Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: manpolisc_    07/09/2020    1 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 31

21 agosto.
Apro gli occhi, godendo dei raggi del Sole che entrano timidamente dalla finestra ed arrivano ad illuminarmi il volto. Avrei mugolato per il fastidio in altre occasioni, senza la benché minima voglia di alzarmi dal letto, ma oggi non vedo l'ora di uscire con Jackson. Abbiamo deciso di fare un picnic perché, dopo tutto quello che è successo nei primi mesi estivi, e le varie uscite di caccia ultimamente, abbiamo proprio bisogno di una giornata tranquilla. Per le ultime settimane di luglio, dopo la festa di June, abbiamo anche continuato gli allenamenti senza saltare neanche un giorno. È ammirevole il modo in cui adesso riesca a controllare gli elementi grazie ai suoi consigli: non in maniera perfetta, neanche del tutto efficiente, ma è già un passo avanti. Sapevo già che l'essere Elementale non è ereditario, ma dipende dal modo in cui ci si rapporta alla realtà e, a volte, è anche puro caso. La settimana scorsa, infatti, Jackson mi ha raccontato di un suo amico Ondino i cui genitori sono completamente umani, a differenza sua. Mi ha anche chiarito le diverse caratteristiche di ogni Elementale, dato che L'Enciclopedia dei Mostri purtroppo non contiene tutte queste informazioni. Tutti riescono a controllare i quattro elementi ma, in base a quello che prevale su ogni persona, si ha una diversa abilità speciale. Gli Ondini riescono ad assorbire l'acqua, non in grande quantità però, altrimenti scoppierebbero; gli Gnomi provocano terremoti; le Silfidi formano bolle d'aria e le Salamandre possono produrre fuoco da sole, senza che ci sia una fonte di calore preesistente, ma facendo affidamento sul movimento delle molecole, o qualcosa del genere. Se Jackson deve spiegarlo in termini scientifici, fa una confusione assurda, quindi ho lasciato stare. La cosa più interessante è che, ad esempio, una Silfide non deve cominciare dalle basi per imparare a usare il proprio elemento in quanto, essendo legata a esso, riesce meglio a controllarlo. Tutto ciò che deve fare è esercitarsi. Personalmente ci ho messo un po' per riuscire a utilizzare l'aria: è l'unico elemento con cui ho ancora difficoltà, ma Jackson mi ha rassicurato dicendomi che è normale. Tra l'altro non posso neanche lamentarmi di ciò, dato che lui ne controlla solamente due: l'acqua e la terra, anche se non so ancora perché, non gli ho voluto chiedere il motivo. Già quella volta, durante la nostra uscita al cinema, sembrava parecchio turbato di parlarne. Un'altra cosa che mi ha spiegato è che, una volta superati i diciotto anni, viene più difficile cominciare a sviluppare un controllo sulla natura e, in vari casi, molti ragazzi non ci riescono più.
All'inizio dell'estate non immaginavo che la mia vita potesse mutare così radicalmente. Avevo sempre desiderato cambiare città, addirittura Stato, per ricominciare da zero dove nessuno mi conoscesse, dove la gente non ridesse di me se la "Pazza" era in circolazione, dove non giudicasse prima di conoscermi, ma questo posto non esiste, purtroppo, e so che dovrò lottare contro i pregiudizi delle persone ovunque vada. Jackson, nell'ultimo periodo, mi ha aiutato un sacco con gli elementi, mi ha insegnato a diventare sul serio ciò che sono e che per molto tempo non avevo capito. Davvero non saprei cosa fare se lui non ci fosse, ma devo ringraziare soprattutto Harry che mi ha dato quella spinta che mi serviva. Non so se la mia vita mi piace adesso. Credo che mi stia abituando, ma con essa ho comunque un rapporto di amore-odio: andare a cacciare, col dubbio di non tornare a casa, è una sensazione abbastanza forte che, pur mettendo da parte, mi rimane incollata addosso. D'altro canto, la apprezzo più di prima. Mi ha facilitato diverse cose, specialmente quando bisogna riscaldare qualcosa.
