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Autore: kibachan    28/08/2020    1 recensioni
[Baby Netflix]
[Baby Netflix]Cosa succede a Fabio dopo la fine della seconda stagione? E a Brando sopratutto?? L'esperienza spaventosa del suo collasso sarà l'occasione per riavvicinarsi, e iniziare a lavorare per cominciare ad essere... davvero sé stesso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Cap 16

 

QUALCHE GIORNO DOPO

 

 

Roberto fece un respiro profondo, mentre cambiava marcia poco dopo essere ripartito a un semaforo. A lavoro aveva detto che stava male e non c'era andato. Considerando che normalmente non si assentava neanche con 40 di febbre, la sua segretaria doveva aver pensato che stesse per rimettere l'anima a dio. Era uno stacanovista.

Ma quel giorno aveva altri progetti. Strinse il volante con entrambe le mani, quando notò che gli tremavano. Rivolse loro uno sguardo di rabbia. Detestava mostrare debolezza, anche a sé stesso.

 

Arrivato in vista del grosso edificio del liceo Collodi, rallentò e si appostò in doppia fila dall'altro lato della strada. La sua grossa station wagon nera sarebbe spiccata troppo in mezzo al mare di motorini e macchinette modificate, piene di adesivi, che affollavano il parcheggio della scuola, e lui voleva assolutamente evitare sguardi curiosi.

Spense il motore e inforcò gli occhiali da sole graduati che teneva nel cruscotto, iniziando a scrutare la folla di ragazzi, vestiti tutti uguali nelle loro divise, che si accalcavano davanti al cancello.

Da quando il preside Fedeli era andato a trovarlo, non era riuscito a togliersi dalla testa le sue parole. In particolar modo quel “lo guardi” che gli aveva intimato, più come una supplica che come un ordine.

Beh era lì per quello.

Era impazienza quella che provava?

Agitazione?

Ansia?

Non seppe dargli un nome... almeno finchè non lo vide.

Di colpo lo riconobbe in mezzo a tante facce, suo figlio. I capelli ricci, uguali a quelli di sua moglie quando l'aveva conosciuta, le spalle ampie, un po' curve, il naso lungo e dritto come il suo.

Ebbe la sensazione di ricevere un pugno dritto nello stomaco.

Non aveva realizzato quanto gli mancasse finchè non se lo era ritrovato sotto gli occhi. Quanto tempo aveva lasciato passare? 2... 3 mesi forse?

Scrutò il suo viso. Non mostrava più alcun segno di quello che lui gli aveva fatto, era normale, era passato molto tempo, eppure a lui sembrava ancora di vederlo così, col sangue che gli scorreva dal labbro e dal naso, coi segni delle botte sul lato del viso. Probabilmente la sua coscienza non gli avrebbe mai permesso di dimenticarselo.

Ma che gli aveva fatto? Che gli era preso?

Anche sforzandosi aveva ricordi confusi di quel pomeriggio, quando ci pensava gli sembrava di infilarsi nei ricordi di un altro.

Cosa gli avevo detto?

Aveva solo dei flash.

La parola schifo..... e.. non sei più mio figlio.... erano le uniche cose che gli martellavano in testa... eppure sentiva che c'era stato anche dell'altro, come se non fosse già abbastanza quello, a renderlo disgustoso.

Non era mai stato un padre affettuoso, né particolarmente presente, lo riconosceva, eppure gli voleva bene. Sentiva di volergliene come mai prima d'ora. Come aveva fatto a dire e fare cose del genere al suo ragazzo? Chi era quello là che lo aveva picchiato e insultato a quel modo? Che aveva detto con freddezza che non gli importava che fine facesse.... gli sembrava assurdo che potesse essere lui.

 

Lo studiò, mentre chiacchierava con i suoi compagni. Riconobbe il figlio dei Rossi. Era stato a casa loro diverse volte, gli altri gli sembrarono più o meno tutti ragazzi della squadra di calcio. Guardò ancora Brando: movimenti, postura, gesti, modo di parlare. Sembrava in tutto identico a come se lo ricordava, anzi forse un po' più spaccone di come si mostrava a casa. Davanti a lui aveva sempre avuto un atteggiamento remissivo e sottomesso, cosa che in passato gli aveva fatto anche piacere. Gli sembrava che suo figlio lo rispettasse facendo così.

In ogni caso, ora come ora, non gli sembrava di veder nessun atteggiamento che avrebbe immaginato su un frocio, gli pareva il Brando di sempre. La cosa in qualche modo lo sorprese. La sera prima aveva gentilmente torchiato la sua figlia minore, Angelica, e alla fine dopo svariate promesse e giuramenti con mano sul cuore che non avrebbe fatto niente di brutto con quell'informazione, lei gli aveva rivelato che a scuola ormai lo sapevano tutti... di Brando.

Quindi non aveva alcun motivo di fingere no?

Si concentrò sugli altri ragazzi. Si domandò se Fabio fosse uno di quelli. Brando non sembrava particolarmente in confidenza con nessuno di loro, in più non gli pareva di scorgere alcuna somiglianza con il preside Fedeli.

Ma d'altra parte neanche lui e Brando si somigliavano granchè.

Avrebbe voluto sapere chi fosse. Vederli insieme forse... o forse no.... su questo non era molto sicuro.

Di colpo vide i ragazzi radunarsi agli altri studenti e iniziare a convergere verso l'ingresso della scuola. Guardò l'orologio, erano le 8 in punto.

