Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Saeko_san    13/09/2020    1 recensioni
Ogni scrittore, amatoriale o professionista che sia, nella sua carriera ha incontrato sempre un grande ostacolo davanti a sé, chi prima, chi dopo: quello di ideare una storia, costruirla, a volte scriverne interi capitoli, per poi perderne l'interesse, a volte lasciandola sola e abbandonata a se stessa, senza più essere in grado di concluderla.
Per quel che mi riguarda, ne ho diverse di storie di questo genere e, datosi che non sono mai riuscita a trovar loro una conclusione o uno sviluppo appropriati, ho deciso di raccoglierle tutte insieme e comunicare la mia frustrazione (data dalla mia incapacità di concluderle) al mondo.
| stories first written between 2008 and 2011 |
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3. Parte 2 - Long:
Cronache di anime e congreghe, capitolo 2:
La piccola sarta dagli occhi a mandorla
 
 
-Vieni qui- ripeté la sarta.
 
Aveva in mano un ago, rimasto a mezz’aria mentre la chiamava; stava cucendo dei calzari.
Rora si alzò; non si era accorta che, incantata a guardare l’immagine riflessa nello specchio d’acqua della fontana, si era seduta a terra. Si avvicinò dunque alla donna che l'aveva chiamata, osservandone l'espressione enigmatica; le ricordò un’altra parte del sogno dell’angelo: ascoltando la voce mielosa della sarta aveva la stessa sensazione d’ipnosi che sentiva di aver provato nel suo sogno, mentre si avvicinava alla figura angelica ed eterea.
Ora era vicino alla bancarella di stoffe e la donna posò il suo lavoro di cucito. 
Guardandola da vicino, Rora si rese conto che aveva qualcosa di strano: il viso era quello di una donna sulla trentina e il suo corpo era snello, ma era troppo piccolo rispetto alle normali proporzioni per essere veramente umano. Infatti la piccola sarta, per poter arrivare con il volto oltre il bancale ove si trovavano i suoi prodotti, stava seduta su uno sgabello molto alto. Gli occhi della donna erano a mandorla, ma non come i suoi, che erano grandi e spalancati; quelli della piccola sarta erano stretti, come fossero stati due fessure da cui era possibile intravedere le iridi chiare, di un color grigio chiarissimo, che contrastava tantissimo con i suoi capelli castani, la pelle scura e i tratti orientali. Rora sentiva che quella persona non doveva essere completamente umana.
 
Trashiraa. 
 
Vedere gli occhi di quella sarta le aveva portato alla mente quel nome; possibile che quella Trashiraa fosse la donna che le aveva parlato dei sogni?
 
Beh, in fondo ha la stessa voce.
 
-Proprio così, Rora. Sono io. Non ci siamo. Non ci siamo proprio-.
-Conosci il mio nome?- chiese Rora, stupita.
-Certo che lo conosco. Mi sembra di essere ancora la tua insegnante, no?-.
-La mia insegnante?-
-Sì, Rora-. 
 
La voce si era fatta improvvisamente profonda e leggermente carica di risentimento. Una luce chiaroscurale avvolse Trashiraa, le sue gambe diventarono improvvisamente lunghe. Tutte le proporzioni del corpo divennero quelle di una normale donna umana. La sarta passò oltre la bancarella e prese Rora per un braccio.
 
-Tu mi conosci?-.
-Sì, te l’ho appena detto-.
-Vuol dire che puoi dirmi chi sono? Cosa ci faccio qui? Come sono arrivata?-.
-Sì. Però, Rora, ti ho detto mille volte di non ripeterti e di fare una domanda per volta-.
-Davvero? Non me lo ricordo-.
-Ora andiamo in un posto sicuro- disse Trashiraa. 
 
Stava velocemente chiudendo bottega e salutava i venditori e le venditrici che le erano vicini.
Si avviarono verso la parte opposta a quella da dove era arrivata la ragazza.
 
-Ora, Rora- disse Trashiraa mentre camminavano –Cerca di entrare in comunione con te stessa-.
-In che senso?-.
-Nel senso di quello che ho detto. Devo farti recuperare la memoria, ma se prima non collabori con il tuo subconscio non c’è nulla da fare-.
-Sai che ho perso la memoria?-.
-No, non l’hai persa. Semplicemente l’hai rinchiusa, io posso vedere ancora i tuoi ricordi, ma tu no. Non hai ancora imparato a schermare bene la mente. Tutti possono vedere ciò che sei, eccetto te, perché hai schermato la tua mente da te stessa-.
-Cosa?-.
 
