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Autore: Il cactus infelice    30/08/2020    5 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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RISSE E FESTE


Tutto più o meno stava per tornare alla normalità, o almeno così pareva essere. Dopotutto, per l’ordine cosmico delle cose funzionava così: non poteva andare male per sempre.
Fred era contento di sapere che Teddy stava meglio e forse anche per Remus le cose sarebbero andate meglio ora, anche se - come tutti - si rendeva conto quanto per il licantropo tutta la questione fosse enormemente difficile. 

E quindi, da bravo inventore di scherzi e intrattenimenti qual era, aveva iniziato a scervellarsi per trovare uno scherzo da fare, qualcosa di estremamente divertente che avrebbe fatto ridere tutti quanti e tirato un po’ su i morali, persino quello di Remus. In fondo il buon nome dei gemelli Weasley doveva continuare a mantenersi. 

Eppure George non sembrava essere dello stesso avviso. Quando glielo aveva proposto, gli aveva semplicemente mostrato un semplice sorriso e gli aveva detto “Vedremo” barricandosi in ufficio per lavorare a dei progetti e lasciando il negozio per lo più a Lee e gli altri commessi. Anche quando Fred gli aveva proposto alcune cose che potevano fare non sembrava particolarmente entusiasta, nascondendosi dietro la solita frase di circostanza, ovvero che aveva un po’ di lavoro da finire e che magari ci avrebbe pensato.
Fred non era uno che si lasciasse smorzare l’entusiasmo, tuttavia non poteva nascondere che - per quanto ci provasse - il rapporto col fratello non era come un tempo; e non avrebbe saputo dire se dipendeva il fatto che fosse rimasto morto per anni, o il fatto che George era cresciuto e maturato. Se la motivazione era quest’ultima, Fred era felice di non essere cresciuto se ciò significava non divertirsi più a fare scherzi. Che senso aveva poi lavorare in un negozio di scherzi? Ma qualcosa gli diceva che la motivazione non era quella. 

“Ehi, Angelina!” esclamò quando vide la donna entrare dalla porta. “Qual buon vento?”
“Fred, ciao! George è in ufficio?”
“Più o meno da tutto il giorno, sì”. 

“Ottimo, grazie”. 

Angelina stava per incamminarsi verso il fondo del negozio quando si fermò a metà strada e si voltò verso Fred con un’espressione un po’ strana in volto. “Tu stai bene?” gli chiese.

“Benissimo!” rispose il ragazzo con una scrollata di spalle. “Fa sicuramente più caldo che sottoterra”.
“Ma smettila!”
Fred faceva spesso battute sulla sua morte nonostante tutti gli dicessero di smetterla, che non erano divertenti, eppure lui si divertiva.
Angelina allora continuò la sua camminata fino all’ufficio e Fred continuò a mettere in ordine i nuovi prodotti sugli scaffali in esposizione, lasciando andare un sospiro: era sempre più forte la sua sensazione di essere di troppo in quel negozio. 


Harry svuotò il suo bicchiere di bourbon e se ne fece versare dell’altro dalla cameriera dietro il bancone. Lui e Sirius erano entrati lì meno di un’ora fa, e avevano parlato di varie cose, tra cui Teddy, Remus e il lavoro. Sirius era preoccupato per l’amico, anche se dopo la sfuriata di Harry sembrava essersi un po’ ripreso. Ma entrambi sapevano che la cosa non era finita lì. 

Il lavoro era un’altra gatta da pelare, avevano diversi casi tra le mani e nessuno di questi sembrava essere collegato tra di loro. Gli Snakes Brothers da un lato e i diversi attacchi ai danni di alcuni Nati Babbani avvenuti di recente, per non parlare poi del crollo del Ponte. Nessuna di quelle cose però conduceva ai Snakes Brothers. Oltretutto, Adam stava portando avanti quella missione sotto copertura da troppo tempo, e più si andava a fondo più si rischiava di venire scoperti. Per non parlare del caso - ancora aperto - riguardante il ritorno dei deceduti. Era ancora troppo fresco per rimanere irrisolto, e se fosse rimasto irrisolto non sarebbe stata comunque una bella figura per il Dipartimento. E non saziava nemmeno la sua curiosità.
Dovevano fare il possibile per avere qualcosa di concreto tra le mani. 

“Hai sentito i ragazzi a Hogwarts?” gli chiese Sirius a un certo punto, cercando di passare a un argomento più leggero. 

“Sì, ho parlato con loro attraverso lo specchio e Ginny ha scritto un’altra lettera per aggiornarli di su Teddy”, rispose Harry rigirandosi il bicchiere tra le mani e fissando la proprio fede al dito. 

