Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Marti Lestrange    10/09/2020    6 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO:

visto che il capitolo 16 rischiava di diventare lungo come la Divina Commedia, ho pensato bene di dividerlo in due parti, quindi quest’oggi leggerete la parte 1; riguardo alla pubblicazione, il capitolo è arrivato oggi e non venerdì, come di consueto, perché domani parto per la Francia quindi sarebbe risultato impossibile per me pubblicare; mi ricollego a questo per dirvi che starò via appunto da venerdì 11 fino a domenica 20, per cui la parte 2 del capitolo slitterà di una settimana, fino al giovedì o venerdì successivo (ma penso giovedì, a questo punto); dopo di che, mancherà solo più l’epilogo, quindi godetevi questo capitolo perché dovrete aspettare un pochino per il proseguo; buona lettura ♥︎

 


 

16.

CAPITOLO SEDICI

PARTE PRIMA

 

 

«La preside vi aspetta di sopra».

Gazza indossava la sua vestaglia migliore, di spessa lana grigia che però era diventata quasi nera per la sporcizia di secoli che sopra vi si era accumulata, e che lo faceva somigliare ad un vecchio gufo gracchiante e spiumato. Li guardò ad uno ad uno con quel suo sguardo torvo e storto e Albus lo guardò male a sua volta, socchiudendo gli occhi. 

«Grazie, mastro Gazza», rispose Roger Davies annuendo e congedandolo, ma il vecchio guardiano non andò da nessuna parte, si limitò a star lì, in piedi accanto a loro accanto alla statua del gargoyle che sorvegliava l’ufficio della Preside. 

«Sarebbe così gentile da andare a chiamare la professoressa Simson, signor Gazza?» intervenne Neville Paciock facendo un passo avanti. «E le dica che l’aspettiamo di sopra.»

«Non ce ne sarà bisogno, professor Paciock, sono già qui.» Si voltarono tutti quanti all’arrivo di Elizabeth Simson, vestita di tutto punto, i capelli neri sciolti sulle spalle. «La signorina Zabini è venuta da me avvertendomi che qualcosa non andava e sono corsa non appena ho capito che i signori Malfoy e Potter non erano nei loro dormitori.» Lanciò un’occhiata verso di loro e Albus questa volta distolse lo sguardo. Non era in grado di sorbirsi una lavata di capo dalla sua direttrice, e non voleva indugiare con la mente a Cassandra e a come doveva essersi sentita a ricevere, e poi leggere, il suo biglietto. 

«Se ci siamo tutti, direi che possiamo salire», disse quindi Paciock. 

«Grazie, mastro Gazza, è congedato», disse la Simson e lui le fece un profondo inchino e si avviò lungo il corridoio, con una lanterna accesa che gli indicava la via nel buio. Da quando aveva perso la sua fedele gatta, Mrs Purr, passata a miglior vita due anni addietro, era ancora più torvo e spettrale1

«Montrose Magpies», enunciò Neville Paciock, e il gargoyle di pietra si fece da parte per lasciarli salire. 

Albus seguì James, che era il primo della fila dietro Teddy, su per le scale di pietra, e nell’ufficio della preside che, dal momento in cui tutti quanti furono raggruppati all’interno, divenne improvvisamente piccolo e stretto, e quasi asfissiante. Loro ragazzi si misero in fila lungo la parete, in attesa, mentre la preside, avvolta nella sua inseparabile vestaglia tartan e i bigodini in testa (a quanto pare la loro presenza non la disturbava minimamente), sedeva alla sua scrivania, le mani giunte e lo sguardo lampeggiante dietro gli occhiali. 

«Molto bene», iniziò. «Il professor Paciock mi ha informata di ciò che è appena successo, e vorrei solo dire due parole prima che prendiate la Metropolvere.»

Albus lanciò un’occhiata a Teddy, poggiato al muro con le braccia conserte, il viso serio, serissimo. Non lo aveva mai visto così ombroso, e gli si era formata una ruga proprio in mezzo alla fronte, evidente segno di pressante preoccupazione. Immaginava che non vedesse l’ora di scortarli al Ministero e concludere quella storia. Aveva ascoltato con pazienza tutti i resoconti di Scorpius, Roxanne, Rose e Caitlin, senza lamentarsi, e alla fine aveva detto loro che non rimaneva altro da fare che contattare i suoi superiori e andare al Ministero, dove qualcun altro avrebbe deciso del loro destino. 

«Quello che è successo al signor Jenkins ha sprofondato la scuola in un profondo stato di inquietudine e pessimismo», continua la McGranitt sospirando. «Non vi nego che sono arrivata a temere di dover chiudere, nel caso in cui i signori Lupin e Davies non fossero arrivati ad una soluzione. Il consiglio scolastico faceva pressioni, e i coniugi Jenkins facevano pressioni, e solo grazie all’intervento del direttore Finnigan2 siamo riusciti a tenere a bada Rita Skeeter.»

