In the still of the night
16.
Quando
mi sveglio, sono da sola nel letto. Peeta deve essersi già alzato da un pezzo.
La luce che entra dai finestrini mi dice che è mattina inoltrata. Era molto
tardi quando abbiamo deciso di sdraiarci sotto le coperte, ed ancora più tardi quando
siamo finalmente riusciti ad addormentarci. Deve essere per questo che ho
dormito fino a quest’ora, ma nonostante le ore di sonno mi sento comunque
strana, intontita, come se non avessi riposato per niente. Rimbambita: sì, è
proprio il termine giusto per definire come mi sento.
Tra
non molto arriveremo a Capitol City. Questo potrebbe essere un valido motivo
per restare a letto fino a che non sarò costretta a lasciarlo, obbligata da
qualcuno. Ma devo comunque convincermi ad alzarmi perché ho fame, davvero molta
fame.
Raggiungo
la carrozza ristorante dopo aver fatto una breve tappa in bagno per cambiarmi e
darmi una sciacquata al viso. Sono già tutti lì, riuniti davanti al tavolo del
pranzo. È già ora di pranzo? È più tardi di quanto immaginassi.
-
Oh, Katniss cara! Eccoti qui! Hai fatto un buon sonnellino? – esclama Effie.
Sfoggia la sua nuova parrucca dorata e sembra molto più felice rispetto a ieri.
Chissà a cosa è dovuto il suo cambiamento d’umore… forse, ha solo dormito bene.
Sicuramente meglio di me.
-
Metti qualcosa sotto i denti, bella addormentata. Devi recuperare quello che
hai perso ieri sera – dice Haymitch, scrutandomi mentre prendo posto a tavola.
-
Scommetto che sei un esperto nell’arte del recupero – borbotto.
-
Vedo che l’acidità di stomaco non ti è ancora passata. Ed io che volevo essere
gentile! – dice. Non è arrabbiato: sa che sono una causa persa?
-
Non ha dormito bene – lo informa Peeta.
-
Questo si capisce dalla sua faccia. Guarda che roba.
Li
ignoro entrambi ed inizio a riempire di cibo il mio piatto. Tra le pietanze
servite c’è anche lo stufato di agnello con le prugne secche ed il contorno di
riso selvatico. Opto per questo, e mi metto a mangiare in silenzio mentre Effie
chiacchiera sulla sfilata dei tributi, lo show di apertura di ogni edizione dei
giochi, che è prevista per stasera. Giusto. La sfilata: ecco perché è così di
buon’umore. Mentre ascolto le sue chiacchiere, mi rimpinzo di cibo finché non
mi sento sazia, e per una volta senza avere la sensazione di star per vomitare.
Per oggi, a quanto pare, avrò un po' di tregua.
Sto
giocherellando con un pezzetto di mollica abbandonata sulla tovaglia quando
Haymitch mi rivolge di nuovo la parola. – Cosa c’è lì dentro, secondo te?
Maschio o femmina?
Guardo
in basso, nella direzione che mi ha indicato. Ovviamente si riferisce al
contenuto del mio ventre, ventre su cui ora è posata la mia mano. Cosa c’è lì
dentro, effettivamente? Non ho mai pensato al mio bambino in questo senso. Cosa
vorrei che ci fosse? – Non lo voglio sapere – rispondo in fretta e senza
pensarci più di tanto.
-
Dovresti volerlo, invece – ribatte. – Cosa racconterai durante l’intervista? Lì
fuori è pieno di gente che muore dalla voglia di saperlo. Devi accontentarli in
qualche modo.
-
Se lo possono scordare.
-
Parlano del bambino?
Io
e Peeta abbiamo parlato nello stesso momento, ed ovviamente Haymitch decide di
riprendere il discorso voltandosi verso di lui, che lo ha in qualche modo
incoraggiato, e non verso di me. Deve decisamente aver capito, in ritardo di un
anno, che sono una causa persa. – Se ne parlano? Non credo che abbiano un altro
argomento di cui parlare! Ieri sera vi siete persi il riepilogo della vostra
mietitura, quindi non avete visto la conduttrice sciogliersi in lacrime quando
ha visto Katniss che si toccava la pancia sul palco…
-
Non l’ho fatto apposta – mi intrometto nel discorso.