Attese di vedere l'ultimo ritardatario sparire oltre il cancello prima di scendere dalla macchina e respirare forte, quasi fosse stato in apnea fino a quel momento. Si poggiò con la schiena allo sportello arruffandosi i capelli e poi cercando di ridargli una sistemata.

Era giovedì.

Quel giorno, se non ricordava male, c'erano gli allenamenti di calcio.

Lui voleva guardarlo ancora.

Non aveva avuto coraggio di avvicinarsi e non ce lo avrebbe avuto neanche dopo.

Ma voleva vederlo... un altro po'.

Avrebbe aspettato.

Si era preso il giorno libero apposta, in fondo.

 

 

ORE 18.15

 

Roberto salì guardingo sulle gradinate. Gli allenamenti erano iniziati e lui aveva aspettato ancora un po' prima di scendere dalla macchina, per essere sicuro che i ragazzi fossero tutti in campo.

Non era facile per un uomo di 2 metri come lui passare inosservato, ma per fortuna non c'era quasi nessuno sugli spalti.

Sulla pista d'atletica intorno al campo delle ragazze stavano correndo. I ragazzi della squadra di calcio erano divisi a coppie e stavano facendo passaggi di riscaldamento.

Riconobbe Brando, con la fascetta che gli tirava via i capelli dalla faccia, che si scambiava il pallone con Niccolò Rossi. Aveva su una fantastica aria scocciata e a lui quasi venne da sorridere a quel punto, gli piaceva giocare, non allenarsi, fosse stato per lui avrebbe fatto solo partite.

Si ricordò di quando glielo diceva che era piccolino. Riconoscere, per qualche verso, un dettaglio di quel bambino che conosceva bene, prima che diventassero poco più di due estranei, in qualche modo gli fece piacere.

Si sistemò su uno dei gradini più in alto, a debita distanza dall'unica altra persona presente. Un ragazzo con la divisa della scuola e un auricolare solo, che leggeva un grosso manuale di qualcosa.

Gli riservò appena un'occhiata.

 

Era assorto a guardare l'allenamento quando, durante un esercizio sui corner, proprio sotto la porta dal loro lato, un ragazzino biondiccio tirò uno svarione sgraziato mandando il pallone sulle gradinate dove stava lui.

Il pallone rimbalzò contro lo scalino sotto i piedi di Roberto e poi rotolò di fianco al ragazzo che leggeva. Alla sua sinistra in basso.

Il biondino si avvicinò di corsa, era grondante di sudore.

Roberto quasi si strozzò con la saliva quando lo sentì parlare

 

“oh Fedeli!!! passa!!” urlò facendo ampi segni con le braccia all'indirizzo del ragazzo.

 

Roberto fece dardeggiare su di lui uno sguardo stupefatto. Fedeli??? come il preside?? cioè quello era Fabio??

Il ragazzo si alzò, raccogliendo il pallone che era rotolato di un altro paio di gradini più in basso, e lo lanciò (con gesto tutt'altro che atletico) al biondino “grazie Fabiè” gli disse lui, prima di voltarsi e correre dagli altri.

 

L'uomo non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Sperò che non si girasse a notarlo perchè sarebbe stato alquanto sconveniente, dato il modo in cui lo fissava.

Era per forza lui.

Il cognome era quello e il biondino l'aveva chiamato “Fabiè” che di sicuro stava per Fabio.

Roberto lo studiò da capo a piedi, sorprendendosi del suo aspetto.... incredibilmente ordinario.

Se lo avesse incontrato 100 volte prima di allora non sarebbe stato in grado di riconoscerlo, era proprio uno di quei tipi anonimi che passano inosservati.

Distolse lo sguardo e arrossì, vergognandosi del suo stupore.

Che cosa si aspettava in fondo?

Tacchi a spillo e boa di struzzo?

Non lo sapeva nemmeno lui....

 

Fabio era un ragazzo assolutamente.... normale. Aveva capelli corti, con un taglio preciso e netto. Niente orecchini, niente tatuaggi o roba simile. Anche la sua postura era.... normale.

Ormai quasi si imbarazzava a pensare a quella parola.

Niente gambe accavallate, o sopracciglia disegnate. Anzi, se ne stava a gambe divaricate e la schiena curva, con le braccia poggiate ai gomiti e il libro appeso tra le ginocchia, quasi pesasse troppo per tenerlo meglio, si mordicchiava le unghie, grattandosi la fronte quando..... gli sembrava.... non capiva cosa stesse leggendo.

 

I ragazzi nel frattempo erano stati divisi in due squadre, distinte dal fatto che una delle due ora indossava dei fratini verde evidenziatore. Era iniziata una specie di partitella d'allenamento.

Roberto notò che ci mettevano pure troppo impegno per essere solo quello.

Gli venne da sghignazzare. Dividi un gruppo di maschi in due e subito avrai una guerra senza esclusione di colpi, non importa se normalmente fanno parte della stessa squadra.

Brando correva su e giù sulla fascia sinistra del campo, anche se ogni tanto la coach gli urlava contro di rimanere dietro.

Di colpo lo vide accentrarsi con la palla al piede per provare a smarcare il suo attaccante ma, un secondo dopo aver passato il pallone, il terzino della squadra avversaria gli si avventò contro in scivolata con entrambe le gambe tese, arpionandogli le caviglie e scaraventandolo per terra. I compagni vociarono e la coach fischiò il fallo. Ciononostante Roberto vide suo figlio rialzarsi come una furia e avventarsi contro l'altro ragazzo, che evidentemente non aspettava altro. Finirono a incenerirsi con lo sguardo, fronte contro fronte, finchè gli altri non si lanciarono a separarli.