Mi tiro su e mi stiracchio prima di controllare l'orario sullo schermo del cellulare, sul comodino. Sono le undici e mia madre tornerà tra poco. Come ogni mercoledì, va a fare la spesa prima di cucinare. Il nostro rapporto è un'altra cosa che è cambiata. Non smetto di volerle bene, ma comunque so che nulla tornerà come prima, quando ancora mi fidavo completamente di lei. Ora non fa più così tante storie da non lasciarmi andare dove voglio e, se rientro sporca o con qualche graffio, mi sorride solamente, felice che sia viva. Non fa domande, ma so che nasconde solo la preoccupazione. Non parliamo mai della caccia ai mostri o degli elementi. Se ho qualche domanda, Jackson è sempre pronto a darmi una mano e mia madre ormai si è arresa al fatto che lui faccia parte della mia vita. Insieme con Albert, con cui mi vedo ogni tanto, sono gli unici che mi capiscono davvero, e non può allontanarmi da loro. Il rapporto tra mia madre e mia zia, invece, è stranamente migliorato, ma credo che usi la maga (sì, mia zia mi ha corretto sulla parola errata con cui la definivo) solo per tenermi d'occhio in segreto, ma a me va bene così. In fondo la capisco: è comunque mia madre, e non posso di certo impedirle di non preoccuparsi per me. In ogni caso, l'ho perdonata, in un certo senso. È stato scorretto avermi tenuto nascosta una verità così grande, ma lei sapeva prima di me i rischi cui potrei andare incontro, e non posso arrabbiarmi in modo esagerato per il fatto che volesse proteggermi.
Scendo giù e trovo il suo solito bigliettino del buongiorno, ma non mi ha preparato la colazione, e devo occuparmene io. Gli altri giorni avrei sbuffato e me ne sarei tornata a letto, ma oggi mi sento stranamente bene. È stata la prima notte in cui non ho avuto incubi o sogni insoliti e durante la quale mi sono potuta riposare sul serio.
Mi affaccio alla finestra che si trova sopra il lavello e mi sporgo a guardare il giardino della vecchia casa abbandonata. Mia zia si è occupata dell'intera faccenda, ma non ha voluto il mio aiuto. Ciononostante, mi ha comunque informato su diverse cose. Prima di tutto, sullo spirito che continuava ad avvertirmi attraverso piccoli indizi, soprattutto alla commemorazione di Ramsey Kansas. Quella donna vestita di rosa, che passò sotto casa mia in quella giornata di pioggia prima che Jackson arrivasse, è la stessa che ritrovai seduta accanto a me durante quella messa. Ora capisco perché mia madre mi guardò in modo strano: lei non riusciva a vederla. La donna era la moglie di uno degli uomini morti sotto il ramo e che, successivamente, si suicidò dopo essere caduta in depressione, non essendosi mai ripresa dalla perdita subita. Non sono rimasta così turbata quando mi ha detto che ho parlato con uno spettro, forse perché non ho realizzato ancora, oppure perché la possibilità di essermi trovata in una situazione del genere sta cominciando a sembrarmi davvero una cosa normale.
Al posto dell'enorme albero, che si trovava lì fino a due giorni fa, mia zia ha fatto spuntare un piccolo germoglio, volendo comunque far ricrescere l'arbusto. Mia madre mi ha detto che il sindaco ha firmato un documento per ristrutturare la casa che ospiterà una futura famiglia, ma i lavori inizieranno solo a settembre. Quindi, fino all'anno prossimo, l'abitazione rimarrà la solita vecchia casa infestata dai fantasmi del passato. Credo che, il giorno in cui Ramsey Kansas morì, Delice abbia visto quella stessa identica donna dietro la finestra.