Sirius stava per aggiungere altro quando un suono di vetri rotti distrasse la loro attenzione. Entrambi gli uomini alzarono la testa verso il fondo del bancone dove c’era la cameriera che stava cercando di tenere a distanza un cliente palesemete ubriaco che l’aveva afferrata per un fianco. 

“Per favore, si sieda o la dovrò mandare via”, disse la donna. 

“Solo se vieni via con me”, rispose l’altro biascicando. Era palesemente ubriaco. 

Harry e Sirius si alzarono e raggiunsero i due. 

“Serve aiuto qui?” chiese il primo mantenendo un tono sempre cordiale. Sirius accanto a lui aveva stretto i pugni lungo i fianchi. 

“No, non vi preoccupate”, disse la cameriera. 

“Cosa volete voi? Andate via!” fece l’uomo cercando di indossare un’espressione minacciosa e finendo solo a risultare ridicolo, inondando i due uomini con l’odore di alcol che gli usciva dalla bocca. 

“Sta disturbando la signorina che deve fare il suo lavoro”, disse Harry sempre senza scomporsi e senza avvicinarsi di un passo. 

“Tu non mi dici cosa posso o non posso fare, chiaro??” disse l’uomo alzando ora il tono e mollando la cameriera per girarsi vero Harry. Alzò il braccio e fece per tirargli un pugno, ma all’Auror bastò solo spostarsi di fianco e l’altro mancò il colpo, finendo per perdere l’equilibrio. Riuscì a mantenersi in piedi solo perché si aggrappò con la mano al bancone. 

Sirius scoppiò a ridere e la scena attirò le occhiate anche degli altri clienti. 

“Mi hai fatto lo sgambetto”, si lamentò quando si fu ricomposto, il volto ora paonazzo e sputando un po’ di saliva. 

Alzò di nuovo il pugno e questa volta Harry si preparò a parare: glielo afferrò con una mano prima che potesse colpirlo e, facendo perno sul suo braccio, lo fece voltare su sé stesso portandogli poi il braccio dietro la schiena, stringendo. L’uomo emise un verso di dolore strozzato e quasi un piagnucolio. 

“Hai ancora voglia di fare il bullo, eh?” gli chiese, questa volta non più gentile e cordiale, ma piuttosto aggressivo e minaccioso. “Che ne facciamo di lui, Sirius?” 

“Fosse per me lo riempirei di botte perché i suoi genitori lo hanno trattato troppo bene a quanto pare. Ma siccome siamo dei signori, mi limiterei a buttarlo fuori dal locale”. 

Harry annuì e poi girò la testa verso la cameriera ancora ferma nella posizione di prima a guardare la scena - e forse sperando che non degenerasse in una vera e propria rissa. 

“Possiamo?” le chiese l’Auror. 

“Accomodatevi”, rispose lei. 

Allora Harry trascinò il malcapitato verso la porta, sotto gli sguardi dei clienti incuriositi - qualcuno addirittura col cellulare in mano a riprendere - tenendolo sia per il braccio dietro la schiena che per il collo. Sirius gli aprì la porta e Harry lo lanciò malamente in avanti facendolo rotolare per terra. Questi gemette e cercò di rialzarsi subito mettendosi a gattoni, ma fallendo miseramente o per il troppo alcol o per il dolore. 

“Mi sembra superfluo dirti che sei bannato a vita da questo locale”, gli disse Sirius perentorio prima di richiudere la porta. 

“Ragazzi, vi ringrazio molto. Era da un po’ di tempo che questo tizio veniva qui, si ubriacava e disturbava la gente”, disse la cameriera non appena i due tornarono. 

“Direi che ora ci siamo tolti il pensiero”, fece Harry. “Mi dispiace per la scena, ma con alcuni servono le maniere forti”.
“Vi ringrazio molto. Posso darvi qualcosa da bere? Offre la casa naturalmente”. 

Harry le sorrise prendendo la giacca che aveva abbandonato sulla sedia. “Io devo tornare a cena da mia moglie. Ma il mio amico qui può tenerti compagnia quanto vuoi”, aggiunse facendo un occhiolino a Sirius che lo guardò con uno sguardo che fece capire che aveva afferrato l’antifona.
“Perfetto!” disse la ragazza mettendo un bicchiere pulito davanti a Sirius. 

“Ci vediamo, Pads”.


It's alright to cry

Even my dad does sometimes

So don't wipe your eyes

Tears remind you you're alive


Remus si asciugò le lacrime che ormai gli riempivano gli occhi come rubinetti aperti, ma ce n'erano troppe per pensare di persistere nell’impresa. Forse le avrebbe semplicemente lasciate andare. 