Roberto fece un mezzo sorriso. Brando era sempre stato uno che non le mandava a dire.

Occhieggiò Fabio che si era distratto dal libro e ora guardava anche lui la scena con le sopracciglia aggrottate, giusto per qualche istante. Poi lo vide fare spallucce, scuotere la testa e rimettersi a leggere.

Probabilmente era abituato a vederlo attaccar briga con la gente.

 

Sentì il ragazzo con cui Brando aveva avuto lo scontro urlare “finocchio!” talmente forte che la voce arrivò fino a lui. Vide Brando liberarsi dalla stretta di Niccolò intorno alle braccia e rifiondarglisi addosso, afferrandolo per la maglietta. Ma vennero separati di nuovo. La coach si mise a urlare qualcosa e li spedì tutti e due seduti sulla panchina.

Roberto aggrottò la fronte. Sorprendendosi a non trovare giusto che fosse stato buttato fuori dal campo anche suo figlio, che era quello che aveva ricevuto gli insulti.

 

Insulti che lui stesso gli aveva fatto.... tra l'altro.... che vergogna.

 

Dopo circa un quarto d'ora la coach si avvicinò alla panchina e parlò con tutti e due, che avevano entrambi l'aria di volerla mandare a quel paese. Lei gli ordinò qualcosa e poi si mise a braccia incrociate ad aspettare.

Roberto vide Brando alzare gli occhi al cielo, poi tutte e due i ragazzi si mossero in contemporanea e si scambiarono, da un debita distanza, la stretta di mano più falsa della storia. Soddisfatta la coach gli permise di riunirsi al gruppo.

L'uomo guardò l'orologio. Dovevano aver quasi finito. Si alzò e si affrettò a scendere dalle gradinate per raggiungere la sua auto.

 

 

Era rimasto in macchina a lungo a pensare a quanto aveva visto quel giorno. Non riuscendo bene a mettere insieme il turbinio di sensazioni che gli si agitava dentro in quel momento.

L'unica cosa certa che sentiva era la mancanza di suo figlio.

Ma cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Era capace di accettare tutto di lui? Anche quell'aspetto che gli faceva così paura, quasi? Che non comprendeva... che non condivideva?

Doveva forse provare a far finta di niente? Come se quella parte di lui non esistesse?

Era giusto..... ancor di più... era possibile... fare questo?

E lui? Lui avrebbe accettato di rivolgergli ancora la parola dopo quello che era successo?

 

Troppe domande. Troppa confusione. Nessuna risposta.

 

Stava per mettere in moto, per andare via da lì. Per allontanarsi e tentare di schiarirsi le idee, quando notò Fabio uscire proprio dalla stessa porta da cui era uscito lui poco prima. Si bloccò.

Era dall'altro lato della strada, dentro la macchina, non poteva vederlo.

Lo vide buttare un occhio all'orologio che aveva al polso, guardare prima a sinistra e poi a destra, poi di nuovo a sinistra e sorridere... quando notò Brando farglisi incontro.

Roberto sentì lo stomaco stringersi quando vide suo figlio avvicinarsi a Fabio. Per un attimo ebbe il forte impulso di scappare. Accendere l'auto di fretta e sgommare via.... aveva terrore di vederli insieme, vicini, occupare lo stesso metro quadro, guardarsi... toccarsi.

Ma si trattenne.

Vide Brando sfoderare un sorriso enorme quando se lo trovò davanti, si interrogò sul fatto se lo avesse mai visto sorridere così.

Poi Fabio gli disse qualcosa che lo fece imbronciare per attimo, probabilmente riferito allo scontro che aveva avuto con quel compagno di squadra prima. Vide suo figlio parlare per un minuto, come se gli stesse raccontando come fossero andate le cose, l'altro scuotere la testa, ma non sembrava avercela con lui, più che altro con quell'altro tipo. Infatti gli sorrise quando lo vide fare spallucce, come a dire “chi se ne frega”. Vide Brando sorridergli a sua volta, e poi guardarsi rapidamente intorno e dietro, come a controllare che non ci fosse nessuno poi, prima che Roberto potesse intuire qualcosa, gli vide passare una mano dietro la nuca di Fabio e attirarlo verso di sé, inclinando la testa per baciarlo con un certo trasporto.

Roberto voltò la testa di lato di scatto. Travolto da un misto di imbarazzo e disgusto. Non era pronto a vedere una cosa del genere.

Tuttavia si forzò a guardarli di nuovo. Se era lì per osservare doveva farlo fino alla fine, suppose.

Si girò con riluttanza. Li guardò baciarsi per diversi secondi. Fabio gli aveva afferrato il viso tra le mani e Brando lo teneva stretto a sé con un braccio intorno alla vita. In un certo senso entrambi baciavano.... da maschi... per così dire. Roberto girò di nuovo lo sguardo sopraffatto dall'imbarazzo, mise in moto e si allontanò velocemente dal piazzale, con la testa più in confusione che avesse mai avuto.

 

 

 

25 APRILE – PONTE MILVIO

 

 

L'aria era fredda, frizzante, nella notte primaverile. Il ponte era semi deserto nonostante non fosse particolarmente tardi. Fabio e Brando se ne stavano seduti sul cornicione, spalle al fiume, a contemplare il panorama incastonato di lampioni, che con la loro luce calda tingevano di arancio le pietre antiche del parapetto e della torretta. Un mare di lucchetti appesantiva la catena su cui Brando poggiava i piedi, dondolandoli lentamente. Il cielo era terso, di un nero violento. Troppa luce perchè si potessero vedere le stelle, ma il profilo della città era già bellissimo così.

