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Autore: KikiShadow93    11/09/2020    5 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo! 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite💛 ; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️.
Ringrazio tantissimo anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚

𝟛𝟞. 𝒩𝓊𝑜𝓋𝒾 𝑜𝓇𝒾𝓏𝓏𝑜𝓃𝓉𝒾
(𝒫𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟙)




Non ci aveva mai pensato Radish, soprattutto perché estraneo alla questione, ma riflettendoci un istante si rende conto che non è certo in quel modo che pensava di passare la prima notte da sposato. Neanche di sposarsi in realtà, tanto meno in quel modo, pur essendo consapevole da qualche mese che con Sherry non sarebbe certo stato necessario l’abito bianco, la cerimonia e via discorrendo.
Semplicemente non immaginava che si sarebbero scambiati il Morso a mezz’aria mentre erano percorsi da un orgasmo degno di nota e neanche di passare la prima vera notte da neo-sposi a dormire.
Quando gli altri se ne sono tornati alla tana o alle rispettive abitazioni, con Everett che sonnecchiava riparato nel capanno, lui ha fatto appena in tempo a farsi una doccia veloce che lei già era crollata nel letto mezzo distrutto. Ha un poco provato a smuoverla per passare un’oretta di fuoco, così anche da alleviare un poco la tensione e lo stress di entrambi, ma ha dovuto lasciar perdere quando ancora dormiente si è arrotolata tra le lenzuola fino a diventare un involtino umano. Solo a quel punto si è steso vicino a lei, riuscendo miracolosamente a riottenere un po’ di coperte, ed infine è crollato a sua volta.
Era stata una giornata piena di emozioni a partire dal risveglio, forse un poco di riposo non era sconsigliato dal momento che, con una guerra alle porte, li attendevano tante ore di duro allenamento.
Non è stato però un sonno tranquillo per nessuno dei due, immersi in sogni non troppo idilliaci. Mentre Sherry continuava a vedere l’immagine di Bree farsi sempre più lontana fino ad essere inghiottita da un’oscurità che la faceva strillare disperatamente, Radish vedeva la compagna combattere contro un uomo senza volto che sa che non può battere.
Adesso, svegli da una ventina di minuti ma ancora decisamente poco propensi dall’alzarsi dal letto, rimangono stretti l’uno tra le braccia dell’altra, in silenzio.
C’è qualcosa di molto pacifico in quel momento, con la brillante e calda luce del mattino che filtra dalle tende chiare.
Per entrambi non è facile realizzare - né tanto meno accettare - quanto la loro relazione sia stata tumultuosa sin dal primo incontro. È un po’ come stare sulle montagne russe, con molta passione, drammi ed entusiasmo, ma pochi momenti come quello, in cui possono trascorrere del tempo insieme senza che il cuore corra a un miglio al minuto per l’eccitazione sessuale o qualche altra forte emozione.
La cosa peggiore per Radish forse sta nel fatto di non essere in grado di imporle in alcun modo il proprio volere. Riesce a farle abbassare spesso la cresta, riesce a farla ragionare come forse nessun altro riesce a fare, ma non riesce a farsi del tutto largo nella sua vita. Continua imperterrita ad escluderlo dall’unico punto che gli preme davvero, l’unico in cui si sentirebbe davvero utile.
Lui è nato per gli scontri e per la guerra. È un Saiyan, uno degli ultimi, tutto in lui è programmato per distruggere e conquistare, eppure lei non vuole capirlo. O più probabilmente lo capisce benissimo ma se ne frega, troppo decisa a farcela da sola. Non sa dirlo con certezza, sa solo che l’idea che Jäger gliela strappi di nuovo dalle mani è intollerabile.
«Qualcosa ti turba.»
Abbassa lo sguardo su Sherry, incrociando i suoi grandi occhi d’ambra che lo studiano con curiosità. Gli pare quasi di guardare un’altra donna rispetto a quella che ha conosciuto tre mesi addietro, ma non può certo dire che gli dispiaccia. Questa Sherry è più aperta nei suoi confronti, si fida seriamente di lui, morirebbe per lui.
Morirebbe, sì, ma forse non vivrebbe…
Con la punta delle dita sfiora la nuova cicatrice sulla spalla, i segni dei denti di Jäger impressi per sempre nella sua carne, ed una nuova ondata di disagio e rabbia gli invade la mente.
In pochi minuti l’ha messa K.O.
In pochi minuti l’ha ammazzata per errore.
Se lo volesse, potrebbe farle molto di peggio senza il minimo sforzo, e lei comunque non lo vuole vicino per farle almeno da scudo.
Per quanto abbia dato più e più volte prova di fidarsi davvero di lui, tanto da inserirlo nel branco, di portarlo alla Festa del Fuoco, di renderlo Capitano e, ripensando alle parole di River, Re, non si fida comunque abbastanza da portarlo in campo per farsi unicamente difendere.
Beh, non posso darle tutti i torti. Basterebbe un niente e lo ucciderei, e questo lo sa.
Sospira rumorosamente e si inumidisce le labbra, non sapendo bene come esprimere i propri dubbi. O trova un modo differente per convincerla, o ogni singola parola che uscirà dalle sue labbra sarà solo fiato sprecato.
Purtroppo per lui però, non ha ancora escogitato alcunché per riuscire a scendere in campo senza scatenare un casino clamoroso che non potrebbe più sistemare, quindi può e deve limitarsi al solito discorso, che ormai tra loro si ripete come un disco rotto. Per variare un poco, prova ad usare come scusa del suo turbamento il discorso del giorno prima.
«In alcuni momenti mi tornano in mente le parole di tuo fratello sui disturbi mentali e tutta quella merda…» Per sua fortuna poi questo è in parte vero, perché sennò si ritroverebbe costretto a dirle che sta cercando sistematicamente un qualsiasi cavillo a cui aggrapparsi per poter combattere con loro.
«E pensi che io non possa farcela contro Jäger anche per questo? Dai, ne abbiamo già parlato, perché insistere? Inoltre qualcuno deve pur farlo, no?» Si porta in ginocchio sul letto mentre lo dice, sorridendogli per provare un poco a tranquillizzarlo.
Se avesse la totale certezza che non interverrebbe in alcun modo nel suo personale scontro, che mai e poi mai si metterebbe nel mezzo, sarebbe più che lieta di farlo scatenare in campo, anche solo per il semplice ed elementare fatto che potrebbe salvare un numero considerevole di vite, ma sa bene che si rimangerebbe la parola al primo sangue.
«Penso che dovrebbe occuparsene un uomo.»
E con questa frase gliene dà l’ennesima prova.
«Non dirmi che sei diventato così sessista…»
«Sono solo concreto. Uno così dovrebbe trovarsi a fronteggiare qualcuno delle sue stesse dimensioni e con un ego altrettanto smisurato.» Borbotta piccato, passandosi le mani tra i capelli un poco arruffati.
«La concretezza non è sempre tutto.» Afferma con un lieve sorriso ad incresparle le labbra, mentre i pallidi raggi del Sole le segnano i tratti del volto.
Vorrebbe chiederle a cosa si riferisce, cosa le passi per quella bella testolina che vorrebbe rudemente afferrare per fini poco casti, ma il suo sgranare repentinamente gli occhi e il voltare di scatto la testa verso la finestra stroncano ogni suo intento sul nascere.
«Che c’è?»
Sherry si alza di scatto dal letto e afferra da terra una delle grandi e comode t-shirt del Saiyan, indossandola in fretta e furia mentre afferma nervosamente «Abbiamo visite.»
Scatta a sua volta e, senza neanche prendersi la briga di indossare qualcosa all’infuori degli sformati pantaloni della tuta con la quale si era coricato, si affretta ad uscire di casa assieme a lei.
L’intero branco li sta raggiungendo, Darko in testa a tutti loro. Esattamente come gli altri, Sherry inclusa, non capisce il senso dell’allarme che è stato lanciato: intrusione, questo è lampante, ma è anche chiaro che i Segugi di guardia non hanno neanche provato ad attaccare.
Avrebbero pensato subito all’arrivo di Jäger con la sua guardia, dal momento che dei semplici Segugi in ricognizione non avrebbero avuto alcuna possibilità in uno scontro diretto, ma è sembrata loro una possibilità assai strana e remota. Perché mai trascinarsi da loro alla luce del Sole? Sono consapevoli che il Re del Nord è a conoscenza della pericolosità dei guerrieri che li affiancano, ed anche che non è così folle da pensare di sfidarli in modo tanto aperto e sfacciato.
Chi altri però potrebbe volerli avvicinare?
«Sher…»
L’Alpha volta lo sguardo verso River, che a sua volta la fissa con espressione stralunata, incredula. Ad una possibilità lui avrebbe anche pensato, ma gli pare assurdo. Per quale assurda ragione infatti il Re del Sud potrebbe volerli incontrare? A conti fatti River è al sicuro con loro tanto quanto lo sarebbe al Sud, dal momento che non hanno idea di chi Jäger intenda attaccare per primo. Anzi, con il branco di Sherry ha addirittura più possibilità, visto che Radish non pare avere la minima intenzione di perderla di vista neanche per un misero istante.
L’unica altra ragione che può venirgli in mente, è che voglia formare un’alleanza. Anche questa ipotesi però gli pare assurda. Suo padre, per quante buone qualità possa avere, non ha mai considerato le donne come delle pericolose combattenti, malgrado abbia Nike tra le sue fila, addestrata al fianco del futuro Re e designata da quest’ultimo come futura Beta, oltre che Regina. Pure sua moglie non è da sottovalutare, soprattutto se di mezzo ci sono la sicurezza dei suoi figli e della gente che ha giurato di proteggere. Malgrado tutto questo, però, le considera troppo deboli per essere davvero viste come una minaccia o, in questo caso, come un alleato in guerra. Che poi effettivamente le loro femmine siano generalmente inferiori sia in quanto a stazza che a forza fisica rispetto agli esemplari maschi è un altro discorso, per lui è proprio il genere femminile in generale ad essere poco dotato di forza combattiva.
Se conoscesse C-18, forse cambierebbe idea!, pensa con un sorrisetto tirato River, tornando serio in una frazione di secondo. Non può pensare a quanto suo padre potrebbe o meno rimanere sconvolto dalla forza dell’androide femmina, non ora che forse si sta avvicinando con intenzioni assai poco chiare.
