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Autore: Chiara PuroLuce    17/09/2020    7 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Sei sicura di non volere accettare il posto che ti ho offerto al ristorante, come addetta alle colazioni? Lo dico perché questa che mi hai preparato era semplice eppure… incisiva, oltre che buonissima. Hai fatto dei Pancake meravigliosi, alti e soffici al punto giusto, perfetti e lo sciroppo d’acero sopra è stato la morte loro. Per non parlare del resto. Una colazione tra orientale e occidentale assolutamente armoniosa sia visivamente che al gusto.»

«Grazie, così mi fai arrossire. Mi sembra di essere finita in uno di quei programmi televisivi con i cuochi che giudicano i concorrenti. Ehi, un momento, ma tu non puoi assumere.»

«No, hai ragione Patricia, ma sono il Sous Chef ovvero il vice dello Chef e ho molte mansioni, oltre che molta influenza su di lui, il quale, a sua volta, ce l’ha sul capo.»

«Ahhh, adesso ho capito. È tutto un gioco di… “senti, ci sarebbe questa tipa che è mia amica – oltre che la mia vicina molto sexy – che ci sa fare con le colazioni e mi chiedevo se le si potesse trovare un posticino. All’occorrenza lava anche i piatti, perché per il resto fa schifo ai fornelli!”»

«Ahahahah, una cosa del genere, sì!»

«Tu sei tutto matto, Steffen.»

«Forse. Ehi, non hai notato che non ho smentito la parte della vicina molto sexy?»

Patty arrossì a quel complimento. Certo, involontariamente era opera sua, ma… cavoli, faceva effetto lo stesso.
 
«Grazie. Sai, sarei tentata di accettarla, a dire il vero, ma non amo le raccomandazioni di qualunque genere siano, quindi devo declinare l’offerta.

«Ma che peccato. Già mi immaginavo a lavorare gomito a gomito con te. Sarebbe stato bellissimo svegliarsi al mattino, passare a prenderti, fare colazione insieme e andare con te al ristorante.»

«Ti avrei fatto fare tardi tutte le mattine. Io sono lentissima appena sveglia e prima di carburare, passa molto tempo. Stamattina, per dirtene una, ho puntato la sveglia un’ora prima che arrivassi e ancora non sono attiva del tutto.»

«Be’, la prossima volta non farlo, ci penso io a svegliarti. Magari con un bacio sulla fronte, uno per ogni guancia, uno sul tuo bellissimo naso a patata, uno sul collo e l’ultimo sulle tue fantastiche labbra.»

Oddio, adesso svengo. Patty, controllati. Non sei una scolaretta alla prima cotta. E smetti di farti aria con la mano, per la miseria. Holly non mi ha mai detto frasi del genere. E adesso che vado a pensare? Che centra quel babbeo e perché si insinua nella mia testa in un momento del genere. Oddio e adesso che faccio, che gli dico, che… be’ Patty, buttala sul ridere o rischi davvero di svenirgli davanti, pensò.
 
«Ehi, sei proprio un adulatore tu e con le parole ci sai fare. Ma con i fatti?»

Avevo detto spiritosa, non provocante!, si ammonì da sola.
E quando Steffen scoppiò a ridere, lei lo seguì a ruota. Era bella quell’atmosfera. Rilassata, informale e felice. Che l’avesse presa davvero come una battuta? Forse sì e forse… no, infatti, i suoi occhi – ora puntati su di lei – raccontavano un’altra storia.

 
«Vuoi davvero che lo faccia, Patricia? Perché devi solo farmi un cenno» le disse.

«Ammetto che sono tentata di dirti… “fallo, qui e ora” ma…» si alzò e posò tutto nel lavello, per tenersi occupata.

«Lo so, non è il momento giusto. È troppo presto, ci conosciamo da pochissimo e non mi va di bruciare le tappe e fare una mossa falsa che possa rovinare il nostro rapporto di… be’ di qualunque cosa sia. La pensi come me?»

Patty poté solo annuire. Perché quel ragazzo era così intuitivo e conturbante? La faceva impazzire.
 