Fabio guardò l'orologio che aveva al polso per l'ennesima volta, e fece un profondo respiro incassando le testa nelle spalle

“23.55” annunciò “ancora 5 minuti e avrò 18 anni” aggiunse in tono teso, mentre il vento gli scompigliava un po' i capelli. Brando sogghignò scuotendo la testa “non ci starai mettendo troppa enfasi?” chiese in tono canzonatorio. A lui, a parte per la faccenda di poter guidare la macchina, di fare 18 anni non gliene era importato granchè. Fabio lo ignorò. “hai pensato a come festeggerai?” insistette il riccio, più che altro per tentare di strappargli quell'espressione agitata dalla faccia. L'altro fece spallucce “Camilla si è offerta di prestarmi casa sua... se volessi fare una festa con tutti” buttò lì “ma onestamente non me ne frega niente” Brando annuì. Immaginava... a Fabio non piaceva mettersi in mostra. Lo vide alzare gli occhi al cielo come se stesse immaginando qualcosa “ti dirò, mi basterebbe uscire a prendere qualcosa con Chiara, Damiano e Ludo... non ho esigenza di festeggiare in grande” disse. Brando sollevò un sopracciglio costruendo una finta espressione offesa “beh grazie tante per avermi incluso eh” buttò lì incrociando le braccia. Fabio fece uno sbuffo di risata “idiota... tu sei sottinteso” esclamò mollandogli una leggera spinta “in ogni caso...” aggiunse a volume molto più basso, tornando a guardarsi le mani.

Brando guardò il suo orologio e sorrise “oook... mezzanotte e 1” scandì “da un minuto, sei ufficialmente maggiorenne, contento?” Fabio ridacchiò imbarazzato. Contento lo era, senza dubbio, ma dubitava c'entrassero i 18 anni, pensò squadrando il profilo del ragazzo seduto accanto a lui, che si era chinato in avanti per raccogliere il suo zaino da terra.

“chiudi gli occhi” gli ordinò Brando in quel momento, strappandolo alle sue riflessioni “eh??” esclamò Fabio di riflesso, spalancandoli invece “ti ho detto, chiudi gli occhi, su” lo esortò lui con un gesto della mano. Fabio ridacchiò “me possa fidà?” chiese scherzando... ma neanche troppo. Brando sbuffò “Fedeli piantala de rompe er cazzo e chiudili!” sbottò prendendogli una mano e spingendogliela sulla faccia. Fabio ubbidì mettendosi il palmo sugli occhi “jawhol my fuhrer!” esclamò ridendo, per prenderlo in giro. Era un po' incuriosito da tutto quel mistero a dire la verità, e anche un filino preoccupato.

“Non sbirciare....” lo sentì cantilenare, mentre armeggiava con la zip del suo zaino, anche se lui non lo stava facendo. Il suo tono era più tranquillo ora.

Brando trafficò ancora per qualche secondo poi gli disse “ok, apri” Fabio si tolse la mano dagli occhi e il suo sguardo venne catturato dalla fioca luce della candelina che gli ballava davanti al viso. Brando gliel'aveva messa su un cupcake che, Fabio immaginò, avesse tirato fuori dalla scatolina di carta che giaceva per terra, e gliela teneva davanti “buon compleanno” disse semplicemente. Fabio prese in mano il piccolo dolce e lanciò uno sguardo stupito al ragazzo, “accidenti, che cosa tenera” commentò aggrottando le sopracciglia, con tono canzonatorio, era decisamente incredulo. Brando si rizzò più dritto con la schiena, preso in contropiede dalla sua reazione “non capisco perchè quell'aria sorpresa” commentò sollevando un sopracciglio divertito, e poi incrociando le braccia e alzando il naso per aria aggiunse “io sono un tipo tenero” “sì, come il granito!” ribattè immediatamente Fabio scoppiando a ridere. Brando gli lanciò un'occhiataccia e mise su un broncio adorabile, girando lo sguardo di lato “che stronzo...” commentò, e Fabio sorrise mordendosi subito dopo il labbro per smettere, rendendosi conto che aveva reagito così più per imbarazzo che per reale desiderio di prenderlo in giro.

Solo che era stato così carino da coglierlo completamente alla sprovvista!

Studiò per un attimo il suo profilo duro, quel neo sullo zigomo sinistro che lui trovava così sexy. Pensò che probabilmente lo amava. Era amore quello che sentiva per lui. Era da sempre stato amore.

Gli diede un piccolo buffetto sulla guancia per richiamare la sua attenzione, e poi posò un bacio nello stesso identico punto “sto scherzando Bra...” gli disse col tono come se stesse spiegando l'ironia ad un bambino, e poi quando lui si girò a guardarlo aggiunse serio “per me tu sei perfetto”

Brando roteò gli occhi arrossendo leggermente “vabbè... te sei salvato in corner va...” concesse sorridendo, facendolo ridere. Fabio soffiò sulla candela spegnendola di botto, poi la tolse e se la ripose con cura in tasca. Divise più o meno a metà il dolce e ne avvicinò una delle due alla bocca di Brando. Il riccio né mangiò un piccolo pezzo dalla sua mano e poi prese il resto così che Fabio potesse assaggiare la sua metà.