Si porta quindi al fianco di Sherry, convinto di poterle fare da scudo da eventuali scatti del padre. Non gli si è mai rigirato contro in fondo, e dubita che mai lo farà. Dovrebbe dargli una grave motivazione solo per prendere in considerazione l’idea.
La tensione è così forte che l’aria pare essere elettrica, e Radish sente ogni muscolo fremere dalla voglia spasmodica di attaccare chiunque stia osando avvicinarsi alla sua donna, alla sua casa, al suo branco, al suo territorio. Ormai è il maschio dominante a tutti gli effetti, per un certo verso è il loro Re, e non permetterà più a niente e a nessuno di toccare ciò che è suo.
Il suo feroce desiderio aumenta in modo pericoloso quando vede avanzare tra il folto della boscaglia una decina di grossi lupi, e diventa decisamente insostenibile quando sente il loro lieve ringhiare in lontananza.
Prima che però possa dar loro la chiara dimostrazione di ciò che porta un comportamento del genere nei confronti di sua moglie e del suo branco, la mano fresca di Sherry si stringe debolmente alla sua, più grande e calda.
Abbassa per un secondo gli occhi su di lei, trovandola immobile, gli occhi attenti che scrutano i rivali che lentamente si avvicinano. Malgrado non possa affermarlo con certezza, è abbastanza sicuro che non si stia fermando a tenere sotto controllo loro quanto a sentire cosa c’è dietro.
Vorrebbe dirle di lasciarlo per dare loro il benvenuto in stile Saiyan, ma poi si ricorda della delicata posizione che ricopre e si astiene dal fare qualsiasi cosa possa nuocerle. È la prima donna ad avere il comando di un intero branco dopo Roscka, la progenitrice di tutti quanti loro, e per non perdere autorità e fiducia negli altri è necessario che il controllo della situazione rimanga nelle sue mani.
Questa volta passi, ma prima o poi parleremo anche di questo.
«Hurricane…»
Gli occhi del Saiyan dapprima si posano brevemente sulla figura sempre più sconcertata di River, fermo al fianco di Sherry, e poi saettano verso la boscaglia.
Uno Spettro più grande degli altri, col vello color ocra e gli occhi grigio madreperla, si è portato in mezzo al gruppo, che ora lo affianca in due gruppi da cinque. Tiene la testa un poco chinata in basso e le orecchie appiattite, il mantello è irto in mezzo alle scapole e la coda ben tesa in alto. Mostra loro le zanne per rimarcare che non li teme e non distoglie mai lo sguardo da Radish. Ha sentito delle voci riguardanti un formidabile guerriero con la coda da scimmia, un uomo di carne che ha massacrato Darren senza battere ciglio e che, non da meno, è compagno della Regina delle Terre di Nessuno e Capitano della loro guardia. Dopo un velocissimo esame preliminare, ora può affermare con sicurezza che è recentemente divenuto il loro ufficiale capobranco.
«Che sei venuto a fare?» Sibila a denti stretti River, portandosi avanti di un paio di passi verso il fratellastro.
Non hanno mai avuto un grande legame, non dal momento che il maggiore ha sempre avuto un’indole troppo aggressiva e bellicosa per i suoi gusti. In passato lo ha non poco sorpreso apprendere che un giorno sarebbe divenuto il Capitano del Sud, ma in fondo la sua forza fisica non poteva proprio né essere messa in discussione né ignorata, quindi ha accettato la cosa molto più velocemente di molti altri.
Hurricane, le cui zanne non sono state ancora ritirate, latra con sprezzo al fratellastro che deve farsi gli affari suoi, e ciò non fa che ricordare al minore il perché non siano mai andati davvero d’accordo. Per quanto riesce a ricordare, non lo ha neanche mai visto sorridere; anzi, non ha proprio mai visto un’espressione diversa sul suo volto, tranne quella seria, quasi apatica, che si porta dietro sin da bambino o quella furiosa che sta sfoggiando pure adesso. Al massimo un barlume di strafottenza negli occhi, ma non ne è del tutto certo.
Per un istante gli occhi azzurri ricadono sulla moglie al suo fianco, e come ogni altra volta si domanda cosa abbia mai potuto trovarci in un uomo tanto freddo, indolente e spesso aggressivo e dall’aspetto tanto anonimo come lui, ma poi ripensa al fatto che Sherry ha preferito un alieno mezzo scimmia agli esemplari della sua specie e si ripete mentalmente che i gusti sono gusti, inutile rimuginarci troppo sopra.
I membri del branco sono in buona parte mutati e si stanno piazzando in semicerchio alle spalle della coppia dominante. Sono pronti allo scontro, sentono di poter fare ciò che vogliono con loro due fianco a fianco, soprattutto perché la rabbia di Radish se gli toccassero la compagna li porterebbe ad una violentissima vittoria.
I rivali però, per quanto minacciosi, stanno lasciando intendere che non attaccheranno, non per il momento almeno, e ciò non fa altro che confonderli. Perché mai portarsi tanto allo scoperto se poi non hanno intenzione di fare niente se non mostrare le zanne? Un gesto indecentemente avventato e privo di logica, non riescono a capirlo.
Uno di loro però qualcosa l’ha intuita.
«Ordina loro di non fare gesti avventati.»
Le parole che Darko le sussurra all’orecchio non hanno un gran senso, ora come ora. Perché mai i suoi dovrebbero fare qualche gesto avventato? Sono sì in attesa di attaccare, ma non sono così scemi da scatenare una guerra anche contro un’altra fazione. In realtà, spera che pure Radish ci abbia già pensato e sappia quindi trattenersi. A giudicare però dal suo odore, capisce che sta solo aspettando di capire chi è meglio attaccare per primo.
L’-ex Beta si porta davanti al trio, rivolgendo al primo bastardo del Sud il sorriso più cordiale del suo repertorio «Immagino che la tua non sia una mera visita di cortesia, Hurricane. Non sei mai stato il tipo che si perde in questi convenevoli.»
«Lui segue me.»
Gli occhi dei presenti scattano in alto con un certo sgomento. Come hanno fatto a non rendersi conto di niente?
Con un balzo agile, l’intruso che ha sollevato tante preoccupazioni tra tutti loro atterra ad una quindicina di metri scarsi da Darko, un astuto sorrisetto a piegargli gli angoli della bocca carnosa, sotto la quale si possono scorgere denti bianchissimi.
È molto alto di statura, ben fatto, con muscoli forti come se fili d’acciaio vi fossero stati intrecciati, la pelle è leggermente abbronzata, solcata qua e là da cicatrici di varie dimensioni, con un tatuaggio raffigurante una mezza Luna e un Sole sul pettorale sinistro. Il volto dai lineamenti energici e dall’espressione sfacciata è incorniciato da lunghi e mossi capelli d’ebano con vivaci riflessi castani, che gli ricadono con pittoresco disordine sulle robuste spalle. Gli occhi verdi sono di una fulgidezza senza pari, espressivi, magnetici, vivaci e attraenti.
Blackwood non è conosciuto solo per la sua energica potenza o per la sua mente acuta e vivace, ma anche per la sua particolare bellezza, che molti hanno tentato di definire come viva. Secondo River, che nel dirlo avrebbe trovato l’appoggio di Everett, è nato col fuoco e l’argento vivo che gli scorrono con prepotenza nelle vene.
Si passa lentamente la lingua sulle labbra, assaporando così involontariamente quella miscela disgustosa che ha copiato senza vergogna da Jäger. Per quanto odi ammetterlo, forse anche più di quanto odi lui stesso, ha una mente affascinante e delle capacità intellettive che lui, purtroppo, sa di non poter eguagliare.
Adesso però non può permettersi di pensare a quanto quello psicopatico sia fastidiosamente intelligente o quanto quello strano unguento mangia-odori abbia un sapore sgradevole; può e deve solo concentrarsi sulla giovane donna che ha di fronte.
In realtà muore dalla voglia di arpionarsi alle costole di Radish per sapere quanto più possibile sulle sua razza, sul suo pianeta, sui possibili pianeti che ha visitato in generale, su cosa faceva prima di arrivare lì, come sia arrivato lì, perché, quando, tutto. Si trova pur sempre di fronte ad un alieno, un fottutissimo extraterrestre, come può rimanere indifferente?
Il sorriso sghembo si riapre sul suo volto nel momento esatto in cui sente un profondo e gutturale ringhio provenire da Sherry, che lo guarda con una tale ferocia da fargli pensare che, forse forse, sua moglie non è così tremenda come tutti - lui compreso - pensano: «Devo ammettere che non mi aspettavo di trovarti qui tutta pimpante, ma se sei masochista solo la metà dei tuoi—» Sgrana gli occhi quasi dolorosamente non appena intercetta la sua figura slanciata che si avvicina da un lato. Non si era accorto di niente perché il bastardo ha sempre saputo nascondere bene le sue tracce e, pur essendo certo che lo avrebbe trovato in vita, tutto attorno a lui si riaccende, come se per tutto il circondario fossero stati accesi dei silenziosi ma luminosissimi fuochi d’artificio. «… LOSAPEVOPEZZODIMERDA!»
Everett sogghigna assai divertito dall’espressione comica e stralunata del minore. Sapeva che avrebbe avuto una delle sue solite reazioni esagerate, ma pensava più ad un qualcosa di isterico e/o violento. Lui sicuramente lo avrebbe picchiato, sia per sfogare l’emozione sia per fargli capire che lo aveva fatto soffrire troppo.
Vederlo però adesso con quei grandi occhi verdi quasi fuori dalle orbite mentre quel sorriso a trentadue denti da pazzoide gli si apre sul volto… beh, gli fa un grand’effetto.
«Ti sono mancato?»
«Lurido figlio di un cane maledetto!»
Silenzio.
Nessuno osa dire una sola sillaba tanto è lo shock. Blackwood il Valoroso (Dente Azzurro per la sua famiglia, per la sua abitudine di strafogarsi di mirtilli), prossimo Re del Sud, lancia insulti piuttosto pesanti ad Everett l’Implacabile, che se la ridacchia da una parte con le possenti braccia incrociate al petto, neanche si trovasse di fronte ad un innocuo cucciolo scalmanato anziché una macchina da guerra come può essere l’altro.
«Hai idea di quello che mi hai fatto patire?! EH?!»