«Allora… oh, Steffen, è per questo che ci andiamo sempre vicini e all’ultimo mi snobbi? Perché sai, è parecchio frustrante questa cosa. Ieri sera hai avuto diverse opportunità per farlo, per baciarmi, e io te l’avrei lasciato fare, lo ammetto. Ma ti sei sempre tirato indietro all’ultimo.»

«Fosse per me, Patricia, passerei a baciarti ogni singolo secondo che trascorriamo insieme» le confessò facendola arrossire ancora di più «ma non ho intenzione di spaventarti con il mio desiderio incontrollato perché so che toccarti, equivarrebbe a non fermarmi e finiresti per odiarmi se non sei pronta. Così mi limito ad abbracciarti, a sfiorarti, a provocarti… ed è dura, davvero dura. Sei così sexy»

Patty girò attorno al vecchio tavolo di sua zia e l’abbracciò di slancio. Era una bella sensazione, stringerlo a sé e  poi Steffen la chiuse tra le sue braccia – era più facile ora che era seduto – e lasciò che lei gli appoggiasse la testa sulla spalla.
 
«Mia nonna sarebbe fiera di me. Alla fine, i suoi insegnamenti sul rispetto assoluto delle donne hanno fatto breccia e ora non posso che seguirli alla lettera.»

«Che stai blaterando?» le rispose lei, senza accennare a muoversi.

Con suo sommo dispiacere, Steffen la scostò e a fece sedere sulle sue gambe. Eh, insomma, dispiacere proprio per niente. Poi appoggiò la fronte alla sua e sospirò, prima di baciargliela lievemente. Solo allora parlò.
 
«Io sono stato cresciuto da nonni materni. I miei genitori morirono in un incidente stradale, furono falciati da un pirata della strada mentre attraversavano sulle strisce. Avevo quattro anni ed ero con loro. Ma, per fortuna, mio padre attutì la mia caduta col suo corpo e così facendo mi salvò. Persi conoscenza per la botta che ricevetti nella caduta e quando rinvenni in ospedale, il mio mondo era cambiato per sempre. I nonni paterni erano troppo anziani per prendersi cura di me e allora quelli di mia madre, più giovani di molto, mi presero in casa loro, crescendomi come un figlio e io li adoro.»

«Oddio, che tragedia. Quanta sofferenza. E i tuoi nonni? Ci sono ancora o…»

«Sono ancora vivi ed è stato difficile lasciarli, ma capiscono la mia passione che è la stessa di mio nonno e mi hanno sempre incoraggiato a seguirla, ovunque mi portasse. Nonna è giustamente fissata con il rispetto per le donne. Quindi prenditela con lei se ancora mi trattengo e aspetto.»

Patty scoppiò a ridere.
 
«Guarda che io sto soffrendo. Ti sembra il caso di ridere?»

«Sì. E la prima volta che ci parli al telefono, per favore, dille grazie da parte mia, per avere cresciuto un nipote così premuroso. Anche se sono convinta che un bacio, specie se voluto e desiderato, non ci faccia male e non sia una mancanza di rispetto nei miei confronti. Lo è se non lo fai. Be’, pazienza, ma visto che la pensi così… vorrà dire che, prima o poi, non è detto che non sia io a prendere l’iniziativa. Ora…» gli disse accarezzandogli i ricci biondissimi.

«Ora?» le chiese deglutendo.

«Non devi andare al lavoro, tu?» gli ricordò lei, indicandogli l’orologio.

«Oh, merda! E devo anche sbrigarmi o arriverò in ritardo. Il tempo con te, Patricia, passa sempre troppo in fretta» la rimise in piedi a malincuore.

«Sottoscrivo in pieno. Corri, non vorrei mai essere la causa dei tuoi guai lavorativi» gli disse baciandolo sulla guancia.

«A stasera, Patricia. Se te la sentirai di fare quattro chiacchiere, mi troverai in terrazza. Ti farò uno squillo quando sarò lì» fece per uscire, poi si bloccò «Oh, cavoli!» esclamò.

«Cosa c’è?»

«Non ho il tuo numero» l’informò estraendo il cellulare.

