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Autore: Marti Lestrange    04/09/2020    8 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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15.

CAPITOLO QUINDICI

 

 

«James? Albus?» chiese Teddy. «Cosa ci fate qui?»

«Vi stavamo cercando», iniziò Albus.

«Siamo qui per confessare», concluse James.

 

 

Un’ora prima

La porta si richiuse dietro Teddy Lupin e Roger Davies e Albus si voltò verso Scorpius. Il suo amico se ne stava in piedi, le braccia lungo i fianchi, e lo guardava a sua volta, silenzioso. Albus si mosse verso il letto, come a volersi sedere, ma poi cambiò idea. Si passò una mano dietro la nuca, cercando di riflettere. 

James. Doveva trovare James. 

Quello fu il primo pensiero che lo assalì quando decise di aprire la mente e lasciare che il flusso delle sue idee scorresse libero e rapido come un fiume in piena nel cuore dell’inverno. Vista l’ora, Teddy doveva aver fatto visita al dormitorio di Grifondoro prima di venire da loro, ed era sicuro che fosse stato anche lì, visto che i suoi sospetti erano caduti in prima istanza su James e Rose. Quindi, doveva trovare suo fratello e dovevano parlare. 

Durante tutta la durata della conversazione tra gli Auror e Scorpius, lui aveva osservato, aveva studiato le loro espressioni, e aveva esplorato possibilità ed eventualità con l’occhio critico di uno scienziato, come aveva cercato di fare sin da quando si erano ficcati in quel casino - sin da quando lui aveva ficcato tutti loro in quel casino, cioè. 

Sentire Scorpius che si esponeva per tenere testa agli Auror, che li sfidava e che, forse, attirava su di sé ancora più attenzione di quanta già non ce ne fosse, lo aveva smosso, gli aveva fatto capire che non avrebbero più potuto andare avanti così ancora a lungo, a tirare una corda che ogni giorno di più minacciava di sfilacciarsi e spezzarsi per poi, quando fosse successo, far precipitare tutti giù, in un buco buio e profondo e senza ritorno. Se c’era anche solo la minima possibilità che i suoi amici ne uscissero illesi, allora doveva fare qualcosa; allora doveva agire, prima che fosse troppo tardi per tutti. 

Si girò verso Scorpius, che forse aspettava che lui parlasse e gli dicesse qualcosa, e cercò di risultare perfettamente inintelligibile: il suo amico non doveva capire, nel modo più assoluto, cos’avesse intenzione di fare. 

«Vado a cercare James», disse. 

Scorpius inarcò le sopracciglia. «Credi che sia il caso? Se Teddy vi tenesse d’occhio?»

«Ho la mappa, sono io che tengo d’occhio lui», spiegò, e la tirò fuori dalle tasche dei pantaloni, dove la teneva sempre, per evitare che qualcuno la trovasse - o nell’eventualità che gente come Pucey e Rosier decidesse di frugare tra le sue cose per curiosare o fargli qualche dispetto. «E poi tra poco tutto il castello sarà a cena, non darò nell’occhio.»

«Verrò con te, allora.»

«No», rispose lui, ma ci mise un po’ troppa foga e sperò che Scorpius non si fosse accorto del suo inappropriato scivolone. «È meglio che vada da solo, Scorpius, te lo assicuro», aggiunse quindi per rimediare. «Tu vai a cena e stai accanto a Rose, ti vorrà sicuramente raccontare cos’è successo da loro…»

«Pensi che siano andati anche dai Grifondoro?» Ora che aveva tirato in ballo Rose, Scorpius sembrava ancora più preoccupato, e Albus avrebbe attirato ancora meno la sua attenzione. Quando c’era in ballo Rose, il suo amico non rispondeva di sé. 

«Non lo penso, lo so», ribatté annuendo. «Per questo voglio trovare James, voglio sentire cos’è successo, ma non voglio farlo sotto gli occhi della scuola intera. E Teddy e Davies potrebbero essersi trattenuti per cenare con la preside.»

Scorpius annuì. «Okay, allora io comincio a scendere per andare in Sala Grande. Ci rivediamo a cena?»

Fu la volta di Albus di annuire. «Ci vediamo dopo. E mi raccomando, state attenti.»