«Ovviamente, non posso che essere soddisfatta della risoluzione di questo caso, ma allo stesso tempo, la fine di questa vicenda ne apre un’altra, che vede coinvolti alcuni tra i miei studenti migliori, ragazzi dei quali non sarei mai arrivata a sospettare, e sapervi coinvolti», e lanciò un’occhiata significativa al loro gruppo, «mi spezza il cuore, sono sincera.»

Cait si lasciò sfuggire un singhiozzo e Albus notò James che cercava di prenderle la mano, ma lei si scansò, incrociando le braccia sul petto, come a volersi difendere da tutto e tutti. 

«Spero ardentemente che ci sia una spiegazione logica a tutto questo, perché non posso credere che qualcuno di voi possa aver volontariamente assassinato un altro ragazzo, questo va oltre la mia immaginazione, apre scenari orrendi e riapre vecchie ferite, e non voglio - e non posso - permettermi di indugiarci oltre. Spero quindi che il viaggio al Ministero porti alla luce la verità.»

Tacque, le mani ancora giunte, il viso serio ma turbato. Nello studio era calato il silenzio, mentre la Simson versava del tè e Paciock si soffiava il naso. Poi Teddy fece un passo avanti. 

«Grazie, professoressa McGranitt. Purtroppo, come ben sa, non possiamo rendere noti i dettagli relativi all’indagine, e alle dichiarazioni rilasciate dai suoi studenti, ma verrà informata quanto prima del destino dei suoi ragazzi. Mi spiace aver disturbato così la sua serata. Ora, se non le dispiace», concluse, «prenderemmo volentieri la Metropolvere per il Ministero.»

«Professor Paciock, per favore», rispose la McGranitt indicando al vicepreside il camino. 

Neville si alzò - dall’orlo della vestaglia si intravedeva un pigiama azzurro troppo corto sulle caviglie - e afferrò il barattolo della Metropolvere dalla mensola sopra il caminetto e si girò verso i presenti lì riuniti. 

«Andrò io per primo, la Chapman e la Jones ci aspettano dall’altra parte», disse Roger avanzando dalle retrovie. «Però prima sono tenuto a requisire le vostre bacchette», aggiunse rivolgendosi ai ragazzi.

Albus se l’aspettava: immaginava che non avrebbero mai permesso loro di arrivare al Ministero armati, per quanto si fidassero. E così, uno dopo l’altro, consegnarono le loro bacchette a Roger Davies, che le ripose nelle tasche interne del mantello che aveva indossato per il viaggio. Albus gliela porse con sguardo basso, non aveva voglia di leggere chissà quali giudizi negli occhi dell’Auror di fronte a lui. Infine, Roger entrò nel camino - che era piccolo, per degli uomini adulti, ma ci si stava giusti giusti - e, afferrata una manciata di polvere dal barattolo che Paciock gli aveva allungato, esclamò «Atrium, Ministero della Magia» a voce chiara e alta, e sparì tra le fiamme guizzanti. 

Una volta partito Roger, Teddy si girò verso di loro. «Molto bene, tocca a James.»

Albus vide suo fratello avanzare con passo sicuro verso il camino. Ora che tutti loro avevano confessato, aveva ritrovato la sua solita calma, quasi come se, ormai, tutto ciò che doveva giungere, sarebbe stato solo un’inevitabile conseguenza, e non lo spaventasse quasi più. La parte più difficile era stata fatta, ciò che li attendeva era solo una formalità. Albus, dal canto suo, cercava di non pensare al prossimo incontro con i suoi genitori e alla strigliata che sua madre gli avrebbe sicuramente rifilato, davanti a tutto il Ministero, non le sarebbe importato di quanta gente fosse stata presente, e allo sguardo ferito di suo padre davanti all’ennesima delusione. Si riscosse quando Teddy fece il suo nome. Non si era neanche accorto che James era partito, e ora toccava a lui. Lanciò un’occhiata a Scorpius, che annuì impercettibilmente verso di lui come incoraggiamento, e poi entrò nel camino. 

«Atrium, Ministero della Magia!» e, dopo un breve viaggio turbinante e scomodo, scivolò fuori da uno dei grandi camini ministeriali nello spazioso Atrium, deserto a quell’ora della sera. Harry lo aveva portato lì innumerevoli volte, ma solo per fargli vedere dove lavorava, per fargli conoscere i suoi colleghi e, forse, invogliarlo, un giorno, ad abbracciare la sua stessa carriera. Albus non ne era mai stato convinto ed era sicuro, ora, che non sarebbe mai diventato un Auror, non dopo ciò che era successo. 