Solo dopo aver scoperto che dietro la faccenda dell'albero c'era June, ho capito perché nel sogno quel ragazzo fosse biondo, come Jackson, e la ragazza avesse i capelli ricci e rossi, come quelli di June: in qualche modo, la mia mente cercava di avvertirmi. Non capisco come funzioni, tantomeno i miei sogni dato che non potevo sapere di tutta quella storia, ma avevo una pista, sebbene fosse inutile poiché non ci sarei mai arrivata. La cosa di cui mi meraviglio è il piano che June aveva architettato, perfino la parte riguardante il dire a Jackson che Harry fosse in ospedale per assicurarsi che il dampiro non fosse morto, altrimenti non sarei mai andata alla sua festa se lui non avesse voluto vendetta. Ha organizzato e predetto tutto nei minimi dettagli, glielo devo riconoscere, nonostante stessi per morire. Ora, però, non devo più preoccuparmi di Imogen, dato che passerà la sua vita in una gabbietta nel salotto di zia Tess. Da un lato è stato meglio lasciare che zia si occupasse di questo: ognuno deve combattere le proprie battaglie, e questa non era la mia. Per lo stesso motivo, non ho voluto dire nulla a Jackson riguardo quella specie di fantasma a casa di Delice.
Ho anche scoperto chi mi ha dato l'Enciclopedia dei Mostri, ovvero mia zia. Quella sera, quando c'era anche Luke in casa, il fatto che cercasse mia madre era solo un pretesto per lasciarmi il libro sul tavolo. Non lo avrebbe mai tolto dal suo scaffale, ma a lei non è mai servito sul serio, e aveva capito che sarebbe stato più utile a me, invece. Ormai non poteva più cercare di farmi distaccare da questa nuova realtà. Mi sono sentita anche un po' stupida quando mi ha confessato di aver solo giocato col nome di Nivek Jenkins, trasformandolo in Jensen Kiven, per tenere tutto nascosto. Poi, anche Albert mi ha informato su ciò che è successo la sera della festa, dopo che fu costretto a lasciarla pur di allontanare i folletti, altrimenti avrebbero causato guai seri. In poche parole, è riuscito a distrarli fino al bosco con diversi pacchi di patatine alla paprika. Quindi, non ho nient'altro da sapere su tutta questa faccenda.
Colloco un bicchiere sotto il rubinetto del lavandino per riempirlo, poi chiudo l'acqua. Questa mattina non ho molta fame, soprattutto sapendo che Jackson potrebbe portare tutto il cibo presente nel suo frigo. Quindi mi limito a bere prima di salire su per andare a cambiarmi. Una volta indossata una canotta bianca, una camicia a quadri blu sopra che lascio aperta, i pantaloncini di jeans e delle Converse bianche, prendo il cesto con dentro dei sandwich che avevo preparato la sera prima ed esco. Attraverso la strada quasi correndo, non vedendo l'ora di aiutarlo a prendere le ultime cose e andare nel bosco a pranzare. Nelle ultime settimane il nostro rapporto è migliorato: passiamo quasi tutta la giornata insieme, cacciando o semplicemente per farci un giro, ma comunque non posso considerarlo un migliore amico. Delice rimane sempre la prima anche se, quando usciamo, alcune volte ci raggiunge anche Albert Sanchez. Lui non è male, anzi è molto solare e simpatico ora che lo conosco un po' meglio, anche se la bionda ogni tanto prova un po' di gelosia se l'Ondino viene con noi, dato che io e lei passiamo poco tempo insieme rispetto a prima.
Dopo aver aperto il cancello ed essere entrata, vedo la porta d'ingresso spalancata, ma nessuno sulla soglia o fuori in giardino. Mi avvicino cautamente a essa, attraversando il viale. La macchina non c'è, ma non credo siano usciti senza chiudere.
- Cerchi Mitchell? - Chiede la signora Moore oltre la recinzione metallica, nel giardino della casa a fianco. Il gatto continua a girarle intorno, aspettando la sua porzione di cibo. Mi meraviglio che non sia obeso. È triste invece non vedere più Skah qui intorno il giorno. La settimana scorsa è stato ucciso durante una caccia. Non ero legata a quel gallo, l'Aitvaras, poiché non gli sono mai andata tanto a genio, però comunque mi dispiace.