«Non preoccuparti per noi, ce la sappiamo cavare», concluse l’amico. Poi uscì dal dormitorio. 

Albus si lasciò cadere sul letto e si prese la testa tra le mani. Aveva tenuto duro finché aveva potuto, ma non ce la faceva più. Sentiva addosso tutto il peso di ciò che era successo e di ciò che era stato fatto - di ciò che aveva fatto - ed era arrivato il momento di scrollarselo di dosso, una volta per tutte, anche a costo di pagarne interamente le conseguenze. Il suo pensiero andò a Cassandra e decise di buttare giù due righe da lasciarle, nel caso le cose si fossero messe male e lui sarebbe stato portato al Ministero quella sera stessa. Strappò un pezzetto di pergamena da un foglio sul quale aveva cominciato a scrivere un tema per Bones (come sembravano lontane e inconsistenti, cose come le lezioni e la scuola, in confronto a ciò che stava per affrontare). 

 

Cassandra,

Ti scrivo queste righe frettolose perché non so quando e se potremo parlarci faccia a faccia, nei giorni che verranno. Volevo solo dirti che tutto ciò che sentirai su di me - al castello, nei corridoi, nelle classi, tutto ciò che verrà detto - è tutto vero. Non sono la brava persona che tu pensi che sia, non sono chi vorresti che fossi. Non vado bene per te, ti rovinerei e rovinerei ciò che di buono hai costruito, e ciò che ancora hai da costruire. Non cercarmi.

 

Albus S.

 

Rilesse velocemente e poi ficcò il foglietto in una busta, sopra la quale scrisse solo “Per C. Zabini”, e poi sgattaiolò verso il dormitorio delle ragazze. Lì davanti, intercettò Rosalie Greengrass. 

«Hei, Alie», la chiamò, come Scorpius era solito chiamarla da quando erano bambini. 

Lei si voltò, sorpresa. Al petto stringeva dei libri e i capelli biondi erano raccolti in una treccia dietro la schiena. Gli sorrise. «Ciao, Albus.»

«Puoi dare questa a Cassandra, per favore?» le chiese tendendole la busta e senza perdersi in formalità. Lei le lanciò un’occhiata e poi aggrottò le sopracciglia. 

«Ho visto Cass rientrare, poco fa, puoi dargliela tu stesso, tra poco scenderà a cena, immagino…»

Albus scosse la testa. «Alie, non ho molto tempo. Puoi dargliela sì o no?»

La ragazza annuì. «Ma certo che posso, io—»

Albus gliela ficcò in mano senza tante cerimonie. «Grazie, davvero. Ora devo andare.»

«Albus!» Si sentì chiamare, ma lui non si voltò. Uscì in tutta fretta dalla sala comune e si fermò in un anfratto semi-buio del corridoio, dove aprì la Mappa alla ricerca di Teddy e James. 

«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni», sussurrò toccandola con la bacchetta. La Mappa si formò e tutta Hogwarts gli si schiuse davanti. In fretta, ne percorse ogni angolo e ogni passaggio, e prima trovò Teddy, che se ne stava nella sua aula in compagnia di Roger Davies, e poi, finalmente, individuò James in un’aula vuota accanto alla torre di Grifondoro. Tenne d’occhio la Mappa per evitare di incrociare qualcuno lungo il percorso e partì. Riuscì a nascondersi a tempo debito da sua cugina Lucy e suo cugino Louis, che venivano giù dal corridoio che conduceva alla torre gesticolando e sussurrando, entrambi concitati, ma nessuno dei due lo notò, nascosto dietro un’armatura. Non appena scomparvero, si infilò nell’aula e chiuse la porta.

«Albus», lo salutò James. Non sembrava sorpreso. Sedeva su un banco impolverato e si passava le mani tra i capelli, visibilmente nervoso. 

«Non sembri sorpreso.»

«No, immaginavo che mi avresti cercato con quella», rispose indicando la Mappa che Albus ancora stringeva in mano. 

«Ah, sì», disse scrollando le spalle. «Fatto il misfatto», sussurrò, ripiegando la pergamena e mettendosela in tasca. Alzò lo sguardo sul fratello, che lo fissava in silenzio.

«Allora? Sono venuti anche da voi, vero?» gli chiese.