“sai ripensandosi” disse Fabio dopo aver succhiato via la panna che gli era scivolata su un dito “non riesco a immaginare un altro modo in cui vorrei passare il mio compleanno, se non qui con te” Brando sogghignò “troppo zucchero in corpo Fedè?” gli disse facendogli scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo. Ecco che gli restituiva la presa in giro, probabilmente con gli interessi.

Lo vide armeggiare di nuovo con lo zaino che si era portato dietro e, con sua grande sorpresa, tirarne fuori una specie di involto di carta regalo, stropicciato e tenuto insieme alla meglio da un nastrino “tò” gli disse porgendoglielo “si vabbè... ignora il pacchetto” si sentì in dovere di precisare davanti alla sua espressione perplessa. Fabio gli rivolse di nuovo un'occhiata sorpresa

“ma dai, mi hai fatto pure un regalo? Ma non dovevi..” Brando pensò che era già sufficientemente in imbarazzo senza che lui facesse quello sguardo da cagnolino felice “cos'è?” gli stava chiedendo rigirandosi il pacco tra le mani, e scuotendolo un po' come a sentire se facesse rumore.

“e apri!” lo esortò lui.

Fabio iniziò a staccare lo scotch con cautela. Brando si strofinò una mano sul collo per stemperare l'ondata di imbarazzo che gli era venuta su, mentre lo apriva. Lo vide immobilizzarsi, e poi sollevare entrambe le sopracciglia, mentre fissava il contenuto del pacco: una felpa rossa. Brando si schiarì la voce, un po' a disagio “è... mia... ce l'avevo addosso la sera che..”

“che ci siamo baciati. La prima volta. Lo so.” lo interruppe Fabio di slancio, girandosi a guardarlo negli occhi, mentre stringeva la felpa tra le mani come fosse stato qualcosa di prezioso “te lo ricordi?” gli chiese Brando sorpreso. Fabio rise a quel punto “certo che me lo ricordo!” proruppe “se vuoi ti dico pure di che colore avevi il cappello, i pantaloni, e che dopobarba ti eri messo! Mi ricordo tutto di quella sera, m'ha cambiato la vita” spiegò in tono dolce, facendo arrossire Brando fino alla radice dei capelli, preso in contropiede da quello slancio. Fabio rise di nuovo. Era forse la prima volta che lo faceva imbarazzare così, poteva pure segnarsela sul calendario quella data.

Brando abbassò lo sguardo sulle sue mani che aveva iniziato a stropicciarsi “lo so che è una cosa un po' così... come regalo” borbottò “ma non ho una lira, per cui” “Bra” lo bloccò di nuovo Fabio mettendogli una mano sul braccio “è meglio questo di qualsiasi altra cosa, te lo garantisco” disse in tono sicuro, riuscendo a strappargli un sorriso rilassato. Soddisfatto Fabio si fece un po' indietro e spiegò la felpa, infilandosela poi velocemente, sopra la camicia leggera che indossava “come mi sta?” chiese tirandosi un po' su le maniche all'altezza del gomito. Brando gli fece un sorrisetto ironico a questo punto “grande” confessò “ma non importa” aggiunse un istante dopo. Fabio mise tutte e due le gambe su, sul cornicione, per girarsi completamente dalla sua parte, mentre lui anche ci si metteva a cavalcioni. Si avvicinò il più possibile a lui, scavalcandogli le gambe con le sue per poggiare i piedi oltre la sua schiena

“beh immagino.. di doverti ringraziare adesso” scherzò facendogli uno sguardo malizioso, mentre Brando lo squadrava da sotto in su, umettandosi rapidamente le labbra “eh sarebbe anche ora” rispose ironicamente aggrottando le sopracciglia. Fabio sorrise e assottigliò ancora di più la distanza tra loro, avvicinandosi più che poteva col bacino al suo. Gli poggiò una mano sul collo spingendo poi la bocca sulla sua, iniziando a divorargli le labbra di baci. Brando approfondì il bacio subito, insinuando la lingua nella sua bocca e accarezzandogli con essa la sua. Dopo qualche secondo lo afferrò saldamente per i fianchi e se lo tirò addosso, con un'unica mossa secca, facendoselo sedere sulle gambe. Fabio gli afferrò i ricci nel pugno e gli tirò la testa indietro, per guardarlo un attimo da quella posizione leggermente sopraelevata, sprofondando nei suoi occhi scuri. Brando gli fece un sorriso intrigante “oh, molto bene Fedeli, mo finalmente tutto quello che ti voglio fare è diventato legale” lo provocò facendolo ridere, un attimo prima di ricominciare a baciarlo.

 

 

PIU' TARDI

 

Fabio scrollò febbrilmente il mazzo di chiavi alla ricerca di quella giusta, nella penombra del vialetto, mentre le mani di Brando gli percorrevano con fare possessivo fianchi, pancia e torace, stringendo di tanto in tanto il punto in cui si posavano, con desiderio, quasi avesse potuto farlo suo solo con la pressione delle dita sul suo corpo. Deglutì mentre il moro gli baciava con forza la guancia e il collo, al punto da costringerlo a piegare un po' la testa per assecondarlo

“te voi sbrigà???” lo sentì soffiargli tra un bacio e l'altro con voce roca. Fabio chiuse un istante gli occhi quando lui gli strinse per un attimo tra le labbra il lobo dell'orecchio “è una parola...” confessò sentendo i tremiti dell'eccitazione pervaderlo, e sbatacchiando di nuovo le chiavi “mi tremano le mani” ridacchiò. Brando non sembrò farsi impietosire dalla cosa, gli si addossò ancora di più facendo aderire completamente il torace alla sua schiena “guarda che se non te movi faccio peggio” lo minacciò scherzosamente mandando una mano su ad accarezzarlo sulla gola e l'altra alla cintola del pantaloni. Fece scivolare un dito sotto l'elastico dei boxer e gli accarezzò con delicatezza la pelle sensibile poco sopra l'inguine.

