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Autore: Seira Katsuto    13/09/2020    0 recensioni
Sono una persona che fa pensieri strani e senza senso anche nei momenti meno appropriati, solitamente tengo per me tutte le cazzate che il mio cervello spara, ma essendo che mi sono rotta di parlare da sola ho voluto fare questa specie di diario in cui scriverò ciò che voglio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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[pubblicato il 9 settembre]
Nessuno può capire, nessuno capisce e nessuno capirà mai. 
Per la sesta volta tutto rinizia e io sono stanca, di nuovo stanca. 
Stavo bene ed è bastato un corso di recupero a rifarmi sentire la stanchezza. 
È solo un anno, lo devi. 
Devi. Devi. Devi. 
Perché? 
A chi? 
Non devo niente a nessuno. Cerco di ricambiare la gentilezza con affetto, lo faccio con i miei amici e con la mia famiglia, ma non devo a nessuno come gestire la mia vita. 
Come sia meglio vivere la mia vita. 
È mia, non ho deciso di averla, non è un dono, ma una scommessa che può andare bene o male. 
Per questo non la devo a nessuno. 
Eppure per quante volte io pianga o stia male non importa a nessuno, devo risolverlo io mentre devo fare il favore di finire l'anno, perché lo devo, ma non importa come lo passi perché tutti stanno un po' male al liceo, è solo un passaggio alla vita adulta. 
Ma voi non siete me, se a tutti va un po' male a chi più e a chi meno non me ne frega un cazzo. 
Perché non sono io. Non. Sono. Io. 
Sono due, due anni che piango, mi sento male, non dormo, non riesco a dormire a qualunque ora io vada a dormire, mi sforzo, ma non è mai abbastanza per nessuno, è sempre il minimo indispensabile, non è mai abbastanza. 
E se mai mi diplomerò significherà solo che sono finalmente riuscita a fare il minimo e tutto questo tempo passato a scrivere e a stare male non varrà niente per nessuno, sarà come se non ci fosse stato. 
È come se il fatto di non andare a scuola fosse per pigrizia, eppure chissà perché per 4 anni è andata, chissà perché ad un certo punto basta. 
Improvvisamente la mia pigrizia è aumentata, insieme a crisi e pianti, ma questo è un dettaglio, ciò che non si vede non esiste, e se lo si vede lo si sminuisce no? 
Non ne posso più, ho così tanti motivi nella testa che mi ricordo ogni volta che mi devo alzare per andare a scuola alle 6 e mezza del mattino per cui mi fa pena andarci che non ne posso più. 
Eppure le persone a me care non lo capiranno mai. 
Mi sembra di cercare sempre di accettare le decisioni del prossimo, di farmele andare bene anche se non sono d'accordo perché non è la mia vita, perché se gli altri stanno bene non ho motivo di nuocerli, ma quando sono io i discorsi sono sempre uguali. 
Nessuno si fida di me, nessuno mi darebbe in mano qualcosa di prezioso perché potrei romperlo o rovinarlo. 
Alla fine tutti arrivano a questo, inizialmente magari no, ma alla fine vedranno che sono questo e basta. 
E io non sono questo e basta. 
Sono goffa sì, ma se qualcosa è importante ci sto attenta. 
Se mi sembra che una discesa con mia madre sia troppo ripida chiedo aiuto o faccio una strada più lunga, se un piccolo scalino sembra non poterla farla passare da davanti mi giro e la sollevo da dietro, per passare la strada guardo bene e cerco di andare a una velocità sicura. 
Se penso di non poter fare una cosa non la faccio, dato che intanto non è che ci sia qualcuno che mi sproni a fare il contrario. 
Mi sono sempre atteggiata a bambina perché mi sentivo una bambina, ma adesso è finita. 
Sì faccio la stupida coi pupazzi e mi piace fare scherzetti come se fossi una bambina, ma non è più come in prima liceo, non ha a che fare con la mia maturità, con il quanta fiducia io meriti.
Le cose cambiano e anche le persone. 
5 anni fa mia madre camminava e ora no, 7 anni fa usava la macchina e ora no e 10 anni fa mi portava al parco e ora no.
È ovvio che io debba crescere.
È ovvio che se prima poteva cucinare e lavare lei ora non è più così. 
È ovvio che se capisci che il tempo è prezioso lo apprezzi di più, diventi più calmo e gentile. E se ti sgrida non te la prendi più e anche se è una solita mamma che si lamenta che mi fa perdere i game solo perché le gira va bene lo stesso. 
Perché non c'è tempo. Non c'è tempo. 
È come se i miei successi o fallimenti dipendessero dalla scuola, come se quella stabilisse chi io sia, se meriti fiducia o meno.
Eppure quando penso di dover ringraziare qualcuno o di scusarmi io lo faccio, quando voglio aiutare qualcuno cerco il modo per farlo, cerco di accettare i miei cari in quanto tali e non pretendo che vivano la vita nel modo che io ritengo dignitoso.
Eppure se un prof sbaglia a mettermi un voto glielo dico, e perché? Bontà d'animo? Leccaculo?
Perché se ha sbagliato alla fine se ne accorgerà perché arriverà quello senza voto che dirà "ma come mi ha interrogato l'altro giorno" e allora dovrà cercare e dopo un po' capirà di averlo messo a me e io dovrei dire "ah non me ne ero accorta" così lui dovrà cambiare voto e programmare alla settimana successiva un interrogazione, quando tutto si sarebbe risolto il mese prima. 
Uno in farmacia si è dimenticato di prendere il numero, essendo prima di te allora lo prendi e glielo porti.
Sapete perché? Perché tutto questo sarebbe uno spreco, inesorabilmente stupido, di tempo.