Albus annuì. «Sono andati via qualche minuto fa… Ho mandato Scorpius a cena e sono corso qui.»

«Hanno trovato qualcosa?»

«No, niente di niente. Altrimenti tutta la scuola lo avrebbe saputo, suppongo.»

James scrollò le spalle. «Sì, penso anche io. Teddy non avrebbe perso occasione per gridare al mondo di aver risolto questo caso.»

«Sai che non è colpa di Teddy. Non voglio difenderlo, ma nemmeno biasimarlo. Fa il suo lavoro, i coglioni qui siamo noi.»

James annuì e scosse la testa subito dopo. Sembrava quasi divertito. «Mi sa che hai ragione, fratellino. È che prendersela con lui è forse la via più semplice…»

«Non siamo mai state persone da vie semplici, Jamie. Nessuno dei due.»

«Hai ragione di nuovo. Pensavo che tutta questa faccenda si sarebbe sgonfiata e che avrebbero chiuso il caso, sai, per mancanza di prove, ecc ecc…»

«C’è stata una testimonianza oculare, no? Era impossibile che venisse chiuso, alla luce di essa…» 

«Lo sai chi è stato?»

Albus scosse la testa, aggrottando le sopracciglia. «A denunciare te e Rose? No.»

«Polly Chapman», rispose James, e Albus sbarrò gli occhi. 

«Chi te lo ha detto?»

«Rose. Roxanne l’ha sentita parlare con Fredericks… Pensano che lo abbia fatto per colpa mia, capito? Perché piaccio a Polly e quando lei mi ha visto con Cait, allora ha deciso di vendicarsi dicendo a Teddy di aver visto Rose venirmi a chiamare, quella sera…»

Albus si passò una mano sugli occhi. «Non ci posso credere, quella stronza.»

«Già.»

«In un’altra occasione mi sarei fatto una grassa risata, ma abbiamo problemi più gravi della cotta della Chapman per te, temo.»

«Non preoccuparti, è come se mi avessi riso in faccia comunque», rispose James rimettendosi in piedi. Gli scappò un ghigno e Albus non lo aveva mai visto così, con quella luce strana negli occhi. Quasi gli faceva paura.

«Albus», iniziò mettendoglisi di fronte. «Mi è rimasta un’unica cosa da fare, e credo proprio che la farò, ma prima devo sapere dove l’hai nascosta.»

Albus non capì immediatamente a cosa si stesse riferendo il fratello, e lo guardò, incerto. «James? Cosa…?»

«La bacchetta di Jenkins, Albus», spiegò. «Dove la tieni? Devo saperlo.»

«Devi saperlo perché…?» chiese cauto. Cominciava a mettere insieme i pezzi del puzzle e l’immagine che si stava formando non gli piaceva affatto. 

James alzò gli occhi al cielo. «Non farmi domande, Albus.»

«Te le faccio eccome, le domande. Voglio sapere a cosa ti serve saperlo.»

«Non credo di dover discutere le mie decisioni con te.»

«Vuoi confessare, vero?» gli chiese quindi. James si immobilizzò e rimase a guardarlo, ed era uno sguardo di pietra, quello che gli rivolse da dietro gli occhiali ordinati. Albus vi si specchiò e rivide se stesso. «Andremo insieme, allora. Se così dev’essere, lo faremo insieme.»

James scoppiò a ridere. Fu una risata da pazzo, la sua, stridula e alta, e Albus sobbalzò. «Ma ti senti quanto fai ridere? Tu non verrai da nessuna parte, anzi, te ne andrai a cena e farai finta di niente, va bene?»

Albus scosse la testa. «Non sono più un ragazzino, non puoi dirmi cosa fare e dove andare. Verrò con te. O insieme o niente.»

«E come pensi di fermarmi? Con la magia o con la forza?»

«Non ti fermerò, Jamie, perché andremo insieme. Non intendo sentirti insistere oltre.»

James gli diede le spalle e per un attimo Albus temette che si rigirasse e gli scagliasse addosso qualche incantesimo, solo per fermarlo. Ma poi gli venne in mente che non sapeva dove fosse la bacchetta, e non sarebbe andato da Teddy e Roger senza quell’informazione. 