-
Non m’importa se l’hai fatto apposta oppure no, dolcezza – mi rimbrotta. -
M’importa più il fatto che, per una volta, ti sei mossa nel modo giusto. Oggi,
appena arrivati in città, cercherò di informarmi meglio sugli animi della
gente, su ciò che provano. Penso proprio che sia questa la mossa su cui dovrete
focalizzarvi quest’anno.
-
Pietà? – chiedo io, alzando un sopracciglio.
-
Pietà, compassione, chiamala come ti pare.
-
Scordatelo.
-
Te l’ho detto che non ne era convinta – dice Peeta.
-
Beh, se vuole sopravvivere dovrà farlo – sentenzia Haymitch.
-
Mi rifiuto di condividere qualcosa con quella gente!
-
Ecco perché non piaci a nessuno! Sei orribile. Ma le donne in stato
interessante non dovrebbero essere sempre felici e camminare a due metri da terra?
-
Io non di certo.
-
Non avevo dubbi.
-
Possibile che non riusciate a parlare come due persone adulte? Siete veramente
insopportabili! – Effie ci rimprovera, interrompendo il nostro botta e
risposta. – Peeta riesce sempre a comportarsi da bravo ragazzo educato, mentre
voi invece… - scuote la testa, demoralizzata. - Cosa devo fare con voi due?
La
domanda di Effie resta senza risposta, perché nell’esatto istante in cui tace
entriamo nel tunnel che divide Capitol City dal resto di Panem. Tempo dieci secondi,
e siamo giunti a destinazione.
Come
nella stazione del Distretto 12, anche qui non sono presenti telecamere,
giornalisti o persone ad accoglierci. Niente di niente. È meglio così, in
fondo, che essere circondati da un branco di idioti che ti indicano e osservano
come se davanti avessero degli animali da mettere in mostra allo zoo, e non dei
semplici ragazzi che vorrebbero essere solo lasciati in pace. Rispetto a pochi
mesi fa, rispetto a ciò che abbiamo visto sul finire del nostro Tour della
Vittoria, è un gran cambiamento. Hanno scelto di sacrificare un sacco di
cose quest’anno, penso. Niente pubblico, niente calca, niente attesa…
sembra quasi che vogliano ignorarci. Mi chiedo se anche agli altri ventidue
tributi abbiano riservato lo stesso nostro trattamento.
Il
treno rallenta la sua corsa una volta che è entrato in stazione e poi si ferma.
Effie scatta subito in piedi.
-
Su, forza, scendete! Non rallentiamo la tabella di marcia! – trilla, afferrandomi
per un braccio. – Ci sono un sacco di cose di cui occuparsi e tutto deve essere
perfetto per stasera! Sarà una-
-
Grande, grande, grande giornata – termino io per lei.
Ad
accoglierci davanti alle sale destinate alla preparazione dei tributi del
Centro Immagine, che io e Peeta raggiungiamo insieme, non ci sono solo i nostri
preparatori, ma anche Cinna e Portia. Di solito gli stilisti intervengono solo
alla fine delle sessioni preparatorie, dopo che lo staff ha già torturato e
reso il tributo bello, appetibile e pronto da servire per lo spettacolo, quindi
trovarli qui davanti è una sorta di sorpresa inaspettata per entrambi.
-
Guardateli, guardateli! – strilla Octavia, indicando me e Peeta. Si
copre la bocca con le mani.
-
Basta così – dice Cinna, il primo ad avvicinarsi a noi. Portia lo segue di pari
passo. Dalle loro facce, capisco che sanno e di certo non è una sorpresa. Credo
che sappiano tutto già da mesi, e non solo da ieri, quando la mia gravidanza è
stata rivelata a tutta Capitol. Credo che sappiano dal nostro tentativo di
annullare gli Hunger Games. Deve essere stata Effie a metterli al corrente
degli ultimi sviluppi: sono anche loro parte della nostra squadra, in quanto
nostri stilisti ufficiali. No, non stilisti: amici. Sono nostri amici.