«Non arruffarti il pelo, pan di zucchero
Il sorriso si allarga sul suo volto, e questo lascia ancora più shockati i presenti. Solo in pochi lo hanno visto sorridere in modo così allegro e genuino, ma stavolta la situazione è ben più strana e pericolosa di quelle rare occasioni. Pure Sherry, che si sta aggrappando al polso si Radish per evitare un qualche tracollo nervoso, fissa ad occhi sbarrati il fratello, non riuscendo a capire più niente.
«Anzi, sì: sei adorabile quando lo fai.»
Sobbalzato tutti, Spettri del Sud compresi, quando l’erede si lascia andare ad un urlo isterico ma comunque allegro. Hurricane, dietro di lui, non riesce a smettere di fissarlo con un chiarissimo smarrimento negli occhi madreperla. Aveva capito che il fratellastro che tanto rispetta un tempo fosse amico del principe del Nord, ma non pensava che fossero arrivati ad un tale livello di confidenza.
Blackwood però non è mai stato il tipo che si lascia contagiare facilmente da ciò che possono o non possono pensare gli altri. In linea di massima, a lui non è mai fregato proprio mezzo cazzo dell’opinione altrui, preferendo ignorare il più possibile tutto ciò che provavano ad inculcargli in testa sin dalla più tenera età. Assimilava solo ciò che la sua mente sapeva potesse tornare utile in un secondo momento… come le parolacce, ad esempio.
«Abominevole sacco di merda pulsante che non sei altro! Ho pianto come un disperato per te, ho fatto in modo che la ragazza non rimanesse scoperta e tu neanche hai pensato di avvertirmi che eri ancora vivo!»
Se da un lato c’è Everett che trattiene a stento le risate, da un altro Darko che si massaggia stancamente gli occhi con le dita, da un altro ancora Sherry e Radish che si guardano per un istante negli occhi alla disperata ricerca di una possibile spiegazione a quel delirio, in ultimo c’è pure River che ribolle di rabbia nel vedersi piombare tra capo e collo l’unico fratello che proprio non avrebbe voluto vedere da quelle parti.
«Cos’avresti fatto tu per Sherry, eh?!» Sbotta tutto in un colpo, azzardando un passo in avanti. Non che abbia davvero qualcosa da temere da Blackwood, essendo lui per natura più giocoso che iroso, ma non si sa mai, non ora che è così su di giri e, soprattutto, con Hurricane sul piede di guerra a pochi metri di distanza.
Quando poi il maggiore lo pietrifica sul posto con un’occhiata al vetriolo, River si pente di aver dato fiato alla bocca prima di riflettere sul serio.
«Pensi davvero che papà ti abbia mandato in giro tutto tranquillo solo perché facevi le bizze come una fighetta? No, carino: io ho dovuto intercedere per te, io ho dovuto combattere contro nostro padre per farti uscire, io ho fatto sì che tu potessi andare e tornare ogni qualvolta ti venisse in mente! Quindi è solo grazie a me se sei riuscito ad infilarti tra le cosce della ragazza per la quale avevi una strana cotta da anni! Solo ed esclusivamente grazie a me!»
«Quindi è solo ed esclusivamente grazie a te se mia sorella si è ritrovata con un mastodontico palco di corna sulla testa e col cuore spezzato?»
I due si guardano dritto negli occhi con un’aria così mortalmente seria, quasi offesa, che alla maggior parte dei presenti si drizzano i peli sulla nuca. Se decidessero di combattere, quanto ci metterebbe la loro precaria situazione a colare definitivamente a picco? Nel momento esatto in cui, nelle loro menti, li vedono l’uno con le fauci attorno alla gola dell’altra, non possono fare a meno di chiedersi se Bulma può fornire loro un’astronave per espatriare su qualche lontano pianeta.
Sherry, sempre ancorata al polso di Radish nel disperato tentativo di non cadere nello sconforto più totale, continua a far saettare lo sguardo dal fratello al principe invasore. Lei stessa sfidò la pazienza di Greywind transitando per il suo territorio quando scappò con Bree, e dubita altamente che si mostrerebbe clemente per una seconda volta se a farne le spese fosse il suo adorato primogenito. Per la morte di Ivy le cose non esplosero per un pelo, e giusto perché entrambi i Re erano consapevoli che darsi guerra sarebbe stato troppo per i rispettivi regni, ma a questo giro è certa che niente lo tratterrebbe.
«Quella è colpa di River.» Controbatte prontamente Blackwood, l’espressione corrucciata e colpevole di un bambino che è stato beccato con le mani nella marmellata «Perché mi guardi così?»
Si muove piano, Everett, con i potenti muscoli del busto e delle braccia esposti che sembrano vibrare per quanto tesi; gli occhi ferini fissano con insistenza il principe, un lieve ma lugubre ringhio d’avvertimento gli sale su per la gola «Programmavo di sbarazzarmi del bastardo una volta che le acque si fossero calmate…» Basta un battito di ciglia e i suoi occhi azzurri si macchiano di rosso sangue, spettrali e minacciosi «Ma quasi quasi prima faccio fuori te!»
Difficile capire chi sia scattato per primo, chi sia mutato prima o anche solo se Everett dicesse sul serio riguardo a River. L’unica cosa certa è che quei due mastodontici lupi sono ora dritti sulle zampe posteriori, gli artigli di quelle anteriori conficcati nelle spalle per tenersi bloccati, e le fauci di Everett sono serrate attorno al collo di Blackwood, che tenta disperatamente di afferrargli l’orecchio ripiegato all’indietro per liberarsi. Lo schioccare dei suoi morsi per aria e il loro ringhiare furioso sono un qualcosa di orribile da udire, ma l’immagine di quei colossi che si sbattono a terra e se ne danno di santa ragione è assai peggio da vedere.
«Ma sono impazziti?!» Urla Sherry mentre prova ad intervenire, venendo prontamente bloccata da Darko. Il maggiore ha tenuto per tutto il tempo gli occhi fissi sul Capitano avversario, riscontrando unicamente in lui una qualche minaccia. In fondo non è noto solo per il carattere chiuso ed artico, ma anche per essere un tipo con la miccia estremamente corta. Osservandolo anche ora però, si rende conto che è stato in qualche modo informato dal fratellastro, fatto che gli concede un minimo di margine di movimento.
Per prima cosa devo bloccare Sherry. Se lei intervenisse, Radish la seguirebbe a ruota e di conseguenza ci ritroveremmo in guerra anche col Sud. Bloccata lei, vediamo come muoversi…
Si volta repentinamente e l’afferra per le spalle, cercando con insistenza i suoi occhi cremisi. Quando finalmente li trova, ha già fiutato nuove scie odore che preannunciano solo l’avvicinarsi di uno spettacolo assai… interessante.
«Aspetta.» Ordina con tono sicuro, facendola indietreggiare fino a condurla tra le braccia del Saiyan.
I due Spettri si fronteggiano spietatamente, le zanne in mostra l’uno contro l’altra, il pelo irto dalla sommità della testa fino al centro della schiena. Blackwood ha un profondo taglio nella spalla sinistra che però si sta già rimarginando, mentre Everett sfoggia un diabolico ghigno arrogante grazie all’idea di essere ancora più che capace di riportare a casa tutta la pelliccia contro il più giovane, grande orgoglio del Sud.
Ma poi la situazione si gela per un breve, assurdo istante: qualcosa salta in mezzo a loro, ad una decina di centimetri scarsi di distanza da quelle enormi fauci che stavano per scontrarsi nuovamente.
«Ah!»
Ginocchiata sotto al mento di Blackwood.
«Ah!»
Gancio nella mascella di Everett.
«Ah!»
Dopo averli afferrati entrambi per un orecchio, fa scontrare con violenza le loro teste l’una contro l’altra.
«IDIOTI!» In mezzo ai due si erge, come un'immagine divina, la splendida figura di Nike, conosciuta da qualsiasi Spettro come Venere Nera. Tutta la sua figura, di una tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti, è capace di tenerti in silenzio a fissarla per ore e ore, come un dipinto prezioso: lunghi capelli mossi di un delicatissimo bianco ghiaccio, pelle d’ebano e magnifici occhi intensi, di un colore che sfiora probabilmente quello che si ottiene unendo il blu cobalto dell'oceano al festoso azzurro del cielo; il corpo formoso e tonico, evidentemente baciato dalla Dea Bendata, è messo in risalto da un sottile e candido abito che le arriva appena sopra al ginocchio.
Tutti i presenti rimangono completamente imbambolati di fronte a tale visione, nel suo strano e perfetto mix di bellezza e potenza. Giusto River e Darko non mostrano alcuna reazione apprezzabile dal momento che la conoscono da tempo.
«Possibile che non siete capaci di comportarvi da uomini?! Siete due stupidi PAGLIACCI
Darko si lascia andare ad un risolino divertito, accompagnato da un teatrale e lento applauso. China pure un poco la testa quando la donna si volta finalmente a guardarlo, tornando a sorriderle dopo pochi secondi. Ricorda la prima volta che la vide, così incredibilmente fiera per la giovanissima età, così tanto che non riuscì a non pensare che il suo adorato ragazzo, un giorno, avrebbe anche potuto pensare di prenderla in moglie pur essendo del Sud, non sapendo che Everett si fosse già vincolato ad un’altra da un paio di settimane (e neanche che da lì a poche ore l’avrebbe fatto anche lei con un piccolissimo Blackwood).
«Nike, meravigliosa Venere Nera! Sono lieto di vedere che non hai perso smalto.»
Sherry sente un fremito alla bocca dello stomaco quando incrocia quei grandi e voluttuosi occhi azzurri, per la prima volta insicura sul proprio aspetto. In fondo ha sentito chiaramente che Radish non le è rimasto indifferente sulle prime, malgrado adesso la guardi con freddezza e diffidenza.
«Qualcuno deve pur tenerli a bada.» Ogni suo movimento le ricorda una tigre della giungla che si avvicina sinuosamente ad una gazzella, e questo davvero non le piace «Non temere, Occhi di Brace, imparerai anche tu sia a tollerarli che a contenerli.»
Se già per il suo aspetto si sentiva in qualche modo minacciata e per questo non le è andata particolarmente a genio, nel sentirle pronunciare quell’orrendo soprannome sente davvero di volerla colpire su quel magnifico faccino che si ritrova. Non che l’abbia detto con cattiveria o derisione, ma l’ha detto e questo le basta.