Si era chiuso nella macchina di Teddy per ascoltare il CD che gli aveva regalato il figlio ed era già alla quarta ripetizione di quella canzone che aveva inciso per lui. Avrebbe dovuto immaginare che fosse un pezzo composto e cantato da lui, ma con tutto il resto che aveva visto travolgere i suoi pensieri non ci aveva pensato. 


It's alright to die

'Cause death's the only thing you haven't tried

But just for tonight

Hold on


Ma soprattutto pensava a quanto fosse stato coglione. Alla fine, avevano avuto ragione tutti gli altri, Harry, Sirius, James, Lily, Tonks… Voleva davvero sprecare un’altra occasione che gli era stata data per puro caso? Forse si era trattato di un colpo di fortuna e magari non se lo meritava, ma chissene frega! Sarebbe stato un coglione a non approfittarne. Se pure Teddy riusciva a perdonarlo perché lui non ci riusciva? 


So live life like you're giving up

'Cause you act like you are

Go ahead and just live it up

Go on and tear me apart


Se Teddy doveva scrivergli una canzone per convincerlo non poteva non ascoltarlo. Glielo doveva, lo doveva a lui. 


Live life like you're giving up

'Cause you act like you are

Go ahead and just live it up

Go on and tear me apart

And hold on


Remus non sentì Tonks approcciarsi se non quando la canzone raggiunse le ultime note e si abbassò; i suoi stivali che facevano scricchiolare la ghiaia lo fecero voltare immediatamente verso di lei. 

“Ehi!” lo salutò lei in tono sorpreso, sbigottita forse per averlo trovato in macchina o forse per le lacrime che gli rigavano il volto. O forse per entrambi.”Che succede?”
Remus aprì la portiera di colpo e uscì dalla macchina. Senza dire nulla si protese verso la moglie e la strinse in un forte abbraccio, lasciandola ancora più attonita. 

“Hai ragione. Hai ragione e mi dispiace. Farò di tutto per rimediare”, disse stringendola forte a sé. 

Tonks ci mise qualche momento a capire, ma alla fine - anche se le parole non erano così chiare, lo erano per lei - non poté fare a meno che rilassare le spalle e ricambiare l’abbraccio, circondando la schiena di Remus e ritrovandosi a sorridere contro la sua camicia. 

Tutto sarebbe andato bene. 


La festa era nella Stanza delle Necessità e Scorpius e Albus ci erano arrivati da neanche mezz’ora, ma quest’ultimo ne aveva già abbastanza. Odiava il caos, odiava la musica alta, odiava la gente e soprattutto la gente chiassosa, la gente che urla, la gente che limona in giro, la gente ubriaca che nemmeno si rende conto di quello che sta facendo col rischio di mancare di rispetto o essere offensiva nei confronti di qualcuno. Odiava passare in mezzo alla gente perché finiva sempre per urtare qualcuno o qualcuno urtava lui e Albus non amava particolarmente il contatto fisico. 

Forse avrebbe preso esempio da Scorpius e avrebbe afferrato una Burrobirra, se non altro per avere qualcosa da fare. Se c’era qualcosa che forse odiava più delle folle era starsene da una parte con le mani in mano con la chiara espressione di qualcuno che si sente fuori luogo. In quel caso era una preda facile, troppo esposta. E benché Albus sapesse di essere una preda la maggior parte del tempo, quantomeno era una preda che sapeva nascondersi bene.
Ma perché non avevano potuto rimanere chiusi in dormitorio a farsi gli affari loro? Perché Scorpius aveva insistito così tanto per andarci? Dopotutto, non è che avessero chissà che vita sociale ed erano sempre stati bene loro due, burlandosi addirittura di quelli che facevano di tutto per mettersi in mostra.
Era quasi tentato di abbandonare lì Scorpius e chiudersi in stanza, magari sotto le coperte a leggere il romanzo che aveva sul comodino o a scrivere. Voleva andare avanti con la sua storia ed era arrivato a un punto piuttosto emozionante. 

Tuttavia quando vide sua cugina Molly si rallegrò e la raggiunse subito, seguito da Scorpius meno entusiasta. 

“Ehi!”

“Ciao, ragazzi”. 

“Tua sorella è in giro?” 

“Credo di sì”. 

Molly stringeva una Burrobirra tra le mani e Albus notò subito che aveva cercato di essere il più carina possibile quella sera, ma per le ragazze come Molly era difficile e ogni tentativo - soprattutto se inesperto - finiva col renderla ridicola. Molly aveva avuto problemi di peso fin da piccoli e purtroppo non sembrava averli superati con l’adolescenza come succedeva di solito. Perciò Rose spesso e volentieri le si scagliava contro. Anche Molly era una preda facile, ma a differenza di Albus non sapeva nascondersi. O forse non voleva. 