–
Vi siete proprio impegnati per rendere questa Edizione indimenticabile –
aggiunge Cinna quando ci è di fronte.
-
O si fa per bene, o non si fa per niente – scherza Peeta. Portia lo rimbecca
dandogli un pizzicotto sulla guancia.
Abbraccio
Cinna; lui ricambia la mia stretta e non sussulta quando la mia pancia si frappone
tra i nostri corpi. Il nostro abbraccio non dura molto: Cinna prende le mie
mani e si allontana di poco, facendo scorrere gli occhi lungo tutta la mia
figura. Portia, invece, comincia a girarmi intorno, attenta.
-
Che ne pensi? – chiede alla sua collega.
-
Il tessuto dovrebbe essere abbastanza elastico. Non credo ci sarà bisogno di
allargarlo molto.
-
Cosa dovete allargare? – chiedo stupidamente.
-
Il costume per la sfilata di stasera – mi informa. – Quello di Peeta è
perfetto, il tuo, invece, no. Non sapevo quanto il tuo corpo fosse cambiato,
Katniss – aggiunge davanti al mio sguardo confuso. - Portia mi darà una mano
mentre i ragazzi ti preparano.
-
Mi dispiace – dico in fretta. Ci mancava anche questa. – Non ho pensato ai
vestiti, Cinna.
-
Non devi mica pensarci tu, ai vestiti – sorride, per nulla irritato o sconvolto
per l’inconveniente. – Andate, adesso, o farete tardi.
Le
ore successive sono, al solito, insopportabili. Tutto ciò che riguarda i
trattamenti di bellezza è insopportabile, per me: odio dover essere rivoltata
ogni volta come un calzino solo per poter risultare più carina per il pubblico.
Dovrei essere diventata un’esperta in tutto questo, essendoci passata diverse
volte nell’arco di un solo anno, eppure risulto comunque impreparata davanti
alle reazioni del mio staff. Sono sempre così allegri, di solito, e si divertono
un mondo a torturarmi con le loro cere, cremine e impacchi puzzolenti! Oggi,
invece, le persone che ho davanti agli occhi sono come trasformate. Non ridono,
non urlano eccitati per gli Hunger Games che incombono, non chiacchierano di
cosa organizzeranno per godersi al meglio le emozioni del reality. Sono tristi,
e piangono. Piangono un sacco. Flavius deve continuamente soffiarsi il naso per
evitare che goccioli sulla mia messa in piega – che schifo, aggiungo io.
Octavia lima le mie unghie e sospira, asciugandosi gli occhi di tanto in tanto.
Venia sembra controllarsi un po' di più rispetto agli altri due, ma cerca di
non guardarmi in viso e ha quasi paura di toccare il mio corpo. Le sue mani
tremano quasi di continuo, e le cade più volte la spatolina con cui mescola e applica
le sue creme. È palesemente terrorizzata mentre spalma un leggero strato di
crema lilla sulla mia pancia gonfia, come se potesse esplodere da un momento all’altro
solo toccandola.
Si
sono davvero affezionati a me, e di certo non si aspettavano un retroscena
simile per quest’anno. Non si aspettavano di vedermi tornare là dentro, e di
certo non in questo stato. Forse, Haymitch non aveva tutti i torti sullo scatenare
compassione verso il pubblico che ci guarderà in televisione. È ovvio che come
espediente funziona alla grande. Ma loro mi conoscono, penso, stanno
male per me perché mi conoscono. Mi vogliono bene, anche se nello strano
modo in cui mi vogliono bene loro. È ovvio che siano tristi e spaventati per
me. Devo consolarli di continuo per non vederli singhiozzare e piangere calde
lacrime sul mio corpo, come se stessero contemplando una martire.
Tutto
questo mi lascia parecchio innervosita, così quando finiscono i loro
trattamenti e mi lasciano andare via sono un vero e proprio fascio di nervi. In
accappatoio e pantofoline, vengo raggiunta da Cinna che mi accompagna nella
sorta di camerino preparatorio in cui sono già stata l’anno scorso. C’è un
piccolo tavolo con del cibo pronto da mangiare, ma non ho fame per via del
pranzo abbondante che ho consumato sul treno. E poi, sono troppo nervosa ed
infastidita dai miei preparatori per riuscire a mandar giù qualcosa. Prendo
solo un po' d’acqua.