 

Bastardo, appena trovo sta chiave vedi...

 

pensò Fabio mordendosi il labbro inferiore, eccitato al parossismo alla sola idea di cosa poteva fargli quella mano se scendeva anche di un solo centimetro più in basso. Sentì la sua erezione premergli contro. Lo faceva impazzire il saperlo così eccitato.

Finalmente spinse la chiave nella serratura e la girò con furia, poi si voltò verso di lui, lo afferrò per il collo della felpa e si avventò sulle sue labbra baciandolo con foga mentre apriva la porta con la schiena, indietreggiando.

Brando la richiuse alle loro spalle con la gamba mentre Fabio buttava a tentoni le chiavi nella ciotola di metallo all'ingresso, facendo un gran baccano. “shhhhh!!” gli disse il riccio ridacchiando contro le sue labbra “fai piano scemo” gli sussurrò in tono affettuoso mentre gli bloccava il viso tra le mani e approfondiva di nuovo il bacio, nel buio pesto del corridoio. Fabio gli tolse il cappello con uno scatto, lanciandolo poi da qualche parte alle sue spalle e gli affondò le mani nei capelli, godendosi ogni maledetto riccio. Brando lo spinse piano contro il muro del corridoio e poi lo bloccò lì col peso del suo corpo per impedirgli qualsiasi tentativo di fuga, anche se non ce n'era alcun bisogno. Gli baciò famelico il collo, la gola, la piccola parte di clavicola lasciata scoperta dalla camicia, mentre gli stringeva la vita tra le mani. Fabio girò appena la testa, ad occhi chiusi per sussurrargli nell'orecchio “arriviamo in camera”. Brando si scostò appena e Fabio lo precedette dentro la stanza. Accese la luce, perchè voleva guardarlo, vederlo bene per tutto il tempo. Il moro chiuse la porta, si sfilò la felpa e serrò di nuovo il viso di Fabio tra le mani, incollando la bocca alla sua. Lui si lasciò baciare per qualche secondo, poi se lo staccò di dosso e gli mollò un poco delicato spintone mandandolo seduto sul letto poi, prima che potesse reagire, un altro, sempre in mezzo al petto, che lo fece finire semi sdraiato coi gomiti poggiati al materasso. Brando sorrise, perchè si divertiva quando faceva così. Fabio, invece di salire sul letto si fece un passo indietro e iniziò a sbottonarsi lentamente la camicia, accennando subito dopo qualche passo di danza come se stesse facendo uno spogliarello. Brando si portò una mano sugli occhi scoppiando a ridere “Fedeli guarda che non c'è alcun bisogno che mi eccito più di così” esclamò ridacchiando, mentre anche lui rideva e finiva di togliersi la camicia in fretta, rimanendo solo con i jeans. Brando gli rivolse una squadrata generale facendo poi un sorrisino malizioso “vieni qua se c'hai coraggio” lo sfidò invitandolo ad avvicinarsi con un cenno del mento. Fabio non se lo fece ripetere. Salì sul letto in ginocchio, mentre lui anche si metteva nella stessa posizione, gli mise una mano dietro il collo e lo baciò di nuovo. Un bacio affamato ed esigente. Brando gli morse il labbro inferiore e poi subito dopo riniziò a baciarlo con dolcezza. Lo strinse a sé con un braccio mentre con l'altra mano gli slacciava il bottone e la zip dei pantaloni. Fabio percorse con le mani tutto il suo torace sui due fianchi per poi afferrare il bordo della maglietta e sfilargliela. Premevano con la testa uno contro l'altro, come se quel bacio fosse una battaglia di supremazia. Lo fece stendere sotto di sé e gli montò a cavalcioni sopra, facendolo ghignare di soddisfazione, mentre con le mani vagava sul suo torace liscio e teso. Si chinò su di lui, semi sdraiato sopra, iniziando a baciargli ogni centimetro di pelle scoperta che riusciva a raggiungere. Brando chiuse gli occhi, lasciando andare un sospiro, mentre Fabio poggiava le labbra in un punto poco sotto la clavicola e faceva il vuoto, succhiando la sua pelle, e compiacendosi poi nel constatare che gli aveva lasciato un piccolo segno. Continuò a baciarlo dappertutto. Pensò che avrebbe potuto mangiarlo per quanto gli piaceva il sapore della sua pelle. Smise di accarezzargli il busto e portò le mani in basso, slacciandogli i pantaloni. Brando sollevò un po' il bacino per farseli togliere, e Fabio lo fece, mentre gli dava un altro bacio a risucchio sugli addominali, proprio sopra l'ombelico. Il riccio gli prese il viso tra le mani e lo tirò verso di sé, gli baciò in rapida successione la bocca e le guance e poi contrasse gli addominali tirando su seduti tutti e due “mo tocca a me” gli disse con aria maliziosa a due centimetri dal naso, ribaltando poi le posizioni di prima con una mossa fulminea che fece ridere Fabio. Gli si sdraiò sopra, immobilizzandogli le mani ai lati del viso e avventandosi poi sulle sue labbra, in un bacio frenetico ma dolce, di qualche attimo, per poi scendere giù, lasciandogli una scia infuocata di baci umidi dalla gola fino a sotto l'ombelico. Le mani che assecondavano la discesa accarezzandogli nel mentre dai polsi alle braccia, ai fianchi. Fabio sollevò la testa di scatto, a controllare cosa stesse facendo, quando sentì le sue mani afferrargli i lati dei boxer, sotto i pantaloni. Brando glieli tolse entrambi contemporaneamente, in un gesto rapido, mandandoli da qualche parte sul pavimento, e Fabio ributtò la testa indietro con un sospiro, quando sentì le labbra del ragazzo poggiarsi sulla punta della sua erezione “oh cazzo” si lasciò sfuggire afferrando un cuscino e mordendolo per soffocare il gemito che aveva sentito venirgli su. Brando ghignò divertito, sentendolo imprecare, e riprese l'opera che stava facendo, godendosi i sospiri che gli provocava. Fabio lanciò via il cuscino, che ora sembrava togliergli aria, e si morse il labbro inarcando un pizzico la schiena, gli accarezzò i capelli cercando di non essere troppo brusco, trasportato dall'eccitazione.