«Oh, cavoli!» gli fece il verso lei «Dobbiamo rimediare» poi gli prese il telefono di mano e glielo scrisse e salvò «ecco, ora non potrai più dire di non avermi trovata per avvisarmi di un appuntamento segreto in terrazza.»

«Ahahah, ben detto. Spero che ti piacciano le sorprese, perché stasera te ne farò una. Sarà una luuuunga giornata questa» poi le restituì il bacio sulla guancia, si riprese il telefono, rubò l’ultimo pan cake e se ne andò.

Patty si ritrovò a sorridere come un ebete per tutta l’ora successiva. Il pensiero già rivolto a quella sera. Steffen l’attraeva in un modo pazzesco. La tubava. La sconvolgeva. Anche con Holly aveva provato quei sentimenti, ma poi…
 
«Oh, insomma, basta! Smettila di tormentarmi, Oliver Hutton!» urlò pestando un piede a terra.

Holly. Aveva amato sempre e solo lui. La sua prima insensata cotta a senso unico. Anni passati a stargli vicino, a parlare di calcio, a godere dei suoi sorrisi, dei suoi successi, dei momenti passati a tornare a casa insieme da scuola, abitando loro in vie attigue. E per cosa? Cosa ci aveva guadagnato? Niente. Solo accuse, su accuse, su accuse. Solo umiliazioni a non finire. Solo lacrime amare da ingoiare in silenzio e lontano da tutti. No, da quasi tutti e questo solo perché c’era stata Amy accanto a lei.
E ora era tutto finito, definitivamente. Decise che non l’avrebbe mai più rivisto. L’ultimo favore che gli aveva fatto era stato troppo per lei. Dopo quell’episodio, tutto l’amore e l’affetto che provava per lui – sì, perché nonostante tutto lei aveva continuato ad amarlo, anche se tendeva a negarlo con chiunque – era morto.
Ora poteva dedicarsi alla sua nuova vita a Tokyo. Trasferirsi lì era stata una scelta azzeccatissima e l’avere conosciuto Steffen, era stato come vedere l’arcobaleno dopo la pioggia. Lui e la sua dolcezza, ne era sicura, l’avrebbero guarita da quell’insana ossessione che era  il capitano della Nazionale Giapponese. E allora perché un angolino della sua testa continuava a pensarlo e un pezzetto del suo cuore a battere per lui?
 



 
 
«Vittoria schiacciante della nostra Nazionale Giapponese per 3-0! Un Hutton inarrestabile oggi ha superato se stesso. A nulla è valsa la tecnica generalmente impeccabile dell’Argentina. L’autore della tripletta non ha dato tregua agli avversari, che sono stati letteralmente travolti dalla sua furia. Non sappiamo cosa abbia scatenato in lui tale reazione in campo, ma speriamo vivamente che mantenga questo stato d’animo anche nella prossima partita.»
 
Era fatta, avevano vinto! Avrebbe dovuto chiedere ad Amy di passare a fare colazione con la squadra ogni volta che avevano una partita. Sentirla parlare di come Patty l’aveva ingannato e del suo nuovo amico Steffen, un dio nordico a quanto pareva, era stato come un balsamo per il suo gioco e non si era risparmiato.
L’Argentina aveva subìto la sua ira e l’aveva pagata cara, soprattutto Diaz che si era visto bloccare da lui in ogni azione intrapresa. Diaz, che ora lo stava guardando malissimo e lo stava raggiungendo con passo pesante e svelto.

 
«Ehi, Hutton» esordì quello «si può sapere che cazzo ti è preso oggi?»

«Ero in forma?» rispose lui, sarcastico.

«Non dirne più. Mi hai stupito, bravo. Non mi aspettavo un gioco del genere da te, ma da Lenders. Che ti è successo?»

«Ti ho solo rifilato una sonora batosta, non farla troppo lunga. Se ti sei rammollito non è colpa mia!»

«Che cooosaaa?»

«Scusa, ma vado di fretta. Non ho tempo per stare qua a fare quattro chiacchiere»

E lo lasciò lì, fremente di rabbia repressa a guardarlo allontanarsi senza fretta e con passo rabbioso. Lo senti chiedere a qualcuno:
 
«Ma che gli è successo? Per caso abbiamo giocato contro il gemello cattivo di Hutton che ha preso il suo posto?»