-
Cosa hanno fatto per renderti così rigida? – mi chiede. Mi fa sedere su una poltroncina
imbottita e, con tocchi decisi, comincia a massaggiare le mie spalle contratte.
È bellissimo.
-
Hanno pianto – lo informo, tenendo gli occhi chiusi per godere meglio della
magia che sta regalando al mio corpo. – Non ne posso più della gente che piange
per me.
-
Io non piangerò per te – mi rassicura. – Gli parlerò, non ti
preoccupare.
Apro
gli occhi e, attraverso lo specchio che ho davanti, gli regalo un accenno di
sorriso. – Grazie.
-
E dimmi… – Cinna mi si posiziona davanti e comincia a preparare un sacco di
cosmetici per truccare il mio viso - …tu e Peeta. Siete giovani per avere già
un figlio.
-
Se è per questo, stiamo anche per morire. E non era previsto un bambino, Cinna.
Io non ne ho mai voluti – gli dico. Posso essere sincera con lui, così come lui
è sempre sincero con me. Ed il tono di voce calmo con cui è solito parlare è
più efficace di qualsiasi urlo od esclamazione di rimprovero.
-
Qualcosa ti ha fatto cambiare idea?
Scuoto
la testa, ma mi ferma perché altrimenti rovinerei il suo lavoro. – Nulla mi
avrebbe mai fatto cambiare idea. Ma…
-
Non avete fatto attenzione – conclude lui per me.
Annuisco.
Non siamo stati attenti. Chissà perché, questo è ancora oggi l’unico
modo che ho per giustificare la presenza di questo bambino nella mia vita. Sono
sicura che esistono al mondo decine e decine di diavolerie al solo scopo di non
riuscire a concepire e prevenire una gravidanza indesiderata, ed io e Peeta non
abbiamo mai, neanche per una volta, pensato a queste diavolerie. Mai. Se solo
fossimo stati più attenti… cosa? Forse, se li avessimo usati, questo bambino
non esisterebbe neanche. Non sarebbe qui, non lo sentirei. E non sono più così
sicura di non volerlo. Di non volerlo sentire scalciare. In me, sono presenti
un mare di sensazioni contrastanti.
-
Errare è umano, Katniss – dice. Mi chiede di chiudere gli occhi per poter
truccare meglio le mie palpebre. – Nessuno dà la colpa a te e Peeta per questo.
Non potevate sapere che sareste tornati di nuovo qui, ai giochi.
Le
parole di Cinna riportano a galla l’esatto motivo per cui è sbagliato avere
questo bambino.
-
No – mormoro. – Ma avremmo potuto evitare tutto questo – indico la pancia. Il
nervosismo va unendosi al senso di colpa e all’umore scombussolato che, da
settimane, invade tutto il mio essere, e di riflesso inizio a piangere. – Avremmo
potuto, Cinna. Lo sto portando a morire insieme a me, ed una madre non lo
farebbe mai. Che razza di madre…
-
Ehi, non rovinare il mio capolavoro! – la sua esclamazione, nonostante tutto,
mi fa sorridere. Con un fazzolettino tampona le lacrime e mi fissa
intensamente, costringendomi ad incrociare il suo sguardo. – Non morirai, mia
cara. Nessuno di voi due morirà.
-
Come fai ad esserne così certo? Non ci credo neanche io…
-
Perché io scommetto ancora su di te, Ragazza di Fuoco – mormora. Bacia, anzi, sfiora,
la mia fronte. – Ora, lasciami finire ed evita di piangere sulla mia opera
d’arte.