«Non è colpa tua, Jamie», aggiunse, guardandolo percorrere a grandi passi l’aula spoglia e grigia. «Io ti ho chiamato, ti ho condotto lì e ti ho chiesto aiuto. È solo colpa mia se Karl è morto, nulla di tutto questo sarebbe successo se non avessi deciso di riunire il gruppo e scendere nel parco. Sei stato coinvolto perché te l’ho chiesto io

«Io ho Trasfigurato il corpo, Albus, lo vuoi capire?» esplose l’altro girandosi verso di lui. «L’ho Trasfigurato e l’ho gettato nel Lago Nero. Sono stato io, non tu

Tra loro calò il silenzio, mentre James riprendeva a camminare. «Per questo devi dirmi dove hai messo la bacchetta. Non voglio che qualcuno di voi finisca coinvolto, non è giusto…»

«Rose è già coinvolta, James. Polly l’ha vista, no? Quale spiegazione darai, eh? Cosa ti inventerai con Teddy, a riguardo?»

James rimase a guardarlo, e forse si rese conto che Albus aveva ragione. Così lui continuò: «Te l’ho chiesto io, James. Ho mandato Rose a chiamarti e ti ho coinvolto in questo casino, e se c’è una persona che tirerà fuori tutti voi da questa storia, quella persona sono io.»

James lo guardò ad occhi sbarrati, incredulo. «Sei pazzo?»

Albus scosse la testa. «Non sono mai stato più lucido, da quando è successo tutto quanto. Dirò che Karl mi ha attaccato, io ho risposto ed è colpa mia se è morto, e che ti ho mandato a chiamare perché non sapevo cosa fare e ti ho supplicato di Trasfigurarne il corpo e buttarlo nel lago.»

«E Rose?»

«Dirò che era scesa con me. Eravamo in giro e Karl ci ha scoperti… E da lì è partito tutto. Probabilmente la puniranno per non aver parlato, ma ne uscirà bene. Farò in modo che credano che ti ho obbligato io a fare ciò che hai fatto, non devi preoccuparti.»

«Intanto, la tua storia fa acqua da tutte le parti, Albus. Come mi avresti costretto, tanto per cominciare? Con la Maledizione Imperius? Lanciata da un sedicenne? Fa ridere solo a sentirlo qui, figuriamoci davanti ad una corte… E sei uno stupido se pensi che te lo lascerò fare, anche solo per un momento.»

I due fratelli si guardarono e Albus lesse negli occhi di James un’estrema e assoluta convinzione. Credeva in quello che aveva detto e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea. 

«Però possiamo fare un’altra cosa, come ti ho già detto», disse quindi. «Possiamo andare a confessare entrambi.»

Calò nuovamente il silenzio, durante il quale sembrò che entrambi stessero soppesando quella possibilità, e le sue implicazioni. 

«Siamo in un vicolo cieco, Jamie. Tu non andrai a confessare perché non ti dirò mai dov’è la bacchetta, e io non andrò perché non mi crederebbero. Solo insieme possiamo ricostruire tutto quanto. Pensaci», aggiunse davanti alla sua espressione dubbiosa. «Non c’è altra scelta. Non c’è mai stata, altra scelta. Fin dall’inizio.»

«L’affronteremo insieme?» chiese James, cauto. 

Albus annuì, deciso. «Come abbiamo sempre affrontato tutto, fratello.»

James ora lo guardava con occhi incerti, ma erano lucidi, ed erano stanchi, erano occhi di chi non dormiva da giorni, occhi di chi non riusciva a guardarsi allo specchio, occhi arresi e occhi spenti. Occhi persi. Gli stessi che lui vedeva riflessi nello specchio ogni giorno, da quel due gennaio. 

Albus gli tese una mano, che James fissò sorpreso, ma che poi prese con un sorriso. Albus allora lo tirò a sé e lo abbracciò e James ricambiò, stringendolo a sua volta, e rimasero lì, a tenersi in piedi a vicenda, come avevano sempre fatto, come i fratelli facevano, come era giusto. 

Si separarono e si guardarono, e ora Albus poteva leggere decisione, negli occhi dell’altro, e sapeva che anche James poteva leggerla nei suoi. Ogni paura era sparita. Ora sapevano cosa fare - lo avevano sempre saputo. 