E quel qualcuno, ovvero Bruce, rispose:
 
«No, sta soffrendo terribilmente e si è sfogato in partita. Pene d’amore, Juan, pene d’amore. Grosse, molto grosse. E voi vi siete solo trovati nel mezzo.»

Sì, stava soffrendo. Sapere Patty con un altro, lo stava distruggendo. Cazzo, avevano fatto colazione insieme, da soli, e subito dopo la cena della sera precedente, sempre da soli. Di questo passo entro la fine della settimana sarebbero stati sposati. Inconcepibile, assurdo!
Ma poi lui che diritti aveva su di lei. Neanche uno. Per come l’aveva sempre trattata, doveva anche solo vergognarsi di starle vicino in silenzio. Ma lui non poteva, non voleva rinunciare a lei. Aveva ragione Amy, la strada sarebbe stata tremendamente in salita, ma a lui le sfide non avevano mai fatto paura, anzi. Lo avevano sempre spronato a fare meglio. Patty era innamorata di lui e non se ne era mai accorto. Che cretino!
Dopo un breve festeggiamento, una doccia rinfrescante e i complimenti del mister e dell’equipe che li seguiva, Holly fu, finalmente, libero.
Raggiunse Amy che lo stava aspettando vicino al pullman. Era tesa e nervosa, si vedeva, ma non le chiese a cos’era dovuto il suo stato d’animo. Fece per seguirla quando furono bloccati da un Julian scuro in volto, che si unì a loro. Amy sussultò un attimo al vederlo così, lui, solitamente così calmo, ma non si oppose.

 
«Vengo con voi. Amy, fai strada» e non era una richiesta, ma un ordine.

«Ehi Holly» questa volta a bloccarlo fu Bruce «attento a come ti comporti con lei, ok? E dille che ci manca e vorremmo tutti che venisse alla nostra prossima partita.»

«Portale rispetto e vedi di scusarti con lei. Se necessario, striscia» gli intimò Benji.

«L’hai combinata grossa con lei, amico, non sarà facile farti perdonare o almeno gettare le basi per quello» gli disse Mark «parlo per esperienza. Litigare con una donna non è mai simpatico, perché troverà sempre il modo per fartela pagare quindi… auguri, ne hai bisogno, visto che stai andando ad affrontare… Anego.»

Rincuorato da quelle frasi, ma non troppo, raggiunse il mister e lo informò che avrebbe avuto tre posti liberi sul pullman durante il rientro. Lui, ancora tutto galvanizzato per la vittoria, non fece obiezioni e, anzi, li lasciò andare ricordandogli, però, che sarebbero dovuti rientrare prima di cena, al ritiro e poi fece felice anche il resto della squadra quando diede il pomeriggio libero a tutti.
Lasciati gli amici, i tre si diressero coi mezzi a Shibuya e vennero travolti dalla sua energia e vivacità.
Amy li portò a varcare le porte di un palazzo ultra colorato e… fiorito? di cinque piani, situato in una tranquilla via laterale. Era uno spettacolo che lasciò i due calciatori a bocca aperta.

 
«Sì, lo so, vi capisco. Ha fatto lo stesso effetto anche a me la prima volta che l’ho visto. Ve l’ho detto che zia Miho era eccentrica? No? Be’, lo era. Pensate alla versione quasi centenaria di Patty, vestita sempre con abiti molto colorati e pieni zeppi di fiori, animali, tramonti, paesaggi naturali fantastici, con le braccia e le mani piene di gioielli sia falsi che veri… e un paio di occhialoni bianchi a completare il tutto. Ecco, lei, qui dentro, era la padrona indiscussa e rispettata e non solo perché possedeva il palazzo, ma perché sapeva farsi volere bene senza fare troppa fatica. Patty avrà il suo bel da fare per eguagliare la fama della zia materna. Noi abitiamo là» disse loro indicando le finestre all’ultimo piano, sul lato sinistro.

E quelle a destra, allora, dovrebbero essere quelle del vichingo, pensò Holly guardandole con aria truce. Erano abbassate, bene. Nessuno in casa.
 