Nel
resto del tempo che occorre a Cinna per prepararmi, rimango in silenzio a
vedere il mio viso che si trasforma grazie alle sue mani. Gli occhi sfumati di
nero e oro fanno paura, le guance sono di un rosa acceso, come di chi ha caldo
o ha corso troppo velocemente per troppo tempo, e le mie labbra vengono dipinte
di rosso cremisi, un rosso talmente intenso da sembrare sangue. Questo trucco
mi fa assomigliare ad una dea della guerra. I capelli sciolti, che Flavius ha
domato in onde morbide e definite, vengono lasciati liberi di ricadermi sulle
spalle e sulla schiena; il tocco di Cinna per completare l’acconciatura è una
sorta di diadema nero ed intrecciato a motivo di viticci, che copre tutta la
parte superiore della mia testa.
Mi
toglie l’accappatoio e dimostra una delicatezza estrema mentre mi aiuta ad
entrare nel costume per la sfilata: è un abito aderente, color del bronzo, di
un tessuto elasticizzato la cui gonna copre le mie gambe fino a sopra il
ginocchio, per poi proseguire fino a terra sulla parte posteriore. Ai piedi mi
fa indossare dei saldali con un tacco alto ma portabile, la cui allacciatura
risale per tutto il polpaccio.
-
Come lo senti addosso? – chiede Cinna. Controlla cuciture, allacciature,
cerniere. Si assicura che tutto sia al suo posto.
-
È come non indossare nulla – dico, osservando il mio riflesso. Cinna si è
superato, stavolta. Adoro questo completo. Fascia ogni mia curva e non ne
tralascia nessuna. E, purtroppo, non tralascia neanche il mio ventre rotondo.
Sembro più incinta del solito. A nessuno, nessuno, lì fuori, sfuggirà
questo dettaglio e credo che Cinna abbia cercato di fare in modo che non
restasse nascosto. Tra il trucco, il costume di Cinna e il mio essere una
ragazza incinta, non passerò di certo inosservata.
-
Allora puoi andare – dice, passando un’ultima volta le mani sul tessuto. – Vado
a vedere a che punto è Portia con il tuo compagno.
Libera
di poter già scendere, raggiungo il piano terra, dove c’è l’ampio piazzale in
cui si riuniscono i carri con i cavalli prima dell’inizio della sfilata. C’è
già molta gente in giro, tributi e mentori che si conoscono da anni e che
chiacchierano tra di loro, riuniti in gruppetti allegri. Getto occhiate nervose
in giro per cercare Haymitch, ma sembra che non sia ancora arrivato. Non voglio
essere beccata qui da sola, così, cercando di non cadere camminando su questi
tacchi, raggiungo velocemente il carro su cui campeggia il numero 12. Una
coppia di stupendi purosangue neri lo trainerà durante il tragitto fino
all’anfiteatro cittadino. Allungo il braccio ed accarezzo il collo della bestia
più vicina a me. Sono di spalle, quindi non posso vedere la persona che mi sta raggiungendo,
ma sento i suoi passi decisi. È certamente qualcuno che non vuole essere
ignorato.
Volto
appena la testa e riconosco l’inconfondibile e spettinata chioma color bronzo
di Finnick Odair, il latin lover di Capitol City. Mi osserva, stando a meno di
un metro da me, e sgranocchia quelle che sembrano zollette di zucchero. Cerco
di mantenere gli occhi fissi sulla sua faccia perché il resto del suo corpo
atletico, coperto solo di quella che sembrerebbe, a prima vista, una rete da
pesca dorata, mi mette a disagio. Fortuna che Cinna ha messo già abbastanza
colore sul mio viso, da mascherare così il rossore che mi scalda le guance a
causa del suo essere così sfacciatamente seminudo. Ha un sorriso sornione sul
viso.
-
Vuoi una zolletta? – chiede, porgendomi la mano piena di cubetti
bianchi.
-
No, grazie – dico. Mi giro, tenendomi la pancia con una mano, come se la stessi
proteggendo. – Lo zucchero fa male al bambino – aggiungo. Non ho la più pallida
idea se ciò che ho detto sia una bugia o meno.
-
Allora le voci sono vere – dice, squadrandomi. – Congratulazioni, Katniss.
Dov’è Peeta? Devo farle anche a lui.
-
Sta arrivando – lo informo.
-
Che gran peccato, però! Prima il matrimonio che salta, e adesso questo. Direi
che la fortuna non è dalla vostra parte.
-
Lo è mai stata?