- Ehm sì, dovevamo vederci, ma a quanto pare non c'è. - Accenno un sorriso cortese, giusto per essere gentile, ma non mi piace per niente quella donna. Deve sempre farsi i fatti degli altri e non pensare mai ai suoi.
- Siete carini insieme. - Afferma mentre si siede rumorosamente sulla sua sedia. Sospiro e lascio perdere i suoi commenti, non essendo la prima volta che ne fa uno del genere. Io e Jackson passiamo molto tempo insieme, ma non ho mai pensato a noi due in quel modo. Non più, almeno. Ora che l'ho conosciuto meglio, non sento le stesse cose di prima: solo un semplice affetto nei suoi confronti. Non perché sia male come ragazzo, anzi: alla fine è davvero gentile e sa sempre come aiutarti, solamente mi sono resa conto che tra di noi può esserci solo amicizia.
- Per l'ennesima volta, non siamo una coppia, Mrs. Moore. - Dico nel modo più gentile possibile. Sono sul punto di entrare in casa e magari salutare cordialmente la madre con un "Buongiorno, Lizzie", ma la mia attenzione viene richiamata dalla simpatica vecchietta ficcanaso.
- Però eri gelosa di June. - Lei mi sorride in modo arrogante prima di riprendere a leggere la sua rivista sul giardinaggio. La guardo male, trattenendomi dal risponderle in modo scortese. Nello stesso momento, Jackson parcheggia la Jeep nera al bordo della strada.
- Sharon. - Mi chiama appena chiude lo sportello della macchina. Cammina verso di me ancora sotto lo sguardo della vecchietta.
- Pensavo fossi in casa visto che la porta è aperta. - Gli sorrido e gli mostro il cesto. - Hai svuotato tutto il frigo? - Le sue labbra sono una linea sottile e sul suo volto non compare neanche un mezzo sorriso, ma continua solo a guardarmi con occhi spenti, senza tralasciare nessuna emozione. Mi sembrava strano che l'ultimo periodo fosse stato fin troppo tranquillo, in effetti.
- Non posso più venire al picnic con te, mi dispiace. -
- Che cosa è successo stavolta? - Chiedo mentre incrocio le braccia al petto. Sono giorni che non si vedono mostri in giro e mi avrebbe già informato se ce ne fossero stati.
- Cose che non potresti capire. - Si stringe nelle spalle, noncurante. Odio quando fa così, quando mi tratta come una bambina a cui non bisogna rivelare i segreti dei grandi. Mi è già capitato ultimamente con mia madre, e non voglio che accada la stessa cosa con lui. Ormai so tutto, che cosa non potrei capire? Come se fosse più in gamba lui, poi. Se fosse stato quel genio che dice di essere, si sarebbe accorto che June era un mostro come gli altri. Menomale che quella nuova in questo campo sono io.
- Come capire che June era una strega prima di te? -
- Teoricamente, era un Diwata. -
- Praticamente, chi se ne frega? -
- A quanto pare, tu. - Dice con un sorrisino malizioso in volto. Sento le miei mani iniziare a bruciare dal nervosismo, ma cerco di evitare di urlargli in faccia. - Mi trasferisco. - Butta fuori poi, senza lasciarmi il tempo di ribattere. La rabbia mi abbandona immediatamente e con essa quel calore, come se avessi ricevuto una secchiata d'acqua fredda addosso. Credo che il mio cuore sia esploso, ma di certo non può sentire il buco dentro che mi sta provocando.
- Cosa? Dove vai? Perché? - Non voglio che i miei occhi diventino lucidi adesso, non voglio farmi vedere debole di nuovo. Da quando si è ripreso dall'ammaliamento ho sempre cercato di batterlo in tutte quelle cose che lui non credeva riuscissi a fare, ed ora sarebbe una sconfitta farmi rivedere quella bambina spaventata con le spalle al muro. Preferivo sentire solo rabbia perché adesso sono sommersa da troppe emozioni insieme e che non riesco a gestire: tristezza, smarrimento, delusione, ma soprattutto rimpianto di non aver passato tanto tempo con lui. Qualche giorno fa andai a trovare zia Tess e, parlando del più e del meno, uscì fuori anche il nome dello Gnomo. Non mi faccio problemi a dirle che a volte sono preoccupata per Jackson. È normale che tenga a un mio amico, come tengo a Delice e anche ad Albert, dopotutto. L'altra volta, oltre le solite rassicurazioni però, mi disse anche che solo quando l'avrei perso sarei uscita dal mio bozzolo. Non ho mai capito il senso di quella frase, e non credevo che si sarebbe avverata così presto. Non sto uscendo da nessun metaforico bozzolo, ma so che lo sto perdendo.