“porca troia Bra” sospirò chiudendo gli occhi “potresti insegnarlo come si fanno, giuro” si lasciò scappare. Brando si staccò da lui fulminandolo con lo sguardo “Fedeli, un'altra parola di questo tipo e ti mordo!” lo minacciò tra il serio e l'ironico. Fabio rise portandosi una mano sugli occhi imbarazzato per poi trattenere il respiro di botto, quando il moro ricominciò a baciarlo lì “oddio...” sospirò di nuovo forte.

Lo lasciò fare ancora per qualche secondo poi, con un non indifferente sforzo di volontà, gli afferrò la testa tra le mani e lo staccò da sé “basta..” esclamò quasi senza fiato. Brando gli rivolse un'occhiata interrogativa passandosi per un attimo il dorso della mano sulla bocca “voglio venire insieme a te, non adesso” spiegò Fabio ancora ansimando, facendolo sorridere stavolta. Brando si riavvicinò al suo viso, sdraiandosi vicino a lui, tenendosi appena su con un gomito, lo avvolse per un attimo con l'altro braccio intorno alla vita e lo baciò con dolcezza ma di fretta, come a voler prendere tutto quello che poteva finchè ne aveva l'occasione, poi si accostò al suo orecchio “girati, amore” gli sussurrò dandogli un altro bacino sulla guancia “no” rispose secco Fabio, guardandolo negli occhi, e sorridendo un po' dell'espressione confusa che fece Brando a quel punto, con la testa già un po' annebbiata dall'eccitazione, pensava di aver capito male “voglio provare a farlo in modo diverso” gli spiegò mettendosi seduto e spingendo lui a tirarsi su in ginocchio sul letto “da davanti, così posso guardarti negli occhi” aggiunse, vergognandosi un po' del fatto che magari a lui non importava granchè la cosa, in quei momenti. Brando sorrise invece “ok..” rispose calmo “dimmi cosa devo fare” Fabio arrossì di piacere a sentire come si fidava di lui, senza fargli nessuna domanda.

“scendi dal letto” gli ordinò. Lui obbedì senza fiatare e lo guardò incuriosito mentre si spostava a sua volta seduto fin sul bordo del materasso, di fronte a lui, poi si sdraiava, con le ginocchia piegate in su, le gambe semi aperte. In quella posizione i loro inguini erano praticamente alla stessa altezza. “beh mo vedi tu, improvvisa” scherzò Fabio, dato che non c'era più tanto lasciato all'immaginazione. Anche Brando rise per un attimo, poi senza staccare gli occhi da suoi per un secondo, si afferrò l'elastico dei boxer facendoli scivolare fino a terra. Fabio si prese un istante per divorarlo con lo sguardo, gli piaceva da impazzire.

Brando gli poggiò le mani sulle ginocchia, accarezzandogliele per un attimo, poi gliele divaricò leggermente sistemandosi tra le sue gambe. Allungò una mano e gli sfiorò con un dito le labbra, facendolo poi scorrere brevemente dentro il suo labbro inferiore. Fabio glielo succhiò per un istante, poi Brando spostò la mano e la mandò in basso, tra le gambe del ragazzo, accarezzandolo col dito umido per lubrificare la zona. Gli afferrò i fianchi e entrò dentro di lui con un'unica spinta decisa. Vide Fabio spalancare un attimo gli occhi e sospirare come se gli si fosse mozzato il fiato “ti faccio male?” gli chiese subito corrucciando le sopracciglia, tra il sorpreso e il preoccupato. L'altro scosse la testa “cazzo dici... viè qua” esclamò allungando le braccia per afferrargli il viso per le guance e tirarlo verso di sé, coinvolgendolo in un bacio affamato. Brando sorrise per un attimo contro le sue labbra, si sorresse con i gomiti sul materasso e iniziò a muoversi a un ritmo lento e regolare, continuando a baciare la sua bocca come se non ci fosse altro da fare nella vita. Ad ogni spinta sentiva un'ondata di piacere spargersi dal bacino fin a tutto il corpo. Il suo torace sfiorava su e giù contro quello di Fabio e quel lieve contatto non faceva che aumentare i brividi che pervadevano entrambi. Sentì le mani del ragazzo scivolare via dalle sue guance e sparire dal suo campo visivo. Si staccò appena per guardare in basso e notò che Fabio aveva iniziato a toccarsi da solo. Staccò il braccio sinistro dal letto, sorreggendosi solo col destro e con un gesto repentino gliele tolse da lì “impiegale meglio quelle mani” gli soffiò praticamente in bocca, senza smettere di muoversi e iniziando a muovere la sua di mano su e giù sull'erezione del ragazzo. Fabio gli afferrò la schiena chiudendo per un attimo gli occhi mentre un'imprecazione gli sfuggiva dalle labbra, e cominciò a fargli una leggera pressione contro le spalle come ad accompagnare i suoi movimenti. Brando con una spinta un po' più a fondo delle altre fece combaciare di nuovo la bocca con la sua, con tale impeto da fargli inarcare il collo indietro, in un bacio di labbra, lingua e denti.