Scorpius continuava a guardarsi in giro come se stesse cercando qualcuno. Forse non voleva stare con Molly.
Albus notò Rose vicino ai bagni e si annotò mentalmente di non andare in quella direzione. 

“Che fate voi due?” 

“Cerchiamo qualcosa da bere”, disse Scorpius. 

Ah, quindi era quello che stavano facendo, pensò Al. 

“Il tavolo con le bevande e il cibo è da quella parte”, disse Molly puntando il dito verso il lato opposto della sala dove si vedevano dei tavoli. 

“Oh, grazie. Allora magari prendiamo qualcosa da bere e ti raggiungiamo dopo”.
I due Serpeverde ripresero il cammino, Albus tenendosi vicino a Scorpius e mordendosi la lingua per non lamentarsi ogni volta che rischiava di sbattere contro qualcuno. 


Veronica si sentiva tradita. Ma perché esattamente? Non era che lei e James si fossero scambiati qualche promessa, non stavano insieme. Quindi lui era libero di abbracciare tutte le ragazze che voleva e di farsi abbracciare da tutte le ragazze che voleva. Tutte le biondine che voleva. James Sirius Potter aveva sempre avuto un debole per le biondine dopotutto, mentre lei era mora. Lei era l’eccezione, il tipo di ragazza che Jim non frequenta di solito, non solo fisicamente. Era ovvio che tra di loro non sarebbe durata. Non che ci fosse mai stato nulla. 

Probabilmente l’indomani avrebbe iniziato a frequentare quella lì che aveva abbracciato sui divani mentre rideva con gli amici e lei si sarebbe vantata per settimane di essere la nuova ragazza di James Sirius Potter, il figlio dell’eroe del Mondo Magico, il ragazzo più figo della scuola, campione e stella promettente del Quidditch.

Veronica ne aveva abbastanza. Ne aveva abbastanza di quelle sgualdrine, delle biondine coi capelli sempre perfetti e truccate come fossero uscite da un salone di bellezza, delle loro vite perfette e privilegiate, dei loro pettegolezzi e delle competizioni su chi fosse la migliore. 

Si fingevano tutte amiche ma poi ti pugnalavano alle spalle alla prima occasione. 

Veronica si ritirò in bagno ed entrò nel primo scompartimento che trovò libero, sedendosi sulla tazza col coperchio chiuso. 

Aveva voglia di piangere ma non le veniva. Si sarebbe rovinata il trucco poi.
Udì delle voci piuttosto concitate provenire da fuori e, spinta dalla curiosità e dalla voglia di distrarsi, si protese verso la serratura per vedere chi ci fosse. 

“Cosa diamine hai preso, Nikki?” chiese una voce maschile. 

“Non lo so, qualcuno mi ha messo qualcosa nel bicchiere”. 

“Sì certo, come no”. 

Veronica vide un ragazzo coi dread lunghi appoggiato al lavandino ma ad attirare la sua attenzione fu la ragazza che le dava le spalle, china sul lavandino. Aveva i capelli biondi lunghi poco oltre le spalle ma anche se non la vedeva in volto si capiva chi era: Dominique Weasley, la mezza Veela, cugina del ragazzo delle sue pene.
Aveva bevuto così tanto?
Qualcuno le aveva messo qualcosa nel bicchiere… 

Quando Dominique si raddrizzò e Veronica poté vedere il suo riflesso nello specchio vide un volto perfetto, truccato, ma anche incredibilmente stanco e provato, come se non dormisse da giorni. 

“Forza andiamo”, la spronò il ragazzo che era con lei. 

Veronica si ritirò dalla porta e ascoltò i due abbandonare il bagno. 

Quella festa era decisamente strana.


*** 


Salve a tutti, spero stiate bene. 

Venendo subito al dunque, un paio di voi mi hanno fatto notare che in questi ultimi capitoli mi sono troppo cocentrata su Teddy. Remus e la questione licantropia, facendo diventare la storia un pochino tediosa. E non posso darvi torto, io stessa mi sono accorta. A mia discolpa posso dire che questa era una parte a cui tenevo molto e che mi piaceva per cui ho deciso di prendermi un po’ del tempo per parlarne come volevo.
Però sì, si rischia di diventare monotematici e annoiare, soprattutto se consideriamo quanto è pesante tutto ciò (quanto è pesante Remus in primis).


Spero quindi che questo capitolo sia stato un po’ una ventata d’aria fresca.

Per chi shippava Veronica e James… Mi spiace aver deluso le aspettative qui ^^ 

Spero non me ne vogliate.


Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e ci risentiamo domenica prossima.
Nel frattempo vi lascio con un paio di foto di Molly Weasley:
Molly 1

Molly 2

 

 

Bacioni a tutti,

C.

 

 

   
 
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