- Mio padre ha bisogno di me a Winchester e devo ritornare in Inghilterra. Ho finito qui. - Mi dà le spalle per entrare in casa. Senza pensarci due volte, lascio cadere la cesta che avevo preparato e lo strattono per il polso prima che possa allontanarsi.
- Che cosa hai finito?! Che cosa hai mai iniziato qui?! - Urlo con le lacrime agli occhi. Jackson mi guarda come se fossi impazzita mentre abbassa lo sguardo sulla mia mano, che lo sta stringendo un po' troppo, dopodiché alza nuovamente gli occhi nei miei.
- Non posso dirtelo. -
- Su, parla. - Lo incito. – Che cosa credi? Di andartene senza una spiegazione? Non puoi venire qua e sconvolgermi la vita, dicendomi che sono un Elementale, per poi andartene come se niente fosse! - Mollo la presa su di lui per asciugarmi le lacrime. Stupidi sentimenti.
- Abbassa la voce. - Sussurra a denti stretti, non volendo farsi sentire dalla vicina che, stranamente interessata alla nostra chiacchierata, si è riappoggiata alla recinzione che separa le loro case per sentire meglio i nostri discorsi. Gli lascio finire giusto in tempo la frase che gli mollo uno schiaffo, presa dall'ira, e gli giro di poco il volto. La signora Moore sorride divertita e deve ringraziare che sia furiosa con Jackson, altrimenti il suo giardino sarebbe già in fiamme e il suo gatto arrostito.
- Avanti, ridammelo se hai il coraggio. - Mi guarda fisso negli occhi, serrando la mascella, mentre la sua guancia sta già prendendo colore. Mi osserva con quell'aria di sfida che riserba alle creature, e mi chiedo se non sia anch'io un mostro in questo momento. Tiro su col naso, pronta a dargli un altro schiaffo, ma mi afferra la mano non appena la indirizzo di nuovo verso la sua guancia. Il suo respiro è calmo, mentre io ribollisco di rabbia. Quando meno me l’aspetto, mi abbraccia e mi stringe a sé per calmarmi.
- Non voglio che tu te ne vada. - Sussurro mentre mi accarezza i capelli. Poggia il mento sulla mia testa e rimane per qualche secondo in silenzio. Forse sta cercando le parole giuste per non ricevere un altro schiaffo, o semplicemente si sta godendo questo momento, consapevole che sarà l'ultimo.
- Mi dispiace che sia andata così. - Mormora con voce fievole. Mi libera dall'abbraccio e mi osserva con sguardo rammaricato.
- Perché mi lasci? -
- Per salvarti. - Dice come se la risposta fosse ovvia, ma non lo è. Non c'è niente di evidente e di sensato in quello che mi sta dicendo. Come posso dimenticarmi di qualcuno che mi ha reso ciò che sono? Non può finire qui, non deve. E ora mi sento rotta perché ci ho creduto, gli ho creduto. Gli ho detto tutto di me, ma solo ora mi rendo conto che io non so niente di lui. Gli ho aperto il mio cuore, ma lui non ha mai aperto il suo con me. - Ho fatto del mio meglio per aiutarti. -
- Allora tu sapevi che ero qui. L'hai sempre saputo. - Turbata, lo osservo mentre è incerto se confermare o meno le mie parole. Ora capisco come Harry faceva a sapere il mio nome quando lo incontrai la prima volta in quel parcheggio. Mi conosceva, ma non ha mai detto nulla. E non posso neanche arrabbiarmi con lui per avermi mentito, perché sono sicura che sia stata un'idea di Jackson. Quest'ultimo, dopo un paio di secondi in silenzio, decide di annuire. - Da chi vuoi salvarmi? Dai Cacciatori Oscuri? Dai mostri? Sono una Cacciatrice anch'io, non ce n'è bisogno. Stammi bene, Mitchell. - Mi allontano e serro i pugni, pur avendo una voglia tremenda di sapere come faceva a conoscermi già. Ora non suona più tanto strano che il ragazzo nuovo e figo abbia stretto "amicizia" solo con me: ero la sua missione.
- Sharon! -
- Smettila di trattarmi come una bambina! Non lo sono! Solo perché credi di avere più esperienza sei migliore di me?! Beh, notizia flash: non sei il migliore, non lo sei mai stato! - Urlo, voltandomi e fermandomi un'ultima volta per guardarlo. Non voglio lasciarlo così, ma ho sempre saputo che non avrebbe funzionato. Non saremmo mai potuti essere davvero amici. Era troppo strana la nostra tranquillità negli ultimi giorni: niente litigi, niente discussioni. Che sapesse di dover partire, ma non mi ha detto nulla? Proprio non ce la faccio a rimanere calma con lui. Mi fa sul serio venire voglia di urlare, di piangere, di infuriarmi fino a rompere tutto, a distruggermi, ma allo stesso tempo di stringerlo così forte da impedirgli di scappare via di nuovo. Sto agendo in modo egoistico, è vero, ma non mi ha mai spiegato nulla della sua vita, quando forse c'entro anche con essa, e merito di avere delle spiegazioni. Però sono troppo furiosa con lui per insistere. Non riesco neanche a guardarlo in faccia. Mi aveva detto che sarebbe rimasto, me l'aveva promesso, invece mi sta dicendo addio.
- Sharon! -
- Ciao Jackson. Non voglio sapere dove vai. Non m’interessa. Buona fortuna con la tua nuova Cacciatrice o Cacciatore. - Mi volto e riprendo a camminare quando mi rendo conto che mi sta inseguendo a passo svelto. Apro di fretta il cancello, non vedendo l'ora di buttarmi sul mio letto e sfogarmi. Sento un nodo in gola così spesso da rendermela secca e bloccarmi il respiro. Gli occhi mi pizzicano di nuovo e i singhiozzi aspettano solo di essere liberati.
- Ricorda che l'ho fatto per te! - Urla a pieni polmoni dopo che si è fermato vicino alla Jeep. Faccio finta di non sentirlo e continuo a camminare, ma non mi allontano neanche di un metro in più che cado su delle radici, dal mio lato di strada. Giro la testa nella sua direzione, sicura che sia stato lui. Infatti si sta avvicinando, stringendo lentamente un pugno. Mentre lo chiude, le radici si attorcigliano contemporaneamente attorno alle mie caviglie. Cerco di liberarmi, ma non ci riesco. Ormai mi ha già raggiunto, quindi rimango seduta a terra e lo guardo.
- Perché? - Gli chiedo solamente, stanca di ribattere, sperando in una risposta sincera.
- Dovevo assicurarmi che non perdessi il controllo. -
- Non mi conoscevi neanche. Come... -
- Mi dovevo assicurare che il mostro non avesse già preso il sopravvento su di te, Sharon! – M’interrompe bruscamente, stanco anche lui delle mie continue lamentele. - Che non ti trasformassi prima di capire di poterlo controllare. - Mi libera le caviglie e mi guarda per l'ultima volta. Vorrei chiedergli a cosa si riferisce, ma Lizzie esce di casa, con le mani occupate dalle valigie, e rivolge un sorriso nella nostra direzione. Lui sembra voler dire qualcosa, ma alla fine ci rinuncia e mi rivolge uno sguardo dispiaciuto. Infine, va ad aiutare la madre con le valigie. Ora, guardandolo andare via, una sola cosa mi viene in mente: "Tu sei l'esempio migliore per mostrare al mondo che un Cacciatore può convivere perfettamente con un mostro". Luke ha sempre avuto ragione, allora.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: manpolisc_