Questa donna parla troppo veloce. Non capisco un’acca di ciò che dice.
 
-Ti spiegherò una volta che saremo a casa- disse l'altra, rispondendo al suo pensiero.
 
Rora si guardò intorno, mentre Trashiraa la trascinava. Il bosco nel quale si trovavano era più scuro rispetto a quello intorno alla radura.
Improvvisamente la sarta si nascose dietro un fitto cespuglio. Costrinse anche Rora ad accucciarsi dietro le fronde di una pianta che Rora riconosceva.
 
Questo è il meso, pensò. 
 
Ricordava improvvisamente le parole smielate di Trashiraa che le spiegavano le proprietà del meso.
“Il  meso è una pianta magica. Se ci si nasconde tra i suoi rami nessuno potrà sentire i tuoi pensieri. Se ne mangi una foglia diventi invisibile, ma la tua mente rimane leggibile. Se ne annusi l’odore funge da sonnifero. Se mangi una radice di meso puoi viaggiare con la mente”.
“Che vuol dire viaggiare con la mente?” ricordava di aver chiesto lei.
“Vuol dire che puoi trovarti con la presenza della mente in qualsiasi luogo tu immagini e vedere cosa succede in quel preciso istante, rimanendo però dove sei. Se spalmi il polline dei fiori di meso sulle guance puoi spostare gli oggetti con la mente. Essendo una pianta che vive di magia senza bisogno di essere attivata (quelle che noi chiamiamo Piante Autonome), persino una persona priva di poteri magici come voi possono fare le cose appena citate”.
 
-Trashiraa, ho ric…- iniziò a dire Rora, ma la sarta le posò un dito sulle labbra.
-Shh. Zitta. Siamo in pericolo. Non lasciarti travolgere dai ricordi. Rimani lucida-. 
 
Rora avvertì la stessa sgradevole sensazione che aveva avvertito quando aveva ucciso quell’uomo che l'aveva attaccata nella radura.
Tra le piante del bosco c’era qualcosa. Da dietro un albero spuntò fuori un gruppo di cinque mostri; avevano volti e corpi umani, ma erano completamente deformati dalle armi. Quello che sembrava il capo aveva i muscoli del braccio destro intrecciati con la lama di una spada e la mano sinistra aveva sul dorso la canna di una pistola e un grilletto, sul quale si era spostato l’indice, deformandosi completamente. Sembrava una specie di serpentello bianco intrecciato leggermente al grilletto.
Un altro aveva delle canne di bazooka che spuntavano dalle spalle, ricoperte di pelle; un altro aveva la gamba destra e il braccio sinistro amputati e al loro posto erano stati  posti una spada e una sciabola.
Il quarto era una specie di nano, se paragonato agli altri quattro che gli stavano accanto, che portava un fucile intrecciato con i muscoli addominali e sulla mano destra, in corrispondenza delle nocche, aveva infilati dei grossi chiodi appuntiti.
L’ultimo sembrava un uomo normale, magro e alto e fu quello che colpì Rora più di tutti. Il corpo non era deformato dalle armi, come quelli degli altri suoi compari; aveva gli occhi blu come non ti scordar di me e i capelli biondi; il lato sinistro della testa sembrava esser stato strappato via e rimpiazzato da una specie di piccolo cannone elettronico. Era l’unico a portare una spada al fianco. Gli altri non ne avevano bisogno.
 
-Quelli sono i danchi- sussurrò piano Trashiraa a Rora.
-Danchi?-.
-Servitori della Congrega Nera. Rimani qui- aggiunse poi, alzandosi. 
 
Rora non si era accorta che la donna era tornata piccola e sproporzionata.
 
-Dove vai?-.
-A combatterli. Casa mia è proprio lì accanto a loro-. 
 
Osservò lo sguardo spaventato di Rora e annuì.
 
-Non ti preoccupare. Faccio subito. Tu non uscire per nessuna ragione da qui-.
 
Rora non capiva il motivo per il quale si sentisse spaventata. Avvertiva che Trashiraa li avrebbe sconfitti, ne era quasi certa, ma la presenza del giovane biondo con la spada non la lasciava tranquilla. La piccola sarta prese una foglia di meso e la mangiò. Divento istantaneamente invisibile. Ma Rora intravedeva dei piccoli lineamenti azzurrini che delimitavano il suo corpo.
 