Radish, consapevole dello stato d’animo della compagna ma anche di non poter intervenire senza sminuirla, non riesce più a tenere ferma la coda per il nervoso. L’idea di stringerla attorno a quel lungo collo d’ebano diventa improvvisamente allettante, ma è quasi certo che Sherry sarebbe capace di fraintendere pure quel gesto.
Quando poi quei brillanti occhi chiari si soffermano sulla sua figura come per studiarlo, Radish non può fare a meno di compararla a Bree. Malgrado voglia Sherry e solo Sherry nel suo letto, sa bene che la bionda è oggettivamente più bella di lei. Ed anche C-18, se proprio vuole allargare il paragone. Nessuna delle due donne però potrebbe mai reggere il confronto con lei, con il suo portamento, con la sensualità disarmante che emana la sua figura, con quello strano mix di gelo e lava che si scatena dai suoi occhi.
«Tu devi essere l’uomo-scimmia che ha portato tanti dispiaceri a Jäger… non so perché, ma onestamente mi aspettavo di più.»
Stavolta Sherry ringhia, gli occhi rubino che risplendono per la rabbia. A cose normali non reagirebbe mai così contro un’avversaria capace di portare tante rogne all’intero branco, unione dell’anima o meno, ma per un misero secondo ha davvero perso il controllo di sé e una bestia feroce ha preso il sopravvento, minacciando immediatamente l’avversaria.
Nike è indubbiamente più bella, probabilmente più colta e sicuramente raffinata di lei, ma Sherry è abbastanza certa che in combattimento riuscirebbe a farla fuori, in un modo o in un altro. Potrei testare uno dei due metodi proprio su di lei… no, aspetta: COSA?!
La maggiore la guarda con un sorrisetto arrogante, per poi farsi seria tutto in un colpo, con un qualcosa negli occhi che i suoi interlocutori non riescono a capire se da catalogare come “fastidio” o “allarme”.
«Mamma! Light mi ha strappato il vestito!»
«Non è vero!»
«Mamma! Set prova a bruciarmi i capelli!»
«Spiona!»
«Vi consacro tutti!*»
Cinque voci acute ed infantili - ed anche un poco adirate - attirano l’attenzione generale, seppur in modo più debole con Sherry. Non riesce a staccare gli occhi da Nike, davvero troppo vicina a Radish per i suoi gusti.
«Vogliate scusarmi, ma devo andare a ricordare alla mia adorabile progenie che se impongo il gioco del silenzio è perché non voglio sentire neanche un fiato.» Sorride in modo cordiale come le è stato insegnato da bambina per poi voltarsi, dando così prova di non temere nessuno di loro.
Ancheggia in modo veloce verso la boscaglia, dove ad attendere il suo ritorno (o quello di Blackwood o Hurricane) vi è il resto del piccolo contingente con il quale sono partiti e, soprattutto, i suoi cuccioli.
«La maternità le dona, è magnifica.»
Quando quei due abbiano ripreso sembianze umane, ed anche quando qualcuno abbia dato loro qualcosa per coprirsi le nudità, Sherry non saprebbe proprio dirlo. Neanche Radish in realtà, non tanto perché impegnato a seguire i movimenti della donna che non riesce ancora a capire se da catalogare come amica o nemica, quanto per il fatto che teme che la sua dolce sposina possa avere un qualche ingiustificato atteggiamento violento anche nei suoi confronti. In fondo sente quanto è nervosa, pur non capendone a pieno il perché, ed uno scatto inteso per far male non lo sorprenderebbe troppo. Stando quindi attento a qualsiasi piccolo gesto, sa di poterla bloccare subito, forse addirittura calmare.
«Si è pure ammorbidita un casino!»
Stanno seduti su l’erba con le lunghe e possenti gambe stese in avanti, i busti leggermente piegati all’indietro sostenuti dai palmi delle mani puntellati al suolo. Sono calmi, rilassati, e questo agli occhi dei presenti è assurdamente folle, soprattutto se si pensa che si stavano picchiando fino a pochi minuti prima.
La verità però è che quello è sempre stato il loro modo di giocare sin da bambini, dove Blackwood diceva o faceva qualcosa che gli avrebbe dato indubbiamente fastidio e l’altro lo batteva in uno scontro amichevole. Buona parte delle cicatrici in realtà se l’è rimediate proprio così, ed è per questo che ha sempre spinto tanto per migliorarsi: voleva batterlo una volta cresciuti.
Se stavolta però non ha neanche provato davvero a fargli versare del sangue come invece sarebbe stato finalmente capacissimo di fare, è perché sapeva bene che la donna che adesso lo fissa come se fosse pazzo non l’avrebbe presa nel verso giusto.
«Ammorbidita?» Radish non è riuscito a tenere a freno la lingua, non dal momento che ha ammirato sin troppo la perfetta forma fisica della donna, non trovando alcuna forma di morbidezza di troppo, dandosi poi mentalmente dell’idiota per non aver capito subito a cosa l’altro si riferisse.
«Nike non è mai stata quel che si può definire esattamente uno zuccherino.» Mentre lo dice Blackwood si alza da terra e si avvicina quasi trotterellando al Saiyan, che dal canto suo non riesce a trovare il suo stesso entusiasmo.
Everett però lo richiama subito, consapevole forse più di chiunque altro di quanto l’amico sappia essere insopportabilmente assillante e loquace quando trova qualcosa di interessante, e lo stare faccia a faccia con un guerriero alieno certamente lo è molto per lui.
Il principe però non demorde e continua la sua avanzata, fino a ritrovarsi dolorosamente strattonato all’indietro per i capelli.
«Non sei più un cucciolo, pan di zucchero. Non farmi ripetere sempre le cose.»
Sherry vorrebbe essere in qualche modo arrabbiata con Everett, soprattutto perché non le pare minimamente sorpreso della visita, ma non ci riesce. Il sorriso allegro che Blackwood le rivolge la incuriosisce di più, soprattutto quando lo vede avvicinarsi ulteriormente a loro con la testa ripiegata di lato.
Li sta evidentemente studiando e non tenta minimamente di nasconderlo, ma pure Radish capisce che non sta tentando di capire quanto possano essere forti anche presi singolarmente, no. La sua mente sta macinando su qualche altro pensiero, e il velo malizioso che velocemente gli ricopre gli occhi vispi li mette un poco in allarme.
Ma poi si volta di nuovo verso Everett, gli gira attorno come farebbe un cucciolo dispettoso che vuole dar noia al fratello maggiore, e dopo qualche secondo cinguetta allegramente: «Ti prego, pasticcino, dimmi che non li hai lasciati scopare nel mio letto!»
Mentre il branco degli Shedish, spinto dalla curiosità, si avvicina sempre di più alle loro spalle ed Hurricane snuda nuovamente le zanne per intimare a tutti loro di stare indietro - trovando subito Mordecai pronto allo scontro -, Sherry sente un insopportabile brivido gelido lungo la schiena.
«Il… il tuo letto?»
«Sì!» Stringe con forza le labbra per impedirsi di scoppiare a riderle in faccia e, non appena è sicuro di non correre più il rischio, si volta con un sorrisetto arrogante verso Everett «Non sapeva di alloggiare abusivamente in casa mia?»
Altra ondata gelida nella schiena, seguita da una cocente rabbia che quasi le annebbia la vista.
«È lui il tuo “collaboratore umano”?!» Strilla a tanto così da una crisi isterica, scatenando una risatina nel principe che, senza tante cerimonie, allaccia un braccio al collo dell’amico e porta il volto davvero molto vicino al suo.
«Collaboratore umano? Mhhh… è così che mi definisci in giro?»
«Non hai nessun altro da importunare?!»
Blackwood si era mostrato fastidiosamente invadente sin da piccolissimo, tanto che Everett non ha mai neanche lontanamente preso in considerazione l’idea che crescendo sarebbe cambiato. Quello è il suo carattere, non c’è niente da fare. Al limite può aver imparato a trattenersi quando necessario, cosa che da bambino gli risultava assai ostica.
È proprio per questa sua consapevolezza se non scatta come una vipera o si irrigidisce per il fastidio. Alla fin fine ha imparato ad apprezzare sinceramente anche questa sua caratteristica.
«Tecnicamente c’è un sacco di gente che potrei torturare con la mia brillante parlantina, ma negli ultimi anni ti ho scioccamente creduto morto, pasticcino: è ovvio che darà noia a te, per primo.»
Pasticcino, Pan di zucchero, Kitty e Fiorellino. Perché cominciarono a chiamarsi con questi appellativi imbecilli davvero non lo sanno, ma si abituarono praticamente subito a come suonava buffo quando a pronunciarli era Everett e così se li sono tenuti.
Sono tanti i ricordi che li stanno travolgendo, ora che sono di nuovo insieme. Hanno sofferto immensamente quando, con l’omicidio di Ivy, hanno dovuto cominciare a vedersi molto di meno per non peggiorare la situazione già mortalmente tesa, e quel dolore non ha fatto che peggiorare dopo quanto accaduto a Leila.
Avevano trovato il modo di tenersi in contatto con delle lettere settimanali che si lanciavano al di là del ponte crollato, ma vedersi era assai problematico perché per farlo Everett avrebbe dovuto lasciare Sherry scoperta. Blackwood sapeva che la teneva sotto tiro in quanto unica figlia superstite di Leila - che certo non avrebbe voluto che rimanesse abbandonata a sé stessa -, e per questo ha fatto in modo che non rimanesse totalmente scoperta una volta uscita. In un primo momento aveva convinto semplicemente alcuni Spettri di basso rango ad uscire momentaneamente, rintracciarla e lasciare qualche preda nei suoi dintorni, poi ha sguinzagliato River. Non ci voleva certo un genio per capire che l’unico motivo per cui voleva tanto uscire era per rivederla, tanto valeva approfittarne.
Per Blackwood poi la situazione è colata a picco quando ha appreso della sua morte. Pensava di averlo perso per sempre e la disperazione che attanagliò sia lui che Nike fu tale che si isolarono per qualche settimana sulla loro nuova isola, lontani da tutto e tutti, e lì rimasero a piangere insieme e a rileggere tutte quelle lettere che si erano scambiati.