Ad accoglierlo trovò James - che lo aiutò a rialzarsi da terra -, Roger e due donne, che conosceva più o meno bene: Hestia Jones era il capo del Dipartimento Investigativo dell’Ufficio Auror e quindi diretta superiore di Teddy e Roger, e gli lanciò un vago sorriso, ed Eva Chapman, la temibile Direttrice dell’Ufficio Auror, che invece lo guardò con sguardo gelido e le lebbra ridotte a due linee dritte e marziali. Aveva sentito innumerevoli volte zia Hermione lamentarsi di quella donna, e non gli era mai piaciuta - anche perché tutto ciò che diceva e faceva sua zia per lui era sempre intrinsecamente vero e buono e giusto, sin da quando era un bambinetto e James lo prendeva in giro perché “aveva una cotta per zia Hermione”. 

«Tutto bene?» gli chiese suo fratello sussurrando. 

Lui annuì mentre Rose scivolava fuori dal camino con grazia. Una volta che tutti quanti furono riuniti, Teddy compreso, che aveva chiuso la loro strana spedizione, senza dire una parola avanzarono verso i cancelli dorati, in religioso silenzio. Albus si chiese cosa sarebbe successo da lì in poi, ma ovviamente nessuno, tantomeno lui, osava fare domande o anche solo fiatare. Teddy e la Chapman aprivano quello strambo corteo e parlavano tra loro a bassa voce, per non farsi udire. Albus camminava poco dietro di loro, lontano quanto bastava per non sentire nulla, accanto a James, e dietro venivano Rose e Scorpius, Roxanne e Caitlin e, a chiudere, Roger ed Hestia, anche loro impegnati a confabulare, come ebbe modo di ricevere conferma quando lanciò una rapida occhiata indagatrice dietro le sue spalle. 

Oltrepassata la Fontana dei Cinquanta Caduti (Albus ricordava che da piccolo gli faceva quasi paura e girava sempre la testa dall’altra parte, quando le si avvicinavano), trovarono un solo mago al banco della Sorveglianza, alto e con radi capelli sulla testa, che li accolse alzandosi in piedi. 

«Capo Chapman, signora», disse.

«Grazie ancora per la sua disponibilità, Charles. Può andare, non so per che ora finiremo», rispose lei. 

«Buonanotte, allora.»

La Chapman gli rivolse ancora un breve cenno del capo e poi proseguì verso gli ascensori. Sferragliando, giunsero al Secondo Livello, dov’era situato il Quartier Generale degli Auror. La Chapman e Teddy continuarono a fare strada e si fermarono solo dopo aver superato i cubicoli dei dipendenti dell’ufficio, in quel momento deserti a parte due o tre postazioni proprio al fondo, accanto alla porta della direttrice, nelle quali era accesa una pallida luce, ma dove non era seduto nessuno. 

«Proseguiremo fino alla zona di custodia», spiegò Teddy guardandoli finalmente in faccia, «dove troverete i vostri genitori ad attendervi. Dopo di che, cominceremo a raccogliere le singole deposizioni.»

Albus annuì in silenzio, e James, accanto a lui, fece lo stesso. Alla parola “genitori”, lo stomaco gli si ridusse alle dimensioni di un fagiolo. 

Proseguirono per pochi metri lungo un corridoio poco illuminato e sbucarono in un open space molto simile al precedente, ma decisamente più piccolo, dove si aprivano numerose porte. 

«Verifico che uno dei vice-procuratori sia arrivato, Davies verrà con me», iniziò la Chapman rivolgendosi a Teddy. «Tu e Hestia accompagnate i ragazzi in sala.»

Teddy annuì, le labbra tese. Albus comprese quanto poco volesse vedere Harry e tutti gli altri solo guardandolo. E così si avvicinò ad una porta chiusa e, dopo aver rivolto loro una breve occhiata, la spalancò. James fu il primo a entrare e Albus lo seguì a ruota. Li vide subito: sua madre era in piedi accanto alla finestra, le braccia conserte e un pesante maglione a righe sui toni del rosso che nonna Molly le aveva confezionato e regalato in occasione dell’ultimo Natale, il viso serrato per la preoccupazione e gli occhi lampeggianti, quando si voltò e li vide; suo padre le stava accanto, vicino ma alla dovuta distanza (Albus sapeva bene quanto poco sua madre anelasse un contatto fisico quand’era infuriata), gli occhi stravolti dall’ansia dietro gli occhiali ordinati, il giubbotto mezzo storto e i capelli più spettinati che mai. Vennero loro incontro e Albus non ebbe modo di dare un’occhiata intorno a sé, perché Ginny Potter li abbracciò entrambi, stringendoli più del dovuto, e, quando li lasciò andare, lo sguardo che rivolse loro era uno sguardo di pura furia. 