-Riesci a vedermi perché tra me e te c’è un legame forte, quello che abbiamo stretto quando siamo diventate maestra e allieva. La stessa cosa avvertirei io, se tu mangiassi una foglia di meso- disse Trashiraa, anticipando la muta domanda di Rora. 
 
La ragazza vide fluttuare i suoi labili contorni al di fuori del cespuglio dove si erano nascoste e avvicinarsi lentamente al mostro con le spalle a bazooka. La vide scivolare sotto le gambe dell’energumeno passargli un braccio invisibile intorno al collo e stringere. Il mostro continuava ad avanzare con i suoi compagni senza accorgersi di nulla. 
 
Perché non fanno nulla? Trashiraa ormai sta per strangolarne uno.
 
Poi capì che succedeva. La piccola sarta li stava facendo superare il cespuglio di meso, dove lei era nascosta. Quando questo accadde, il suo braccio strinse in un sol colpo il collo del danchi con i bazooka, che cadde a terra, inerme. Il suo corpo divenne polvere argentata e fu solo allora che i suoi compagni si voltarono.
Trashiraa passò velocemente al tizio con la spada e la sciabola al posto di gamba e braccio. Un leggero luccichio balenò nell’aria e Rora avvertì la lama di un piccolo pugnale invisibile trapassare la schiena del nemico. Quando anche quest’ultimo divenne polvere d’argento, il piccolo nano iniziò a sparare con il suo fucile addominale. Sfiorò Trashiraa di striscio. Una piccola goccia di sangue d’oro uscì dal braccio della sarta. 
 
Sangue d’oro? Ma allora che creatura è? si chiese la ragazza.
 
Non riusciva ad identificarla.
La goccia di sangue cadde sul naso del nano, che si sfiorò, incantato dal bagliore dell’oro. Trashiraa ne approfittò per prendere velocemente la testa del nano tra le mani e rigirarla, fino a rompere la colonna vertebrale. Il piccolo danchi svanì come i suoi compagni. Il capo riuscì a prendere Trashiraa per un braccio.
La ferita sanguinante rendeva visibili i suoi movimenti e il danchi era riuscito ad anticiparla. Ma la donna non si perse d’animo: si piegò in massima raccolta sulle piccole gambe e passò sotto quelle del mostro, dando un poderoso calcio alla schiena del suo nemico, che cadde a terra con un tonfo. Trashiraa si alzò con uno scatto fulmineo e piantò il suo pugnale sulla testa di quest’ultimo, che svanì all’istante. In quell’istante un piccolo proiettile la ferì al fianco: proveniva dall’ultimo nemico, il danchi biondo, che le aveva sparato con il piccolo cannoncino che aveva sulla testa. Fortunatamente Trashiraa era invisibile e fulminea, altrimenti la ferita sarebbe stata più grave. Il suo sangue d’oro usciva a fiotti, bagnando il fogliame del fitto sottobosco e rendendo la sarta come un fluttuante puntino d’oro nell’oscurità.
 
-Sei una fata- affermò il biondo. 
 
La sua voce era roca e spenta, in contrasto con il suo viso che, nonostante la deformazione, sembrava forte e bello. Il blu dei suoi occhi sembrò diventare rosso nel momento in cui estraeva la spada.
 
-E tu sei un danchi appena trasformato, vero?- chiese Trashiraa, lasciandosi cadere all’indietro e allontanandosi dalla traiettoria dell’arma del nemico.
 
-No. Sono un danchi particolare, dato che cinquecento anni fa ho bevuto sangue di fata. Era una fata che aveva la tua stessa aura, ma lei avevo avuto il piacere di vederla in volto. In quel momento ero stato trasformato in danchi solo da pochi giorni. Sono riuscito a conservare la parola umana. Ma devo bere di nuovo un po’ di sangue fatato, per poter parlare per altri cinquecento anni-. 
 
Alla conclusione di quella frase, gli occhi di quell'essere erano divenuti rosso carminio.
 