 

 

«James? Albus?» chiese Teddy Lupin, girandosi a guardare il suo collega, che a sua volta assisteva alla scena a bocca aperta. «Cosa ci fate qui?»

«Vi stavamo cercando», iniziò Albus.

«Siamo qui per confessare», concluse James. 

Il viso di Teddy quasi si pietrificò. La bocca rimase leggermente dischiusa, come se fosse lì lì per parlare, ma poi avesse cambiato idea, e la mascella gli si irrigidì. Le guance si colorarono di rosso e i capelli assunsero un’allarmante tonalità aranciata. James non gli aveva mai visto quell’espressione dipinta in faccia, un misto tra la sorpresa e lo sbigottimento, l’incredulità e il sospetto, quasi come se non ci credesse, non fino in fondo, e temesse che lo stessero solo prendendo in giro, come in un gioco perverso. Ma James aveva smesso di giocare, e aveva smesso di scappare e di nascondersi: era intenzionato ad uscire allo scoperto, abbassare le difese e parlare. 

«Non credo di aver capito bene…» cominciò quindi Teddy grattandosi il mento. James lo capiva: stava cercando di razionalizzare. 

«Sarà meglio entrare», intervenne Albus accanto a lui e, poggiandogli una mano aperta sulla schiena, lo sospinse con insolito garbo dentro l’aula e chiuse la porta, mentre i due Auror assistevano alla scena. Roger Davies era rimasto lì dov’era, e sembrava messo molto peggio del suo amico. 

Si avvicinarono alle improvvisate scrivanie e presero posto senza essere invitati, e James sospirò: non era mai stato più stanco in vita sua, ma immaginò che la serata fosse solo agli inizi. 

«Possiamo cominciare, no?» chiese di nuovo Albus, e sembrava impaziente, scalpitante quasi. Non vedeva l’ora di dire ciò per cui erano venuti, e forse pensava che poi si sarebbero svegliati, di soprassalto, sì, ma si sarebbero svegliati e avrebbero scoperto di aver sognato tutto quanto.  

«No no no, fatemi capire bene, voi due», esclamò Teddy avvicinandosi e riprendendo il controllo della situazione - i capelli però erano rimasti arancioni. «Piombate qui come due Schiopodi inferociti e sparate la più grande cazzata del nostro secolo? Come sarebbe a dire, “confessione”?»

Roger si era seduto e li fissava, sempre silenzioso e assorto. James invece sospirò, appoggiò i gomiti sul ripiano in legno e si voltò verso Teddy. 

«Nessuna cazzata, Teddy. Hai sentito bene: vogliamo confessare.»

Teddy scosse la testa. «Credo che voi non abbiate ben chiara la situazione… Una confessione è una cosa seria, e noi non abbiamo tempo da perdere…»

«Neanche noi», disse Albus guardandolo con occhi cupi. 

«Non siamo mai stati più seri di ora, Teddy, te lo giuro», aggiunse lui. «Non vogliamo farvi perdere tempo, vogliamo solo dirvi come sono andate le cose. Potete ascoltarci, per cortesia?»

«Teddy», intervenne Roger, ritrovando l’uso della parola. «Credo che facciano sul serio…»

Teddy annuì lentamente, grattandosi nuovamente il mento. «Molto bene», concluse prendendo posto di fronte a loro. Afferrò un foglio di pergamena e la Penna Prendiappunti, succhiò la punta della penna e posò entrambi sul tavolo. «Siamo tutto orecchi, allora.»

James lanciò un’occhiata ad Albus, che gliela restituì annuendo, risoluto e incoraggiante. Si erano messi d’accordo che avrebbe parlato lui, così fece un bel respiro e puntò gli occhi su Teddy.

«La sera del due gennaio mi trovavo nella mia sala comune», iniziò. La penna cominciò a sfrecciare sul foglio, insieme con le sue parole. «Stavo ripassando per un test e ad un certo punto, era tardi, non ricordo l’ora precisa, Rose è arrivata trafelata dal corridoio e mi ha chiesto di seguirla.»

Teddy lo ascoltava silenzioso e serio e concentrato. Albus accanto a lui se ne stava zitto, ma muoveva il piede destro con nervosismo, battendo con foga sul pavimento in pietra. Roger era poco distante da Teddy, le braccia incrociate sul petto. 