Viviamo in un mondo che perde tempo a disturbare il prossimo, a giudicarlo e a odiarlo.
Da una parte lo so che si tratta di adolescenti, ma non riesco.
Non riesco a dover sapere che una mia prof è morta da un'altra prof e dover capire da sola che la mia ex classe vuole andare x giorno al cimitero, dover chiedere io che giorno, dover sentire "ah scusa non avevo pensato di dirtelo".
Dovermi dire "lo so, sono brave persone, lo so va a finire sempre così e l'unica che ha pensato a me è una prof iperprotettiva con tutti".
Dover dire a chi non merita niente da me del fatto che se vuole può venire anche lei al cimitero perché ritengo che questo fosse una cosa che andasse oltre a dei litigi.
Dover andare a scuola lo stesso giorno del cimitero e vedere linciata da venti persone l'unica prof che si è ricordata di me e sentire mentre penso a un funerale di un'altra prof che lei merita di morire.
Perché è severa e rompe il cazzo perché si stia attenti alle sue lezioni.
Poi mi ricordo che anche l'altra prof aveva mini nemici e mi chiedo. Mi chiedo chissà che pensano.
Siete forse felici? Ciò che augurate ogni giorno si è avverato.
Non lo capisco e non lo sopporto.
Non riesco, anche se so che sono giovani e non tutti hanno una madre malata o una prof morta, ma non riesco comunque a capirlo.
Perché io ho sempre cercato di essere gentile anche prima che mia madre smettesse di camminare, magari ero più bambinesca, più gioiosa dell'amore e della vita, ma non ho mai compreso il dover far del male al prossimo, doverlo augurare.
Per carità se stai male è normale provare sentimenti negativi, ma non perennemente e per sempre.
In fondo lo sai che se un tuo amico ti abbandona significa solo che non meritava di stare al tuo fianco, non serve l'odio per tutta la vita. Non significa perdonare ma andare avanti.
Non dover tornare sempre indietro.
Ho una tipa in classe che da 3 anni continua a dire della sua ex che merita quasi di non vivere perché l'ha lasciata, continua ad additarla e cerca di allontanare tutti da lei.
3 anni se non di più.
Non riesco a reggere questo (anche perché sono amica dell'ex quindi CHISSÀ COME MAI ce l'ha con me a pelle, perché ovviamente è la mia faccia che ha qualcosa che non va, non è che mi ha visto osar sorridere alla sua crudele ex, nono).
È stressante. Tanto stressante.
Non mi fa dormire.
Mi fa piangere.
Non ottengo nulla nel farlo, se non il sospiro di sollievo altrui. 
Gli unici sentimenti positivi vengono quei due secondi che non sento la gente litigare, che parlo che i compagni che sembrano sopportare la mia esistenza, che parlo coi prof.
O quando sento il mio prof di ginnastica.
Cambiando argomento ci pensavo da un po'.
Mi è capitato a scuola di sentirlo nei corridoi accanto alla mia classe e mi è balzato il cuore.
È un po' com'era con mr x. 
Quello è bello. Quella è una delle cose che mi fa sentire viva, non sempre seria e depressa, cosa che sento in ogni istante in quel posto.
Per questo pensavo di dirglielo.
Cioè boh. Mh.
Insomma volevo già ringraziarlo l'anno scorso perché è stata la persona più gentile che ho conosciuto, però ora vorrei fargli sapere che lo amo.
Cioè non amore proprio in quel senso però amore.
Mi fa sentire bene.
Glielo vorrei dire perché è forse l'unica cosa che mi dà speranza di essere viva come un tempo, di poter incontrare qualcuno per cui mi risentirò così, poter pensare di non essere una totale ameba.
Sono stanca che gli altri non sanno ciò che penso.
Voglio che lui sappia che mi fa sorridere e battere il cuore. Che anche se per lui sono solo un'alunna problematica per me lui è molto più importante.
Questo mi fa sentire bene, perché questo mi fa sentire me stessa.
Mi fa sentire come quando cercavo sempre gente nuova da conoscere, passavo fuori l'intervallo alla ricerca di gente con roba anime e inseguivo Mr x per i corridoi.
Soprattutto l'ultima parte era davvero divertente.
Mi sembra così strano che stia diventando un ricordo, sempre più lontano.
La fiaschetta. Finn. Capelli lunghi, legati o corti. Pelato, ahah.
Sono morta. A capodanno, quel capodanno.
Il giorno in cui è iniziata questa storia.
Cerco di stare bene con i miei amici perché il tempo è prezioso, ma questo non cambia come mi senta a scuola, che non sento di avere qualcuno qui, non mi sento viva, mai.
E anche se non piango mente gioco o guardo telefilm o sento i miei amici quando posso non significa che vada meglio con la scuola.
Che intanto sia l'ultimo anno.
Che lo debba passare.
Non significa non rispettare i miei genitori o la vita.
Perché una vita infelice o da morti non è vita e anche se suona strano mi sento più viva a giocare, andare in Calabria o Trentino o chissà dove, a guardare Grey's Anatomy piuttosto che a scuola.
Io sono viva, voglio vivere, voglio essere felice e voglio cercare di dimostrare affetto ai miei cari. 
Questo è ciò che io definisco come rispetto.
Non è per tutti così lo so. Ma significa solo che non possiamo comprenderci, non che io abbia torto o ragione.
Ognuno di noi è diverso e io vorrei solo essere accettata per questo.
Se ciò mi porterà a essere abbandonata a me stessa non mi importa, perché come ho detto, chi ti abbandona lo fa perché non meritava la tua compagnia.
E anche se fosse per colpa dei miei mille difetti continuerei a pensarla così, perché nessuno è perfetto e rimanere soli significa solo essere sfortunati.

   
 
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