-Quindi tu sei quello che chiamano “il famoso danchi Immortale”?- disse Trashiraa, con una punta di nervosismo.
-Ah, vedo che mi conosci-.
-Sì. Cinquecento anni fa il corpo di mia sorella è stato trovato prosciugato della sua linfa vitale e del suo sangue. Nello stesso momento è comparso un danchi che dicevano potesse parlare molto bene. Ti ho trovato, alla fine-.
-Ah, dunque quella fata era tua sorella? Allora anche il tuo sangue sarà certamente delizioso-.
-Zitto!- gridò Trashiraa, gettandosi in avanti.
 
Fu un errore madornale.
La creatura, che aveva fatto i suoi calcoli sulle proporzioni della sua nemica, ne approfittò per tirare un fendente in direzione della testa della fata. Tuttavia qualcosa bloccò la traiettoria della lama. Il danchi si voltò in tempo per notare un sasso che cadeva; si preparò dunque di nuovo a ferire la sua nemica ma stavolta, tra lei e la sua lama si frappose una ragazza.
Rora.
La ragazza era rimasta a guardare e aveva capito di aver preso la freddezza nell’uccidere dalla sua maestra; però quel maledetto danchi immortale stava decisamente oltrepassando i limiti e aveva visto Trashiraa cedere; sentiva di dover intervenire. Le sue gambe si erano mosse prima di riuscire a formulare un pensiero concreto, aveva sguainato entrambe le spade che portava sulla schiena e aveva usato quella della mano sinistra per fermare il fendente del danchi. Gli occhi del mostro tornarono improvvisamente azzurri e si riempirono di stupore. Rora si muoveva agilmente sulle gambe e faceva ruotare le spalle con estrema destrezza. Sentiva che quella era la cosa più naturale del mondo, per lei. Anche il danchi era veloce, ma non si aspettava che ci fosse qualcun altro oltre alla fata. Mentre combatteva con la ragazza, inciampò. Rora gli squarciò in due il petto, creandogli una profonda ferita all’altezza dello sterno. Questo tuttavia non svanì come avevano fatto i suoi compagni, che alla prima ferita mortale si erano dissolti in polvere d'argento. Invece sorrise mesto, si alzò velocemente e fuggì. La ragazza guardò il sangue che era rimasto sulla lama. Era violaceo.
 
-Cosa hai fatto?- la voce di Trashiraa era un debole tremolio.
-Ti ho salvata-.
-Hai ricordato?-.
-Qualcosa. Ma ho delle domande da farti, Trashiraa. E vorrei delle risposte-.
-E io non te le ho mai negate- disse Trashiraa. 
 
Si alzò in piedi. Sembrava aver recuperato la sua tranquillità e stava man mano ritornando visibile.
 
Una fata? Questa donna? 
 
Quel pensiero stupiva ancora Rora; senza sapere perché, immaginava le fate piccolissime, con le ali e la polvere d’oro sulla pelle.
 
-Comunque, Rora…-.
-Sì?-.
-Che fine ha fatto il rispetto per i propri maestri? Una volta si dava del “lei” alle persone più anziane-.
-Ah, davvero?-.
-Davvero!-. 
 
La piccola sarta, ormai recuperata la completa visibilità del proprio corpo - aveva perso troppo sangue e gli effetti del meso stavano svanendo velocemente - le rivolse un sorriso brillante e i suoi occhi grigi sembrarono accendersi.





































Note di Saeko:
è vero, avevo detto che avrei pubblicato ieri, ma ho avuto ospiti imprevisti a casa e non ho avuto tempo né di riguardare il capitolo né ovviamente di pubblicarlo. Comunque eccomi qui, con un capitolo che entra un po' di più nel mondo che stavo tentando di costruire con questa storia; penso si fosse già notato dal capitolo scorso, ma questa long fantasy ha alcuni elementi cyberpunk che all'epoca della stesura ho voluto inserire perché mi sembravano stranamente innovativi (?). Non so se abbiamo effettivamente senso, ma non ricordando nemmeno dove volessi andare a parare (come dicevo nelle note al precedente capitolo), non aveva senso stravolgere gli elementi già inseriti in questa parte, quindi sarò a scoprirli direttamente con chi mi leggerà.

Un ringraziamento ad alessandroago_94 per il tempo che ha dedicato allo scorso capitolo.

La prossima settimana so già che non pubblicherò di sabato, quindi auspicabilmente ci si dovrebbe vedere domenica! Buon tutto e buon inizio settimana a chiunque sia giunto sin qui.

Saeko's out!
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Saeko_san