«Si può sapere perché volete farmi morire di crepacuore, voi due?» esclamò. Prese James per le spalle e lo scosse leggermente. «Jamie», e poi fu il suo turno di venire scosso, mentre gli occhi nocciola di lei lo scrutavano fin dentro l’anima, e scavavano, «Albus: pretendo una spiegazione, lo sapete quanto mi avete spaventata? Veniamo convocati a quest’ora della sera da un Patronus di Eva Chapman, che ci invita a recarci immediatamente al Ministero perché vi hanno presi in custodia? Con l’accusa di persone informate dei fatti nel caso Jenkins? Cioè, capite la gravità della situazione o no?» Il tono della voce era salito man mano e ora Harry poggiò entrambe le mani sulle sue spalle, e Albus la vide sobbalzare, quasi come se avesse dimenticato la presenza del marito dietro di lei, ma notò anche che cominciava a rilasciare tutta la tensione accumulata, e si allontanò, tornando alla finestra, una mano sulla bocca e gli occhi chiusi. Era affranta, dilaniata dalla preoccupazione, tesa dal dolore che loro le stavano provocando. Albus avrebbe tanto voluto che la terra gli si aprisse sotto i piedi solo per poterci sprofondare dentro e sparire, solo per non dover assistere allo sgretolamento di sua madre, lei che era sempre così forte, lei che non vacillava mai. Harry si girò a guardarli e Albus si sentì di nuovo morire. Era stanchissimo, come se fosse improvvisamente invecchiato di dieci anni, suo padre. 

«Papà…» cominciò, ma lui sollevò una mano a chiedere il suo silenzio, senza stizza e senza rabbia, però, ma fiaccamente, come se quel gesto gli richiedesse uno sforzo immane, dopo tutto ciò che aveva fatto per loro quella sera. 

«Vostra madre era veramente preoccupata», disse quindi lui. «Lo è ancora. E anche io. Capite quanto ci siamo spaventati, vero?»

Albus annuì e James, accanto a lui, tentò di parlare, ma questa volta fu un’occhiata di Harry a farlo tacere. 

«Non voglio giustificazioni, ma pretendo delle spiegazioni, come anche vostra madre. Siamo preoccupati per voi, e siamo anche arrabbiati, non voglio negarvelo, ma al momento dobbiamo concentrarci su ciò che avverrà.»

«Verrete invitati a rilasciare delle deposizioni ufficiali su quanto è successo, singolarmente. James entrerà da solo, in quanto maggiorenne», e rivolse un cenno al figlio più grande, che James ricambiò annuendo risoluto. «Noi invece potremo entrare con te, Albus», aggiunse guardandolo. «Draco è stato così gentile da chiamare il suo legale, che vi rappresenterà tutti, e che sarà con voi durante i singoli incontri.»

Albus lanciò un’occhiata intorno a sé, rammentando solo in quel momento che intorno a loro c’erano anche i loro cugini e amici. Dopo aver osservato brevemente Caitlin seduta su una sedia, in lacrime, ché forse aveva alla fine ceduto alla disperazione, le spalle tremanti circondate dall’abbraccio di sua madre Margaret3, mentre suo padre Seamus le sedeva accanto, individuò subito Scorpius, in piedi di fronte a suo padre accanto all’altra finestra, il corpo teso e i pugni stretti lungo i fianchi. Draco Malfoy stava parlando animatamente con un altro uomo, alto e vestito di tutto punto con un elegante completo nero, una valigetta in pelle stretta nella mano destra. Albus lo conosceva, anche se solo vagamente: si trattava di Theodore Nott, amico di vecchia data di Draco, che era come uno zio per il suo amico Scorpius. Quest’ultimo ascoltava gli uomini discutere, silenzioso, e i suoi occhi incrociarono quelli di Albus, e lui vi lesse la stessa identica inquietudine. 

«Vorrei solo che sapeste che stasera sono qui solo come padre», continuò intanto Harry. «Non sono il Capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, non sono il famoso Harry Potter, sono solo Harry, vostro padre, e cercherò di starvi accanto il più possibile, e di battermi per voi più che posso, chiaro? La mamma e io non vi lasceremo mai, qualsiasi cosa abbiate fatto e qualsiasi cosa accada.»

Albus si sentì squarciare il petto con ferocia e deglutì, ricacciando indietro un principio di lacrime che gli premeva agli angoli degli occhi e gli spingeva nella gola, minacciando di dilaniarlo, ma lui era Albus Severus Potter, lui non vacillava, e non piangeva, mai. Cercò di ricomporsi e annuì. James fece lo stesso. Ginny si avvicinò e li guardò: era ancora dura in viso, ma rivolse loro un pallido sorriso accennato. Albus capì che era tutto ciò che avrebbero ricevuto, per il momento. 