Cavolo era troppo bello baciarlo per tutto il tempo.

Le mani di Fabio vagavano sulla schiena, il sedere, i fianchi di Brando, accarezzando con dolcezza i lati del suo torace quasi a contare una per una tutte le costole, mentre le spinte si facevano via via più decise e veloci. Fabio credette di impazzire quando con la mano lui raggiunse lo stesso ritmo che teneva col bacino.

Brando, sopraffatto dal piacere, a un certo punto non ce la fece più né a toccarlo né a baciarlo coerentemente, lo sovrastava di qualche centimetro col busto e ad ogni spinta si sfioravano appena la punta del naso, mentre i loro respiri si mischiavano l'uno nella bocca dell'altro. Fabio chiuse gli occhi e Brando fece crollare un attimo la testa avanti, andando a sfiorare il viso dell'altro coi ricci, mentre venivano, stavolta nello stesso momento.

 

 

Dopo qualche minuto se ne stavano sdraiati tutti e due nel piccolo letto, col lenzuolo a coprirli appena fino alla vita. Fabio stava girato di lato, contro il fianco di Brando, la testa sulla spalla, la gamba sinistra intrecciata con le sue, guardava il vuoto, rilassato, mentre Brando gli accarezzava distrattamente la schiena, con la punta delle dita del braccio che gli teneva intorno alle spalle. Con la mano destra fumava, lo sguardo perso sul soffitto.

“se mio padre sente puzza di fumo t'ammazza Bra” disse con voce un po' impastata Fabio a un certo punto. Quello fece spallucce prendendo un'altra boccata “dopo apro la finestra” sentenziò pigramente e poi aggiunse “tanto se c'ho freddo m'appiccico a te” facendolo sorridere, e pensare ridicolmente che se lo sarebbe volentieri tenuto appiccicato per sempre.

“comunque... che botta...” commentò a quel punto il riccio con una smorfia d'approvazione “ma dove l'hai vista quella roba che abbiamo fatto prima?” gli chiese a quel punto curioso, temendo in un angolino sciocco del cervello che lo avesse sperimentato col suo ex, di cui felicemente non aveva mai voluto sapere niente. Fabio si mosse nel suo abbraccio in lieve imbarazzo “su internet” confessò arrossendo. Brando a quel punto fu colto da una crisi di ridarella “s-sei un... pervertito” boccheggiò ridacchiando e mollandogli un paio di schiaffetti leggeri sulla guancia che gli offriva da quella posizione “oh senti eh...” protestò lui, scoppiando poi a ridere a sua volta “però bravo” gli disse a quel punto Brando riprendendosi “m'è proprio piaciuto” ammise senza vergogna, facendo invece scoppiare Fabio a ridere di nuovo.

 

“sbaglio o prima a un certo punto m'hai chiamato amore?” gli chiese Fabio dopo un po', tirando gli occhi in su per spiare la sua reazione. Lo vide prendere un altro tiro di fumo e arrossire leggermente

“può essere” concesse, e poi aggiunse subito dopo “ma non te montà la testa, lo sai che per scoparti direi qualsiasi cosa”. Cercava di darsi un tono, perchè si vergognava, ma Fabio non ci cascò. Lo conosceva troppo bene ormai “no, non è vero” replicò con una tranquillità disarmante “no.... non è vero” confermò Brando a quel punto, sorridendo leggermente.

Passò ancora qualche minuto di silenzio. Fabio aveva preso ad accarezzare la pancia di Brando, con lentezza, osservando rilassato il leggero solco che gli divideva gli addominali muoversi lentamente su e giù ad ogni respiro “amore mio” soffiò, quasi senza pensarci. Si accorse di averlo detto a voce alta quando sentì Brando dire “che c'è?” Aveva risposto con una tale tranquillità e naturalezza da fargli sembrare quel suo slancio quasi normale. Si sistemò meglio vicino a lui “niente” disse con calma “stavo solo provando a chiamarti così” ammise “e....?” lo esortò il riccio a quel punto, prendendo l'ultima boccata di fumo. Fabio fece un'alzata di spalle “troppo sdolcinato” sentenziò con una leggera smorfia “lo riserverei solo alle occasioni speciali” aggiunse. Brando gli lanciò un'occhiata “ok....” concordò piano, per poi parlare di nuovo dopo appena due secondi “amore mio” lo chiamò. Fabio si sentì male, detto dalla sua voce bassa e profonda quella cosa gli aveva fatto agitare un mare di farfalle nello stomaco, e si pentì di avergli appena detto di non chiamarsi così

“eh...” riuscì solo a dire in risposta “auguri” gli disse semplicemente lui, girando poi il viso per stampargli un bacino sulla fronte. Fabio sorrise, felice. Sì, decisamente non c'era modo di migliore di festeggiare il compleanno.

 

  
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