Sorride,
mettendosi una zolletta in bocca. – Bella domanda! Immagino che abbia saltato
qualche giro.
-
Tu, invece, sei fortunatissimo.
-
Se sono qui, insieme a te, vorrà pur dire qualcosa, no? Nessuno di noi è stato
abbastanza fortunato – mangia un altro zuccherino. Alle sue spalle, scorgo
Peeta che esce dall’ascensore insieme a Cinna e a Portia, in un costume dello
stesso colore del mio. Finnick non si accorge del loro arrivo finché non gli
passano accanto.
-
Ah, Peeta! Eccoti qui! Sarà meglio che raggiunga il mio carro – esclama. Fa un
cenno di saluto con la mano e va via. Il retro del suo costume è praticamente
inesistente. Ha le chiappe al vento. Che visione bizzarra.
-
Cosa voleva Finnick Odair? – chiede Peeta.
-
Terrorizzarmi, immagino.
-
Vestito in quel modo?
Ridacchio.
– Ah, ci ha fatto gli auguri per la gravidanza - Peeta mi guarda aggrottando le
sopracciglia. – Lo so, non è stato il massimo…
-
Il costume va davvero bene, Katniss – dice Portia. Riportare l’attenzione sui
nostri costumi scaccia via il pensiero di Finnick.
-
Tenete questi – dice Cinna, porgendoci due piccoli telecomandi neri dotati di
un solo tasto. – Quando siete pronti, premete il pulsante. Stavolta, però, non
voglio da voi sorrisi. Niente saluti, niente sorrisi, niente di niente.
Guardate fisso davanti a voi, come se non vi importasse nulla di dove siete e
di chi vi circonda.
-
Finalmente una cosa in cui sono brava! – esclamo.
Peeta
e Cinna mi aiutano a salire sul carro. Gli inservienti stanno già iniziando ad
allineare i carri per la partenza della sfilata, e Cinna e Portia sono
costretti ad allontanarsi da noi. Restiamo solo io e Peeta, di nuovo bardati
come dei fenomeni e di nuovo in piedi su un carro. Come l’anno scorso. Tutto si
ripete come se il tempo per noi non fosse trascorso… ma allo stesso modo,
sappiamo che è inesatto perché tutto, tra di noi, è cambiato. Ed è bastato meno
di un anno per trasformare il nostro rapporto, per evolverlo dalla semplice amicizia
all’amore.
-
Sei bellissima, sai? – mormora Peeta. Afferra una ciocca dei miei capelli e se
la rigira tra le dita. – Ma sei anche spaventosa.
-
Ti faccio paura? – lo punzecchio, assumendo un’aria da seduttrice che non deve
riuscirmi molto bene perché comincia a ridermi in faccia.
-
Molta paura – sussurra. Si avvicina per baciare le mie labbra, ed io ricambio,
felice di sentirle di nuovo contro le mie. Non c’è stato molto tempo per i
baci, negli ultimi giorni. Questo è il primo vero bacio che ci scambiamo da
giorni interi. Ma per quanto piacevole dura poco, purtroppo. Pulisco la macchia
di rossetto che gli è rimasta sulla pelle, sorridendogli.
-
Ci teniamo per mano anche quest’anno? – chiedo.
-
Sì, sicuramente se lo aspettano da noi. Io, però, pensavo ad altro – ammette.
Mentre il nostro carro inizia a muoversi verso l’uscita, dove risuonano già la
musica dell’inno e le urla della folla, mi avvicina ancora di più a sé e
circonda la mia vita con un braccio.
Per
un momento smetto di essere me stessa ed immagino di vedermi dal di fuori:
immagino di essere una semplice spettatrice e di assistere all’entrata in scena
di due innamorati che, su un carro in corsa, mostrano a tutti coloro che hanno
davanti la portata del legame che li tiene insieme, e lo dimostrano
abbracciandosi. Vedo il ragazzo che, grazie a quel semplice gesto, mostra
l’intenzione di proteggere la sua compagna contro ogni genere di avversità che
gli si paleserà davanti. Questa spettatrice smania, eccitata, nel vederli
solidi come rocce.