Intanto, anche per gli altri sembrava essere in corso una guerra silenziosa. Rose teneva le braccia conserte sul petto mentre la zia Hermione le parlava con tono concitato (seppur Albus non riuscisse a sentire, pensò di aver udito distintamente le parole “affronto” e “punizione”); Ron invece le stava accanto e la guardava con affetto, ma per non rischiare di attirarsi le ire della moglie ogni tanto si ricordava di annuire per darle ragione. Roxanne sedeva a gambe incrociate su una sedia, ed era sempre Angelina che la strigliava, mentre George, a differenza di Ron, neanche si disturbava ad annuire, limitandosi a stringere la mano della figlia senza che Angelina li vedesse (aveva sempre avuto un debole per la figlia femmina, zio George). Albus notò che Teddy se l’era filata, e non lo vedeva più da nessuna parte. 

«Signore e signori, un attimo di attenzione, per favore.» La voce di Hestia Jones risuonò alta e profonda nella stanza e tutti si voltarono a guardarla, in piedi sulla porta.

In quel momento, la Chapman entrò nella stanza, e rivolse un sorriso, seppur freddo, a tutti i presenti. Si fermò accanto a Hestia. «Grazie, Hestia, continuo io», disse, ed Hestia le rivolse un’occhiata che ad Albus sembrò nauseata, ma non poteva giurarci. 

«Intanto, vi ringrazio per essere venuti qui con così poco preavviso, e a quest’ora della sera. Sappiamo bene quanta preoccupazione questa convocazione abbia destato, ma voglio anche rassicurarvi: i vostri ragazzi saranno trattati nell’assoluto rispetto delle nostre leggi, e come si confà al nostro ufficio.»

«Sarà meglio, capo Chapman», specificò Hermione, gli occhi ridotti a due fessure. «Terrò conto di qualsiasi eventuale irregolarità e non esiterò a riportarla al Wizengamot.»

«Tenga pure conto, signora Granger-Weasley. Tenga anche conto che qui, stasera, lei è solo una madre, non il Ministro della Magia. Così come il signor Potter», specificò guardando anche Harry. Albus rivolse un’occhiata al padre e notò quanto cercasse di trattenersi e dissimulare. «Spero che questo vi sia ben chiaro. E spero che sia chiaro che lei non potrà assolvere ai suoi compiti di Capo Ufficio, signor Potter, sa, conflitto d’interessi.»

«Lo so bene, capo Chapman, e so anche che, per legge, siete obbligati a convocare chi sta subito sotto di me, come gerarchia.» Il sorriso svanì, dal viso della donna. «Mi sono quindi preso la briga di avvertire il mio Sottosegretario, Robert Baston4, credo che arriverà a momenti.»

Il viso di Hermione era raggiante e guardava Harry soddisfatta e trionfante, mentre la Chapman era nera. Sicuramente sperava di sfangarsela, quella vecchia pipistrella.

«Molto bene. Procederemo a raccogliere le deposizioni in ordine alfabetico, invito pertanto il signor Nott a seguirmi, insieme alla signorina Finnigan e ai suoi genitori.»

«Il vice-procuratore è arrivato?» chiese quindi Nott raggiungendo le due donne sulla porta. Albus lanciò un’occhiata a Caitlin, che fissava entrambi con il terrore negli occhi, mentre sua madre la invitava ad alzarsi in piedi. 

«Ancora no, spero che stia per arrivare, ma intanto ci avviamo.» 

«Eccomi qui, scusate il ritardo.» Una donna alta e dai capelli scuri, vestita elegantemente con gonna e giacca nere, rivolse un sorriso seducente alle due donne. «Victoria?5» sentirono esclamare Theodore. «Che ci fai tu qui? Quando…?»

«Quando mi hanno chiamata, dici? Poco dopo che sei uscito, caro», rispose la donna chiamata Victoria sorridendo anche a Nott. «Avrei potuto chiamare un mio vice? Sì, certo. Avrei rischiato di perdermi questo circo? Assolutamente no.»

I due si guardavano con una luce strana negli occhi, come se stessero combattendo una guerra non verbale. Albus sentì Scorpius che gli si accostava e lo guardò brevemente prima di tornare ad osservare la scena poco più in là. 

«Lei è…» iniziò il suo amico, ma non riuscì a proseguire, perché Malfoy senior intervenne.

