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Autore: H0sh1    28/08/2020    1 recensioni
Ethan è affetto da schizofrenia, un uomo che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione costruita ad arte dalla belva che lo perseguita.
In una notte tranquilla, questa prende il sopravvento su di lui, portandolo ad uccidere Allison, sua moglie.
Dopo l'evento, Ethan viene dichiarato come non in grado di affrontare un processo, per cui viene rinchiuso nel manicomio della città dove il dottor Johnson, psichiatra che lo segue dagli inizi, continua la sua terapia, adoperando metodi drastici e inumani.
Intanto, dopo la morte di Allison, la visione di sua moglie continua a perseguitarlo in quelle mura asettiche, trascinandolo giù, sempre più in basso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La follia di Ethan

Capitolo 4


Quella storia andava avanti oramai da giorni, forse mesi, Ethan non poteva saperlo con certezza visto che, per la maggior parte del tempo, si trovava in stato confusionale.

Erano pochi i ricordi limpidi che popolavano la sua mente: i due soliti infermieri che lo venivano a prendere a cadenza regolare, il tragitto fino a quella sala degli orrori che tanto detestava, le sue suppliche a un Dio che sembrava ignorarlo, il dolore, alcune parole di Johnson.

Il resto era tutto confuso, come se guardasse una foto sfuocata.

A volte però questi ricordi tornavano magicamente a fuoco, ma solo per un istante: quando durante la seduta, involontariamente, si era bagnato, un'altra volta ricordò una gran nausea e dei forti conati di vomito.

I demoni dicevano che quella terapia gli avrebbe giovato, che lo avrebbe guarito, ma lui si sentì solo peggio. I sintomi post terapia andavano ad aggredirlo con sempre più foga, privandolo a volte anche di un dolce riposo che sarebbe stato comunque rovinato dai tanti incubi che, ciclicamente, tornavano a fargli visita.

E anche quella voce, quella strana figura che per un po' sembrava essere scomparsa, tornò di nuovo. A volte quando la vedeva la riconosceva, ma in altre sembrò essere una completa estranea.

La donna stava ai piedi del suo letto a gambe incrociate nel suo solito vestito nero, i gomiti posati sopra le ginocchia e le mani a reggersi il viso. Calde lacrime le solcavano le gote, donandole un'aria triste e stanca, a giudicare dai cerchi neri che le contornavano gli occhi.

Ethan si mise a sedere sul materasso. Quel giorno si sentiva un po' meglio, aveva solo un po' di nausea e un mal di testa nella norma.

«Sono stanco.» confessò, poggiando la testa al muro. Le lacrime, copiose, cadderò lungo le guance in un fiume malinconico, unendosi a quelle di Allison. «Non ce la faccio più, voglio che finisca.» aggiunse prendendosi forte la testa tra le mani, scuotendola.

La bestia si trascinò carponi verso di lui, sedendoglisi di fianco e posandogli la testa sulla spalla.

«Sai cosa fare.» gli disse in un sussurrò che Ethan riuscì a malapena a sentire.

«Non posso...» mormorò quello in risposta. «Non ce la faccio...»

«Preferisci restare qui, continuare a soffrire?» rispose la donna a denti stretti, quasi furiosa tanto da far insorgere in lui un moto di paura. Ethan si scansò da quel fantasma, guardandola con tanto d'occhi.

Ethan prese a darsi forti pugni sulla testa come se, in quel modo, potesse mandarla via, ma la visione, estensione di quella belva famelica, aveva altri piani.

«No, non voglio...»

«Fallo, Ethan. È l'unica via di fuga che ti è concessa.» Sembrò che la rabbia che le aveva sentito poco prima nella voce fosse svanita, rimpiazzata ora da una suadente, tentatrice. «Poni fine alle tue sofferenze, una volta per tutte.»

E se fosse stato davvero così, se quella fosse stata l'unica via di fuga da quell'inferno? Lui non ne poteva più: era stanco di essere perseguitato, seviziato.

Era stanco di soffrire.

