò normale, come se fossero semplicemente seduti a cena insieme e stessero chiacchierando e ridendo di cose del tutto nella norma. 

«Credo che sia meglio scrivere la lettera a Hestia e andarcene a letto, ho come l’impressione che ci aspetteranno giorni duri», disse quindi Roger afferrando un foglio e una piuma. 

 

 

«Credo non ci sia più neanche un singolo osso del corpo che non mi faccia male», commentò Teddy alzandosi dalla sedia. Lui e Roger avevano scritto la comunicazione per Hestia riguardo l’Incanto Reversus, l’avevano riletta con attenzione e imbustata (l’avrebbero spedita dal villaggio), e poi avevano sistemato qualche appunto e qualche foglio sparso, ridando così all’aula una parvenza di rispettabilità. Avevano ammucchiato i piatti e i bicchieri sui vassoi, e sicuramente qualche elfo sarebbe venuto a prenderli nel corso della tarda serata o della notte. Teddy andò con la mente ad Hermione (il Ministro Granger, si corresse), che tanto si era battuta per affrancare gli elfi domestici da Hogwarts e da quella realtà che aveva sempre considerato un sopruso, e una vecchia vestigia di una società magica (quella Purosangue e ricca e snob) ormai svanita, ma non era riuscita a liberarli, ché servivano la scuola da generazioni e mai si sarebbero allontanati da quelle solide mura. E la preside McGranitt aveva promesso di portare avanti la politica di tolleranza e trattamento privilegiato di Albus Silente, rassicurando così l’allora consigliera Granger. 

«A chi lo dici…» concordò Roger stiracchiandosi. Infilò la lettera nel mantello e Teddy si buttò sulle spalle il montone. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa e buttarsi a letto. Il giorno dopo avrebbe affrontato tutto ciò che gli rimaneva da affrontare, ma non quella sera, no, quella sera si sarebbe limitato a sprofondare la faccia nel cuscino, e basta. 

Un bussare energico alla porta li fece sobbalzare entrambi. Si guardarono.

«Saranno gli elfi tornati a raccattare i piatti vuoti?» azzardò Roger.

Teddy scrollò le spalle. «C’è solo un modo per scoprirlo.» E si avviò alla porta. La spalancò e quello che trovò dall’altra parte gli fece inarcare le sopracciglia e sbarrare gli occhi: James Sirius e Albus Severus Potter erano in piedi di fronte a lui, entrambi spettinatissimi, entrambi con le vesti storte e scomposte, entrambi determinati e seri. 

«James? Albus?» chiese, girandosi a guardare Roger, che a sua volta assisteva alla scena a bocca aperta. Per la sorpresa, si era persino dimenticato del suo proposito di essere formale e distaccato. «Cosa ci fate qui?»

«Vi stavamo cercando», iniziò Albus.

«Siamo qui per confessare», concluse James.

 


 

Note:

1. Incanto Reversus: è una formula utilizzata per far mostrare ad una bacchetta l'ultimo incantesimo utilizzato. La formula è Prior Incantatio, ed evoca una sorta di "fantasma" dell’incantesimo; fonte: wikipedia

 

Ben ritrovati con un nuovo aggiornamento. Intanto, mi auguro che non mi odierete troppo per questo finale, vi avevo avvertito che sarebbe stato esplosivo. Qui siamo alla resa dei conti, James e Albus hanno deciso di confessare e nel prossimo capitolo verremo a patti con la portata della loro decisione, e faremo un piccolo passo indietro al momento in cui, faccia a faccia, i due fratelli hanno convenuto di finire qui questa storia, - nell’unico modo possibile. Non perdetevi i prossimi due capitoli perché saranno gli ultimi prima dell’epilogo e succederanno un bel po’ di cose 👀

 

Grazie come sempre a tutti voi per essere arrivati sin qui - in tutti i sensi ♥︎

 

Alla prossima settimana, Marti.

   
 
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