Dopo tutto questo dolore e questa nostalgia, è piuttosto normale che Blackwood, da sempre molto più espansivo e affettuoso rispetto agli altri due e, probabilmente, anche rispetto a molti altri Spettri, si lasci andare a lunghi e soffocanti abbracci. Se non piange e non s’infuria per essere stato tenuto all’oscuro di tutto è solo perché l’ha già fatto quando uno dei Segugi ricognitori gli ha messo tra le mani quell’orribile gnomo tanto simile a quello che avevano “liberato” in gioventù, che teneva legato al quasi inesistente collo uno dei foulard di Nike con su scritto a pennarello “LENB”, la stessa parola senza apparente significato che incidevano spesso sugli alberi e che lui e Nike si sono tatuati dietro l’orecchio destro in memoria dei due amici defunti.
Everett lo tiene stretto a sé, lascia che nasconda il volto nell’incavo del suo collo senza fare nessun commento sarcastico, domandandosi mentalmente se riceverà un trattamento simile anche da Nike.
«Non ero sicuro che ti saresti ricordato dello gnomo, sai? È per questo che ci ho legato il foulard. Ah, per curiosità, come hai convinto tuo padre del fatto che sono ancora vivo?»
Mentre nella testa di Radish si accende una lampadina nel sentir nominare lo gnomo, Sherry non ci sta, non più. Non capisce a cosa si riferiscano, non capisce cosa ci facciano lì, per quale strana ragione abbiano pensato che fosse una buona idea invadere il suo territorio. Non capisce più niente e l’invidia e la rabbia provate poco fa non l’aiutano a ragionare lucidamente.
È proprio a causa di tutte queste forti emozioni negative se li lascia andare ad un forte urlo isterico: «MA CHE CAZZO DITE?!»
Mentre Everett la guarda con sguardo colpevole, chiedendole silenziosamente scusa e promettendole al tempo stesso di spiegarle tutto quanto in un secondo momento, Blackwood si gratta distrattamente il mento, puntando lo sguardo in un punto imprecisato alla sua sinistra. Grazie a questi due piccolissimi gesti, il maggiore capisce che ha fatto qualcosa di più o meno stupido.

Non capisco. Cosa cazzo c’è da indurre una riunione urgente del concilio?! Se vengo da te e ti dico che il principe Everett è vivo e che potrebbe essere un alleato importante nella guerra che sta per investirci, e con lui pure la sorellastra, il suo branco e l’uomo-scimmia che ha tanto turbato la mente di Jägermeister, vuol dire che è così!
Perché nessuno di voi riesce a capire che non sto sbagliando manco per niente? Perché mi guardate come se fossi fuori di testa? Ho ragione, so di avere ragione! PORCA PUTTANA! C’è scritto LENB su uno dei foulard di Nike, come potrei mai sbagliarmi?!
«È una cosa molto importante questa, Blackwood. Hai altre prove, oltre allo… gnomo?» Pa’… perché vuoi farmi incazzare?
«Le prove? Ma che davvero, le prove?! Le prove sono che in tipo ventotto anni compreso questo, quando dico una cosa, si rivela essere quella— e voi non mi credete mai! Dai tempi di Ivy!
A meno che voi non abbiate informazioni in più a riguardo, eh?!
Capito perché non c’è bisogno di altre prove, oltre allo gnomo?! Perché sono l’unico, in questa merda di posto, che capisce quando succede qualcosa! VECCHIACCI DIMMERDA
No, Nike, stai indietro, non tirarmi. Sai che non colpirei mai mio padre, non è nelle mie corde. Però, cazzo, se tuo padre non la smette di ciondolare la testa e guardarmi in quel modo, giuro che ti rendo orfana in dieci secondi scarsi!
«Vecchiacci dimmerda?»
Che mi fai il verso, ma’? Serio? Bene, questo è troppo: sbatterò in faccia a tutti voi la prova definitiva per mostrarvi che ho ragione come sempre!
«Sì!»

«Non ce n’è stato bisogno.» Risponde così alla sua precedente domanda dopo qualche secondo di silenzio, sorridendo sornione al solo ricordo della faccia scocciata dei genitori e degli altri vecchiacci del concilio.
«Sei scappato?»
«Scappato è un termine forte, pasticcino. Diciamo che sono andato a fare una gita in famiglia e con la mia guardia al seguito nei territori di un altro branco senza aver ricevuto alcun invito.» Snocciola la risposta tutto in un fiato, sghignazzando soddisfatto. Nike ha provato a convincerlo a non andare tanto contro al volere del Re, ma il tentativo è durato forse due minuti, giusto per fare un po’ di scena e non sentirsi in colpa in seguito. Quando Blackwood si impunta su qualcosa, non c’è quasi mai modo di distoglierlo dai suoi intenti.
«Mi sorprende sempre constatare che Greywind non si sia suicidato nel corso degli anni.»
«Tsk, il vecchio è tenace, ma sono sicuro che mi manca davvero poco per riuscire nell’impresa!»
Ovviamente scherza essendo molto attaccato alla famiglia ed anche molto protettivo nei confronti di ogni singolo membro, questo però non gli ha mai impedito di stressare i genitori - in modo particolare il padre - con discorsi senza logica ed improbabili supercazzole che sfociavano spesso e volentieri in scherzi più o meno fantasiosi.
Gli occhi allegri e chiari del principe saettano nuovamente sulla figura stupita ma sempre alterata del Saiyan, studiandolo minuziosamente nel dettaglio. Si aspettava un qualcosa di diverso, nella sua mente doveva essere molto più scimmiesco, animale, ma la delusione scema velocemente al pensiero che si tratta in ogni caso di un alieno.
Prova ad avvicinarlo nuovamente, incurante del reale pericolo che il Saiyan rappresenta, ma viene bloccato per la seconda volta da Everett. Per quanto il solo pensiero dell’amico che lo bombarda di domande anche scomode gli piaccia da impazzire, si rende conto che non è il momento adatto, non con Sherry pronta a scattare.
«To’, guarda qui.» E detto questo allunga un braccio verso il suo viso e si fa un profondo taglio sul polso per donargli i ricordi che lo riguardano.
Blackwood, dal canto suo, preferirebbe sentire direttamente le parole dell’alieno, ma capisce che il maggiore non mollerà e deve quindi accontentarsi di caotici ricordi.
Sherry, con un gesto secco e scocciato, si libera dalla presa di Radish con la chiara intenzione di portare Everett da un lato e discutere civilmente di quanto sta accadendo, ma ogni suo proposito si disintegra quando Nike fa il suo ritorno in scena, seguita a ruota da una quindicina di nuove persone, tra i quali i cinque piccoli eredi al trono del Sud.
Stanno in fila indiana in ordine decrescente e, quando la madre si ferma a qualche metro di distanza da loro quattro, si mettono ordinatamente l’uno di fianco all’altra accanto alla madre.
Ognuno di loro, seppur in piccola parte, mostra chiaramente reazioni piuttosto differenti l’una dall’altra. Il primo, un bambino dai brillanti capelli color dell’oro che gli ricadono sulle spalle olivastre, sprizza aggressività da ogni poro, e i suoi occhi chiari trasudano la voglia di attaccare più per il gusto di farlo che per reale necessità. Il secondo, che differisce dal maggiore solo per il colore dei capelli, avendoli infatti argentei, pare invece totalmente indifferente alla situazione, concentrato com’è sullo sgranocchiare praline al cocco una dietro l’altra. Dopo di lui, una bambina dai brillanti capelli color miele si tortura le manine per il nervoso, tenendo lo sguardo basso. La bambina con i capelli rossi come il sole che tramonta, invece, osserva con gran curiosità prima Radish e poi Sherry, come se tentasse di capire qualcosa di particolare su quest’ultima. L’ultima della fila, invece, tenta disperatamente di sistemarsi i capelli biondo fragola dopo che la sorella maggiore glieli ha terribilmente arruffati prima di tentare di dargli fuoco.
Si assomigliano tutti e cinque per la lucente pelle olivastra, le boccucce pennellate, i nasini drittissimi e gli zigomi alti, tratti ereditati chiaramente dal padre, e per gli intensi occhi azzurri della madre.
Everett, che trova assai spassoso lo sguardo bellicoso del piccolo primogenito, si avvicina con passo calmo a Nike, fino a poterla stringere tra le braccia. Questa sulle prime rimane stoica ed impassibile, ma non appena lo sente mormorare “ciao Kitty” si lascia andare, stringendolo quasi dolorosamente.
Ha sempre amato Everett, scherzando tranquillamente sul fatto che, se non fosse stato per il suo inscindibile legame con Blackwood, avrebbe sicuramente scelto lui come compagno di vita, trovandolo assai d’accordo.
I due si separano giusto quando il piccolo principe gli ringhia contro come ammonimento, essendo per natura assai geloso nei confronti della madre.
«Questi devono essere i vostri piccoli aborti non riusciti.»
Nike gli pizzica debolmente il fianco, sorridendo sotto ai baffi. Non era molto convinta di voler avere dei figli, non con i tempi burrascosi ed incerti che stanno vivendo, ma ormai era diventato impossibile trattenere la voglia di paternità del marito e quindi ha ceduto, ritrovandosi così costretta ad ammettere che non poteva fare scelta migliore, per quanto i piccoli si siano mostrati sin troppo vivaci pure per lei, crescita fianco a fianco con un uomo che si muove sempre come un furetto tutto matto. Oltretutto credevano che sarebbero stati “solo” quattro! Cinque cuccioli in una volta sola non si era mai verificato nella loro storia, e ciò è bastato per far cadere ogni singola fantastica di Blackwood di allargare la famiglia.
«Golden Lux, Moonlight, Sunshine, Sunset e Sunrise.» Afferma con orgoglio Blackwood mentre si avvicina al gruppo, facendo un fischio a Light per farsi lanciare una pralina al volo. Fanno spesso questo gioco decisamente poco gradito dalla rigida madre, e li diverte sempre un sacco. Ingordi e voraci come sono in fondo, ogni pretesto è buono per giocare e studiare metodi sempre più acrobatici ed improbabili per alzare il punteggio. Che poi entrambi barino indecentemente sparando numeri a casaccio è un altro discorso, l’importante è continuare a divertirsi.
«Alla faccia! Ti sei sforzato con la fantasia.»
«Come sai che sono stato io a dargli i nomi?»
«Sono nomi orribili, chi altri poteva sceglierli se non un minorato mentale come te?»