Ricambio
il gesto di Peeta e mi aggrappo alla sua schiena, stringo il tessuto del suo
costume tra le dita come se potessi trovare in lui la forza che mi manca per
affrontare la sfilata. Quando stiamo per uscire dalle porte, puntiamo lo
sguardo fisso davanti a noi e premiamo i pulsanti dei telecomandi. I nostri
costumi si illuminano immediatamente, si trasformano producendo degli accecanti
giochi di luce dorati, rossi, arancioni… sembriamo incandescenti come carboni.
Tizzoni ardenti. Cinna e Portia hanno di nuovo realizzato la loro magia
trasformandoci in magnifici elementi di fuoco.
Quando
passiamo, le urla della folla sembrano diminuire di intensità per poi
riprendere vigore, e solo per rimbombarci forte nelle orecchie. Ogni tanto si
percepiscono delle urla e dei fischi di disappunto. Diminuiscono ed aumentano
di continuo, in un altalenante saliscendi che dimostra ancora una volta
l’effetto che abbiamo su chi produce quei suoni. È la combinazione di tutto ciò
che provochiamo: con i nostri sguardi fissi su un punto ignoto, sulla nostra
solidità e serietà che si rifiuta di dare attenzione e di salutare anche la più
piccola persona presente. Così abbracciati, così stretti, riusciamo in qualche
modo a dimostrare la nostra superiorità su tutti loro.
Per
un anno intero, per chiunque qui siamo stati gli innamorati sventurati del
Distretto 12. Capitol City ci ha visto crescere, ci ha visto evolvere in una
coppia ancora acerba che, se non fosse stata costretta dalle circostanze, sarebbe
convolata a nozze davanti alle telecamere e davanti alla nazione intera solo
per il loro piacere. Quel matrimonio non si farà più, ormai. Al posto
dell’evento, dovrà accontentarsi di vederli affrontare di nuovo la morte, di
sfidare altre persone all’interno di un’arena nel tentativo di salvarsi la vita.
C’è qualcosa che va a stonare, in tutto questo, ed è la causa dei fischi che
aumentano a mano a mano che la sfilata avanza, a mano a mano che percorriamo il
tragitto che ci porta all’interno dell’anfiteatro.
La
nota stonata è la presenza silenziosa, innocente, che custodisco all’interno
del mio ventre da più di cinque mesi.
Il
bambino mio e di Peeta è la causa del malcontento che aleggia sull’intera
parata. È una dimostrazione inaspettata, sorprendente, e potente. La stessa
Capitol City si sta ribellando, al solo guardarci, verso tutto ciò che ha
sempre visto, amato e voluto. È qualcosa che nessuno, forse neanche gli stessi
Strateghi, aveva previsto potesse accadere.
Devo
combattere con tutta la mia forza di volontà per cercare di non sorridere.
_________________________
Felici Hunger Games! Scusate l’uscita, ma già che
siamo in tema… *gongola*
Ed ecco anche la mia versione
della sfilata dei tributi. Ho scelto di rievocare i costumi che sono apparsi
nel film perché sono fantastici! Adoro l’outfit di Katniss, adoro in generale
tutto l’effetto che è uscito fuori con quelle fiamme ecc… e non so voi, ma io
ho sempre desiderato vedere per intero il costume (quale costume?) di Finnick. Cioè…
così tanta pelle esposta e loro decidono di tagliarla così? Al cinema si è
visto anche di peggio.
Avete notato il dissapore della
folla? Per forza di cose, non potevo ritagliarlo solo al momento dell’intervista
finale ma dovevo collocarlo molto prima. Perché sì, gli Strateghi – e Snow –
avranno anche deciso di andare avanti scegliendo di ignorare un pupo nell’arena,
ma il resto di Panem non la pensa allo stesso modo. Saranno anche loro ignoranti
e indifferenti, ma non lo sono ai massimi livelli. Ho voluto dargli un po' di
fiducia :)
Per il prossimo cap ho deciso di
fare una scommessa: se vedo che questo cap riceve un certo numero di letture
entro il fine settimana, anticipo l’aggiornamento :) vediamo cosa siete capaci
di combinare!
Un bacione, un abbraccio… e
possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
D.