«Victoria Nott, il Procuratore Generale del Ministero della Magia6 in persona, ma quale onore», disse facendo un passo avanti e affiancando l’amico Theodore, sorridendo suo malgrado. Victoria Nott? Possibile che fosse…

«È la moglie di zio Theodore», riuscì a completare la frase Scorpius, e fu appena un sussurro. Albus lo guardò ad occhi sbarrati e poi tornò a guardare la donna, che ora sorrideva anche a Draco.

«Hai chiamato Theodore e sembravi sconvolto, Draco, ho pensato che la mia presenza avrebbe potuto solo migliorare la situazione, non trovi?»

«Tutto dipende dal concetto di migliorare, tesoro.» 

La donna rivolse al marito un sorriso e poi la Chapman fece un passo avanti, riprendendo in mano la situazione e ribadendo la sua posizione di Capo Ufficio. «Molto bene, intanto che aspettiamo Baston, io mi avvierei in sala. Sarà una lunga notte.»

 

 

Scorpius uscì dalla piccola sala nella quale aveva rilasciato la sua deposizione ufficiale. Lo avevano fatto sedere su una sedia, ad un lato lungo di una scrivania in freddo metallo, e accanto a lui si erano posizionati lo zio Theodore e suo padre, come due gargoyle moderni, attenti a che lui non facesse passi falsi - e gli Auror altrettanto. Prima di lui, era stata la volta di Caitlin e di Rose, ma dopo non le aveva riviste: molto probabilmente, una volta finito con loro, le avevano portate in un’altra stanza insieme ai rispettivi genitori. Lui si era limitato a fare come Theodore gli aveva detto di fare, cioè aveva raccontato per filo e per segno ciò che era successo quella sera, il più oggettivamente possibile e senza aggiungere commenti personali. Davanti a lui sedevano Eva Chapman, Victoria Nott e Robert Baston (il Sottosegretario di Harry Potter, un uomo di qualche anno più giovane del suo diretto superiore, alto e ben vestito, e che era arrivato tutto trafelato pochi minuti prima che Caitlin venisse scortata fuori dalla sala), mentre Hestia Jones, Teddy Lupin e Roger Davies erano in piedi accanto alla piccola finestrella, le braccia incrociate sul petto. Ora, una volta finito di deporre, Scorpius venne congedato. Si alzò insieme a suo padre, mentre Teddy faceva un passo avanti, probabilmente per scortarli fuori. 

«Ovviamente, resterete tutti qui, stanotte», precisò la Chapman alzando gli occhi da alcuni fogli e togliendosi gli occhiali. «In custodia», precisò di fronte allo sguardo incredulo che Scorpius doveva averle rivolto, «in attesa di una sentenza.»

Scorpius deglutì. Suo padre stava per aprire bocca, quasi sicuramente per protestare, ma fu Theodore a prendere la parola. «Certo, signora Chapman, ne siamo consapevoli.»

«Potete andare, allora, Lupin vi accompagnerà alle celle di custodia», concluse la donna riabbassando lo sguardo sulle sue pergamene. 

Baston lanciò loro uno sguardo che a Scorpius sapeva di impotenza e, forse, di incredulità, ma non disse nulla. Victoria Nott era china a leggere gli stessi fogli della Chapman e Scorpius si limitò a lanciare un ultimo sguardo agli Auror accanto alla finestra, prima di seguire suo padre e Teddy fuori. Theodore rimase dov’era, in attesa di Albus, che avrebbe deposto dopo di lui. 

Teddy fece loro strada lungo un corridoio più stretto, in silenzio e con passo rapido. Giunsero ben presto a quelle che Eva Chapman aveva chiamato “celle di custodia” e che in realtà erano dei semplici cubicoli con, al posto delle sbarre, delle pareti di plastica trasparente che permettevano di guardare all’interno, per tenere sotto controllo chi le occupava. Scorpius passò accanto a due stanzette, ma erano vuote e buie e non vide né Caitlin né Rose. Teddy aprì una porta e lo invitò ad entrare. La stanzetta conteneva un letto con cuscino e coperta, un piccolo lavandino e un tavolino con una sedia, e nient’altro. Sul tavolo, qualcuno aveva preparato una caraffa d’acqua e un bicchiere, e un sandwich farcito con uova e formaggio troneggiava su un piatto bianco. In quel momento, alla vista del panino, Scorpius sentì lo stomaco borbottare, e si rese conto di non aver cenato e di essere affamato. 

«Ti abbiamo fatto preparare qualcosa da mangiare», disse Teddy rompendo il silenzio. Sembrava a disagio, in presenza di Draco, così come era sembrato sulle spine per tutta la serata, e Scorpius non lo aveva mai visto così agitato. I capelli, da arancioni che erano quando lui e le ragazze gli avevano raccontato la loro versione, al castello, erano ora di un nero pece, e forse riflettevano il suo stato d’animo tempestoso. «Tuo padre potrà restare con te ancora qualche tempo, vi rivedrete domattina presto.»