Mentre i piccoli sgranano gli occhi per l’offesa e puntano gli sguardi scocciati sulla figura di Everett, Blackwood si lascia andare ad una sonora risata.
«Mi sei mancato davvero un casino, sai?»
«Tu sei un principe del Nord?»
L’intero branco di Sherry, ancora fermo in attesa di eventuali ordini, si ritrova ancora più sorpreso nell’udire la voce acuta ma ferma del primogenito. Non sono certo sorpresi nel sentire un bambino di neanche tre anni parlare tanto chiaramente, in quanto ogni Spettro sviluppa questo genere di capacità entro il secondo anno di vita, quanto per il fatto che mostri una tale sfacciataggine nei confronti di quello che, lì in mezzo, è lo Spettro più forte e pericoloso in assoluto.
Everett è l’unico a non esserne minimamente sorpreso. Sono figli di Blackwood e Nike, come altro potevano essere se non bellissimi e con un stravagante carattere di merda?!
Si avvicina al piccolo e si piega sulle ginocchia per raggiungere il suo livello, guardandolo con un certo divertimento misto a rispetto.
«Sì.»
«Allora sei un nemico?» La sua non è cattiveria e neanche discriminazione, semplicemente non gli è chiara la faccenda. Stanno per entrare in guerra col Nord, questo lo sanno pure loro, come sanno che una sorella del padre è stata uccisa da piccola da qualcuno di loro. Però i suoi genitori hanno un atteggiamento confidenziale e fraterno nei suoi confronti, quindi cosa deve pensare? Che atteggiamento deve assumere, così che anche il fratello e le sorelle capiscano? In fondo seguono lui in quanto primogenito ed erede designato dopo Blackwood, deve imparare a capire al volo come comportarsi in questi frangenti.
«Assolutamente no, anzi! Io sono forse l’unico reale amico che avrete nella vita, perché non me ne frega niente del vostro sangue blu e vi tratterò sempre come gli insetti fastidiosi che siete.»
Ora è ancora più confuso. Gli ha appena dato dell’insetto fastidioso - ed anche agli altri quattro - ma ha pure detto che gli è amico. Cosa deve pensare? Deve credergli o lo sta prendendo solo in giro? Difficile giungere ad una conclusione attendibile a soli due anni e tre mesi di vita!
È Moonlight a decidere per lui, sorridendo divertito all’uomo e facendo uno spavaldo passo in avanti «Okay!»
«Lui mi piace.»
«Te lo regaliamo, se vuoi.» Borbotta Nike, fulminando con lo sguardo il secondogenito. Si era raccomandata di starsene buoni, buoni in silenzio e di lasciar fare ai grandi, e invece già cominciano a fare come meglio credono.
«No, grazie. Me lo godrò quelle poche sporadiche ore settimanali, meglio ancora mensili, che non me lo faranno prendere in antipatia, così da non provare l’impulso di ucciderlo.» Afferma passando una mano tra i setolosi capelli argentei del bambino, che dal canto suo si è già rimesso a mangiare le praline.
«Che ne dite se vi presento la futura Regina del Nord?»
Ecco, adesso per Lux è un poco più chiara la situazione: questo comportamento rispettoso e l’intercedere a favore di uno Spettro di rango superiore è più o meno quello che fanno anche la sua mamma o il nonno materno, di conseguenza è necessario abbandonare le ostilità e sforzarsi di indossare l’espressione più rispettosa del suo repertorio. Espressione che in realtà non esiste, non dal momento che non si è mai ritrovato a doverla sfoggiare proprio con nessuno. Tuttavia il padre lo fa con i più anziani, quindi pensa che basterà giusto provare a copiarlo.
S’incammina dietro ad Everett, seguito a ruota dagli altri quattro, e in neanche cinque secondi si ritrova di fronte a Sherry e Radish.
Se da un lato lei riesce un poco a metterlo in soggezione per la sua posizione e per le tante voci che ha sentito sul suo conto, Radish lo mette proprio in un forte stato di ansia. È enorme ai suoi giovani occhi, ha una coda non da lupo che si muove pigramente alle sue spalle e anche un odore nuovo e stranissimo, potente.
L’unica, tra loro cinque, a non provare questo genere di timore nei suoi confronti è solo Sunset, che continua a studiare Sherry con interesse. Non appena i loro sguardi si incrociano, decide che un giorno vorrà essere proprio come lei: forte e temuta, con un grande potere tra le mani e, perché no?, un uomo forte e dall’aria tanto truce come il suo strano compagno.
«Maestà, ho il piacere di presentarvi il principe Golden Lux, suo fratello Moonlight e le sue sorelle, Sunshine, Sunset e Sunrise.»
Sherry non riesce a reprimere un sorriso divertito e materno di fronte a quei visetti curiosi e un poco frastornati e, senza neanche pensarci, si abbassa al loro livello, scatenando nuovamente un profondo ringhio da parte di Hurricane, assai protettivo nei loro confronti.
«Anche la nonna è Regina e presto lo sarà anche mamma.» Afferma un poco soprappensiero Sunrise mentre con gli occhi segue come ipnotizzata i movimenti della coda del Saiyan. Ha l’aria tanto morbidosa!
«Ah sì?»
«Loro sono sposate col Re. Tu sposerai Jäger?» La domanda è sorta spontanea per Lux. Ogni Regina è sposata col Re, che è poi quello che detiene il potere. Se lei è la futura Regina del Nord, significa che sposerà Jäger, lo Spettro contro il quale stanno per scendere in guerra. Se le cose stanno così, viene da sé che la donna che hanno di fronte non è un’amica come aveva pensato poc’anzi.
«Io lo ucciderò, principino.»
Ecco, ora la faccenda comincia ad avere un qualche tipo di senso. Suo padre e sua madre li hanno portati lì per conoscere un’altra persona che vuole la disfatta di Jäger, e uccidendolo lei diverrebbe la Regina del Nord come ha detto l’amico di suo padre. Ma chi sarà il suo Re?
«Poi possiamo mangiarlo?»
Radish sgrana gli occhi per la sorpresa e li punta con un certo orrore su Moonlight, che sorride con un malato entusiasmo all’idea.
Il piccolo sa che non è una cosa né strana né nuova che i nemici vengano divorati dai vincitori, per rifocillarsi e apprendere tutto ciò che sanno, ma a lui non è mai capitata l’occasione ed è curioso di provare.
«Hanno le idee molto chiare, vedo.» Borbotta con un mal celato disgusto sia nella voce che nello sguardo, attirando così la totale attenzione del piccolo. Attenzione che però si sposta su un secondo soggetto nel giro di qualche istante, ed in breve anche il fratello e le sorelle si accorgono che sta puntando con una certa insistenza un bambino che sporge la testa da dietro la grossa zampa di quello che presumono esserne il genitore.
È una cosa nuova per loro incontrare bambini che non fanno parte del branco. Le poche volte che sono usciti dai loro territori è stato per delle brevi battute di caccia lì nei dintorni o per andare sull’isola dei genitori per passare qualche settimana di vacanza, ma non hanno mai interagito davvero né col mondo esterno né con altri Spettri. Quello in particolare, però, a Light non pare una minaccia. Tuttalpiù potrebbe esserlo il padre che lo fissa, ma non certo lui.
Se papà è amico del principe e della Regina, allora io posso essere amico suo!, e con questo semplice e puro pensiero allunga una manina in avanti, tendendo la scatola di praline al cocco all’altro bambino.
I loro antenati e un poco anche i loro genitori si sono dati guerra gli uni contro gli altri per un millennio, hanno provato ad insegnare ai piccoli che non si deve dare mai confidenze a qualcuno estraneo al branco… ma sono bambini, loro. Sono bambini che vogliono comportarsi come bambini, che vogliono giocare, esplorare, conoscere. Se adesso sono lì tutti insieme e non si sono ancora attaccati, limitandosi a qualche chiacchiera e a fissarsi a distanza, non vedono perché non dovrebbero interagire tra loro come farebbero con i membri del proprio branco.
Logan, seppur con grande incertezza, sguscia fuori dalla protezione fornitagli da Glover, e azzarda qualche passo in avanti. Solo quando ormai è totalmente esposto e a metà strada lancia una veloce occhiata al padre, giusto per essere certo di non star facendo danni; trovandolo relativamente tranquillo, ricomincia poi a camminare fino a giungere a pochi passi dal principino e, stavolta senza troppe incertezze, allunga una manina pallida fin dentro la scatola e ne estrae una pralina che, senza tanti complimenti, si ficca subito in bocca.
«Io sono Light! Tu come ti chiami?» Nel sentire la sua voce tanto carica di entusiasmo, gli altri quattro si animano di colpo e si avvicinano tempestivamente a quello che potrebbe essere un nuovo amico, suscitando così un’ondata di curiosità a catena tra i vari piccoli, spingendo pure Amos e Maximilian a farsi avanti.
«Logan…» Il braccio del principe è sempre ben teso verso di lui e così il piccolo Cacciatore allunga di nuovo la mano, prendendo stavolta ben cinque praline tutte insieme per darle anche alle sorelline giunte alle sue spalle «Mord ha portato la Playstation in casa di Sherry e Radish, volete giocarci con noi?»
Non c’è un solo adulto, lì in mezzo, che abbia anche solo lontanamente il coraggio o la forza di dire o fare qualcosa. L’unico che riesce a sorridere con una fierezza incredibile è Blackwood, che rivede tanto di sé stesso in quei bambini ancora incontaminati dallo schifo che invece ha macchiato gli adulti.
Non hanno dei veri pregiudizi, loro. Non gli importa che uno sia di casata nobile e uno un randagio o Mezzosangue. Per loro sono tutti uguali, sono tutti bambini, e di conseguenza si comportano da pari l’uno con l’altra. Presto stabiliranno da soli i loro equilibri, daranno ascolto al più forte e, se non sono dei pazzi violenti e sadici, tenteranno di rafforzare i più deboli. È nel loro sangue il voler fare gruppo, la necessità di unirsi come tanti piccoli tasselli di un puzzle, così da dare vita ad un nuovo gruppo capace di resistere alle avversità.