«Andiamo?» li spronò Amy e, dopo essere entrati in un atrio coloratissimo – non poteva essere altrimenti – li fece salire in ascensore.

La salita fu stranamente rapida. Per essere un vecchio ascensore in ferro con cabina a vista all’interno, pensava che ci mettesse un secolo a salire e invece… e le scale di marmo, molto ampie, erano dotate anche di un montascale per disabili.
 
«La zia, ultimamente aveva problemi a salire in ascensore con la carrozzina» spiegò Amy «ma non aveva perso il suo spirito libero e battagliero. Solo l’uso delle gambe. Aveva una badante con sé, gli ultimi tempi e, pensate, avendo capito che non le rimaneva molto da vivere, lei stessa le aveva procurato un nuovo posto di lavoro.»

Tanto di cappello alla zia, gli sarebbe piaciuto conoscerla. Holly era affascinato da quel luogo. Guardò Julian, assorto nell’ascoltare i racconti di Amy, e dal cipiglio che aveva, si vedeva che era arrabbiato con lei. Povero, non aveva digerito bene le omissioni della fidanzata sulla sua vita privata e ci sarebbe voluto un po’ perché gli passasse. Però quei due si amavano alla follia e lui era sicuro che, presto o tardi, si sarebbero chiariti. Amy cercava di guardarlo il meno possibile e, quando succedeva, gli occhi le si inumidivano di lacrime trattenute.
L’ascensore si fermò e lei aprì il pesante cancello di ferro con una facilità estrema. Arrivati. Ora sì che iniziava a essere agitato. E se, venendo lì, avesse fatto il passo più lungo della gamba?

 
«Holly, sta calmo e sii te stesso, il vero te stesso» gli disse l’amica e poi entrò.

I ragazzi la seguirono oltre la soglia e si ritrovarono in un appartamento molto luminoso e colorato.
 
 



 
«Ehilà, sono tornata!» urlò Amy all’amica «Ma dove sei?» disse poi guardandosi in giro.

Patty sembrava sparita, possibile che fosse uscita lasciando la porta aperta? No, non era da lei, la chiudeva persino se doveva scendere in cantina.
 
«Sono qui Amy. Bentornata!» urlò quella.

La voce le arrivava attutita e lei guardò gli amici per vedere se capivano da dove venisse, ma anche loro erano perplessi.
 
«Ma sei nello sgabuzzino?» esclamò poi raggiungendola nel localino adibito a ripostiglio di fortuna a lato della porta d’ingresso che, quando si apriva, lo nascondeva alla vista. «Oh, sì, sei proprio qui. Che stai facendo arrampicata lì sopra? Non potevi prendere la scaletta? Scendi subito da lì» le disse, allarmata e attirando vicino a sé anche i ragazzi.

«Tranquilla che non cado. Ha telefonato mia madre poco fa e mi ha chiesto di cercarle una cosa, che stava dentro un coso che non ho ben capito cos’era, ma che, a quanto pare, ha infilato per sbaglio in uno degli scatoloni che ora sono là sopra. La rivuole indietro. Mah, che strana donna. Così ora devo tirarli giù tutti e tre e chiamarla per capire cos’è questa  misteriosa cosa che le manca.»

«E non potevi prendere la scaletta?» insistette lei «Aspettami qui, vado a recuperarla io, se non erro deve essere rimasta in solaio.»

Fece cenno ai due calciatori di tenerla d’occhio e di non fiatare o, se si spaventava, poteva lasciare la presa e cadere. Loro annuirono e lei partì a razzo.
Poco dopo fu di ritorno e successero due cose in rapida successione.
La prima fu che, quando arrivò vicino allo sgabuzzino, lei inciampò, urlò e Julian la prese al volo, facendo schiantare a terra la scaletta.
La seconda fu che Patty, colta alla sprovvista dal rumore, lasciò davvero la presa e si sbilanciò indietro e se non cadde rovinosamente al suolo fu solo perché…
 



 
 
«Holly!» sussurrò Patty fissandolo negli occhi.

«Ciao. Ti sono mancato?» le rispose quello, sorridendole e tenendola stretta a sé, il cuore in tumulto e il volto vicinissimo al suo.
   
 
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