Forse quella figura, quella voce che gli ronzava in testa anche quando Allison non era presente, non aveva tutti i torti. Era da ormai un po' che ci pensava, ma non aveva mai avuto coraggio di reagire.

I suoi pensieri furono bloccati dalla venuta dei due energumeni che erano venuti a prelevarlo per trascinarlo nel suo personale girone infernale.

* * *

Quella volta le scosse furono più forti che mai e gli effetti collaterali quasi lo fecero impazzire. Si sentiva debole, la nausea gli prese la bocca dello stomaco, le tempie bruciavano e il mal di testa martellante non gli permise di lasciarsi andare all'oblio del sonno.

Sì, doveva farla finita.

Quando arrivò l'infermiera con le pasticche, Ethan le guardò stanco. Si sentiva troppo debole per far alcunché, così la donna fu costretta a fargliele ingoiare con la forza.

Dopo il consueto controllo, uscì da lì e fu quel giorno che gli venne in mente.

A partire dal giorno seguente, quando gli venivano somministrati gli antidolorifici o gli antideliranti, Ethan fece sempre in modo di nasconderli per bene sotto la lingua, lì dove mai nessuno guardava.

Così per una settimana intera fino a quando pensò potesse bastare e, dopo aver preso la sua dose giornaliera per davvero, aspettò con impazienza che l'infermiera uscisse.

Quando la porta si richiuse, Ethan corse verso il letto e, da sotto il cuscino, tirò fuori tutte le pastiglie che aveva accumulato. Le guardò con diffidenza, quasi con paura.

Ne prese una con mani tremanti e se la portò davanti agli occhi per osservarla, una piccola pillola blu e bianca. Sconfortato, la lasciò ricadere tra il mucchio.

Era giunto fin lì, così vicino alla libertà da poterne quasi saggiarne il sapore. Eppure lasciò che la sua debolezza gli privasse di quella pace che tanto agoniava raggiungere.

Ripose al suo posto il cuscino, nascondendo di nuovo il suo biglietto d'uscita da quella bolgia. Non aveva abbastanza coraggio, non n'era capace.

In preda all'isteria cominciò a battere forte i pugni a terra, a sbattere la testa al muro. Perché non ci riusciva? Era così semplice, bastava ingoiarle tutte.

«Cosa ti prende, tesoro?» Sentì ad un tratto il tocco familiare della moglie sulle spalle.

Ella fece il giro e si spostò verso il letto, lì dove i farmaci erano andati ad accumularsi. Prese una delle pastiglie e la mandò giù. «Visto? Non è difficile. Dai, fallo con me.»

L'uomo, allora, sentendosi rincuorato dalla presenza della moglie, si avvicinò al letto, inginocchiandosi di fronte a lei.

La figura gli posò sul palmo della mano una pillola bianca e fece cenno di mettersela in bocca ed ingoiarla. Dopo la prima, sembrò essere diventato più semplice.

Ne mandò giù un'altra, poi un'altra e un'altra ancora. Arrivato alla sedicesima, però, il suo rito fu bloccato dall'entrata di un paramedico, forse richiamato dal grande frastuono che aveva sentito poco prima.

Vide Ethan seduto a terra a fissare il vuoto di fronte a sé, ingoiando una dopo l'altra le pillole che aveva di fronte. L'infermiere, capendo le intenzioni dell'uomo, si precipitò e lo bloccò a terra. Quello prese a dimenarsi come una pazzo, cercando di scrollarselo di dosso.

«Togliti, stronzo!»

Ma quello non accennò a lasciarlo andare. Mentre chiamava aiuto, lo prese di peso e gli ficcò due dita in gola.

Quel gesto, misto ai conati rimasti dalla terapia di poche ore prima, lo portarono a rigurgitare tutto ciò che aveva appena buttato giù, rendendo vano il suo tentativo di fuga.

L'infermiere in bianco lo lasciò al suolo mentre due nuovi uomini lo bloccarono nuovamente a terra. Ricordò solo un pizzico all'altezza del collo prima che il buio tornasse a ghermirlo tra le proprie gelide spire.

   
 
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