Blackwood lo sa bene, perché lui stesso era così. Lui cercava amici, cercava alleati, e ne trovò uno in Everett, poi un altro in Leila. Tutto sarebbe potuto andare assai diversamente se fossero rimasti assieme. Leila era il fuoco e la passione, la vita e la rivoluzione. Nike in qualche modo era come una madre autoritaria che li teneva in riga. Everett era la forza e l’astuzia, indispensabili per riuscire in ogni impresa. Blackwood, invece, incarnava l’eccentrica scoppiettante follia di un ragazzino che mai avrebbe voluto il trono e che aveva tutta l’intenzione di liberarsi da ogni catena per dar vita a qualcosa di nuovo, brillante e fresco.
Insieme avrebbero potuto fare qualcosa, avrebbero potuto creare un nuovo mondo, ma le cose sono andate diversamente e questo sogno utopistico si è sbiadito negli anni, diventando un lontano ricordo che però ha ripreso un poco di vita dapprima con l’idea di Sherry ed ora con la consapevolezza che vincendo questi bambini potrebbero davvero fare la differenza.
«Zio Rad?»
Sgrana gli occhi al limite delle proprie capacità nel sentirsi chiamare così, non essendoci proprio abituato, e quando abbassa lo sguardo si ritrova con il faccino speranzoso di Maximilian illuminato da un grande sorriso.
«Possiamo andare in casa a giocare alla play?»
Chiede il permesso a me?!
Lancia una veloce occhiata a Sherry, che a sua volta lo guarda in attesa di una risposta, e poi annuisce in modo sbrigativo, così da toglierseli tutti dai piedi.
Sherry, smossa da tutta quella bizzarra ma tenera situazione, cinge la vita del Saiyan con entrambe le braccia, ridacchiando appena nel sentirlo irrigidirsi. È arrivato a sopportare bene questo genere di effusioni di fronte al Quartetto e a pochi altri “eletti”, ma di certo non ci riesce di fronte a dei completi estranei.
Abbassa la testa giusto per dirle di smetterla, che lo sta mettendo in imbarazzo, ma nel farlo si frega da solo: lo sta guardando con quel maledetto sguardo che lo fa capitolare tutte le volte, in quel modo così maledettamente dolce e pieno di evidente eccitazione che gli impedisce sempre di essere brusco. Anzi, come spesso accade deve pure far ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non lasciarsi andare ad effusioni di ben altro tipo.
Tu, bambolina, sei un dannatissimo problema!
«Lux, lavati le mani prima di mettere le dita negli occhi a tua sorella!»
Quest’ammonimento li riporta entrambi con i piedi per terra, spingendoli pure ad una lieve risatina. Che razza di rimprovero è? Avrebbero ben compreso “non mettere le dita negli occhi a tua sorella”, avrebbe avuto pienamente senso, ma quello no!
Mordecai, in barba a tutti quanti ed anche al continuo lieve ringhiare di Hurricane di sottofondo, si avvicina con passo svelto alla coppia, ma si ritrova a doversi bloccare di nuovo quando il ringhiare del futuro Capitano si fa forte ed insopportabile.
Hurricane infatti non può tollerare che un randagio con la sua nota potenza si avvicini a Blackwood, va contro a ciò per cui è stato addestrato, e per questo gli si chiude del tutto la vena quando l’altro gli mostra le zanne in segno di sfida. Fa quindi per scattare in avanti, più che deciso a giocarsi il tutto per tutto attaccando pure Radish se davvero provasse ad intervenire come sta dando a capire, ma pure lui si ritrova a dover rivedere i propri piani.
«NO!»
Tutti si voltano con sguardo un poco sconvolto e Sunshine se ne sta lì in piedi sul portico, le piccole manine un poco ossute puntellate sui fianchi e lo sguardo severo indirizzato contro l’enorme  lupo che la fissa con aria sbigottita ed incredula. In fondo Hurricane sa di dover obbedire alla casata principale composta da Black, Nike e progenie, ma proprio non si aspettava che la timida Sunshine tirasse fuori un caratterino simile. È tale e quale a sua madre… ha pure lo stesso sguardo da brividi! Non vorrei proprio essere lo Spettro che un giorno se la sposerà.
«Seduto!»
Al comando stridulo della piccola, Hurricane non può far altro che dapprima sgranare gli occhi e poi chinare la testa, cacciare un paio di guaiti per la vergogna e il disagio, ed infine poggiare il posteriore a terra.
«Che è successo?» Radish non si è mai ritrovato a non capire tante cose in una sola mattinata, ed una bambina che ordina “seduto” ad uno Spettro adulto e questi esegue è decisamente la ciliegina sulla torta che gli manda in tilt il cervello.
«Credo che Sunshine abbia rotto mio fratello…» Borbotta River, ancora al suo fianco, guardando la nipote come se fosse una strana allucinazione. Dobbiamo installare delle telecamere, così da poterci godere questi momenti fino alla morte!
«Bravo zio!» E detto questo la bambina gira sui tacchi e rientra in casa soddisfatta. Se decidessero di lottare, loro non potrebbero più giocare con quei bambini che le sembrano tanto simpatici. C’è una ragazza più grande, lì in mezzo, che le ha messo il suo nastrino di raso rosa attorno polso mentre parlava con le sue amiche del Mezzosangue che le piace, e la faccenda le interessa anche più del dovuto: non devono proprio azzardarsi a rovinarle la festa!
Nike però non ha badato più di quel tanto allo spettacolino offerto da Sunshine, troppo presa dall’osservare una donna in particolare da poco sbucata dalla vegetazione. La trova obiettivamente molto bella, non lo nega di certo, ma non è questo ad attirarne lo sguardo: è la sua aria da porcona a metterla in allarme.
Non che tema qualche tiro mancino da parte sua, non dal momento che, da quando ha poco più di due miseri anni, Blackwood non ha mai guardato una donna all’infuori di lei, ma sa bene che quello è esattamente il prototipo di bambolona che fa tanto girare la testa di uno dei suoi tanti cognati, mandando a spasso quei pochi neuroni che si ritrova.
A giudicare poi dal suo odore, capisce che l’ultima volta che si sono visti deve averli proprio ammazzati, quei neuroni.
«Tu devi essere l’amica di Timo.» Afferma sibillina, assottigliando lo sguardo ed attirando involontariamente anche l’attenzione di Sherry.
«Problemi?» Camila di colpo sfoggia l’espressione più altezzosa e spavalda del suo repertorio, non suscitando alcuna reazione nella donna. Per una frazione di secondo lascia saettare gli occhi su Sherry, che le osserva con attenzione per valutare la situazione, chiedendole silenziosamente di intervenire subito. Non ha alcuna possibilità di spuntarla da sola contro Nike e lo sa bene, ma Sherry potrebbe tenerla occupata quel tanto che le basta per sferrarle un attacco a tradimento.
«Di te non me ne importa mezzo cazzo, dolcezza, ma dei bastardi che porti in grembo sì.»
Da un istante all’altro Blackwood smette di scherzare e ridacchiare con Everett, puntando lo sguardo sul Segugio che ora si tiene la mano sulla pancia appena accennata, celata sotto una maglietta leggera.
«Cosa?» La sua voce non è più allegra, i suoi occhi si sono fatti attenti e spietati.
Camila non ha più il coraggio di parlare. La rabbia che trasuda dal suo sguardo le mette semplicemente i brividi.
«Hur, portami Timo.»
«Lui—»
«Tu fa’ silenzio, la faccenda non ti riguarda.»
Sherry rimane al proprio posto, pronta ad intervenire se provassero ad attaccare Camila. Le ha promesso di difendere i figli che porta in grembo e così farà, soprattutto se così facendo avrà la possibilità di attaccare Nike. La sua presenza è come la più grande delle minacce per lei e proprio non ne capisce il perché. Non ha dato l’impressione di volerle nuocere in alcun modo, preferendo di gran lunga concentrare la propria attenzione su figli, marito ed Everett, ma la percepisce ugualmente come una minaccia.
Radish, con la speranza di riuscire a strapparle almeno un sorriso e quindi smussare un poco quella rabbia che percepisce scaturire da lei, le avvolge le spalle con un braccio e si avvicina al suo orecchio.
«Vedi? Quello ha capito tutto: lei coi piccoli mostri e lui con gli amici. Potrei prendere spunto, sai?»
Col senno di poi, la sua non è stata una mossa poi troppo intelligente ed arriva a sospettarlo nel momento esatto in cui lo fulmina col lo sguardo e si scrolla il suo braccio di dosso con fare stizzito.
«Tu azzardati a sparire un’altra volta e poi vedi che ti combino.»
Sbuffa forte e, pur non sentendosi particolarmente a proprio agio poiché di fronte a troppe persone, le avvolge le braccia attorno alla vita, stringendola con energia a sé, così da avere libero accesso al collo che comincia a mordicchiare per gioco.
«Ma stai zitta, finiresti col perdonarmi appena tornato.» Mormora con voce roca prima di stringerle di nuovo la pelle tra i denti.
Sherry si lascia un poco andare tra le sue braccia, decidendo di ripagarlo con la stessa moneta. Volta la testa per poterlo guardare languidamente negli occhi e poi mormora: «È vero, ma prima mi scoperei River per spregio.»
«Come hai detto?!»
Sherry lo allontana con un plateale e giocoso colpo d’anca, sorridendogli con aria un poco meschina mentre gli punta contro il dito: «Ora sai cosa rischi, fustacchione.»
In tutto questo Blackwood è rimasto immobile, le braccia stese lungo i fianchi, i pugni chiusi e lo sguardo accigliato. Everett si è fatto indietro di un paio di passi, quel tanto che gli bastava per fare da ostacolo tra lui e Sherry per evitare che, nella foga del momento, uno dei due possa provare ad attaccare l’altra. Darko lo ha raggiunto subito e gli ha sorriso con aria soddisfatta, più che consapevole che sotto ci sia il suo zampino, e Nike poi si è aggregata al duo, decisa a godersi lo spettacolo in compagnia del suo prezioso pasticcino.
Dopo qualche ulteriore secondo di silenzio pieno di tensione, Timo fa finalmente capolino. I lineamenti del volto e la corporatura sono simili a quelli di Blackwood, ma il colore degli occhi e dei capelli sono ben diversi, entrambi grigio piombo. Ha un incedere energico e un’espressione serena in volto, come se il cipiglio del fratello maggiore non fosse assolutamente un problema.
Hurricane, dietro di lui, gli lancia un’ultima occhiata vagamente sconsolata prima di tornare in mezzo ai suoi Cacciatori.