«Non ho intenzione di lasciare mio figlio da solo», intervenne Draco con voce cupa. 

Teddy sospirò. «Mi dispiace, davvero, purtroppo sono le regole, e non le ho fatte io.»

«Quindi anche tu pensi che sia eccessivo, tutto questo? Sono solo dei ragazzi…»

«La legge è la legge, e non possiamo far altro che rispettarla. Certo, non li avrei chiusi qui dentro», aggiunse abbassando la voce, «ma non c’è alternativa, oltre a questa, e dobbiamo farcela andar bene. Intesi?»

Draco annuì e Scorpius fece altrettanto. Capiva perfettamente che Teddy, ormai, non aveva più nessuna voce in capitolo, lui era solo uno dei tanti Auror che lavoravano per Eva Chapman, era lei a tenere la bacchetta in pugno, ormai, su tutti loro. 

«Starò bene, papà», disse quindi poggiando una mano sul braccio del padre. «Adesso mangio qualcosa, me ne andrò a letto e quasi non mi accorgerò di essere qui e non a Hogwarts. O a casa.»

Draco gli rivolse uno sguardo strano, ma non aggiunse altro. Scorpius distolse il suo e lo puntò su Teddy. Quest’ultimo annuì, sospirando nuovamente. 

«Vi lascio, torno dagli altri. Ci rivediamo dopo.»

Annuirono entrambi e lo videro uscire, lasciando però la porta aperta. Scorpius sedette al tavolino e si fiondò sul sandwich e gli sembrò la cosa più buona che avesse mai mangiato. Suo padre sedette sul lettino, osservandolo mangiare, proprio come quando era piccolo e Astoria lo imboccava senza magia e gli raccontava la storia dell’espresso per Hogwarts per fargli mangiare le verdure - era uno dei ricordi contenuti nelle fiale che sua madre aveva raccolto negli anni e classificato e messo al sicuro in uno scrigno, in camera sua, e che Scorpius e Draco avrebbero ritrovato solo dopo la sua morte, a seguito di una sua lettera in cui li invitava ad aprire quello scrigno e a rivivere il loro passato, della loro piccola famiglia, e quanto erano stati felici; lei li avrebbe sempre visti così, e ricordati così, come un “bellissimo nucleo di normalità e bellezza nel caos primordiale del mondo”; Scorpius non avrebbe mai scordato quelle parole. 

Una volta spazzolato il panino, bevve due bicchieri d’acqua e poi alzò lo sguardo su suo padre, che invece non lo aveva lasciato neanche per un attimo, seguendo ogni suo movimento, anche il più impercettibile. 

«Papà…» cominciò.

Draco alzò una mano a zittirlo e Scorpius chiuse la bocca. 

«Ho già sentito tutto quello che è successo quella notte, là dentro», continuò quindi suo padre. Scorpius sentiva addosso le prime avvisaglie di tempesta. «Hai fatto quello che hai fatto per Albus. E per Rose. Dico bene?»

Scorpius annuì in silenzio. «L’ho fatto per loro, ma in generale per i miei amici.»

Draco si alzò in piedi e si avvicinò alla piccola finestra in alto a destra, fuori dalla quale era riprodotto per magia il cielo notturno dell’esterno e uno scorcio su una via di Londra, modesta e tranquilla. 

«Quando avevo la tua età, non avevo amici.»

Scorpius alzò lo sguardo sul padre, ma Draco continuò a dargli le spalle. 

«Pensavo di averne, in realtà. Pensavo che la gente che mi circondava fosse tutta lì per me, per il grande Draco Malfoy, erede di una fortuna e di un nome prestigioso. Non mi rendevo conto che quella fortuna e quel nome erano solo frutto di una maledizione.»

«Quando la guerra è finita, non mi è rimasto niente. Niente, tranne lo spettro di chi era stato mio padre, e l’affetto, immutato e viscerale, di mia madre. Ma ero solo, essenzialmente. Ero un guscio vuoto, respiravo e continuavo a vivere, ma era come se non esistessi.»

«E poi è arrivata tua madre. Lei è stata la vera luce della mia esistenza, lei mi ha salvato, in tanti modi diversi, ed era, e sarà sempre, l’unico amore della mia vita.»