«Era piuttosto nervosa, Rose, e aveva fretta che la seguissi. Allora sono andato nel mio dormitorio a prendere il Mantello dell’Invisibilità, è così che Rose e io abbiamo raggiunto il Lago senza essere visti», continuò sospirando. «Una volta arrivati, abbiamo trovato Albus, che però non era solo. Ai suoi piedi c’era un corpo… il corpo di Karl… Era senza vita, quando io sono arrivato, e Albus…» lanciò un’occhiata al fratello, i cui occhi lampeggiavano di qualcosa di molto simile all’angoscia e alla paura, un po’ come quando lo aveva visto quella sera, in piedi sopra al cadavere di Jenkins, «be’, Albus era dannatamente spaventato, com’è ovvio. Gli ho chiesto spiegazioni e lui ha detto che Jenkins lo ha sorpreso in giro per il parco, che hanno discusso, Jenkins lo ha attaccato, ed è come se si fosse Schiantato da solo… Da ciò che è emerso successivamente dalle vostre indagini, abbiamo avuto conferma dei nostri dubbi: la sua morte è stata provocata da un ritorno di fiamma della sua stessa bacchetta.»

Teddy annuì, ma non disse niente, preferendo che lui continuasse a parlare. 

«Ovviamente, ero incredulo… Lì per lì nessuno di noi sapeva cosa fare, né cosa dire… Non avevamo la giusta percezione di ciò che avrebbe potuto aiutarci e di ciò che, invece, ci avrebbe portato sulla strada sbagliata… È per questo motivo che ho deciso di Trasfigurare il corpo di Karl.»

Nella stanza calò il silenzio. James si passò una mano sul viso,  sotto gli occhiali e sugli occhi stanchi, e sospirò.

«Sia messi agli atti che so di aver fatto una cazzata. Una cazzata enorme. Ma l’ho fatta mosso dalla paura… e dalla preoccupazione… e dal panico. Mio fratello era coinvolto, e volevo solo trovare una soluzione che lo tenesse al sicuro, ma mi rendo conto di aver solo peggiorato le cose, così. Non l’ho aiutato, l’ho solo reso più colpevole. Sono il fratello maggiore, avrei dovuto sapere cos’era meglio per lui, ma ho fallito…»

Albus allungò una mano e la poggiò sul suo braccio e i due si scambiarono un pallido sorriso, teso, viste le circostanze. 

«Credo di dover aggiungere alcune cose», prese quindi la parola Albus. «Per rendere il quadro più completo.»

«Prego», rispose Teddy annuendo.

«Quella sera ho deciso di uscire», iniziò quindi mettendosi meglio a sedere sulla sedia. James si girò per vederlo meglio in viso. «Lo so che non avrei dovuto, e ammetto che non era la prima volta che lo facevo… mi piace scorrazzare per il parco con il buio. Ma quella sera è andato tutto storto. Jenkins mi ha probabilmente seguito, oppure mi ha visto uscire mentre era di pattuglia nei corridoi, ancora non l’ho capito, sta di fatto che me lo sono ritrovato addosso, e ha cominciato ad accusarmi e a minacciare che mi avrebbe portato dalla preside. Io ho provato a ragionare, ma lui non me ne ha dato modo: mi ha lanciato addosso un Incantesimo Incarceramus, probabilmente aveva intenzione di legarmi per scortarmi dalla McGranitt… non lo so…»

Albus si passò una mano dietro la nuca e chiuse per un attimo gli occhi. James sapeva quanto gli costasse raccontare tutto quanto, ma sapeva anche che stavano facendo la cosa giusta, per la prima volta da settimane. 

«L’ho schivato, e ho provato a disarmarlo, ma lui ha parato il mio incantesimo. È stato quello il momento in cui tutto è andato a rotoli… Karl mi ha disarmato, la mia bacchetta è volata via, e allora ha provato a Schiantarmi. Peccato che il suo Schiantesimo gli sia tornato indietro… Non so come e non so perché, ma è quello che è successo.»

Teddy lo ascoltava con le sopracciglia inarcate per la sorpresa, ma non disse niente, non ancora. 

«A quel punto non sapevo veramente cosa fare… Sono stato preso dal panico e sono corso verso il castello, forse pensando che qualcuno mi sarebbe giunto in soccorso… Allora ho incontrato Rose, e l’ho mandata a chiamare James… Mio fratello ovviamente è corso in mio aiuto», e gli lanciò un’occhiata, e fu James, ora, a mettergli una mano sul braccio, per incoraggiarlo a continuare. «Ha Trasfigurato Karl in una pietra, ma sono stato io a gettarlo nel Lago, così come sono stato io a coinvolgere sia James, sia Rose, non c’è nessun altro che meriti di essere punito più di me…»

«Riguardo alla punizione, nessuno di noi è in grado di deciderla», replicò Teddy. «E comunque non ora.»

«Voglio solo sia chiaro: la colpa è mia», ripetè. 

«La colpa è mia, invece», intervenne James. «Non saresti stato in grado di Trasfigurare un corpo, sono stato io a farlo, no?»

«Okay, okay, basta così», disse Teddy riportando un po’ di ordine e alzando le mani davanti a loro. Si zittirono entrambi. «Eravate solo voi tre, eh?» chiese quindi, guardandoli dubbioso. «Ne siete sicuri?»

Sia lui, sia Albus annuirono. Avevano convenuto che non sarebbero stati in grado di scagionare Rose al cento per cento, purtroppo la Chapman l’aveva vista andare a chiamare James e chiedergli di seguirla, ma almeno avrebbero cercato di non coinvolgerla tanto quanto effettivamente era coinvolta, mentre gli altri - Scorpius, Roxanne e Caitlin - sarebbero stati lasciati fuori dai giochi. 

Teddy li guardava poco convinto, ma poi finì per annuire, come a voler dire “mi basta, per ora”. 

«C’è solo un ultimo dettaglio da chiarire: dove si trova la bacchetta di Jenkins?»

James si voltò verso il fratello, che però guardava Teddy, risoluto. 

«Vi ci porterò», disse quindi. «Vi porterò dove l’ho nascosta.»

 

 

Uscirono tutti e quattro dall’aula. Albus era in testa, Teddy lo seguiva, poi veniva James e infine Roger, a chiudere quello strambo corteo. Tutti gli altri studenti erano già rientrati nelle rispettive Sale Comuni dopo la cena e nella Sala d’Ingresso adiacente non volava una mosca. Si sentiva un canticchiare sommesso e gracchiante provenire dall’ufficio di Gazza, e una luce tenue filtrava da sotto la porta semi dischiusa. 

Albus fece un bel respiro, pronto a guidare gli altri fino alla Stanza delle Necessità, dove avrebbero recuperato la bacchetta di Jenkins e forse, forse, tutta quella storia sarebbe finita. In realtà sapeva che era appena iniziata, ma in quel momento non voleva pensarci troppo. Una cosa alla volta, Albus, una cosa alla volta. 

E poi lo vide. Probabilmente lo vide solo lui e nessun altro, semi nascosto, mezzo al buio e mezzo alla luce, accanto al passaggio che portava ai sotterranei: Scorpius. Che cazzo ci faceva lì? Lo aveva seguito? Forse non lo aveva visto a cena e aveva deciso di aspettarlo? Forse aveva capito cos’era andato a fare? In fondo, era il suo migliore amico. Si erano sempre letti come un libro aperto, loro due. 

Si guardarono per un lungo istante, e ad Albus sembrò quasi che lo spazio e il tempo si fossero dilatati, che tutti loro stessero camminando al rallentatore, e che quel momento sarebbe durato un’eternità. In quello sguardo, lui e Scorpius si dissero molto più di quanto si sarebbero detti a parole. Tutto finì quando quasi inciampò sul primo gradino dello scalone di marmo e Teddy allungò un braccio per sorreggerlo. Un attimo dopo, Scorpius era scomparso, e Albus si chiese se non se lo fosse solo immaginato. 

 

 

Teddy aveva lasciato la bacchetta nella t-shirt dei Cannoni di Chudley che Albus aveva usato per avvolgercela. Le aveva lanciato una lunga occhiata, riconoscendo i segni evidenti di un ritorno di fiamma: il legno era leggermente crepato sulla lunghezza e annerito, come se davvero fosse stato esposto al fuoco1. Ovviamente, nessuno dei ragazzi coinvolti sarebbe stato in grado di riconoscere quei segni. 

Era ancora confuso da ciò che James e Albus gli avevano raccontato poco prima, ma tutto sembrava coincidere e, per la prima volta dopo settimane, il puzzle sembrava aver assunto una parvenza di senso. Solo, era convinto che anche Scorpius, Roxanne e Caitlin fossero presenti, anche solo come testimoni oculari, ma al momento non poteva dimostrarlo e aveva ben altre e più importanti magagne da gestire di quella. James e Albus avevano confessato, lui aveva trovato dei colpevoli, e tanto bastava, per ora. Il resto sarebbe giunto a tempo debito. 

Rimaneva ancora la sorpresa provocata in lui dalle loro parole, l’incredulità quando li aveva osservati, seduti di fronte a lui, e dentro di sé li aveva perdonati, aveva capito che ciò che stavano facendo andava al di là di ciò che c’era di giusto e di sbagliato in tutta quella storia, annullava i loro recenti screzi e le incomprensioni, e tutto ciò che rimaneva erano solo due ragazzini confusi e spaventati che stavano cercando di fare ammenda. Per quanto gli riguardava, aveva apprezzato il loro coraggio, proprio quando pensava che nessuno avrebbe mai più trovato la forza per alzarsi e parlare.

Ora, la prima cosa da fare era recuperare Rose e portarli tutti e tre al Ministero. Avrebbe mandato un Patronus urgente a Hestia per avvertirla e per dirle di informare la Chapman e i genitori, chiarendo loro la necessità di portare con sé un legale. Il pensiero di incontrare Harry in quell’occasione gli accartocciò lo stomaco, ma si disse che ce l’avrebbe fatta, aveva affrontato cose ben peggiori di quella e Harry avrebbe capito, come capiva sempre. 

Stava riflettendo sull’Incanto Reversus, che sarebbe stato sicuramente utilizzato per esaminare le bacchette non solo della vittima, ma anche dei ragazzi coinvolti, quando davanti all’aula scorse quattro persone, ferme in piedi di fronte alla porta chiusa, evidentemente in loro attesa: Scorpius Malfoy, Roxanne e Rose Weasley e Caitlin Finnigan. Capì immediatamente il motivo della loro presenza lì e notò Albus e James farsi guardinghi e quasi irrigidirsi, tesi. 

Una volta raggiunti gli altri, fu Scorpius a farsi avanti. «Immagino che saprai perché siamo qui», disse rivolgendoglisi direttamente. 

«Scorpius…» iniziò Albus, ma l’amico gli fece un cenno e Albus, stranamente, si zittì. 

«Non vi permetteremo di prendervi tutta la colpa», continuò Scorpius rivolgendosi a James e Albus. «Ci siamo di mezzo anche noi.»

Teddy sospirò. «Perché non entriamo così mi spiegate da capo? Tutto quanto, questa volta, grazie.»

 


 

Note:

1. Gli effetti del ritorno di fiamma: non ho trovato nessuna informazione, a riguardo, quindi ho inventato tutto di sana pianta. 

 

Eccoci qui con il penultimo capitolo prima dell’epilogo. Come vi avevo anticipato, siamo tornati leggermente indietro per andare a capire cos’ha spinto i nostri fratelli preferiti a recarsi da Teddy e Roger per confessare tutto e assistiamo ad un bel confronto tra i due, che mette ancora più in evidenza il loro bellissimo rapporto, che so vi piace tanto ♥︎ Andando avanti, assistiamo alla loro confessione, alle reazioni dei nostri Auror, e alla comparsa di Scorpius&co., che decidono di uscire allo scoperto (Scorpius non avrebbe mai e poi mai abbandonato Albus ♥︎).

 

Detto ciò, nel prossimo capitolo torneremo al Ministero e ritroveremo alcune personcine di nostra conoscenza E delle new entry 😏 scioglieremo i nodi e i dubbi e si concluderà il tutto; l’epilogo sarà quasi una parentesi a parte, una conclusione che però lascerà aperte numerose porte 👀

 

Io vi ringrazio come sempre, ci stiamo avvicinando alla fine e non sarei qui senza di voi ♥︎

 

Alla prossima settimana, Marti.

   
 
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