«Il perimetro è sicuro, Black. Quei nordisti bastardi non provano ad avvicinarsi da almeno tre giorni, devono crederla davvero morta.» Niente, l’espressione sempre più contrita del fratello non gli fa né caldo né freddo. Tuttalpiù pare essere sorpreso nel vedere quella che con grande probabilità è la sua amante più longeva. La cosa atroce, probabilmente, sta nel fatto che non è sorpreso del braccio mancante ma proprio per il fatto di averla trovata lì, in mezzo al suo branco!
«Oh, ciao Cam!» Afferma con un gran sorriso, salutandola con un cenno della mano. Prima che però abbia il tempo di avvicinarlesi anche solo di un passo, Blackwood lo butta a terra con un clamoroso gancio.
«Perché diavolo l’hai fatto?!» Bercia in tutta risposta il secondogenito, tenendosi la mano sulla guancia mentre sputa a terra il sangue. In fondo il fratello non alza mai le mani se non ha un motivo valido per farlo, e a lui non pare di avergliene dato uno salutando Camila. La rabbia di Blackwood però non è dovuta al fatto che anche al Sud la donna abbia la fama di “troione militare da conflitto internazionale”, come l’hanno definita un paio delle sue sorelle minori, ma bensì al fatto che il fratello si sia lavato le mani della gravidanza. Lo disse chiaro e tondo anni addietro che non avrebbe tollerato che venissero seminati bastardi in giro, non quando lui stesso ha dovuto combattere personalmente contro altri Spettri perché questi denigravano i bastardi di suo padre, paragonandoli spesso a delle nullità e a della mera carne da macello.
Sapendo però che questo non è un motivo valido non uccidere suo fratello, pensa bene di massacrarlo di botte come monito anche per tutti gli altri, con in aggiunta la speranza che così decida di prendersi cura della prole.
Senza quindi pensarci due volte, gli si piazza a cavalcioni sull’addome e, dopo avergli spostato la mano dal volto, lo colpisce ripetutamente, seppur non con la reale forza che vorrebbe imprimere. Non riesce a far seriamente male ai suoi fratelli, gli risulta impensabile.
Lo afferra poi per i lunghi e spettinati capelli grigi e se lo avvicina al volto, le zanne snudate e gli occhi vermigli a pochi centimetri dai suoi occhi.
«Cos’avevo detto sul seminare bastardi in giro, eh?! Cosa, Timo?! Possibile che tu sia così stupido?!»
«Ma quali bastardi?!»
«Lui non lo sa!»
Camila è sbiancata di colpo, Blackwood è rimasto immobile con un pugno sollevato in alto, Nike rivolta gli occhi al cielo, Radish pensa che sia un idiota fatto e finito. Pure Blackwood si dà dello sciocco, ma solo per mezzo secondo: la sua è stata una piccola svista, soprattutto perché il fratellino ha sempre avuto la tendenza a fare le cose di nascosto (solo per poi essere beccato in tempi brevissimi).
«Non so cosa?»
Neanche Mordecai riesce a ridere della sua stupidità. Pure quando è fatto fino al midollo ragiona meglio di lui, e questo gli pare davvero molto grave.
«Ah… colpa mia allora! In piedi fratellino, forza.» Si slancia all’indietro per tornare in piedi e subito porge una mano al fratello che, assai frastornato sia dalle botte ingiustamente ricevute che dalla shockante notizia, si rialza solo ed esclusivamente per dirigersi verso Camila e nessuno poi bada ai due mentre si allontanano con passo spedito verso la boscaglia.
«Penso che Amber e Jolene non la prenderanno affatto bene, soprattutto se decidono di restare insieme!» Scherza ridacchiando mentre corre a riabbracciare Nike.
Amber, settima figlia di Greywind, non ha mai tollerato le “brutte” compagnie del fratello maggiore, incitandolo più e più volte ad unirsi proprio a Jolene, sua grande amica d’infanzia da sempre cotta e stracotta del principe. Blackwood ora non riesce a fare a meno di sghignazzare al solo pensiero delle loro facce contrite, offese e ricolme di odio quando scopriranno quanto accaduto.
A Sherry però non interessano i suoi problemi familiari, sono decisamente l’ultimo dei suoi pensieri e lo sarebbero pure in condizioni ottimali. Vuole sapere cosa l’ha spinto tanto lontano da casa, quale ragione si cela dietro al suo pericoloso allontanamento dal loro esercito ora che Jäger potrebbe attaccare in qualsiasi momento.
«Adesso basta con queste stronzate.» Si porta un paio di passi in avanti, i muscoli tesi per il nervoso «Voglio sapere perché sei qui, e vedi di parlare molto chiaro.»
Vede tanto di Mezcal in questo suo atteggiamento, in quel portamento fiero al limite del derisorio. Lo rivede in quegli occhi gelidi che lo scrutano minuziosamente. Pure la straordinaria forza che emana riesce in qualche modo a rievocare l’immagine del precedente Re del Nord, e questo, in un certo senso, lo rallegra. Per quanto le volesse bene, Leila non aveva né l’aspetto né la tempra ideale per diventare Regina, mentre lei… beh, ai suoi occhi ha decisamente ereditato i giusti geni.
«Non è chiaro, Sherry Occhi di Brace?»
Blackwood è di natura allegra e spigliata, questo è un dato di fatto. Ciò che pochi però sanno, è che può diventare altrettanto gelido e spietato, seppur non gli piaccia in modo particolare. Sa mettere da parte sé stesso se la situazione lo richiede, e tirare fuori la fierezza e l’impassibilità che si richiede ad un vero guerriero e ad un vero Re.
I movimenti precedentemente fluidi e spavaldi del suo corpo adesso sono più duri, attenti. Soppesa ogni passo mentre l’avvicina, rivelando solo dagli occhi quanto la situazione in realtà lo ecciti.
«Sono qui per stipulare un’alleanza tra Nord e Sud.»
Assottiglia lo sguardo ma non si muove di un passo. Indietreggiare anche solo di un paio di centimetri implicherebbe mostrare quanto la sua affermazione non le piaccia. Se avesse detto che vuole un’alleanza con lei, col suo branco, con quelli delle Terre di Nessuno, allora si sarebbe sentita in qualche modo sollevata, ma ha esplicitamente detto “Nord” e, data la situazione, non le va pienamente a genio.
Vorresti che mi piegassi a Jäger per tenere le tue terre al sicuro? Andiamo… sapevo che eri intelligente, realmente credi che avrei un tale ascendente su di lui da convincerlo a non darvi più battaglia?
«Per questo dovresti rivolgerti a Jäger. Se non ti è sfuggito, è lui il Re del Nord.»
Si lascia andare ad una lieve risatina, Blackwood, chiedendosi se la paura per ciò che presto accadrà le abbia in qualche modo annebbiato la mente. Mai e poi mai chiederebbe un’alleanza a quel folle, neanche se ciò significasse salvare l’intero pianeta.
Dovresti essere un poco più lungimirante, stellina.
«Ma sarai tu la Regina… quando ti avrò aiutata ad ucciderlo.»




*Già, il principino del Sud è fan di Berserk! Il suo caro paparino ha pensato che non fosse una cosa grave quando trovò i manga nella sua stanza… forse si è sbagliato.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ebbene sì: Blackwood è un Mordecai che ci ha creduto meno! 🤪
Bah, oddio, in realtà ci ha creduto anche di più, ma avendo Nike, Everett, Greywind e compagnia cantando a tenerlo a freno da quando è venuto al mondo, viene da sé che sappia regolarsi molto di più.
Sarò onesta: da dove mi sia uscita la descrizione di Blackwood e Nike perché le abbia rese tanto dettagliate non lo so neanche io. Penso perché Black è un personaggio che mi va sinceramente a genio, qualcuno alla quale si può volere facilmente bene malgrado spesso e volentieri non sappia (o meglio, non voglia) trattenersi dal dire la sua, qualsiasi sia l’argomento o il momento.💥
Un tipo tutto pepe che sa da sempre che un giorno si sarebbe trovato con una corona in testa (seppur qui in senso piuttosto metaforico) e che l’ha accettato solo per poter cambiare le carte in tavola. Sperava di farlo con Everett, sperava che con la loro amicizia i due regni avrebbero finalmente potuto vivere in pace, ma gli è andata male. Perché non provarci adesso con Sherry? In fondo, e questo lo sa, non vedono le cose in maniera troppo differente.
Nike, invece, è come se fosse la sua controparte, una creatura molto opposta al suo essere ma che ha imparato a conviverci in totale armonia. E no, non è così cattiva, acida e odiosa come sembra, deve solo riscaldarsi. 😇

L’età dei gemelli è stata cambiata più e più volte nella mia mente, probabilmente avevo detto qualcosa di diverso a Cramisi, ma solo in questo capitolo è stata definita del tutto. Diciamo che, in quanto Spettri, è plausibile per il loro sviluppo mentale e non creerà troppi problemi in futuro.

Purtroppo sì, parte 1. Tenete presente che questo malloppo di 33 pagine riguarda solo il loro primo incontro! Non potevo attaccarci anche tutto il delirio che ne consegue, non vi pare? Anche perché nel prossimo capitolo arriveranno anche gli altri componenti del Team Z… come reagirà il nostro caro Blackwood di fronte a tanti nuovi alieni? 🤯 La loro alleanza verrà fondata? Eventualmente a quali termini? 🤔 E Jäger?! Quale sarà il piano d’azione? 😨 Quante domande ad minchiam! 🤣
Spero non solo che questo delirante capitolo vi sia piaciuto ma anche di avervi messo un poco di curiosità per il prossimo! (Vi avverto: il delirio non è assolutamente finito con questa prima parte! 🤣)

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


PS: momento chiarezza che nessuno ha richiesto o penserebbe mai di richiedere (ma io sono pignola e scema nel cervello quindi lo metto uguale!), la pelle di Nike è scura come quella di Naomi Campbell, mentre quella dei piccoli è più simile a quella di Rihanna.
Sì, sono esempi del cazzo e probabilmente qualcuno griderà alla discriminazione o che so io, ma credetemi se vi dico che a me di carnagione, orientamento sessuale e religioso non me ne sbatte un cazzo di meno. 🤗 Se chiarisco anche queste piccolezze è solo perché mi piacerebbe che le immagini che ho io nella testa fossero quanto più chiare possibile anche a voi. 💕

  
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