Scorpius non aveva mai sentito suo padre parlare così, con il cuore in mano, di sua madre e tantomeno del passato. Sua madre era sempre stato un capitolo troppo doloroso da riaprire e rivangare, e si era trasformata in tanti piccoli e grandi ricordi che Draco aveva chiuso a chiave da qualche parte, insieme con i suoi quadri e dipinti e a tutte le sue cose, e non ne aveva mai più parlato, neanche con lui, proprio quando entrambi avevano così bisogno di farlo, di esternare il loro dolore e di esorcizzare i loro demoni. Il suo passato, quel passato oscuro che conteneva parole innominabili come Signore Oscuro, Mangiamorte e magia nera, parole che erano un tabù più forte di uno stigma, il suo passato era qualcosa che semplicemente Draco aveva rimosso, aveva chiuso dietro una porta con cento e più catene, spesse e intrise di veleno, per non riaprirla mai più. Ciò che Scorpius sapeva, glielo avevano raccontato sua madre e sua nonna Narcissa: la prima pensava che fosse giusto, per lui, conoscere chi era stato suo padre perché solo così sarebbe riuscito ad apprezzare chi era diventato; la seconda pensava invece che fosse giusto, per lui, conoscere chi era stato suo padre perché solo così non avrebbe rischiato di fare i suoi stessi errori. 

Ora, che si era voltato e lui poteva guardarlo in viso, quasi non riconobbe l’uomo che aveva di fronte, stravolto dalla preoccupazione, dal dolore, dai ricordi, da un male primitivo che pensava di aver sconfitto per sempre e che invece era tornato a tormentarlo, infido e mefitico. 

«Abbiamo faticato tanto per averti… » continuò. «Quasi non ci speravamo più, sai? E poi un giorno è semplicemente successo, e quando sei nato ci hai reso le persone più felici del mondo, non avrei mai pensato di poter essere così felice, mai. O comunque, non avrei mai pensato di potermelo meritare, non dopo tutto ciò che ho fatto.»

«Ti sto raccontando tutto questo perché voglio farti capire che non c’è nulla, nulla, Scorpius, che mi farà cambiare idea su di te, che mi farà dubitare di te, o mi farà decidere di voltarti le spalle e lasciarti solo. Capito? Quando tua madre è morta tra le mie braccia le ho fatto una promessa… le ho promesso che saremmo sempre stati tu e io… e ho intenzione di onorare quella promessa, per cui non pensare, neanche per un istante, che sei solo a combattere questa battaglia.»

Scorpius si sentiva quasi stordito, dopo tutto questo. Suo padre non aveva mai parlato così tanto, lui che era sempre così silenzioso, e non gli aveva mai fatto capire, non fino in fondo, la portata dei suoi sentimenti per lui. E così fece una cosa che non faceva da anni, tanti anni: si alzò e lo abbracciò di slancio, e Draco ricambiò l’abbraccio, e rimasero lì, per un tempo indefinito, solo loro due. 

 


 


Note:

1. Mrs Purr: siccome non si hanno notizie sul futuro della gatta più simpatica d’Inghilterra, ho pensato che la “poverina” sia venuta a mancare [quanto mi dispiace].
2. Seamus Finnigan: sono stata aggiornata sulla presenza di una dichiarazione della Rowling in cui asserisce che Seamus potrebbe essere diventato direttore de La Gazzetta del Profeta, e quindi ho deciso di inserire questo dettaglio nella long. 
3. Margaret Finnigan: moglie di Seamus; personaggio di mia invenzione.
4. Robert Baston: fratello minore di Oliver; personaggio di mia invenzione.
5. Victoria (Rosier) Nott: moglie di Theodore; personaggio di mia invenzione. 
6. Procuratore Generale del Ministero della Magia: figura di mia invenzione.

 

Eccoci qui ♥︎ come vi ho accennato in apertura di capitolo, la parte 2 arriverà tra due settimane, quindi spero che non mi odierete troppo; aspettavo questa vacanza da MESI - che sono diventati SECOLI - quindi perdonatemi ma DITN dovrà aspettare. La parte 2 in ogni caso è già pronta e scritta. Intanto, cosa ne pensate di questa prima parte? Qualche nodo è stato sciolto, James e Albus hanno rivisto e affrontato Harry e Ginny e Scorpius ha avuto un bel momento “a cuore aperto” con suo padre (questo è il mio pezzo preferito e spero che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo) ♥︎ Nella seconda parte, tutto verrà risolto e si capirà finalmente quali saranno le reali conseguenze per i nostri ragazzi. Ci sarà inoltre un POV esclusivo, mai utilizzato prima in questa storia, nel finale del capitolo, e non aggiungo altro perché vi voglio lasciare un po’ col fiato sospeso 👀 

 

Se vi va, potete aggiungermi su Instagram (cliccate qui: martinaamariscrive), cercherò di caricare qualche spoiler in più nell’attesa del prossimo capitolo, per farmi perdonare ♥︎

 

Alla prossima settimana, ci leggiamo presto, Marti

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange